Il ritorno di Saint-Exupéry

Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe Sia che la notizia del ritrovamento del Lightning di Saint-Exupéry (e quindi anche dei suoi resti) si riveli vera o un falso allarme, di certo Il piccolo principe avrà una nuova giovinezza. È di certo il suo libro più famoso, anche se non il più importante e il più bello a giudizio di chi scrive: una fiaba che piace anche agli adulti. Scritta nel 1943 quando il suo autore era negli Stati Uniti, poco prima di ripartire per l’Europa e trovare una tragica e fino ad oggi misteriosa morte nei cieli del golfo di Marsiglia il 31 luglio 1944, il libretto risente di quei tragici momenti e cerca di esorcizzarli con una storia fantastica, in cui si contrappone il modo di pensare dei bambini a quello degli adulti, nello stesso tempo una sorta di educazione sentimentale e di assuefazione al senso della morte.

Nonostante ciò Il piccolo principe ha ottenuto un immenso successo, ma forse è esagerato affermare che sia il libro più tradotto e venduto dopo la Bibbia. Riduzioni teatrali e fumetti, magliette e cartoni animali, oltre ad altri gadget, ne documentano la popolarità. C’è però da dubitare un poco sulla spontaneità della faccenda, soprattutto quando questi improvvisi sussulti d’interesse avvengono nei momenti più inaspettati, o collegati – come adesso si può supporre – ad un fatto di cronaca, ancorché importante come il possibile svelamento dell’enigma della scomparsa del suo autore. Che scrisse la fiaba ricordando una sua esperienza personale, quando negli anni Trenta precipitò con il suo aereo nel deserto africano e riuscì a mettersi in salvo dopo una marcia di cinque giorni: una fantasia su una maniera diversa di affrontare i fatti della vita. E certo Antoine de Saint-Exupéry, nobile aristocratico, controrivoluzionario, cattolico tradizionalista, non avrebbe molto accettato l’uso del suo personaggi per fini pubblicitari, anche se in buona fede.

Stacy Schiff, Antoine de Saint-Exupéry. Biografia È in realtà la stessa sorte che tocca ad altre figure letterarie che si possono mettere sullo stesso piano di quello che potremmo benissimo definire un «extraterrestre», ancorché sui generis: ad esempio il Peter Pan di Barrie, di cui quest’anno si festeggia il centenario (dell’opera teatrale, non del romanzo), e degli Hobbit tolkieniani: il bambino che non voleva crescere e i mezzi-uomini, sono anch’essi al centro di un’operazione mediatica e di merchandising, che anche qui gli autori sicuramente non avrebbero gradito, almeno nelle forme che adotta la nostra società dell’immagine, della pubblicità e dei consumi. Belle fiabe abbassate di livello e ridotte a iconcine per le nuove generazioni, stampate su berretti e magliette (ma è capitato anche al comandante Che Guevara, rivoluzionario anticapitalista per eccellenza!).

Non possiamo evitarlo, ma non possiamo non dolercene.

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Tratto da Il Tempo dell’8 aprile 2004.

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Giornalista, vicedirettore della cultura per il giornale radio RAI, saggista ed esperto di letteratura fantastica, curatore di libri, collane editoriali, riviste, case editrici. E' stato per molti anni presidente, e successivamente segretario, della Fondazione Julius Evola.

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