Categorie
Libri

Il manifesto antimoderno di Luigi Iannone

Nelle settimane passate ho letto un saggio interessante di Luigi Iannone intitolato Manifesto antimoderno (Rubbettino). Per la varietà dei temi trattati e la densità delle considerazioni e dei rimandi che racchiude (in poco più di centosessanta pagine) è difficile, o quasi impossibile, tentarne una recensione esaustiva, che dia cioè conto di tutte le questioni sollevate. Mi limito quindi, più modestamente, ad alcune considerazioni sorte dalla mia lettura.

Come rivela il titolo, oggetto del libro è la modernità. Effettivamente l’autore attua una critica serrata ai fondamenti filosofici, storici, materiali e spirituali del moderno, tanto nella sua totalità quanto nei suoi elementi costitutivi; ma parte dalla consapevolezza che è impraticabile ogni passatismo. Questa è un’impostazione condivisibile: la semplice riproposizione di schemi ormai travolti da nuove idee vittoriose è tragicamente destinata alla sconfitta, e ancor più ogni forma di mitificazione di un passato puramente astratto e ideale, secondo il modello rousseauviano variamente declinato. È però anche vero che la ripresa del passato in chiave mitica è stata operata tante e tante volte nella storia, sin da epoche molto remote. Ancora in età imperiale avanzata era diffusa tra i Romani una (ri-e)vocazione dell’epoca repubblicana che, in forme assai diverse, avrebbe costituito la cifra anche del Rinascimento, poi dell’arte neoclassica e, ancora successivamente, persino della tendenza predominante nell’architettura di alcuni regimi totalitari; e gli esempi si potrebbero moltiplicare con molti altri riferimenti, anche extraeuropei. Forse sarà nuovamente concepito un legame ideale con il passato, magari arcaico, capace di spingerci, con una forma definita, nell’avvenire.

Il libro si costituisce di quattro capitoli, dedicati al disagio della realtà, alla morte della bellezza, a tempo e storia e alla Tecnica. Forse l’ultimo dei temi è il primo per rilevanza, come viene riconosciuto da tanti filosofi contemporanei, e come venne messo in luce da alcune tra le menti più acute della Rivoluzione conservatrice tedesca, cui Iannone ha dedicato lunghi studi (Jünger, Schmitt, Heidegger, Spengler ecc.). Dai tempi dell’Operaio jüngeriano la Tecnica sembra però aver mutato volto, o meglio aver mutato il volto del mondo da essa mobilitato; lo Stato mondiale che sta affermandosi in modo (almeno apparentemente) inesorabile è speculare a quello preconizzato da Jünger, essendo a tutti gli effetti un matriarcato – come “valori”, estetica e visione del mondo. La Tecnica ha cioè effettivamente forgiato una nuova Figura, ma più che di Operaio sembra trattarsi di Consumatore.

A proposito di Figure, sono molto interessanti le considerazioni di Iannone sul Partigiano schmittiano, che pare divenuta la caratteristica fondamentale dei conflitti contemporanei. L’inimicizia totale che ne è la caratteristica, con il conseguente travolgimento di quei limiti che caratterizzavano le guerre normate dallo jus publicum europaeum, ha invaso ogni angolo del mondo, con risultati di ferocia abissale divenuti ormai quotidiani; e persino il dilagare di episodi aberranti di cronaca nera sembra inserirsi in questa stessa logica.

Anche riguardo l’eclissi del sacro, su cui Iannone si sofferma, potrebbe valere la considerazione che non ha senso tentare di rianimare i cadaveri. Ma d’altra parte appare probabile che il sacro torni comunque a manifestarsi con impeto, se è vera la considerazione di Mircea Eliade che il sacro è condizione della stessa esistenza umana: solo la totale de-umanizzazione potrebbe portare alla perdita completa del sacro (ma, a mio avviso, dovrebbe trattarsi di una de-umanizzazione in senso completamente regressivo e animalesco). E’ vano tentare di preconizzare quali forme il sacro possa assumere in futuro; è però verosimile che un’enorme crisi spirituale, come l’attuale, possa propiziarne la riaffermazione.

