Categorie
Libri

Libri sui libri

Complice una forzata immobilità, in questi ultimi giorni ho letto alcuni libri; per lo più sono state metaletture, libri cioè talmente ricchi di riferimenti ad altri libri che anziché spegnere la voglia di leggere l’hanno ulteriormente alimentata. È un circolo – virtuoso o vizioso che sia – che alle volte porta sorprendentemente, per vie del tutto diverse, a ripercorrere tratti già familiari: mi è capitato più di una volta di ritrovare, in autori distanti per nazionalità, epoca e visione del mondo riflessioni analoghe su altri autori o libri. In particolar numero, chissà poi perché, su Poe e Simenon.

Dal mio ultimo post ho terminato Deserto di ghiaccio di Fergus Fleming. E’ il più bel libro, tra quelli che abbia letto sinora, sulla storia dell’esplorazione artica. Tutte le altre raccolte erano parziali e poco organiche: per lo più il metodo seguito dagli altri autori che hanno affrontato l’argomento è stato quello di soffermarsi su alcuni dei viaggi principali, in alcuni casi inframmezzando al resoconto citazioni dei diari dei protagonisti. Noto, tra l’altro, che tale è il metodo seguito anche da Franco Brevini nel suo recente La sfinge dei ghiacci, pubblicato sul finire dell’anno scorso da Hoepli; quel saggio comunque riguarda solo l’esplorazione italiana dell’Artico. Nel libro di Fleming la storia invece non è a comparti stagni; si seguono lo sviluppo delle teorie scientifiche e quello delle tecniche di sopravvivenza e di trasporto, sono messe in luce le personalità, spesso bizzarre e quasi sempre eroiche dei protagonisti; e nonostante l’autore sia un anglosassone ha una discreta conoscenza anche delle esplorazioni europee, compresa quella del Duca degli Abruzzi.

Ho continuato ad alimentare l’interesse per il Nord con Alla ricerca dei naufraghi dell’«Italia» di G. Albertini:  l’«Italia» è il dirigibile di Nobile che si schiantò sulla banchisa polare nel ’28. Albertini era un ufficiale degli Alpini incaricato delle ricerche nelle Spitzbergen orientali. Percorse un lungo itinerario su sci e slitte trainate da cani con un piccolo gruppo di uomini, e scattò diverse belle fotografie che vennero poi inserite nel volume. La vicenda in se stessa non ha molto di straordinario, ma è narrata in modo piacevole.

Dopo la mia consueta pausa con un Maigret (Il ladro di Maigret) le vere e proprie metaletture sono iniziate con L’angelo e il capodoglio di Simon Leys. Un libro curioso, che come recita il sottotitolo verte “sulla calligrafia, la letteratura e l’arte della traduzione”. La maggior parte degli scritti eterogenei che costituiscono il volume verte su cose cinesi (l’autore è un celebre sinologo, traduttore di Confucio), ma anche su Balzac, Simenon, Dana, Stevenson, Chesterton e Lawrence. Leys è un uomo intelligente, e nelle sue frasi non manca mai un’osservazione meritevole di interesse.

Lo stesso si può dire per Borges. Ho letto in questi ultimi giorni i suoi Prologhi (Adelphi), scritti nell’arco di un cinquantennio, pubblicati in apertura di libri assai diversi; il numero maggiore riguarda la letteratura argentina classica, che ignoro completamente. Poiché anche in Borges non mancano mai osservazioni intelligenti e una nutrita documentazione, mi hanno stupito non poco la superficialità e persino l’ottusità con cui Borges liquida il fascismo e il nazismo, che a suo dire sarebbero null’altro che il  truce e deprecabile risultato delle idee di Carlyle. Neanche i migliori autori si possono accogliere senza riserve.

Un lettura importante è stata La capanna nella vigna di Ernst Jünger, pubblicato recentemente da Guanda. Anche se questa casa editrice pubblica i libri con le copertine più orribili dell’intero panorama editoriale europeo alcuni testi sono di grande interesse. Il diario jüngeriano degli anni dell’occupazione conferma entrambe le cose. La prima e più banale considerazione che si può trarre è che quell’occupazione non è ancora cessata; il sigillo con cui Jünger aveva chiuso il precedente diario Irradiazioni, “Terra vinta ci dona le stelle”, non si è lontanamente realizzato. Ma nelle pagine di questo libro si precisano le posizioni di Jünger nei confronti del Reich e di tanti suoi protagonisti, e persino il giudizio su alcuni protagonisti – Hitler e Goebbels in particolare – si fa più articolato e assai meno banale di quanto non apparisse dai diari del tempo di guerra.

