Povera Europa, ti abbandoni ai quattro venti del tuo disastro.
Vento asiatico, vento slavo, vento ebraico, vento americano.
E non lo sai. Sarai morta senza saperlo.
Questo perchè non hai coscienza di te, o hai perso questa coscienza, o non l’hai ritrovata. Hai avuto una coscienza, ma ne hai perso man mano gli strumenti.
Coscienza cristiana: coscienza per il papato, la Chiesa, i grandi ordini.
Coscienza per l’espansione franca, per l’espansione germanica, per la feudalità, per l’Impero.
Coscienza per l’arte francese, l’arte italiana, ancora l’arte francese, l’arte tedesca, l’arte inglese. Coscienza per i Rinascimenti, la Riforma, la Rivoluzione.
Coscienza per la filosofia, la scienza.
Coscienza per la monarchia, l’aristocrazia, la borghesia, il proletariato.
Coscienza per il socialismo.
Coscienza per la sofferenza del 1914-1918, coscienza per Ginevra. Coscienza per il fascismo e l’antifascismo, il comunismo e l’anticomunismo.
Non hai ancora acquisito la tua nuova coscienza per l’internazionale delle nazioni, per la federazione delle tue potenze grandi e piccole che eleggevano un’egemonia per l’unità del tuo socialismo. E, senza dubbio, l’acquisirai troppo tardi.
Europa, tu che non sei un Impero, sei invasa da due Imperi.
Quello russo e quello americano.
Questi due Imperi vogliono la tua sconfitta e tu non lo sai.
Addirittura, ti presti al gioco di questi imperi tramite le tue forze disgiunte.
Molti europei sono partigiani dell’Impero russo e molti sono partigiani dell’Impero americano. Essi chiamano, con tutta la loro voce, lo spiegamento e l’esplosione della forza russa e della forza americana sull’Europa. Essi si rallegrano quando le orde asiatiche e slave entrano in Europa, nelle tue provincie di Romania e di Polonia, quando le flotte americane bombardano la patria delle tue patrie: l’Italia, dove, dopo lustri di decadimento, conservavi una delle tue più preziose e antiche immagini in quasi completa integrità fisica.
Già dal 1941 una delle tue isole avanzate, l’Irlanda, era calpestata dagli americani e tu non te non te n’eri preoccupata.
L’impero britannico era, nel mondo, una presenza dell’Europa (una compensazione al decentramento, alla stravaganza dell’Inghilterra fuori dall’Europa). Ora questo Impero è subordinato in maniera umiliante agli Imperi americano e russo.
In America esso ha perduto quasi tutto ciò che vi aveva, in un certo senso in nome dell’Europa. E’ una sconfitta e una umiliazione europea il fatto che le isole inglesi della costa americana siano occupate dalle guarnigioni americane; c’è da aggiungere che il Canada scivola nella versatilità americana.
Risulta una minaccia per l’influenza europea nel mondo il fatto che le repubbliche sud-americane, così legate all’Europa, si pieghino sotto il giogo americano l’una dopo l’altra, e che anche l’Intelligence Service sia costretto, causa quel giogo, ad intrighi deboli e nascosti contro lo sbarco yankee.
Stessa situazione nel Pacifico e in Asia, dove ciò che l’Inghilterra non ha ceduto ai giapponesi o ai cinesi, deve abbandonarlo alle iniziative difensive e offensive degli americani.
Ed ecco che l’Inghilterra deve dividere con la Russia e con l’America anche l’Africa, il Vicino e il Medio-Oriente.
Si può dire la stessa cosa per l’Impero francese, per l’Impero portoghese, per l’Impero spagnolo, per l’Impero olandese.
E più di tutti gli altri europei, gli Inglesi fanno i furieri degli Americani e dei Russi. Le isole britanniche, infatti, dopo Guglielmo il conquistatore sono affollate da milioni di americani ignoranti e sprezzanti. L’Inghilterra è occupata dagli extra-europei ancor prima che lo sia tutta l’Europa.
Se l’Inghilterra è terribilmente colpevole contro l’Europa, anche la Germania lo è. Abbandonando il proprio impero, l’Inghilterra abbandona i suoi beni, i possedimenti e i prestigi dell’Europa all’estero, scatena la doppia invasione della Russia e dell’America; d’altro canto, la Germania impedisce alle comunità europee di confederarsi intorno ad essa, non sapendo oltrepassare il suo nazionalismo, il suo imperialismo, non sapendo trasformare la sua rivoluzione particolare in una rivoluzione universale, non sapendo eliminare tutti gli elementi arretrati che veicola ancora in sè: essa, pura forza socialista, brucia sull’altare della patria europea. Nel 1940 la Germania non ha capito il proprio compito, l’ha solo presentito oscuramente: ha pronunciato la parola Europa senza mettervi niente di più di un vago fremito istintivo.
