Eliade ed Evola. Eine gefährliche Begegnung

Cos’è che può unire – per contenuti, forma ed esperienze – due grandi personaggi come Julius Evola, filosofo della Tradizione e bandiera della destra politica, fino agli scorsi decenni e Mircea Eliade, storico delle religioni e professore a Chicago? Tutto e niente. Tutto se si considera che il rapporto fra i due, in forma epistolare ma non solo, sfiora il mezzo secolo di durata; niente se si tengono in considerazione due dati più di sostanza. Il primo: che l’uno fosse un professore universitario, l’altro invece un tipo che con l’università non ci andava a nozze, pur avendo ricevuto offerte da Giuseppe Bottai; il secondo: che l’uno (Evola) guardava più al lato pratico circa “modi” e “metodi” afferenti al sapere religioso, l’altro invece un tipo che si lascerà catturare da “modi” e “metodi” da studioso del caso.

Adesso, per chi volesse saperne di più, è disponibile la raccolta integrale delle lettere – 16 in totale e quasi tutte del dopoguerra – inviate da Evola a Eliade, nell’arco di tempo che va dal 1930 al 1954. Pubblicate da Controcorrente edizioni-Fondazione Julius Evola, curate da Claudio Mutti e con una presentazione di Giovanni Casadio. Un libro (Julius Evola, Lettere a Mircea Eliade 1930-1954, pp. 80, euro 10), che arricchisce la raccolta di testi ed elementi biografici già disponibili pubblicati dalla Fondazione Evola, da tempo guidata da Gianfranco de Turris. Sono dati fondamentali per comprendere il percorso intellettuale, o cammino, a questo punto possiamo ben dire: complicatissimo, dell’autore di Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo.

Le opere del “maestro della Tradizione”, una trentina e quasi tutte riedite dalle edizioni Mediterranee dagli anni Novanta in poi, non possono più bastare a illuminare la rete di approcci, abitudini, frequentazioni e sovente anche le speranze deluse del pensatore che godeva contemporaneamente della stima di Benedetto Croce e di Benito Mussolini e che, attualmente, viene scrupolosamente “osservato” da una porzione sufficientemente vasta dell’accademia italiana. Che i rapporti fra Evola e l’accademia siano un capitolo a sé stante di una “lunga” biografia (suddivisa in due paragrafi Evola vivente ed Evola morto), lo si evince dalla lettura del saggio di apertura della raccolta di missive. Quasi uno sfogo di Casadio, professore a Salerno, che esamina le reciproche influenze (tante), fra Evola e Eliade: «Il giudizio [non positivo] del giovane Culianu sulla “scientificità” dell’opera di Julius Evola (1898-1974) è sintomatico di un atteggiamento largamente diffuso nella cultura (o incultura?) accademica, un atteggiamento di cui farà le spese egli stesso a giudicare dalle critiche, di tenore non molto diverso, che pioveranno sulle sue opere, prima e dopo la morte…». Un giudizio, aggiungiamo, di cui faranno le spese anche taluni studenti di fine millennio, rei di voler ghermire ragioni considerate “inopportune”. Infine, basterà leggere l’elenco, ad oggi ancora fortemente incompleto, dei corrispondenti di Evola così da estrapolarne il milionesimo dato peculiare. Le amicizie di Evola non erano né quelle di uno “scemo del villaggio” né quelle di un professorino raccomandato dal papà. Si andava infatti da Tristan Tzara – grazie al quale in parte Evola si formò – ai poeti Comi e Onofri, dai due supermassimi Croce e Gentile agli intellettuali di lingua germanica Jünger e Benn. Fino a Carl Schmitt. Molti di questi, non tutti, anche se “segretamente”, stimeranno Evola, lo apprezzeranno e lo leggeranno con curiosità. Fino alla fine.

All’interno del volume, nel saggio di Mutti, la storia del rapporto tra il romeno e il romano. Una storia fatta non solo di date: pochi incontri (alcuni improbabili, altri certi come quello a Bucarest nel 1938 o a Roma nel 1952), recensioni e citazioni. In più, piena di riferimenti un po’ oscuri. La personalità singolare di Evola ispira Eliade durante la redazione di alcuni romanzi e novelle nei quali appaiono personaggi – quasi profetici – che per una caratteristica o un’altra ricordano il “maestro della Tradizione”. È il caso del Segreto del dottor Honigberger (1940), libro nel quale «compare un enigmatico personaggio, indicato con le eloquenti iniziali J. E. al quale è stata rivelata da Honigberger l’esistenza di Shambala “quella terra miracolosa (…) nella quale solamente gli iniziati possono penetrare”. Di questo J. E. si dice che “abbia tentato, sotto l’influenza diretta di Honigberger, una iniziazione di tipo joga, e che sia fallito in modo terribile”, rimanendo paralizzato. Cinque anni dopo la redazione di questo romanzo, nel corso di un bombardamento Julius Evola riportò una lesione del midollo spinale che gli causò la paresi parziale degli arti inferiori…».

Nel dopoguerra e negli anni della ricostruzione, il rapporto fra i due comincia a mutare. Evola prosegue il lavoro di divulgazione degli autori più o meno vicini al suo pensiero. «Nella produzione eliadiana degli anni Cinquanta, invece, il nome di Evola appare molto di rado». Il romano è già diventato un personaggio molto scomodo. Stando alle attuali conoscenze, la corrispondenza si concluderà nel 1954, ma gli ultimi contatti datano primi anni Sessanta; la stima fra i due, invece, si prolungherà fino alla morte di Evola. Non solo questo, Eliade troverà “sconveniente” citare in chiaro gli studi di Evola e Guénon all’interno dell’ambiente accademico, e non manderà giù il passo evoliano contenuto all’interno del Cammino del cinabro, relativo alla vicinanza, nel periodo prebellico, fra lo stesso Eliade e l’altrettanto “imbarazzante” Codreanu.

Che dire? La conclusione di Mutti è conseguente: «il rapporto culturale fra i due fu condizionato dall’“accademicamente corretto” cui Eliade aveva scelto di attenersi, sicché (…) “per il suo atteggiamento assunto col tempo nei confronti di Evola, si possono utilizzare le stesse, identiche parole che egli scrisse – riferendosi ad altri – nel 1935 recensendo Rivolta contro il mondo moderno: Evola viene ignorato dagli specialisti, perché oltrepassa i loro quadri di ricerca”». Una prassi trasformatasi via via anche in sfida. Qualcosa è cambiato dopo il fenomeno che Accame definì a suo tempo “Evola-renaissance”, ma il cammino è ancora molto lungo.

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Marco Iacona, dottore di ricerca in “Pensiero politico e istituzioni nelle società mediterranee”, scrive tra l’altro per il bimestrale “Nuova storia contemporanea”, il quotidiano “Secolo d’Italia”, il trimestrale “La Destra delle libertà” e il semestrale “Letteratura-tradizione”. Per il “Secolo d’Italia” nel 2006 ha pubblicato una storia del Msi in dodici puntate. Ha curato saggi per le Edizioni di Ar e per Controcorrente edizioni. Per Solfanelli ha pubblicato: 1968. Le origini della contestazione globale (2008).

  1. Ludwig
    | Rispondi

    Resta da chiedersi quanto possa considerarsi positiva una rivalutazione di Evola in ambito accademico…

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