Ho letto anche Il Duca dell’avventura di Reinhold Messner (in realtà la maggior parte dei testi è di Roberto Mantovani). Avevo già accennato a quel libro poco prima che uscisse, in Alla fine è arrivato Messner. E’ davvero una bella biografia per immagini del Duca degli Abruzzi, che restituisce un ritratto completo di quell’uomo coraggioso e dalle grandi capacità. Sono particolarmente suggestive,  oltre alle immagini relative alla spedizione polare, quelle scattate nel 1909 da Vittorio Sella nel Karakorum.

Da una decina di giorni ho iniziato la lettura di un libro straordinario di cui mi ero messo alla caccia da circa un anno, e che finalmente sono riuscito a procurarmi a un prezzo ragionevole.  E’ un libro in tre volumi pubblicato nel 1897, Fra ghiacci e tenebre di Fridtjof Nansen, Otto Sverdrup, Hjalmar Johansen e B. Nordhal, e costituisce il resoconto della celebre spedizione polare norvegese del 1893-1896. Mi rendo conto di come possa suonare strano che un testo su un argomento così insolito desti un interesse tanto vivo; io stesso sino a qualche anno fa probabilmente avrei ignorato questo libro se lo avessi scovato su una bancarella o in una libreria antiquaria. Però le passioni sono difficilmente giustificabili; in definitiva, credo che quella per i viaggi polari risponda a una nostalgia delle origini e al desiderio di leggere avventure reali.

Categorie
Libri

Libri alla rinfusa

Negli ultimi tempi ho preso l’abitudine di scrivere su questo blog un breve promemoria degli ultimi libri letti. Il senso di questi articoli periodici è di lasciarmi alle spalle riferimenti utili alla memoria e forse indicazioni utili a qualcun altro. A parte certi argomenti ricorrenti, il percorso ricorda la camminata di un ubriaco, con oscillazioni paurose tra temi diversi. Rinnovo oggi l’usanza dopo due mesi e mezzo da Avventure per mare – fatta salva l’eccezione del post su Felice Bellotti.

In ottobre ho terminato il Gobineau letterario con le Novelle asiatiche, pubblicate da Guida. Come è noto, l’autore del monumentale Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane è stato anche uno scrittore di prim’ordine, considerato tra i massimi rappresentanti della letteratura francese dell’Ottocento. La raccolta pubblicata da Guida contiene alcune novelle altrimenti irreperibili in italiano. Purtroppo mi pare di capire che il romanzo di Gobineau più noto agli studiosi (Les Pléiades) non sia mai stato tradotto.

Successivamente ho letto due libri di John Fante, appartenenti alla “tetralogia di Arturo Bandini” (La strada per Los Angeles e Sogni di Bunker Hill), avendo già letto in estate Chiedi alla polvere. Sono effettivamente tutti molto e palesemente hamsuniani, come aveva notato Roberto Alfatti Appetiti in un articolo che avevo ripreso sul sito; è stato questo stile a farmi incuriosire di Fante.

Poi sono tornato ai viaggi avventurosi con un libro di D. Robertson, Più forti del mare, che ha la copertina dipinta da Ferenc Pinter (l’autore delle celebri immagini di Maigret modellato su Gino Cervi nella collana Mondadori degli anni ’60-’70). E’ la storia veritiera, narrata da uno dei protagonisti, di un incredibile naufragio: uno yacht affondato dalle orche al largo dalle Galapagos; e di un ancor più incredibile viaggio, durato oltre due mesi, dei cinque membri dell’equipaggio, sino al salvataggio.

Successivamente ho letto una piccola curiosità per bibliofili, Il segreto del Polo Nord di E. Lemarchand, pubblicato intorno al 1880. Una sorta di racconto fantastico alla Jules Verne che risente fortemente dell’idea in voga sino a metà ottocento, portata in auge dal geografo August Petermann e declinata ufficialmente solo all’inizio del ventesimo secolo: in sostanza, sarebbe esistito un Mare Artico navigabile e libero dai ghiacci, nel quale, forse, si sarebbe potuta anche trovare una terra ospitale. La vicenda narra di una nave che, superata la cintura dei ghiacci artici, raggiunge un’isola abitata da coloni islandesi lì giunti alcuni secoli prima; si tratta di una terra abitabile perché temperata dalla corrente del Golfo. Un racconto curioso e in un certo senso evocativo (la memoria o la nostalgia di un’Ultima Thule perduta, un po’ come nel Thule di Mabire) che qualche editore potrebbe anche pensare di riproporre.