Assorbito dalla sua giusta visione del pericolo russo, il preveggente Hitler ha sempre agito con saggezza in funzione di questo pericolo.
Ma non ha capito che i gesti da lui compiuti fuori della Russia non potevano non essere scorti dagli interessati nel loro rapporto con quel pericolo ignorato, nato in una vasta zona dell’Europa.
Credeva che le “occupazioni” fossero solo una tappa verso qualcos’altro, verso la ripresa della marcia ad Est, forse solo parate secondarie e acessorie rispetto a quel movimento essenziale. Ma esse non sono state considerate tali dagli interessati, i quali vi hanno visto solo il preludio a volgari conquiste.
Abbiamo dunque una serie di territori occupati che si ritengono gli elementi virtuali di un accatastamento imperialista; non si può trasformarli nelle trasposizioni viventi di una dichiarazione scritta, volontariamente orientate verso una egemonia elettiva, se non si spande ovunque un soffio comune, un movimento comune, che coordinino in una azione e in una speranza comuni gli abitanti sconcertati di questi territori.
A queste popolazioni, le quali in quanto occupate si considerano in procinto di essere conquistate, non si può chiedere di offrire operai e soldati se non si propone loro al tempo stesso un impegno interiore. Impegno che, essendo simultaneamente interiore ad ogni popolo d’Europa, si riveli comune a tutta l’Europa.
Le genti di Polonia e di Bretagna, di Norvegia e di Grecia non possono aver voglia di difendere l’unione dei loro paesi in quanto Europa, a meno che non si dia loro qualcosa di nuovo da difendere; qualcosa che in quanto europei, li sta ora interessando.
L’Europa non può interessarsi a se stessa come un ricordo da resuscitare, un ricordo ignorato dalla maggioranza; si può interessare solo ad un nuovo impegno, il quale potrà renderle tangibile la sua esistenza, che questa inizi o che ricominci.
Può capire la guerra esteriore solo nelle opere di una guerra interiore; può capire una guerra contro il comunismo solo nella realizzazione della guerra socialista.
La Germania poteva suscitare l’interesse dei popoli alla sua presenza, permettere loro di vederla sotto una angolazione diversa da quella dell’occupante, solo facendo di questa presenza una presenza rivoluzionaria. I Tedeschi non interessano in quanto Tedeschi, non più degli Inglesi, Americani o Russi; ciò che interessa è quello che gli uni e gli altri possono apportare. Gli uni il comunismo, gli altri la democrazia capitalista; i tedeschi dovevano imporre il socialismo.
Ogni occupazione tedesca doveva trasformarsi in una rivoluzione nazionale; sarebbe stata una palpitazione della rivoluzione europea.
Inizialmente i popoli sono rimasti delusi dalle occupazioni tedesche, proprio perchè sono sdtate delle occupazioni; ci si rassegnava nel bene o nel male; ci si rassegnava ad essere rovesciati.
C’era un’invocazionein quel terrore che, nel 1940, aveva preceduto l’arrivo delle armate tedesche: si credeva che fossero delle armate rivoluzionarie, più rudi, ma al tempo stesso più innovatrici.
Purtroppo non è successo niente: erano solo armate d’altri tempi e, in un primo momento, solo più gentili di quelle.
Dapprima sono apparse rassicuranti; poi si è iniziato a dare voce alle lagnanze, divenute sempre maggiori. Avremmo preferito essere più scossi all’inizio, sconvolti.
Si è trattato solo di una occupazione militare la quale, contro le varie difficoltà, ha potuto reagire solo con i mezzi militari e, poi, polizieschi. Non abbiamo conosciuto il nazionalsocialismo, abbiamo conosciuto solo gli eserciti e la polizia. Non abbiamo conosciuto il contenuto della Germania hitleriana, ma solo i suoi strumenti esteriori.
La Germania ha voluto rispettare l’antica convenzione delle autonomie, delle sovranità nazionali. Allora ha dovuto impiegare i mezzi, non meno convenzionali di quelli che si usavano in passato, per circuire e assediare queste autonomie: mezzi di pressione diplomatici, finanziari, economici, militari, politici.
Ma c’era bisogno dei mezzi più nuovi, più rispettosi, più vitali della conquista rivoluzionaria.
Fare appello alle grandi alleanze intime, dirette, tra il genio del popolo tedesco e il genio degli altri popoli, tra le forze rivoluzionarie di Germania e di altre nazioni. Per poggiare l’egemonia militare sulla federazione delle rivoluzioni.
E’ ciò che, invano, avevano cercato di fare gli Anglo-americani; è ciò che, di sicuro, faranno i Russi.
