Mito cristico e tendenza sovrumanista

Marcello Meli, Antiche saghe nordiche È noto ai più il fatto che non pochi siano i mitemi adottati dalla religione cristiana al fine di rendersi comprensibile ai popoli d’Europa fondati su di una differente visione del mondo e una differente religiosità (1). Tra i Miti giunti a noi della religiosità primordiale, alcuni presentano un particolare interesse per ciò che andremo a trattare nelle righe successive.

«La pace venne rotta nel 12500 aC, quando la fede dei Uiligoti, una religione Irminista venerante il dio Germanico Krist, divenne la religione ufficiale di tutti i Germani, in oltraggio alla opposta religione del Wotanismo. Le guerre tra Irministi e Wotanisti culminarono nella crocifissione del profeta Irminista, Baldur – Chrestos, a Goslar nel 9600 aC. Baldur – Chrestos sopravvisse alla crocifissione (o resuscitò), e fuggì in Asia, dove la sua fede Irminista in Krist sarebbe più tardi stata pervertita nella religione cristiana» (2).

Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici Non è chiaro chi abbia scritto queste parole, ma l’idea è certamente attribuibile a Karl Maria Wiligut, colui che fu l’ispiratore delle ricerche di artefatti mitici e di studi attorno a culti e luoghi esoterici nella Germania della rivoluzione nazionale (3). Baldr nella mitologia nordica era il nome di uno dei figli di Odhinn, di lui si dice che era sommamente buono, saggio e clemente e a tal punto bello e luminoso che gli Dèi tutti lo preferivano al fratello Hödhr, cieco e incapace di badare a sé. In Baldr vedevano il pacificatore degli uomini, il portatore di giustizia e di bontà.

Baldr nei suoi sogni si vide minacciato di morte, sua madre Frigg allora raccolse dei giuramenti che nessuna cosa avrebbe potuto nuocere al figlio di Odhinn. Il malvagio e subdolo Loki fu dispiaciuto sapendo che nulla poteva ferire il buon Baldr. Recatosi da Frigg sotto sembianze di donna venne informato del giuramento, ma venne anche a sapere che soltanto a un giovane germoglio di vischio, chiamato mistilteinn, non era stato chiesto di giurare perché troppo giovane. Andatasene Frigg, Loki raccolse il germoglio e convinse Hödhr a colpire il fratello, lasciandosi guidare da lui. Baldr cadde a terra trafitto e morì. La conseguenza diretta di questa uccisione è la mediocrità dell’epoca attuale, privata com’è della bontà di Baldr (4).

Olao Magno, Storia dei popoli settentrionali. Usi, costumi, credenze Come vediamo la figura di Cristo poco si discosta da quella di Baldur – Chrestos/ Baldr, e anche nel nome del primo riconosciamo senza dubbio una forte somiglianza. «Balder può essere diventato molto probabilmente l’archetipo del Cristo nordico. Egli avrebbe portato alla cultura nordica lo stesso messaggio sulla forza dell’Amore e di unità dell’umanità che Gesù portò alle tribù ebraiche» (5).

Non è qui necessario chiarire quale significato sia da attribuire al concetto di Amore, che certo nella nostra visione di molto si discosta da quello che nietzscheanamente definiremmo “sentimento del gregge”, proprio della morale da schiavi (6). Parliamo di un Amore che dona gioiosamente per sovrabbondanza, per ricchezza interiore, che dona guidato da una volontà di render forte, di potenziare. Il Mito di Gesù Cristo viene “depurato” dall’influenza del Sud, nella nostra visione, e della sua figura ne abbiamo ora un’inedita rappresentazione. Il Cristo diviene il Redentore della Storia, colui che si fa carico delle malvagità degli uomini e redime i tempi. A partire da lui il tempo si azzera perché, appunto, redime il tempo storico sgombrandolo dal dolore, allo stesso modo del Parsifal di Wagner il quale si fa carico della sofferenza del Re Amfortas e redime la Storia:

Sassone Grammatico, Gesta dei re e degli eroi danesi «se l’ Anello del Nibelungo si chiudeva con un olocausto purificatore del mondo attraverso la forza dell’amore (il tema della redenzione d’amore è l’unico a sopravvivere in orchestra alle battute conclusive della Götterdämmerung), il Parsifal trasforma quella forza umana e pagana d’amore in evangelica charitas: l’amore vero, l’unica salvezza del genere umano e l’unica autentica forza redentrice è l’amore per il prossimo attraverso la compassione, cioè l’assunzione delle colpe e delle sofferenze altrui su se stessi» (7).