Poi, dopo un giallo (La pazienza di Maigret) ho letto Otto Sverdrup di G. Catone. Non è l’intera biografia del grande esploratore norvegese, ma il racconto della sola esplorazione della Groenlandia a bordo del Fram immediatamente successiva al ritorno dalla celebre spedizione con Nansen. Incidentalmente mi sono accorto che a Oslo esiste un intero museo dedicato al Fram, e alle principali spedizioni compiute a bordo di esso da di Otto Sverdrup, Fridtjof Nansen e Roald Amundsen.

Ancora una volta mi sono reso conto che l’aspetto esteriore di un libro può trarre in inganno. Copertina e caratteri possono far pensare a un romanzo popolare, sentimentale o fanciullesco e il testo rivelarsi invece ben scritto e interessante. E’ il caso di Nel regno dei ghiacci di K. Lutgen, che narra di un avventuroso salvataggio in Alaska.

Dopo quello, passato Oltre l’estrema Tule di Felice Bellotti, su cui ho già scritto, ho letto il breve Dialogo sul potere di Carl Schmitt, che rivela anche in questo caso la sorprendente lucidità del politologo tedesco, confermando il peso enorme del metodo dialettico, da Fichte ed Hegel in avanti, sui pensatori germanici. In certi casi è un influenza più rarefatta, in altri – come in questa intervista – più evidente.

umore-onore-orrore

La deviazione dai temi artici che mi appassionano in questi tempi è proseguita con una vecchia edizione della Storia dell’eternità di Jorge Luis Borges, in cui sono riuniti vari articoli, alcuni dei quali avevo già letto in altri libri (per esempio uno molto bello sulle kenningar, che mi pare sia compreso anche in Sette notti) e con L’umore, l’onore, l’orrore del sinologo belga Simon Leys, pubblicato da Irradiazioni come diversi altri suoi libri, la cui interessante lettura mi ha indotto ad acquistare René Leys o il mistero del palazzo imperiale di Victor Segalen, che mi riservo di leggere l’anno prossimo.

Ma alla fine è riemerso il richiamo del nord, e sono tornato sull’argomento con Silenzio bianco di Maner Lualdi, che è la cronaca di un viaggio un po’ bizzarro compiuto da italiani, negli anni ’50, con un piccolo aereoplano da turismo sui ghiacci ove si consumarono le tragedie del dirigibile Italia e di Amundsen. Poi, il bel volume illustrato Zemlya Frantsa Josifa a cura dell’Associazione Grande Nord di Torino: imprese avventurose anche in questo caso. Il volume narra la bella spedizione di sei italiani e due russi che nel 1994 si recarono alla Terra di Francesco Giuseppe sulle orme dei grandi esploratori del passato, e in particolare su quelle del Duca degli Abruzzi, del cui accampamento nell’isola del principe Rodolfo trovarono diversi resti e testimonianze, che ora sono stati trasferiti al museo della montagna di Torino.

Due giorni fa ho iniziato Deserto di ghiaccio. Storia dell’esplorazione artica di Fergus Fleming, davvero ben scritto. Ne lascerò traccia prossimamente, al prossimo aggiornamento delle mie letture.

Categorie
Autori Storia

Felice Bellotti

Ho letto negli ultimi giorni, con interesse crescente, un libro di Felice Bellotti intitolato Oltre l’estrema Tule. E’ un cartonato, pubblicato nel 1966 dalle Edizioni La Scuola. Sin dalla prima pagina mi ha colpito favorevolmente la qualità dello scrivere: ottima costruzione della frase, proprietà di linguaggio, precisione e brevità.

Via via però la lettura si faceva più coinvolgente: nel corso dell’ultimo anno avevo già letto decine di libri sull’Artide (viaggi, esplorazioni, caratteristiche geografiche etc.) ma nessuno così ben costruito. Il volume che adesso avevo in mano alternava ricordi e impressioni dell’autore, descrizioni storico-geografiche, racconti più o meno immaginari di vite di uomini e  animali, episodi di navigazione dei pescatori di merluzzo e soggiorni presso i lapponi.

Intorno alla pagina 130 ho trovato la citazione di un articolo semisconosciuto di Evola (Il mistero del Cromagnon); mi è parso il chiaro segno di una speciale simpatia con l’autore. Parlando del blocco sovietico, l’autore usava parole di fuoco. Riferendosi ai popoli nordici, era pieno di ammirazione e stupore. Dal libro si arguiva che l’autore aveva fatto il corrispondente durante la guerra russo-finlandese; ricordavo che su quello stesso fronte aveva operato un altro giornalista di nome Indro Montanelli.

