Getto il tredicesimo sassolino bianco, per tener traccia del mio itinerario attraverso le letture, annotando quelle degli ultimi cinquanta giorni circa.
Ho terminato Lernet-Holenia, con L’uomo col cappello e Avventure di un giovane ufficiale in Polonia. Il primo è particolarmente interessante; come in altri romanzi dello stesso autore la trama della realtà si sfilaccia, lasciando intravedere l’elementare o il mito (in questo caso quello nibelungico). Peccato che non mi resti altro tradotto in italiano.
Poi un paio di libri di puro svago: Luci nella notte di Simenon ed Esercizi di stile di Queneau, tradotto e introdotto da Umberto Eco – l’antipatia nei cui confronti mi aveva lungamente fatto desistere dalla lettura. Il semiologo sovrappeso conosce bene le figure retoriche, però almeno queste non riesce a piegarle al suo ghiribizzo buonista e politicamente corretto.
Ho letto con vero piacere, e nel luogo giusto – perché alcuni libri richiedono proprio un tempo e un luogo precisi per consentire la sintonia – L’onda del tempo e Percorsi d’acqua di Stenio Solinas, che tenevo da parecchio tempo, come due preziose bottiglie, a invecchiare in libreria. Da tanti anni apprezzo Solinas; credo sia una delle penne migliori del giornalismo odierno. Spesso i suoi articoli mi hanno reso meno penosa la lettura del quotidiano (quando leggo Il Giornale). Il fatto che entrambi i libri, poi, incrocino viaggi, nuoto e letteratura – e tanti autori che ho letto anch’io – me li ha fatti particolarmente apprezzare, ed è anche accaduto l’evento eccezionale che siano stati letti da alcuni familiari.
Poi il celeberrimo Settembre nero di Trizzino, che chissà perché non avevo mai letto, nonostante la sua importanza. A grandi linee quel che racconta – il tradimento dei vertici col grembiule della Marina durante la seconda guerra mondiale – mi era già noto, ma non lo avevo mai trovato spiegato in modo così semplice e dettagliato.
Dopo un altra minuta curiosità, i Romanzi in tre righe di Fénéon, ho letto la biografia di Fridtjof Nansen scritta da Jon Sörensen. Un po’ iperbolica nei toni, ma effettivamente la vita di Nansen è stata straordinaria. Mi affascina più l’esploratore del premio Nobel per la pace, ma è questione di inclinazione.
Poi la biografia di Joseph Goebbels di Viktor Reimann (ed. Ciarrapico), che nonostante l’inevitabile correttezza politica che gli deriva dall’essere stata scritta dopo la catastrofe riesce ugualmente a evidenziare, insieme ai limiti, la grandezza e la genialità del Ministro della Propaganda. Inoltre La repubblica di Mussolini di Felice Bellotti, che racchiude parecchie informazioni riservate – non so però quanto affidabili – sui retroscena di Salò. Ma prevale, nel leggerlo, il dispiacere nel constatare come un uomo che ha indossato le doppie rune scriva con acrimonia e persino disprezzo di tanti suoi camerati che, solo due anni prima, sono caduti per quello stesso ideale che lui invitava strenuamente a difendere dalle colonne di Avanguardia. Ottimo, poi, Infierire di Anna K. Valerio (Edizioni di Ar), che mi è stato prestato. Di solito non apprezzo molto i libri scritti da donne, ma qui c’è da restare stupiti per un gusto della radicalità oggi sempre più raro.
Adesso sto terminando La scoperta del polo nord di Robert E. Peary: l’americano che alcuni considerano il primo ad aver raggiunto quel punto dove tutti i venti spirano da sud e vanno verso sud, sebbene sia assodato che, in buona fede o meno che fosse, non vi giunse mai. Purtroppo, nonostante la bellezza (e rarità) del libro, il testo è molto meno appassionante di altri resoconti di spedizioni artiche, come Fra ghiacci e tenebre di Fridtjof Nansen o La stella polare nel mare artico del Duca degli Abruzzi.