Gli Americani hanno dei veri alleati: i democratici; i Russi hanno i comunisti; i Tedeschi non hanno riconosciuto i loro alleati naturali, i socialisti europei.
Ma questi, pochi all’inizio, potevano sviluppare le loro forze solo in un clima di tumulto generale, di convergenze ardenti.
La Germania ha avuto paura. Temendo per la coesione e l’efficacia del suo esercito, la Germania ha avuto paura di farne un’arma rivoluzionaria; ma i soli eserciti che hanno fatto storia nel mondo sono stati quelli delle rivoluzioni armate.
La Germania ha avuto paura di cessare di essere se stessa per divenire l’Europa; la sua aquila non è divenuta una fenice pronta a rinascere dalle proprie ceneri.
E’ dunque troppo tardi? La comunità delle sofferenze per i massacri russi e americani, gli incendi, le rovine,: tutto ciò va forse a confondere occupanti e occupati, conquistatori e conquistati, difensori e difesi? Ci sono ancora frontiere, in Europa, per i nugoli di aerei americani, per le orde asiatiche? Ci sono ancora dogane tra le folle ridotte alla miseria? Può esserci forse una bandiera diversa da quella rossa, sulla superficie di un continente interamente ridotto al socialismo marxista, volente o nolente? Chi mai potrà risollevare l’Europa dalle rovine, se non il socialismo? Non saranno certo le banche o i trusts.
Ora è tempo che i Tedeschi non solo proclamino, ma realizzino il socialismo europeo sulle rovine dell’Europa. Perché, in mezzo a queste rovine, c’è ancora la nostra anima da difendere.
Il momento peggiore è quello migliore.
Le trasmutazioni sociali decisive si compiono in piena guerra.
E’ stato in piena guerra che l’Inghilterra puritana, la Germania luterana, la Francia giacobina e la Russia leninista, hanno compiuto i passi decisivi nella lotta all’interno.
E’ in piena guerra, quando i russi avanzano, che bisogna compiere i gesti decisamente europei e socialisti.
(Maggio 1944)
carlo contin
Continuo : Durrenmat nella commedia Romolo il grande era perfettamente conscio che l' impero romano non poteva spravvivere a lungo e aveva dedicato la sua vita ad abbreviare l' agonia di un' entità politica ormai obsoleta ,priva d' anima.
carlo contin
La poesia è molto attuale. Drieu de la Rochelle sperava in un rinnovamento. Per l' Europa nel 1944 era troppo tardi per cambiare il corso della storia. L' ideologia nazionalsocialista limitata alla Germania era condannata all' insuccesso. Hitler ha parlato solo per il popolo tedesco e non a nome dell' Europa;il nazional socialismo non ha toccato il cuore degli europri . Questa ideologia fa ancora paura. I poteri economici e politici non vogliono un Europa forte ,orgogliosa del suo passato e fiduciosa nel suo futuro. Per questo hanno inventato la comunità europea che è solo un mercato . Nessuno ama questa buffonata, ma tutti l' accettano perchè rassegnati al suo declino . Eppure le forze che hanno vinto il conflitto sono in via di esaurimento. L' America e l' unione Europea sono giganti dai piedi d' argilla. Basta pensare che l' America non è riuscita a vincere in Viet Nam e le forze della coalizione atlantica hanno gia perso in Afganistan . Quando una lotta è sostenuta dalla fede e motivazioni idali allora i combattenti sono invincibili .Gli europei sono ammalati nell' animo, si perdono in discussioni sterili sulla shoah,quando l' olocausto del nostro continente è iniziato sessantaquattro anni fa. Ci stiamo estinguendo .
Se questo devev essere il nostro destino e meglio che tutto finisca ilprima possibile . Romolo Il Grande ,nella commedia di Dùrrenmat , descrive il sentimento dell' imperatore ,che non avendo la possibilità materiale per evitare la fine di Roma si adopera per abbreviarne l' agonia. Se la civiltà europea deve terminare è meglio che l' exitus avvenga il prima possibile. L' accanimento terapeutico non serve , prolunga solo il dolore .
evoliano
La Rochelle ha perfettamente ragione,purtroppo,il difetto di Hitler fu quello di considerare la sua guerra,una guerra di conquista,perciò Egli,invece di applicare ai paesi occupati quel che aveva fatto in Germania,semplicemente ne sfruttò le risorse,a favore del propio paese, trattando gli abitanti come dei conquistati invece che dei fratelli europei,e propio per questo diventando non curanti della vita umana che non fosse tedesca,specialmente ad Est dove fece dei veri e propi massacri degli slavi,volendo accuparne le terre guerra conclusa;errori del genere non dovranno più ripetersi se si vorrà unire l'Europa,coloro che si cimenteranno in questa impresa dovranno pensare all'Europa intera e non ad una singola nazione.