Poi verso la fine Bellotti, riferendosi alla Norvegia, scriveva pressappoco: “ho iniziato a conoscere questi luoghi da ragazzo, leggendo i libri di Hamsun e Andersen, che mi hanno messo nel cuore un amore per il Nord che non mi ha più lasciato per tutta la vita”.

Insomma un libro che, pur non raccontando una singola vicenda, sa rendersi coinvolgente come un romanzo, riuscendo particolarmente a far leva su chi abbia una certa visione del mondo.

Così, spinto dalla curiosità ho effettuato qualche ricerca sull’autore, per rendermi conto che Felice Bellotti, omonimo di un famoso traduttore ottocentesco dei classici greci al quale sono dedicate piazze e vie in tutta Italia, è stato autore di una decina di libri “di viaggio”:

Prodigioso Congo, 1952 (tradotto in inglese nel 1954 e in francese nel 1956)

Grande Nord, Eli, 1954 (tradotto in inglese nel 1957 e in francese nel 1960)

Formosa. Isola dai due volti, Cino Del Duca, 1958 (tradotto in francese nel 1959)

Cittadella di Allah. Viaggio nell’Arabia Saudita, Cino Del Duca, 1960 (tradotto l’anno successivo in francese)

Terra Maya, Leonardo da Vinci, 1963 (tradotto in spagnolo nel 1966)

Alaou Haiti, ed. Leonardo Da Vinci, 1964

Il paese della Bibbia, 1965

I Beduini, Cino del Duca, 1965

Avventura in Yemen, ed. Cino del Duca, 1966

Australia nuova America, Cino del Duca, 1967

Agli antipodi, La Scuola, 1969

Felice Bellotti aveva inoltre pubblicato XXVIII Ottobre, divisione d’assalto (Società nazionale editrice propaganda, 1937); Arabi contro Ebrei in Terrasanta (O. Marangoni, 1939, Volume 13 di Vita dei popoli, collana di viaggi, esplorazioni ed inchieste); Germania chiama Europa (Rusconi e Paolazzi, 1956); e, nel 1947, La repubblica di Mussolini (ed. Zagara), un libro sulla RSI. Dopo poco ho scoperto che così come il libro sul Nord era il frutto di viaggi ripetuti e di conoscenza diretta, allo stesso modo Bellotti l’epopea del fascismo repubblicano l’aveva vissuta da protagonista. Non solo: aveva portato sul bavero le doppie rune e per la precisione era stato Sturmbannführer nella Waffen SS, con l’incarico di ispettore generale delle forze armate italiane (sigla: Gen Inspek der Ital Waf Verb). Stando a quanto riportano Harm Wulf e altre fonti, aveva fondato e diretto Avanguardia, il mensile della SS Italiana; prima della guerra, aveva fatto il giornalista per Il Regime Fascista e per La Stampa: due quotidiani su cui, nella stessa epoca, aveva scritto anche Evola.

Già negli anni ‘30 aveva preso parte alla campagna d’Etiopia (Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa orientale, Volume 2, pp. 397 e 492): presumo che il libro sulla XXVIII Ottobre ne sia il resoconto.

Dalla seconda metà del settembre 1943, comunque, Felice Bellotti e Cesare Rivelli fecero i programmi italiani per Radio Monaco, ancor prima della proclamazione della Repubblica Sociale. Radio Monaco fu una sorta di “governo via etere”, come scrive  Annino Vitale in Cronistoria della Radio dal 1938 al 1945. Poiché Bellotti operò a Radio Monaco nei giorni immediatamente successivi alla liberazione del Duce da parte di Otto Skorzeny, mi sembra persino plausibile ipotizzare che fosse presente all’arrivo di Mussolini in Germania, insieme a Vittorio Mussolini e a Evola. Stando alle ricerche di Massimo Zannoni (pubblicate in Acta, bimestrale pubblicato dalla Associazione Culturale Istituto Storico della RSI, n. 47/gennaio-marzo 2002), anche durante la Repubblica Sociale Bellotti inoltre lavorò al giornale della Radio repubblicana diretta da Pavolini, coadiuvato da Giovanni Preziosi e Vittorio Mussolini.