Come sappiamo l’opera di Richard Wagner aveva lo scopo di dar vita ad un “mito nuovo”, cosa che effettivamente avvenne, dando origine alla tendenza sovrumanista di cui Giorgio Locchi ha molto chiaramente evidenziato i caratteri principali ed il “discorso”. Opera esemplare per quanto riguarda l’eroismo tragico che redime è appunto il citato Anello del Nibelungo, che nella finale grandiosità di un mondo in fiamme ci presenta la figura di Sigfrido quale redentore, senza passato né futuro, della storia e del mondo.

«La sua natura “primordiale” fa di lui, nell’era di Wotan, una sorta di eroe nichilista, che non esita a distruggere il mondo putrido di cui non riconosce i valori, ma che non possiede alcun fine. La “redenzione” che assicurerà involontariamente con la sua morte non è pertanto legata che ad una distruzione. Essa è la condizione necessaria, ma non sufficiente, della “rigenerazione del mondo” di cui Wotan ha concepito il disegno» (8).

In tempi recenti il Crepuscolo degli Dei, l’atto maestoso che conclude l’opera wagneriana, risuonò a significare la sconfitta bellica tedesca: «Altissime, poi vibranti e spezzate, poi ancora alte, cupe, solenni, erano risuonate le note della marcia funebre di Sigfrido dal Crepuscolo degli Dei» (9). Si volle allora attribuire un significato mitico alla fine di un mondo, si volle forse vedere nel rogo che segnò la caduta (der Untergang) una redenzione? Soltanto l’avvenire ci mostrerà se quell’atto potrà essere visto come la fondazione di un mito nuovo, come il preludio ad un uomo che verrà.

Nel Mito troviamo quindi, quale che sia il nome dell’eroe, il tema della redenzione del mondo e della storia. Quello che ciò significa sarà motivo di futura ed accurata trattazione. Basti qui dire che per comprendere a fondo quel che davvero il Mito significa è necessario leggerlo in un’ottica sovrumanista, in cui il tempo non è più semplicemente inteso come circolare, ma più precisamente sferico e tridimensionale, così come concepito da Nietzsche e Heidegger. Solamente in questa prospettiva si rende possibile l’azione che redime poiché non solo il presente ed il futuro vengono redenti, ma anche e soprattutto il passato. Nietzsche a questo proposito ha scritto: « Redimere i passati e trasformare tutto il “fu” in un “così l’ho voluto” – questa sola per me si chiamerebbe redenzione!» e poco oltre «Tutto il “fu” è un frammento, un enigma, un atroce caso – finché la volontà creante non dice: “Ma così volevo” – Finché la volontà creante dice: “Ma così voglio! Così vorrò!”» (10).

Solamente in quest’ottica è possibile comprendere capitoli densi e complessi come Della visione e dell’enigma, Di tavole antiche e nuove e soprattutto il conclusivo Il segno. Nietzsche costruisce arbitrariamente un Mito e se ne fa profeta, egli tramonta e risorge con l’aurora. Anche qui ritroviamo il tema della morte e della risurrezione, anche qui ritorna il tema della redenzione della storia, della volontà che redime la storia ed il mondo. Scrive Locchi in merito alle espressioni non-politiche del sovrumanismo: «E poi l’artista può essere nel mito, partecipare al mito e del mito, senza saperlo, e senza che la sua opera tradisca a prima vista la sua partecipazione» (11).

Othmar Winkler è un artista trentino che non appartiene consapevolmente e volontariamente alla tendenza sovrumanista, tuttavia alcune sue sculture risultano di un certo interesse in merito al tema cristico che stiamo affrontando in queste righe. Le due opere intitolate “Crocifissione” ci presentano un Cristo martirizzato non su di una croce come solitamente la intendiamo e conosciamo, ma il Cristo è invece crocifisso nell’una su di una runa man, runa che significa forza, saggezza, successo ma anche maternità, prosperità, Vita; nell’altra sulla runa Tyr, Tiu, che simboleggia il rinato Wotan ridisceso dall’albero cosmico dopo il suo auto-sacrificio. Il significato è quindi quello del morire e del rinascere sotto nuove sembianze, significa generare, vivere e morire, simboleggia il sole rinato (12). Ritorniamo quindi da dove eravamo partiti, il Mito di Cristo ben si collega ai miti germanici e nordici di Dèi pre-cristiani, così come la sua figura è associabile a significati e simbolismi pre-cristiani senza contraddizione alcuna.

