Se a sinistra si possono fare le cose “di destra” che la destra non osa fare

gianfranco-de-turrisPer capire quale sia la situazione della cultura in Italia a vent’anni dalla prima vittoria del centrodestra alle elezioni politiche, occorre fare – come spesso è necessario – un confronto e un capovolgimento di prospettive.

A Riccione, guidata da una giunta di centrodestra (non so come composta) che ha strappato dopo 70 anni la città alla sinistra, si doveva svolgere il primo di una serie di convegni intitolata “Riccione fascista”, iniziativa prima accettata e poi negata dalla signora sindaco “per ragioni organizzative” e “per evitare strumentalizzazioni politiche”. Chi lo aveva patrocinato e chi vi partecipava? Forse noti estremisti come quelli di Casapound o di Forza Nuova, feccia fascista? No. Dovevano essere presenti nomi come Marcello Veneziani, il professor Giuseppe Parlato, Giordano Bruno Guerri presidente del Vittoriale degli Italiani e nientepopodimenoche Paolo Mieli che tutti sanno chi sia. Niente. Il convegno non s’ha da fare, sospensione che sa di vera censura. Questo è il centrodestra.

Predappio, cittadina natale del Duce, giunta da sempre di sinistra. Il sindaco del PD ha intenzione di acquistare la locale ex Casa del Fascio, peraltro splendido esempio di architettura razionalista, alla modica cifra (a rate) di cinque milioni di euri e destinarla a centro studi sul fascismo (che non è stato solo quello di Salò, precisa il primo cittadino), a biblioteca, a luogo di convegni e seminari sul tema, quasi ad un museo. Nessun problema, nessuna contestazione, nessun pericolo di “strumentalizzazione politica”. Lo si farà anche per una questione di… turismo, ovviamente. Questo è il centrosinistra.

julius-evola-cinquanta-anniChe sarebbe successo se la giunta e il sindaco fossero stati di destra? Forse il caso sarebbe arrivato in Parlamento o in Procura su denuncia dei nonagenari esponenti dell’ANPI quale “provocazione” o “apologia di fascismo”, e di certo sarebbe approdato sulla prima pagina dei quotidiani con sdegnati articoli dei vari Gramellini, Colombo, Stella & compagnia berciante. Ora invece nessuno si è mosso.

Che conclusioni vogliamo trarne? Sconsolanti. Da un lato pare che gli unici legittimati a organizzare, promuovere, valorizzare o semplicemente studiare qualcosa specie se legata al passato, siano solo ed esclusivamente gli amministratori di sinistra ai quali tutto è permesso, tutelati come sono dalla loro ideologia inossidabile. Una certa cultura storica la possono attuare soltanto loro senza pericolo. Il grottesco metodo italiano è sempre lo stesso: il doppiopesismo, il “doppio standard”, la stessa cosa è giusta o sbagliata a secondo di chi la mette in atto.

La seconda considerazione è deprimente: il centrodestra, nelle sue molteplici componenti, è rappresentato da gente che ha sostanzialmente paura delle conseguenze dei loro atti, anche se di normale amministrazione, quasi si sentissero circondati da forze ostili e non spalleggiati da nessuno, nemmeno dalla maggioranza degli elettori che li ha votati e fatti vincere. In parte potrebbero avere ragione, avendo sempre la sinistra il coltello politico e culturale dalla parte del manico e nessuno, a livello nazionale del centrodestra, possiede il coraggio di fronteggiarla. E anzi c’è il pericolo che i vertici centrali sconfessino la periferia per quieto vivere. E ovviamente i “grandi giornali” sparerebbero contro. Figuriamoci come si sarebbero scatenati i moralisti unilaterali di mezza tacca su Repubblica, Corriere della Sera , La Stampa, Il fatto quotidiano

Sicché da anni e anni a livello nazionale e locale il centrodestra non osa promuovere una cultura di centrodestra o di destra tout court rifacendosi agli autori della propria cultura o semplicemente organizzando manifestazioni controcorrente. Non si è fatto alcun passo avanti, anzi parecchi indietro come il caso di Riccione dimostra. Non esistendo più una politica autorevole di destra, una cultura di destra ne soffre e può essere bistrattata come si vuole, messa nell’angolo, ridicolizzata, o semplicemente negata, silenziata, intanto nessuno la difende e appoggia… a meno che non giunga qualcuno di sinistra a valorizzarla concedergli uno spazio che non ha più. Non si sa se riderci o piangerci su.

Non è stato sempre così, quando sono andati agli assessorati alla cultura di città grandi e piccole uomini colti, coraggiosi e non provenienti dalla politica politicante: penso al professor Pellegrini a Cagliari, a Carlo Sburlati a Acqui, a Massimo Greco a Trieste, i primi che mi vengono in mente. Perché tanti altri non hanno seguito il loro esempio? Per carità di patria non cito tutti quelli colpiti dalla “sindrome (culturale) di Stoccolma”.

Ora che la Fondazione AN ha respinto l’assalto alla diligenza (anzi alla cassa) e non si occuperà per il momento di foraggiare un nuovo partito, si presenta quindi l’occasione di appoggiare e aiutare qualche progetto pre-politico di ricostruzione di una rete culturale distrutta da una politica suicida di gente che di destra aveva solo l’etichetta, ristrutturare una base giovanile gettata al vento, creare nuove competenze, valorizzare le capacità, senza il miraggio di una poltrona all’orizzonte. Ma bisogna avere il coraggio di farlo, non aver paura di ipotetiche “strumentalizzaioni politiche” che in questo Paese ipocrita ci saranno sempre e comunque nei confronti della destra (lo spauracchio del fascismo è sempre dietro l’angolo). Non si può attendere che qualche ex comunista o ex democristiano si presenti per realizzare quanto sul piano culturale gli amministratori di destra hanno paura di fare.

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Giornalista, vicedirettore della cultura per il giornale radio RAI, saggista ed esperto di letteratura fantastica, curatore di libri, collane editoriali, riviste, case editrici. E' stato per molti anni presidente, e successivamente segretario, della Fondazione Julius Evola.

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