A quanto pare Bellotti ebbe un ruolo nella liberazione di Indro Montanelli dal carcere di San Vittore (vedi); forse memore del periodo vissuto insieme a raccontare l’esperienza di ghiaccio e fuoco nelle trincee della Finlandia. Queste vicende pare siano ricostruite nel libro di Renata Broggini Passaggio in Svizzera. L’anno nascosto di Montanelli. Ancor più precisa la ricostruzione del ruolo di Bellotti in una lettera del lettore Riccardo Lazzeri al settimanale il Domenicale del 6 settembre 2003: “Il maresciallo Graziani, su preghiera di Donna Ines, telefonò a Guido Buffarini-Guidi a Maderno, il quale diede il nullaosta per la liberazione di Montanelli al giornalista Felice Bellotti. Questi lo portò al questore Ulderico de Luca e fece liberare Montanelli dal carcere di San Vittore, portandolo a Garbagnate con un ordine fittizio di trasferimento in data 1° agosto 1944, da dove, accompagnato dal commissario Osteria della polizia politica, giungerà a Stabio, in Svizzera, il 14 dello stesso mese. Tutto questo sopra verrà confermato dallo stesso Felice Bellotti in un articolo comparso sul Roma di Napoli nel dicembre 1959..”.

Nel dopoguerra Bellotti aveva subito i comuni processi e le comuni persecuzioni; ne restano tracce sparse nel sito dell’Archivio di Stato di Milano. Poi era passato a scrivere reportage di viaggi esotici sul settimanale Tempo. Non sono riuscito a trovare la data di morte.

Sarei molto lieto se qualcuno tra i lettori fosse in grado di darmi ulteriori informazioni su questo interessantissimo personaggio.

Categorie
Dietro le quinte

Mille

Oggi ho pubblicato il millesimo articolo sul sito: Flaubert, contestataire et “nietzschéen” di Jean Mabire.

Per arrivare al numero mille ci sono voluti più di dieci anni.

Il prossimo giro di boa probabilmente arriverà più presto; adesso si naviga con vento in poppa.

* * *

Per la speciale ricorrenza ho inserito una piccola innovazione. Ora sito e blog sono navigabili anche tramite telefoni cellulari e palmari; quando il visitatore li raggiunge attraverso un apparecchio mobile le pagine vengono visualizzate in una versione semplificata e più facilmente navigabile.

Categorie
Libri

Avventure per mare

Ormai ho preso l’abitudine di segnalare ogni tanto alcuni libri che mi capita di leggere. Forse mi servirà, in futuro, per tenere traccia degli itinerari percorsi. La serie di letture degli ultimi mesi sui viaggi polari e sui viaggi oceanici è proseguita con qualche altro testo interessante.

follia-del-mare

Anzitutto, ho voluto riprendermi dalla delusione del libro di Coloane Naufragi (sulla quale avevo scritto Elogi smisurati). Ho letto così La follia del mare di Alfredo Chiappori (Edizioni Mursia). L’autore è più conosciuto per la sua attività di disegnatore e di illustratore che per quella di scrittore; ha seguito nella compilazione del suo libro l’identico metodo di Coloane. Ha cioè trovato un catalogo ottocentesco di naufragi celebri (una bella edizione in tre volumi ripubblicata sul finire degli Anni ’60 dalle Edizioni Martello) e ne ha elaborato in una forma nuova il racconto dei più interessanti. Il risultato è decisamente migliore rispetto a quello ottenuto dal tanto incensato Coloane; lo stile di Chiappori è decisamente meno autocelebrativo e più attento al racconto e al linguaggio.

Un’altra terrificante vicenda di naufragio – una delle più celebri della storia, quanto quella del Titanic o dell’Andrea Doria – è quella della fregata Méduse; ha ispirato anche il celebre quadro di Gericault. Ho letto anche in questo caso il testo che probabilmente è il principale sull’argomento, di G. Bordonove (Il naufragio della Méduse; è anch’esso stato ripubblicato da Mursia). E’ scritto bene e ricostruisce con molti particolari le biografie di tutti i principali protagonisti prima e dopo il disastro.

Un naufragio sotto forma di romanzo, o meglio di racconto, è La zattera di ghiaccio di Rudolfs Blaumanis (Edizioni Sellerio). Ambientato sulle coste del Baltico, racconta in modo semplice e “naturalistico” la disgrazia occorsa a un piccolo gruppo di  pescatori, che si accorgono troppo tardi che il ghiaccio sul quale stanno pescando si è staccato da terra e sta andando alla deriva. Qualcuno morirà, qualcuno si salverà, di altri non sarà dato conoscere la fine.