Domenico Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico Siamo giunti al punto: « Secondo Locchi, d’altronde, la catastrofe del fascismo è “miticamente” leggibile anche secondo una chiave di necessità tragica, se si vuole di una “metafora cristologia”, che vede il nuovo “principio” nascere disarmato, attorno ad un pugno di uomini, compiere “miracoli” incendiando immediatamente il mondo intorno a sé sino ad un apogeo esemplare ed irripetibile (la “Domenica delle Palme”), per precipitare subito nel caos di una Passione che è destinata a restare nell’anima e nei ricordi come patrimonio di coloro che allo stesso principio si riferiscono per tutto il tempo in cui questi ne resteranno consegnati alle catacombe, e che sola può consentirne la “reale” affermazione» (13).

Locchi ci dice che la tendenza sovrumanista è oggi destinata alle catacombe, è però vero, ricorda Vaj, che il negativo può essere rovesciato nel suo positivo, la tendenza che oggi declina iniziò proprio dalle catacombe la sua esistenza. La storia essendo aperta alla possibilità, non essendo quindi una linea (un segmento) conchiusa in cui non vi sono alternative (la storia infatti può terminare con la “fine della storia”, ma questa non è che una possibilità) e non essendo determinata da una necessità, è allora fatta dall’uomo, l’uomo che è azione ed in quanto tale è chiamato a costruire, a edificare il suo mondo (14).

L’uomo che agisce storicamente e a cui tutte le possibilità sono aperte è l’essere-nel-mondo heideggeriano, inteso come cura e come esistenza autentica. Solo un atto di forza permette alla tendenza in fase mitica di emergere e di esprimersi storicamente plasmando un nuovo logos ed una nuova comunità. Il Mito può emergere dalle catacombe e vincere l’avversa tendenza egalitaria, oggi in fase teorica e sintetica, solo se recide il legame con i valori dell’occidente che è democrazia, che è egualitarismo, che è capitalismo.

«L’Europa nasce soltanto, e soltanto come possibilità, allorquando essa cessa di essere l’occidente del mondo» (15).

È la volontà, ricorda Nietzsche, che redime il mondo e la storia; non è “restando in ascolto” di qualcosa, non è attendendo passivamente, che si costruisce l’avvenire.

Francesco Boco

Note

1. Per un’agile introduzione alla religiosità indoeuropea si veda H.F.K. Günther, Religiosità indoeuropea, Edizioni di Ar.
2. La citazione è tratta dal sito http://users.frii.com/asacat/the.htm
3. Maggiori informazioni sulla figura di Wiligut alla pagina http://forum.stirpes.net/archive/index.php/t-3610.html
4. cfr. Georges Dumézil, Gli Dèi dei Germani, Adelphi, pagg. 108-112.
5. Ragnar, Understanding Northern Spiritual Mysteries, The Denali Institute of Northern Traditions, 1993 in http://users.frii.com/asacat/the.htm
6. cfr. F.W. Nietzsche, Al di là del bene e del male, Adelphi. Con particolare attenzione al capitolo Che cos’è aristocratico?
7. Dal sito http://www.delteatro.it/hdoc/result_opera.asp?idopera=2272
8. Giorgio Locchi, L’Anello del Nibelungo, in L’Uomo Libero n°49, pag. 40.
9. Adriano Romualdi, Le ultime ore dell’Europa, Settimo Sigillo.
10. F.W. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Newton. Pagg. 112 e 114. Il passo s’intitola significativamente Della redenzione. Ringrazio per l’importante segnalazione Adriano Scianca.
11. Giorgio Locchi, L’Essenza del Fascismo, Edizioni del Tridente, pag. 69.
12. Cfr. Guido von List, Il segreto delle rune, SEB. Pagg. 35 e 37.
13. Stefano Vaj, nota 39 al testo di Giorgio Locchi, Espressione politica e repressione del principio sovrumanista, in http://www.uomo-libero.com/
14. Cfr. Arnold Gehlen, L’Uomo, Feltrinelli.
15. Giorgio Locchi, L’Europa: non è eredità ma missione futura, in “Margini” n° 43.

Condividi:
Segui Francesco Boco:
Nato nel 1984 a Belluno. Specializzando in Filosofia con una tesi su Oswald Spengler e Martin Heidegger. Collabora con il Secolo d'Italia, Letteratura-Tradizione e Divenire, rivista dell'Associazione Italiana Transumanisti. Ha tradotto e curato il saggio di Guillaume Faye su Heidegger, Per farla finita col nichilismo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *