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In morte di Giano Accame

“Aveva un record unico tra i giovani di Salò: si arruolò la mattina del 25 aprile 1945: «la sera ero già in galera. Non ho mai fatto il miles gloriosus anche per questo. Avevo 16 anni», disse in una recente intervista”.

«Volevo partecipare al canto del cigno, alla fine eroica della Repubblica Sociale».

«Fini non sa un cazzo ma lo dice benissimo».

Questo solo tre citazioni – la prima un breve passaggio biografico del ricordo di Giano Accame pubblicato oggi dal Messaggero (che per il resto è basato esclusivamente sui dati riportati da Wikipedia), le altre tratte da un’intervista fattagli da Claudio Sabelli Fioretti – sono sufficienti a rendere l’immagine di un uomo controcorrente e che desta immediata simpatia.

L’ho incontrato due volte in tutto. In entrambe le occasioni ne ho tratto l’impressione di una persona intelligente, curiosa e di grande educazione. Accame è stato per decenni un punto di riferimento nella cultura di destra. Argomentava in modo logico, coerente, consequenziale: un pregio diffuso nella sua generazione. Sul sito avevo ripreso il suo saggio su Evola e la rivoluzione conservatrice tedesca.

Attento in particolare al mondo dell’economia, che giustamente considerava troppo ignorata dagli intellettuali di Destra, aveva dedicato molta della sua attenzione a Ezra Pound, su cui scrisse anche dei libri.

Spero vivamente di poter interrompere per un lungo periodo questa serie di articoli di commemorazione.

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