Con una discreta sorpresa mi è piaciuto anche un libro pubblicato dalle Edizioni de Il Manifesto: Vita e avventure di un marinaio scozzese di John Nicol. L’autore visse a cavallo tra settecento e ottocento, traversò più volte tutti i mari del mondo e riporta molte osservazioni interessanti su luoghi, costumi, episodi. Prese parte onorevolmente a varie campagne militari (guerra di secessione americana, battaglia di Abukir ecc.) e non mi spiego cosa possa aver spinto a pubblicarlo i redattori della Manifestolibri. John Nicol ha un forte amor di patria e un profondo rispetto della disciplina e dei suoi superiori; inoltre è profondamente religioso.

Un altro bel racconto della vita di mare attraverso gli occhi e la penna di un semplice marinaio mi ha fatto conoscere un po’ meglio l’avventura di Otto Nordenskjöld, protagonista di un celebre passaggio a Nord Est. L’autore è anonimo – o meglio i suoi dati non vengono riportati nell’edizione italiana, che è anche priva di data di pubblicazione; figura invece come traduttrice e curatrice una certa Mara Fabietti e il libro ha per titolo semplicemente Nordenskjöld.

Piuttosto arzigogolato nel linguaggio è il Viaggio di Franklin al Nord Ovest. E’ un testo ottocentesco ristampato (un po’ frettolosamente) dalle Edizioni Ecig di Genova. Il viaggio in questione non è quello tragico e famoso in cui il comandante Franklin perse la vita tra i ghiacci, ma un’altra avventura precedente di qualche anno, nella quale trovarono la morte diversi membri della spedizione. Sorpassate le difficoltà iniziali si lascia leggere, ed è ricco di curiose informazioni sulla vita e i costumi delle popolazioni indigene dei Territori del Nord Ovest.

Categorie
Libri Storia

Alla fine è arrivato Messner

In un post su questo blog di qualche tempo fa, Viaggi oceanici, citavo una frase di Simon Leys in cui mi sono ritrovato appieno:

“Da diciotto anni accarezzavo l’idea di scrivere la storia del naufragio del Batavia. Mi sono procurato quasi tutto ciò che si pubblicava sul soggetto; poi, ho effettuato un soggiorno alle isole Houtman Abrolhos, sito del naufragio […]. Alla fine, è arrivato Mike Dash. Con il suo Batavia’s Graveyard, quest’ultimo autore ha veramente colpito nel segno – e non mi resta più nulla da dire”.

Quella sensazione mi è piuttosto familiare. Più di una volta ho raccolto per passione tutto il materiale possibile su certi argomenti; poi, un’alchimia di pigrizia, l’idea di incompletezza delle fonti, la mole del lavoro necessario mi hanno fatto accantonare i progetti di uno studio sistematico, rinviando il tutto a un momento migliore. Sino a che, talvolta, è arrivato qualcun altro che ha colpito nel segno, e non mi è restato più nulla da dire.

Oggi mi è capitato di rivivere la medesima sensazione. Ho appreso che il 6 ottobre prossimo uscirà un nuovo libro di Reinhold Messner su un tema già ampiamente trattato in passato, su cui progettavo da tempo di scrivere qualcosa anch’io. Certo, la mole di monografie già uscite è notevole; ma avrei davvero voluto mettere insieme il lavoro definitivo.

Invece, l’uscita di Duca dell’avventura (per Electa Mondadori) farà certamente terra bruciata. L’importanza dell’autore, che renderà omaggio a uno dei grandi protagonisti dell’alpinismo eroico del passato, lo renderà indubitabilmente un testo di riferimento.

La vita del Duca degli Abruzzi è l’ideale per un biografo. Come recita la scheda del libro di  Messner di prossima uscita, fu “un uomo che, tra l’Ottocento e il Novecento, fu capace di viaggiare nei 5 continenti compiendo mirabili imprese e straordinarie scalate — Con documentazioni d’archivio e fotografie, Messner fa rivivere il fervore del’avventura che animò uno dei più grandi esploratori di tutti i tempi“.

Tra le grandi imprese non vi è soltanto il celebre viaggio della Stella polare nel mare artico. Vi sono le leggendarie ascensioni sul Monte Bianco, sul Sant’Elia in Alaska, del Ruwenzori, nel Karakorum; il comando della Marina italiana nella prima guerra mondiale; la fondazione del villaggio che portava il suo nome in Etiopia. Una vita avventurosa sin dal principio – suo padre fu deposto dal trono di Spagna quando il Duca aveva pochi giorni di vita; all’età di sei anni era già mozzo nella marina militare.

Un personaggio straordinario di cui è persino normale che si sia persa la memoria in tempi come gli attuali, nei quali si preferisce ricordare Michael Jackson o Mike Bongiorno.

