Ippolito Edmondo Ferrario, Mercenari. Gli italiani in Congo 1960
Alcuni giorni fa ho ricevuto da Ippolito Edmondo Ferrario copia del suo ultimo libro: Mercenari. Gli Italiani in Congo 1960 (Ed. Mursia). Il tema piuttosto insolito mi ha incuriosito e la lettura si è rivelata tanto piacevole quanto rapida.
Il libro, che reca la presentazione di Luciano Lanna, prende avvio dal tragico episodio di Kindu. Tra l’11 e il 12 novembre 1961 tredici militari dell’Aeronautica militare italiana, facenti parte dei caschi blu dell’ONU, vennero trucidati dalle bande congolesi e fatti oggetto di orrendi episodi di cannibalismo. Il paese africano era stato da poco abbandonato dal Belgio ed era rapidamente precipitato nel caos e nella guerra civile.
L’eccidio venne minimizzato dall’imbelle classe politica nostrana, ma destò un profondo senso di sdegno e di rabbia in ampi settori della società italiana, e particolarmente nell’ambiente militare. Prese avvio così in modo spontaneo un arruolamento sotterraneo di volontari – specialmente parà – che attraverso Bruxelles partirono per il Congo animati da un desiderio di rinvincita, oltre che dalla ricerca di avventura che la società pantofolaia uscita dalla catastrofe della seconda guerra mondiale non era più in grado di dare.
Grazie alle testimonianze di alcuni ex mercenari, Ferrario ha ricostruito episodi e spirito di quei giovani coraggiosi che, come recitava una nota canzone, a “salotto, televisione, mutua e doppiomento” preferirono “la morte nel Basso Congo”.
Vengono passati in rassegna i principali protagonisti di questa discussa epopea (il colonnello Bob Denard, che fu in seguito protagonista di un celebre colpo di mano alle Isole Mauritius, l’ex agricoltore Jean Schramme, l’irlandese “Mad Mike” Hoare, ecc.) e certi miti di carta e di celluloide, come il celebre I quattro dell’oca selvaggia di McLaglen.
Purtroppo il libro non si addentra nei dettagli dell’organizzazione militare di questi novelli lanzichenecchi, né d’altra parte pretende di essere un trattato storico; ma rende molto bene le atmosfere di certe vite avventurose, che forse oggi non sono più possibili nei medesimi termini.