Per una teoria della moneta

Con usura non v’è chiesa con affreschi di paradiso.

Ezra Pound

Canto XLV

 

Il celebre verso di Ezra Pound risuona quanto mai attuale in quel regime di dittatura finanziaria che va sotto il nome di “globalizzazione”.

Una ricognizione delle fonti del pensiero economico può essere di grande interesse in un momento di cambiamenti epocali, poiché testi molto antichi si propongono al lettore moderno con toni di sconcertante attualità.

È il caso del De Moneta di Nicola Oresme, un trattato economico scritto verso il 1360 dal filosofo normanno, esponente di punta del nominalismo all’Università di Parigi.

Possiamo leggere il testo di Oresme in una traduzione francese: Traité des monnaies et autres écrits monétaires du XIV siècle. Il trattato di Oresme è stato scritto in un momento di significativi mutamenti sociali: la borghesia mercantile è una classe ormai affermata e lo sviluppo dei commerci necessita di una disciplina della moneta che non può più essere frammentata e lasciata in mano a singoli signori come era nel pieno dell’età feudale. Il potere monarchico deve quindi farsi garante di una politica monetaria che assicuri certezze e stabilità per i tempi nuovi.

Il testo di Oresme contiene perle di saggezza che dovrebbero essere lette da politici ed economisti dei giorni nostri. Per il filosofo medievale la moneta è istituita per il bene della comunità, pertanto spetta al principe la prerogativa di battere moneta, e se un principe straniero battesse una moneta simile e di minor valore, con l’evidente intento di confondere le valute, questo sarebbe motivo di guerra giusta.

La moneta inoltre è funzionale allo scambio delle ricchezze naturali, essa pertanto non è di proprietà del principe, ma appartiene ai proprietari delle ricchezze, ovvero alla comunità di popolo: il concetto di sovranità monetaria popolare oggi è stato cancellato dalla coscienza giuridica!

E poiché la moneta appartiene al popolo, il costo della sua emissione è a spese del popolo, quindi il signoraggio è illegittimo.

Le svalutazioni della moneta sono un fenomeno su cui il principe deve mantenere la massima vigilanza; un principe che effettuasse svalutazioni a suo piacimento non sarebbe un sovrano legittimo, ma un tiranno, e non avrebbe alcun diritto a governare! E Oresme ricorda che il potere di un tiranno si fonda sulla paura, mentre quello di un re è basato sui legami di fiducia che il sovrano sa instaurare col popolo.

Il guadagno derivante dalla svalutazione è considerato mostruoso e contro natura, secondo le indicazioni di Aristotele, ed è stigmatizzato come un male peggiore dell’usura…

Per questo motivo l’attività dei cambiavalute è assimilata a quella degli usurai e giudicata un’occupazione vile e parassitaria.

Il volume in questione riporta anche commenti di Giovanni Buridano ad Aristotele, nei quali si esponevano concetti simili a quelli sopra esposti. In particolare Buridano insisteva sulla dimensione comunitaria dell’economia: chi pensava all’utile personale a detrimento della comunità commetteva peccato mortale. E lo stesso sovrano che facesse circolare una moneta il cui valore prescindesse da quello dei bisogni umani, peccherebbe grandemente.

Anche il giurista Bartolo di Sassoferrato si interrogava su alcuni aspetti della vita economica. In particolare era sentito il problema di estinguere un debito dopo che erano occorsi mutamenti nel valore della moneta. Bartolo affermava che il debitore doveva utilizzare il valore della moneta riferito al momento in cui aveva contratto il debito, almeno se non era in ritardo col pagamento.

Infine il libro riporta alcuni scritti di diritto canonico del XIII secolo, nei quali si esprimeva la preoccupazione di difendere la moneta dalle svalutazioni.

I lettori potranno giudicare come le considerazioni di questi antichi studiosi siano di folgorante modernità, e quanto siano pretestuose le argomentazioni di coloro che si ostinano a considerare i tempi medievali come i “secoli bui”!

* * *

Nicolas Oresme et autres, Traité des monnaies et autres écrits monétaires du XIV siècle, La Manufacture, Lyon 1989, pp. 208.

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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