Bookmark and Share
Categorie
Libri

Plichi inattesi

Circa un anno e mezzo fa ricevetti un misterioso pacchetto postale. Lo aprii e trovai che il contenuto era l’opera sulfurea di un autore a dir poco scomodo. Si trattava di Satana in persona. L’inquietante Liturgia infernale mi aveva lasciato uno strano senso di ansia; avevo pensato di esorcizzare l’inatteso regalo scrivendo su questo blog Diavolerie.

Nei giorni scorsi, mi è capitato tra le mani un altro pacchetto anonimo. Questa volta il mittente è una dea celtica, il cui ruolo simbolico – a detta di alcuni ben informati – sarebbe stata assunto, col cristianesimo, da Santa Brigida. Anche la dea Brigit ha scritto un libro, intitolato Terra di Mezzo; il mio stupore è stato enorme quando, aperta la prima pagina, ho letto il mio nome e cognome nel titolo del primo capitolo. Non mi raccapezzavo: il libro si apre proprio con un capitolo dedicato al mio piccolo saggio Julius Evola, gli evoliani e gli antievoliani. Essere recensiti da un giornalista su un quotidiano o una rivista è piacevole; ricevere una recensione in un libro da una divinità lo è ancora di più.

Ad ogni modo le sorprese non si sono fermate qui. Via via che proseguivo nella lettura dei trentasei capitoli continuavo a imbattermi in temi  autori e libri straordinariamente familiari. Dalla storia alla letteratura, dalla critica della società contemporanea all’archeologia, quasi tutti i temi richiamo quelli trattati più o meno ampiamente sul sito.

La quarta di copertina reca una famosa massima di Heidegger, che secondo me esprime speranza: “Ormai solo un dio ci può salvare”. Se questo è esatto, è confortante che i Numi volgano il loro sguardo benevolo.

Categorie
Autori

I 150 anni di Knut Hamsun

Oggi ricorre il centocinquantesimo anniversario della nascita di Knut Hamsun, premio Nobel per la letteratura nel 1920; ma non mi pare che in molti, in Italia, se ne siano ricordati.

Se si eccettua infatti la segnalazione di Archiportale dell’inaugurazione ad Hamarøy del Knut Hamsun Center progettato da Steven Holl, infatti, non si trova alcuna altra notizia pubblicata oggi su siti e blog relativa allo scrittore norvegese. Non ho ancora letto giornali, oggi. Ma non conto di trovare articoli in cultura su Hamsun; tutt’al più, complici l’estate e la sciatteria dei quotidiani nazionali, mi posso aspettare cose sugli ultimi romanzetti, su Gianni Minà o sugli enti pseudoculturali finanziati dallo stato.

Quello di Hamsun è uno degli innumerevoli casi di grandissimi autori che, non potendo essere del tutto ignorati dalla cricca accademico-culturale, vengono però passati in sordina per via della loro scandalosa visione del mondo. Non è infatti solo una questione di biografia politica a condannare tanti Hamsun; è l’insieme del loro modo di pensare, agire e scrivere a essere inaccettabile per la regnante vigliaccheria politicamente corretta.

Il principale leitmotiv letterario di Hamsun è probabilmente l’incanto della natura. I paesaggi boschivi e i villaggi di pescatori della provincia norvegese del Nordland sono, in particolare, la cornice della maggior parte dei suoi romanzi (per esempio dei seguenti: Vagabondi, Il cerchio si chiude, Quelli di Sirilund, Il potere del denaro, Figli dei loro tempi, Augusto, Pan, Victoria, Il risveglio della terra, Sotto la stella d’autunno, L’estrema gioia, La nuova terra, Le donne alla fonte, Un vagabondo suona in sordina, Per i sentieri dove cresce l’erba) e racconti (per esempio La regina di Saba, Sognatori).

I personaggi hanno spesso comportamenti stravaganti, quasi il riflesso di una psicologia complicata attecchita su uomini semplici. Sotto alcuni aspetti le loro esistenze, grandezze e piccolezze ricordano quelle del Mondo piccolo di Giovannino Guareschi, proiettato però in un ambiente più vasto e senza i due protagonisti rivali.

In Hamsun ricorrono poi alcune figure, incarnate da vari personaggi; il vagabondo nostalgico, il mattacchione intraprendente, il ricco mercante che assurge quasi a “podestà” del paesello, lo sperperatore, il contadino attaccato alla visione atavica; l’islandese Laxness riprenderà dopo alcuni decenni tutte queste figure archetipali di Hamsun, caricandole però di connotati e giudizio morali, del tutto assenti nello scrittore norvegese.