Il lettore del Manifesto antimoderno si troverà ad osservare i problemi caratteristici della modernità in maniera particolarmente cruda e radicale, e talvolta ancor più di quanto non fosse già portato a fare per indole o formazione: già questo è sufficiente a consigliarne la lettura. A ciò si deve però aggiungere che l’autore ha un’eccezionale capacità di analisi, una grande forza espressiva e arricchisce il suo testo con innumerevoli rimandi e consigli di approfondimento più o meno impliciti: chi osservi il mondo con autentico interesse troverà quindi in questo libro un riferimento tanto prezioso quanto raro nell’editoria odierna.

Categorie
Libri

Naufragi

Torno a tracciare un breve resoconto degli ultimi libri letti, “a futura memoria”.

Assecondando il mio folle piano di completezza (cioè di leggere gli autori che mi interessano integralmente) ho proseguito con Bioy Casares (Diario della guerra al maiale), Conrad (Il passeggero segreto e Domani) e Poe (Il giocatore di scacchi di Maelzel). Per quanto riguarda quest’ultimo autore non sono a mio agio con la sua bibliografia completa. Ho diverse raccolte dei suoi racconti, ma in buona parte vi si trovano gli stessi pezzi, pur se in traduzioni diverse. Fatti salvi i saggi di critica letteraria e gli articoli giornalistici credo di aver (purtroppo) ormai letto tutto quel che scrisse. Il volumetto sul giocatore di scacchi automatico non ha aggiunto granché; ne potrei consigliare la lettura soltanto a chi si trovi nella mia situazione, cioè abbia desiderio di leggere qualcosa di Poe che ancora non conosceva.

In Conrad trovo sempre, contemporaneamente, qualcosa di affascinante e qualcosa di deludente. Quel che non mi piace è probabilmente l’aspetto che più solletica i critici letterari. La prolissità di certe descrizioni paesaggistiche e la cura nell’investigazione psicologica sono tecnicamente perfette, ma mi coinvolgono poco; quel che mi affascina è l’aspetto meno letterario, l’essere cioè l’ultimo rappresentante di una tradizione di racconti di avventure marinare (notevole sotto questo profilo Gioventù, pubblicato con Il compagno segreto).

Il libro di Bioy Casares è gradevole, bizzarro quanto gli altri, ma certo non il suo migliore.

Ho ricevuto dall’editore e letto con interesse il saggio di Caniatti Legione SS italiana; si trovano qua e là alcuni dati interessanti, mescolati però a cose decisamente discutibili (lunghe digressioni sulla memorialistica resistenziale, che non vedo che interesse possano rivestire per chi legge un libro su questo tema). Per la maggior parte si tratta di un collage da altri libri sull’argomento abbastanza noti e diffusi, soprattutto quello di Ricciotti.

Poi sono tornato ai resoconti di viaggi avventurosi con quattro libri interessanti.

Naufraghi di Victor Slocum è considerato un classico da molti autori; merita questa fama perché narra in modo essenziale e coinvolgente alcuni tra i più clamorosi disastri navali del passato, alcuni dei quali mi erano ignoti.

Crociera crudele di Henri Bourdens (pubblicato da Mursia, come anche il precedente) è invece, a mio parere, il resoconto di un naufragio annunciato. L’autore era un ex pilota francese con la passione della vela, che intorno agli Anni ’70 si era messo in testa di fare una traversata attraverso un vasto braccio di mare nel sud-est asiatico insieme alla moglie. Ma tali e tante furono le imprudenze e le leggerezze, che l’avventura si concluse ben presto su un’isoletta disabitata al largo dell’Australia, dove i due per poco non morirono di stenti.

Di ben diverso tenore Il naufragio della “Hansa” di A. Fabietti, che narra in modo molto semplice e “popolare” la storia drammatica della spedizione artica tedesca. Il dramma in realtà non si consumò sino in fondo; a seguito del naufragio nessuno dell’equipaggio perse la vita, sebbene per mesi gli uomini dovettero sopravvivere sul pack alla deriva in condizioni assai precarie.

Infine ho letto con grande piacere In mezzo ai ghiacci. Viaggi celebri al Polo Nord, che raccoglie i resoconti di alcune celebri spedizioni della seconda metà dell’Ottocento, tutte compiute sulla costa occidentale della Groenlandia, con l’eccezione della celebre spedizione della Tegetthoff di Weyprecht e Payer, la cui vicenda è stata raccontata magistralmente nel romanzo di Christoph Ransmayr Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre.