Odissea nordica

Felice Vinci, Omero nel Baltico
Felice Vinci, Omero nel Baltico

Molti indizi sembrano avvalorare l’origine nordica dei poemi omerici: le gesta di Achille e di Ulisse potrebbero risalire a un’età in cui le stirpi elleniche non ancora erano giunte nel Mediterraneo. Ma allora: dov’è Troia?

C’è un piccolo borgo nella Finlandia meridionale, posto su un’altura tra due fiumi, a poca distanza dal mare; il suo nome è Toija. Per quanto sia oggi insignificante alla vista, doveva essere abitata dagli uomini già in tempo molto antichi – antecedenti l’Età del Ferro. Nella sua area infatti non è difficile imbattersi, scavando, in splendidi esemplari di spade e punte di lancia. Qualche millennio fa, quando ancora molta terra finlandese non si era sollevata dai flutti, questa Toija doveva trovarsi proprio sulla costa del vasto mare Baltico al cospetto di una piccola isola.

Immersa nella magnetica atmosfera boreale, fatta di lunghe aurore e di interminabili crepuscoli che talora giungono fino alla mezzanotte contenendo al massimo il dominio delle tenebre, Toija sembra aver attraversato gli ultimi millenni in assoluta quiete, lontana dai vortici della strada. Nulla di particolarmente clamoroso è successo qui da quando nell’arcaica Era del Bronzo certi antichi guerrieri lasciarono in seno alla terra le loro spade e le lance che adesso i contadini, senza volerlo, raccolgono. Non dovevano essere guerrieri da poco se oggi un ingegnere italiano appassionato di mitologia reca ha pensato di attribuire loro nomi altisonanti e a noi ben familiari… quelli di Patroclo, Enea, Ulisse ed Ettore!

Che la Toija finlandese possa essere Troia, l’unico vero luogo identificabile con la città che in una notte bruciò per l’astuzia di Ulisse, a prima vista pare un simpatico gioco di parole e nulla più. Ma Felice Vinci, che al borgo di Toija vorrebbe restituire la “erre” e con essa una gloria senza pari, è convinto di non scherzare. Fondendo archeologia e filologia omerica, Vinci in due libri (Homericus nuncius e Omero nel Baltico) ha accumulato una serie di indizî a favore della sua ipotesi, e si appresta ora a pubblicare un terzo libro.

La certezza archeologica di base – che cioè Toija sia stata luogo di battaglie proprio al tempo delle gesta di Achille – in sé non è una gran prova. In fondo una Ilio è gia stata scoperta ed è posto comprensibilmente in quel Mediterraneo in cui ancora oggi possiamo ammirare i luoghi citati nell’Iliade e nell’Odissea: Itaca, il Peloponneso… voler sovvertire questo scenario incontrovertibile può sembrare impresa pazzesca. E tuttavia, insinua Vinci, nel “Mediterraneo di Omero” c’è qualcosa che non quadra. Già gli antichi geografi si resero conto che i posti descritti minuziosamente dal vate non combaciavano affatto con le rispettive realtà.

Per Omero il Peloponneso è un’isola pianeggiante (come dice la parola stesas: Peloponesos: isola di Pelope) e non una penisola montuosa. Per Omero l’Ellesponto è un vasto mare, non una strettoia quasi fluviale come lo stretto dei Dardanelli. Quanto a Itaca, essa non rispetta affatto la posizione attribuitale nell’Odissea: non vi è in essa alcuna traccia della descrizione omerica; e d’altra parte, dov’è Dulichio, l’”isola lunga” che dovrebbe essere al suo cospetto? Infine Troia, “Troia VII”, portata alla luce da Schliemann, solo forzatamente può essere identificata con la città omerica. L’eminente storico Moses Finley ha reagito apertamente a tale identificazione.

Certamente sulla Troade di Omero aleggia un clima ben strano: la neve cade anche sulla spiaggia, gli scudi si incrostano di ghiaccio, la nebbia è onnipresente, gli eroi vestono pesanti tuniche anche d’estate e non sudano mai a causa del sole, che infatti non brucia. Sembrerebbe quasi che “Omero”, o chi per lui, non conoscesse il clima dell’Anatolia, né tantomeno il Mar Mediterraneo, che infatti nei poemi appare sempre “brumoso” e “livido”, avvolto nella nebbia, scosso da tempeste e terribili raffiche di vento, solcato da enigmatiche “rupi galleggianti” che Richard Graves non esitò a spiegare come iceberg!

Proprio Richard Graves, un’autorità in fatto di mitologia ellenica, aveva situato le avventure di Ulisse nello scenario dell’Atlantico settentrionale e della costa della Norvegia.

Indipendentemente da Graves, Vinci è giunto alla medesima conclusione e l’ha portata alle estreme conseguenze. Non solo Ulisse si è mosso nel Mare del Nord, in uno scenario oceanico del tutto alieno dalla realtà mediterranea, ma egli stesso era un nordico (si direbbe un marinaio vichingo), come in fondo erano nordici – e qui si esce dal campo delle mere ipotesi – gli Achei e le altre genti elleniche, i “Danai” di cui parla Omero, e che giunsero nel Mediterraneo agli albori della storia europea dell’Età del Ferro.

Vinci è stato fulminato sulla via di Helsinki da un passo di Plutarco, in cui l’autore, riprendendo peraltro una tradizione abbastanza diffusa nell’antichità,m poneva l’isola di Calipso, Ogygia, a Nord della Britannia, a 5 giorni di navigazione: probabilmente nell’arcipelago della Fär-Øer come punto di partenza, e seguendo meticolosamente le rotte dell’Odissea, Vinci ha individuato la Scheria – la terra dei Feaci, che mai Omero chiama isola – in Norvegia: il Peloponneso e Itaca nelle isole occidentali della Danimarca; la Troade in Finlandia, sulle sponde di quello che in fondo è il Mediterraneo del Nord: il Baltico. Lì nella zona di Toija, a parte le armi dell’Età del Bronzo, Vinci ha ritrovato un vero e proprio “giacimento toponomastico”. Nel raggio di pochi chilometri, tanti insediamenti portano nomi curiosamente “omericheggianti”: Askanien (l’Ascania?), Karjia (I Carii, alleati dei Troiani?), Lyökki (i Lici?), Killa (Cilla?), Kikoinen (i Ciconi?). Intorno a Toija si estende una costellazione di nomi che ricordano i nomi delle popolazioni alleate ad Ilio. E non manca neppure il lago Enä, che ricalca il nome della ninfa delle fonti Enonne (figlia del fiume Eneo), che fu il primo e più innocente amore di Paride. Ovviamente a questo punto Vinci dovrebbe dimostrare che tali toponimi siano antichi non di secoli, ma di millenni. Per ora va però dato atto che la serie di coincidenze comincia a diventare impressionante e che in nessun’altra parte del mondo questa curiosa corrispondenza di nomi si ripete. Vinci d’altra parte si rende conto che l’ultima parola non può spettare ad argomenti del genere, ma deve riguardare l’archeologia: “la parola passi alla vanga”, dice perciò concludendo il secondo libro. Già, ma cosa la “vanga” dovrebbe portare alla luce? Non certo mura ciclopiche, se si vuol seguire il tracciato omerico, non certo roccaforti ben salde come quelle che caratterizzano le roccaforti micenee nel Mediterraneo. Omero dice che le mura di Troia erano un misto di “pietre”, “tronchi” e “parapetti”. Talvolta i tronchi della muraglia cigolano ed è agevole abbatterli. Perciò i Troiani sono soliti combattere “fuori le mura” per poi rifugiarsi rapidamente all’interno del recinto in caso di difficoltà: quasi un copione da Far West. Omero a un dato punto dice che il recinto del campo acheo avrebbe superato “per gloria” quello troiano! E il recinto degli Achei comprensibilmente era nulla più che una staccionata… D’altra parte sarebbe un anacronismo storico attribuire a una società palesemente arcaica come quella di Ettore e Priamo una struttura urbana che corrisponde a fasi ben posteriori di civilizzazione. Questa Ilio fatta di pietra e di legno, che può bruciare in una notte e può essere spazzata via da un’alluvione violenta (Iliade, L. XIII), più che le possenti fortificazioni della civiltà micenea-mediterranea ricorda i tipici insediamenti nord-europei tutti in legno, come, ancora in tempi recentissimi, la fortezza del Cremlino.

Constatazioni del genere spiazzano la rocciosa Hissarlik-“Troia” di Schliemann in Anatolia, e suggeriscono che vale la pena di tentare alcuni sondaggi nel terreno finlandese o in quello danese.

In attesa di appoggî finanziarî Vinci si è dato a un’opera di vasto monitoraggio delle fonti della mitologia non solo greco-omerica, ma ovviamente anche nordica. Scoprendo per esempio come un autore danese del XII secolo, Saxo Grammaticus, nella sua Historia Danorum, continuamente parli di guerre tra “Danesi” ed “Ellespontini”. Ci si è sempre chiesti come i Danesi trovassero modo di combattere, un millennio prima della rivoluzione tecnologica, guerre con le genti dell’Ellesponto mediterraneo. Ma Vinci, con un radicale cambio di prospettive, potrebbe sciogliere questo nodo. E se i Danesi fossero i Danai? E se gli Ellespontini (cioè i Troiani) fossero originariamente popoli del Nord? E ancora si scioglierebbe, seguendo Vinci, un nodo che riguarda da vicino noi Italiani. Gli antichi Romani si dicevano discendenti di Enea, ma se Enea viene dall’Anatolia è difficile conciliare l’arcaico ricordo dei Quiriti con le più avanzate ricerche protostoriche che pongono il punto di partenza dei Latini, tipica popolazione indoeuropea, in un territorio intermedio tra l’attuale Polonia e le repubbliche baltiche. Ma chiaramente se Enea fosse venuto dal Nord e non dall’Est…

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UN ALTRO STUDIO SULL’OPERA DI FELICE VINCI

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10 Responses

  1. Luca Schiano
    | Rispondi

    Interessante la teoria di Vinci (il libro me lo regaleranno a breve, ho visto la trasmissione su Voyager di Jacobbo): ma come spiegare il ritrovamento dei crani fossili dell'elefante nano in Sicilia (il foro centrale fu erroneamente creduto un occhio) che è alla base della leggenda dei Ciclopi?

  2. anon
    | Rispondi

    Semplice da spiegare: niente più che un'altra forzatura come Hissarlik = Troia

  3. Tradizione Solare
    | Rispondi

    in realtà i ciclopi di Omero corrispondono a perferzione ai Troll: giganti scandinavi con un occhio solo e che scagliano sassi contro i marinai che si addentrano nei fiordi…

  4. Achireu
    | Rispondi

    I contesti socio-culturali e militari come i vari equipaggiamenti ed armi descritti nei poemi omerici sono pienamente riconducibili a quelli della Grecia ed Anatolia della tarda eta’ del Bronzo.

    Le armi di ferro per esempio (come dimostrano i reperti archeologici) erano gia’ utilizzate nella tarda eta’ del Bronzo in Grecia e soprattutto in Anatolia, non c’e’ quindi nulla di strano che vengano citate nell’Odissea.

    Ma certamente tali armi non esistevano nel Baltico del 2000 -1800 AC dove il Vinci pretende di ambientare tali vicende.

    Chi trova delle incongruenze “inspiegabili” e’ perche’ non ha un’ adeguata conoscenza dello specifico contesto storico archeologico della Grecia del Tardo Elladico e di quello Baltico della prima eta’ del Bronzo .

    Le varie ambientazioni e luoghi descritti da Omero sono tranquillamente compatibili con l’area mediterranea tenendo anche presente che la geografia del 1200 AC era differente da quella odierna; quelle che ora sono penisole nell’antichita’ erano o potevano essere isole e viceversa, in zone dove ora ci sono vaste pianure prima c’era il mare etc…

    Non ha nessuna valenza scientifica il cercare “forzatamente” di far quadrare la geografia Omerica in una qualche parte del mondo al di fuori dell’area mediterranea comparandola con le attuali morfologie.

    I poemi omerici non sono dei testi geografici, persino oggi in molti libri e film ci sono delle incongruenze di luoghi connessi tra di loro, non ha quindi nessun senso pretendere una puntuale e precisa coerenza geografica in dei poemi dove sono anche descritte divinità, prodigi, mostri, etc…

    Già da molti anni sono stati evidenziati innumerevoli (se ne possono trovare decine e decine ) incongruenze nella teoria del Vinci, ci si potrebbe tranquillamente fare un libro, ma lo scopo dei ricercatori seri non è quello di passare il tempo a sfatare le innumerevoli teorie fantasiose. Ed in ogni caso per dimostrare la poca attendibilità di una teoria non è necessario controbattere ogni singolo elemento ne bastano poche significative o è più che sufficiente evidenziarne alcune palesemente false , “forvianti” o contraddittorie.

    Anche se e' accettato che i popoli che invasero la Grecia arcaica e che fondarono la civilta' micenea fossero originari dell'Europa continentale, vari elementi archeologici avvalorano più l’ipotesi di un flusso migratorio proveniente dal Centro-Est Europa piuttosto che dal Baltico

    Inoltre, la civilta' del bronzo e' comparsa piu' tardi in Scandinavia, quando la civilta' micenea era gia' sviluppata. Non risulta che in quelle epoche gli Scandinavi avessero sviluppato una navigazione a vela pari a quella delle civilta' del Mediterraneo.

    Sono inoltre ridicoli i riferimenti ai Vichinghi, una civilta' sviluppatasi circa 2000 anni dopo le epoche delle quali stiamo parlando.

    Assolutamente privi di fondamento sono poi gli accostamenti etimologici tra i toponimi omerici e quelli scandinavi. Questi ultimi infatti risalgono al periodo della colonizzazione dei Vichinghi, cioe' intorno al 800 d.C.

    Vinci colloca l'isola di Calipso nell'arcipelago delle Faroer, sostenendo che una di queste avrebbe un nome di "tipo greco": Mykines.

    Non ci sono parole per descrivere la puerilita' di una affermazione simile. Le isole Faroer (anzi le isole Far, dato che oer vuol dire isole) erano deserte fino alla colonizzazione vichinga (sempre 2000 anni dopo Ulisse) e Mykines e' un nome celtico. Non ha assolutamente nessuna relazione con il greco, anche se al "genio" di Vinci probabilmente suona come Mykonos e quindi sembra greco.

    Una concezione veramente infantile dell'etimologia. Con la stessa logica si potrebbe affermare che il toponimo svedese Kivik (che in svedese si pronuncia "civic"), potrebbe essere collegato al latino civicus. Cosi', ovviamente, non e' (la radice vik significa "baia" e si trova in molti toponimi delle coste scandinave).

    Altrettanto ridicolo e' sostenere che la descrizione ambientale dei poemi omerici sarebbe poco mediterranea, perche' c'e' nebbia, il mare e' spesso "livido", i personaggi sono spesso intorno al fuoco, hanno freddo etc. Anche queste descrizioni appartengono al Mediterraneo (Vinci dimostra in questo una visione del Mediterraneo formata sui depliant turistici) e poi, prima l'autore sostiene che a quell'epoca la Scandinavia aveva un clima mite, poi usa riferimenti climatici dell'attuale Scandinavia per provare la sua tesi.

    Che le foche siano citate in un passo dell’Odissea non c’e nulla di strano, e non e’ certo una prova che tali vicende si debbano collocare nel mare del Nord, visto che le foche sono anche presenti nel Mediterraneo, tra l’altro le foche monache sono diffuse proprio nell’area dell’Egeo, e del sud mediterraneo, ora purtroppo sono in via di estinzione ma erano certamente più numerose in passato in tutto il mediterraneo. Il sostenere che si brucerebbero al sole del mediterraneo è una grossa sciocchezza!! Visto che vivono proprio nel mediterraneo!!! Ciò dimostra la poca serietà di chi sostiene certe teorie.

    Ben altri animali sarebbero invece stati citati se tali vicende si fossero svolte nel Baltico come ad esempio le renne, principale risorsa di quelle popolazioni.

    Altro argomento “fallace” e’ quello dei pesanti mantelli che dovrebbero avvalorare la teoria nordica. Peccato che i pesanti mantelli sono ben attestati nelle raffigurazioni della Grecia dell’Eta’ del Bronzo visto che di notte sia in varie zone della Grecia che soprattutto nei Dardanelli c’e’ anche in estate freddo e vento, e quindi sopra una semplice tunica o sopra il corpo nudo, venivano portati spessi mantelli. Ma quello che rende tale informazione alquanto sospetta di “mala fede” e’ che il Vinci evita di dire che molti di questi mantelli sono descritti come fatti con pelli di Leoni o Leopardi guarda caso perfettamente in accordo con quello che sappiamo sui costumi Egei e del vicino medio oriente durante la tarda età del bronzo.

    L’Iliade descrive solo una piccola frazione della “Guerra di Troia” ed e’ incentrata sulla disputa tra Achille e Agamennone non c’e’ nessuna ragione di considerarla come un resoconto completo di tutta la guerra quindi asserire che questa e’ durata solo alcuni giorni non ha nessun senso logico.

    Il fatto che la Teoria del Vinci sia pubblicata o pubblicizzata su “autorevoli” riviste e trasmissioni o che il Vinci venga invitato ad alcuni convegni universitari o nei licei non significa che le sue teorie siano plausibili. Tutti infatti possono ed hanno il diritto di esprimere anche in certi contesti/ambienti di studio le proprie teorie, ma questo non da valenza scientifica a tali teorie e non è una prova della loro veridicità.

    I comitati scientifici od i consulenti storici di molte riviste hanno normalmente una conoscenza generica di svariati argomenti di carattere storico/archeologico, ma non una specifica preparazione per esempio sui poemi Omerici o sull’archeologia/storia dell’eta’ del Bronzo nell’Aera dell’ Egeo o del Nord Europa. Ed anche se ci fosse l’esperto di turno (che verosimilmente non fosse d’accordo con le teorie del Vinci) le scelte redazionali pubblicherebbero in ogni caso l’articolo o manderebbero lo stesso in onda la trasmissione.

    Cosi’ come avviene per altre teorie “alternative” (che ascoltate da un pubblico senza le specifiche conoscenze possono sembrare plausibili) come quella sul creazionismo o che vuole l’uomo mai andato sulla Luna, o gli alieni con relativi dischi volanti nell’Area 51 etc…

    Il fatto che la Guerra di Troia non sia ancora completamente assodata come fatto storico e’ vero ma ci sono molteplici elementi storico archeologici che supportano la visione Anatolica dell’evento sia come locazione che come periodo.

    La lineare B degli Achei dell’età del bronzo veniva utilizzata per listati burocratici di palazzo, i miti e racconti venivano trasmessi oralmente e non in forma scritta. Tuttavia l’analisi delle metriche dell’ Iliade ed alcuni “errori” in tali metriche, nonché i persistenti listati descrittivi, ed i molteplici elementi tipici della Grecia del Tardo Elladico dimostrano come tale poema fu oralmente composto quando in Grecia si parlava il Lineare B, quindi durante la tarda età del Bronzo.

    Le tavolette Ittite descrivono esattamente la locazione di Wilusa che coincide con quella della (W)Ilios Omerica, non solo ma a parte le similitudini di alcuni nomi presenti anche nell’Iliade ci sono riferimenti geologici ben precisi effettivamente riscontrati in loco.

    Le tavolette Ittite descrivono anche gli Ahhiyawa (Achei) che operano in zona e che hanno la loro base a Mileto (archeologicamente provata essere una roccaforte Achea) I testi su tali tavolette inequivocabilmente portano alla conclusione che gli Ahhiayawa sono gli Achei descritti da Omero visto che e’ stata trovata anche una tavoletta di risposta proprio del Re Acheo scritta si in Ittita ma dove si evince che chi scrive e’ di madre lingua Greca, e lui stesso si definisce erede di Kadmos (fondatore della citta’ Achea di Tebe) tale tavoletta riguarda controversie su alcune isole dell’Egeo dove la presenza Achea e’ ben attestata.

    Per chi conosce l’argomento ci sono molteplici elementi storico archeologici per locare in maniera verosimile e pienamente plausibile le vicende omeriche nell’ area mediterranea tra l’Anatolia e la Grecia e in un periodo tra il 1300 ed il 1100 AC. Cosa assolutamente non dimostrabile con tali valenze scientifiche in nessuna altra parte del mondo ne nel Baltico, ne in Inghilterra ne in Mesopotamia etc…

    Esiste un’altra teoria che ha molto seguito in certi ambienti pseudo scientifici e di fanta-archeologia , anche questa e’ stata pubblicata su libri, viene dibattuta in certi convegni, discussa nei programmi televisivi di alcuni paesi etc…. ed e’ quella che vuole le vicende Omeriche ambientate in Inghilterra. Ebbene anche in quel caso per una persona senza le adeguate conoscenze storico/archeologiche tutto sembra coincidere: luoghi geografici, descrizioni, armamenti, clima, assonanze di nomi etc… eppure e’ chiaro che le due teorie Troia nel Baltico e Troia in Inghilterra (pur apparentemente plausibili) non possono essere entrambe vere.

    A questo punto ci si potrebbe chiedere come mai quelli che avvalorano la teoria del Vinci, viste le loro generiche e vaghe conoscenze sull’argomento, perché non difendono l’ altrettanto alternativa ed apparentemente “plausibile” teoria della guerra di Troia in Inghilterra.

    Volete in ogni caso togliervi ogni dubbio ed interessarvi veramente all’argomento?

    Fate un giro negli scavi a Troia o quelli in vari siti Micenei in Grecia tuttora attivi, parlate con gli archeologi e gli storici provenienti da varie parti del mondo, che da anni si interessano direttamente dell’argomento, che sanno leggere le tavolette Ittite, che conoscono il Greco della lineare B, che leggono i testi di Omero direttamente dal Greco, che hanno una vasta conoscenza su tutto quello che riguarda l’età del Bronzo nel mediterraneo (e non solo) che sanno perfettamente confrontare le descrizioni omeriche con quello attestato dalle fonti storico/archeologiche. Che pubblicano solo testi scientifici e che quindi non riscuotono gli onori e gli incassi delle normali pubblicazioni da libreria o delle trasmissioni televisive.

    Che non hanno nessun interesse specifico a sostenere una teoria piuttosto che un’altra… anzi sperano sempre di trovare l’elemento “inedito” ma concreto!! da studiare e pubblicare in ambito accademico………. Chiedete a loro cosa ne pensano della teoria della Troia nel Baltico o di quella in Inghilterra…Vi potranno fornire tutti gli argomenti che volete per controbattere e smontare tali teorie.

    • Ennio Lorenzon
      | Rispondi

      sarà…. ma le intuizioni e le argomentazioni di Vinci sembrano convincenti, le tue controdeduzioni…… no. Mi sa tanto che fai parte di quell'enturage accademico che non c'è arrivato e che gli rode che un ingegnere sia arrivato a tanto……. Molte delle cose sopra riportate non smentiscono per niente la provenienza nordica degli achei. Vale il detto che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire?
      EL

  5. Zolfo
    | Rispondi

    Appoggio quanto scritto sopra al 110%.

    La ricerca storica non si basa su miti, leggende e sul far combaciare tali cose con un area del mondo presa a caso. Si basa principalmente su prove, dati, statistiche e numeri.

    Ora, sostenere che, mentre il mondo piu tecnologicamente avanzato esistente brancola nell'età del bronzo vi sia una METROPOLI (dell' epoca) costruita praticamente a due passi dalla tundra verso cui viene mossa una guerra di proporzioni bibliche è semplicemente assurdo.

    Tanto vale sostenere a questo punto che li la gente si cibasse di unicorni, di sicuro non sarebbe la cosa più improbabile in tali teorie…

  6. michele.mainenti
    | Rispondi

    Si….E' indubbiamente ragionevole il commento di Achireu ma c'e' da dire che probabilmente Plutarco ,lo storico greco del iv sec.dopo Cristo, sara' impazzito

    nel fare queelll'affermazione relativa all'ubicazione di Ogigia a cinque giornate di

    navigazione dalla Britannia…..

  7. Luca
    | Rispondi

    Quanto scritto da Achireu è semplicemente ridicolo. Provi a spiegare quanto segue, se ci riesce:

    a) i riferimenti omerici alle notti bianche, al sole di mezzanotte, alle albe rotanti sono congruenti con l'ambiente mediterraneo?

    b) è possibile, tenuto conto del clima mediterraneo, che si formi del ghiaccio sulle armi dei combattenti?

    c) il greco (o meglio i dialetti greci) è una lingua indoeuropea e, piaccia o non piaccia, l'origine più probabile degli indoeuropei va cercata nell'Europa del Nord e non certo in Asia

    In quanto scritto dal Vinci esistono certamente forzature ed ingenuità, ma questo ingegnere grecista ha avuto il merito di affermare ad alta voce cose che tutti sanno ormai da molto tempo: i poemi omerici derivano da antichissime saghe nordiche e sono stati successivamente rielaborati in ambiente mediterraneo. Cose che danno molto fastidio. Soprattutto a quelli che non vogliono sentir parlare di unità culturale dell'Europa. E non ci vuole un grande acume per capire chi sono questi corrucciati detrattori di Vinci.

  8. Musashi
    | Rispondi

    A mio avviso la tesi di Vinci è molto interessante ed è in grado 1)di spiegare tutti i fatti incongruenti presenti nel testo omerico che non hanno applicazione all'ambito mediterraneo.
    2) trovare conferma nella toponomastica nordica, specie in una serie di dati che trovano maggiore verosimiglianza nell'ipotesi nordica (in particolare Itaca, Ogigia, Trinacria, Scilla e Cariddi).
    3) spiegare tanti altri fatti, antropologici, antropometrici, metereologici altrimenti inspiegabili.
    4) si riallaccerebbe indirettamente ad un altro mito antico: quello della Thule iperborea.

    Forse il mondo accademico guarda a ciò con scetticismo a tutto questo, ma il mondo accademico non è qui del tutto compatto…
    segnalo infatti ad Achireu che la nota studiosa e traduttrice Rosa Calzecchi Onesti ha sempre espresso considerazioni favorevoli e possibiliste sulle ipotesi di Vinci.

  9. Alberto
    | Rispondi

    Spiegherebbe anche la convinzione dei Romani di venire da Troia – cioè dal Nord, e convergerebbe ad esempio con le tesi del Tilak

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