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Civiltà americana

In prossimità del solstizio d’inverno è uscita la seconda edizione, riveduta e aumentata, del Quaderno evoliano Civiltà americana. Pubblicato dalle Edizioni Controcorrente, costa 10 euro, reca una premessa di  Gianfranco de Turris e una mia Introduzione intitolata La tenaglia si è chiusa. Si tratta del quarantacinquesimo volume della collana; è il secondo di cui la Fondazione mi ha affidato la cura, dopo Il “mistero iperboreo”.

Ecco gli articoli che compongono la raccolta:

Noi antimodemi (1930)

America: l’equivoco del “popolo giovane” (1942)

La doppia maschera (1950)

Civiltà americana (1952)

“Libertà dal bisogno” e umanità bovina (1952)

Moralità americane (1953)

L’americanizzazione e le responsabilità della Rai (1954)

Uomo americano (1954)

Addio America d’altri tempi (1955)

Lo stesso male (1956)

Negri americani (1957)

Difendersi dall’America (1957)

Servilismi linguistici (1964)

La suggestione negra (1968)

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Romanzi e racconti

In questo ultimo paio di mesi ho lasciato completamente da parte la saggistica e mi sono dedicato alla lettura di racconti, romanzi e diari di viaggio, per lo più di autori di cui avevo già affrontato qualcos’altro in precedenza. Ho l’assurda fissazione (che non ha alcuna finalità) di tentare di leggere gli autori per intero: e questo persino quando non mi interessano particolarmente, forse per evitare di lasciare il lavoro incompiuto.

Ad ogni modo questo metodo bizzarro ha pure i suoi lati positivi, perché permette, facendo una caccia sistematica, di andare a scovare il libro migliore di ogni autore. Per adesso, per quanto riguarda Bioy Casares, il libro in questione è  L’invenzione di Morel, la cui storia è basata su un’idea eccentrica e anticipatrice (la realtà “ologrammatica”) e narrata  in modo impeccabile.

Naturalmente il mio metodo presenta l’altro lato della medaglia: ci si ritrova costretti a leggere anche le cose peggiori. Per Bioy Casares e Borges questo è senza dubbio il caso dei gialli di Isidro Parodi (Sei problemi per don Isidro Parodi), decisamente molto modesti. Il giallo richiede misura e un po’ di credibilità nella trama, nel lessico, nell’ambientazione; il lettore deve cioè abbandonare, almeno per qualche istante, la sensazione di trovarsi davanti a un’arguta costruzione mentale e nulla più. In questi racconti ciò non accade neppure per un istante. Il miscuglio di comico, drammatico, smisurato e grottesco non è una ricetta d’alta cucina ma un pasticcio stomachevole. E due autori non sono meglio di uno, piuttosto è vero il contrario.

Ne ho avuto conferma leggendo Elogio dell’ombra di Borges, raccolta eterogenea di saggi, poesie, racconti brevi, aforismi e diari (nella maggior parte dei capitoli questi e altri generi si mescolano).

Da tanto tempo avevo poi il libretto di Massimo Bontempelli Noi, gli Aria (ed. Sellerio). Il titolo è invitante ma un po’ fuorviante; sono riflessioni di viaggio in Sudamerica, compiute negli anni ‘30 insieme a Pirandello e altri esponenti della cultura italiana dell’epoca. Lessico e stile costituiscono la parte interessante, ma anche il limite di questo libretto: quello scrivere retorico e iperbolico tipico dell’epoca si combina con intenti poetici, secondo me con esito raramente felice.

Incuriosito dal lancio in grande stile ho letto Nessun dolore di Domenico di Tullio, “il romanzo di Casapound”, stranamente pubblicato da Rizzoli. E’ un buon romanzo di propaganda adatto a un pubblico di giovanissimi, ottenuto assemblando tra loro le principali canzoni degli Zetazeroalfa. Il passo più riuscito, a mio avviso, è quello in cui l’autore riversa la sua reale esperienza di avvocato e descrive la tipica fauna da Tribunale (magistrati, cancellieri ecc.).

Come al solito sono poi tornato a dedicarmi alle avventure polari leggendo un libro su un viaggio artico e un altro su un viaggio antartico. Il primo è Passaggio a Nord Ovest di Willy de Roos, l’olandese che per primo riuscì a ripetere con successo il viaggio di Amundsen su una barca a vela; con le due differenze, sostanziali, che disponeva di un motore ausiliario e che riuscì a compiere il passaggio in un solo anno, senza mai svernare nell’Artico. Il secondo è L’inferno di ghiaccio di Katherine Lambert (Il Saggiatore) ed è dedicato all’avventura di sei uomini della spedizione Scott che dovettero affrontare in condizioni disperate l’inverno antartico, riuscendo infine a salvarsi in maniera incredibile. Alla categoria delle letture ricorrenti appartiene anche il recente Maigret e il produttore di vino.

La lettura più interessante di questo periodo è stata L’altra parte di Alfred Kubin, famoso romanzo gotico-onirico-orrorifico, tipicamente novecentesco. Di Kubin avevo appreso per la prima volta in Ernst Jünger, che se ne era occupato, mi pare, ne Il contemplatore solitario. Il romanzo è un sogno su un piano inclinato, si apre cioè come un placido viaggio in regioni fantastiche e si trasforma in incubo a velocità accelerata.