Il sentimento quasi religioso della natura, il ritmo e l’ampiezza temporale tipici delle saghe, la profondità dell’analisi psicologica, certi richiami alla semplicità e alle origini uniti a una straordinaria capacità espressiva fanno tuttora di Hamsun un gigante della letteratura, da consigliare vivamente a chi voglia fare a meno della odierna volgarità politicamente corretta.

Categorie
Facile ironia Oggigiorno

Scandalizzati a ogni costo

Viviamo nell’epoca della dittatura del politicamente corretto e dello psicoreato. Quindi è persino coerente e logico che i soliti censori del dogma attuale – animalisti, femministe, radicali, giornalisti, politici e altri squallori – siano insorti sdegnati vedendo questo manifesto di Federcaccia.

Che a me pare invece bellissimo, per come rievoca l’atmosfera di un  mondo che purtroppo va scomparendo.

Categorie
Libri

Viaggi oceanici

Circa due mesi fa ho scritto qualche nota sui viaggi polari; o meglio, sui libri che stavo leggendo sul tema. Ho trovato diversi altri testi interessanti sulle esplorazioni artiche e antartiche (saggi, memorie, diari, resoconti) e credo che l’argomento possa appassionare, e molto, non solo quei pochi che condividono la passione per Thule e il “mistero iperboreo”, ma anche quelli (assai più numerosi) che amano le storie di grandi avventure.

Ad ogni modo, come spesso capita seguendo l’itinerario delle letture, lungo la strada mi sono imbattuto in altre vicende (che hanno a che vedere con il mare non ghiacciato). Non mi riferisco al deludente Naufragi di Coloane, di cui ho riferito in Elogi smisurati, ma a due naufragi narrati magistralmente.

Il primo in cui mi sono imbattuto è quello del Batavia, una nave della V.O.C., la Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Ne ho appreso, sorprendendomi per la qualità dello scrittore, leggendo I naufraghi del Batavia del sinologo belga Simon Leys. E’ una vicenda di sorprendente aberrazione: un vortice di morte e follia sanguinaria degno del Terrore Giacobino e di altre democrazie a briglia sciolta. Per inciso, anche il racconto marinaro pubblicato in appendice del libro, Prosper, è un piccolo capolavoro letterario. Il debito verso il connazionale Simenon è evidente sia nel tema sia nello stile; ma a mio avviso Leys è superiore. Tornando al Batavia, nell’introduzione Leys scriveva: “Da diciotto anni accarezzavo l’idea di scrivere la storia del naufragio del Batavia. Mi sono procurato quasi tutto ciò che si pubblicava sul soggetto; poi, ho effettuato un soggiorno alle isole Houtman Abrolhos, sito del naufragio […]. Alla fine, è arrivato Mike Dash. Con il suo Batvia’s Graveyard, quest’ultimo autore ha veramente colpito nel segno – e non mi resta più nulla da dire”.

Non ho potuto evitare di leggermi anche il libro di Mike Dash, che era stato tradotto in italiano da Rizzoli nel 2002 (e che è già fuori catalogo), e pubblicato col titolo Il cimitero del Batavia. Leys aveva perfettamente ragione: Dash ha scritto il libro definitivo, con un lavoro di ricerca e di documentazione pressocché insuperabile, e oltretutto raccontando la storia in modo godibilissimo, nonostante le oltre cento pagine di note.

Un’altra bella storia, anch’essa piuttosto famosa, è quella della baleniera nantuckettese Essex. Nel 1820 la nave fu affondata a centinaia di miglia dalle Galapagos da un capodoglio; i naufraghi si misero in salvo su tre lance. Dopo varie peripezie, la maggior parte dell’equipaggio morì di fame e di sete; i primi a cedere furono i negri, forse per il minor grasso corporeo o il diverso metabolismo; i superstiti si cibarono dei cadaveri. La storia, che ispirò il Moby Dick (Melville conobbe il comandante dell’Essex),  è stata ben ricostruita da Nathaniel Philbrick in Nel cuore dell’oceano, che si basa sui resoconti di due dei superstiti e su diverse ricerche documentali. Purtroppo anche questo libro, che era stato pubblicato da Garzanti, è fuori catalogo; ma lo si trova abbastanza facilmente nelle librerie Remainders.

Nei prossimi giorni vorrei leggere di un’altro famoso naufragio, quello della Meduse, che ispirò il celebre quadro di Théodore Géricault.

Credo che l’unico libro in italiano sul tema sia quello piuttosto datato di Bordonove, che recentemente è stato ripubblicato da Mursia.