Io stesso immolato a me stesso
il corpo piegai dolorante:
dei numi vi ho dato un riflesso
di forza elevata, accecante.
Le rune da terra raccolsi,
si ruppe del tempo la quiete;
tremarono il cuore e i miei polsi,
svelando nozioni segrete.
Un dono terribile ho offerto:
inizia ai mortali un ricordo,
dai suoni si forma un concerto,
dai segni risuona un accordo.
Memoria di fasti celesti,
scrittura sciamana e indovina:
agli uomini sempre ridesti
ricordo di fiamma divina.
FLUTTUAZIONI
La leggera afasia che mi ha sfiorato
rammemora gli istinti sovvenuti
all’indugio del tempo rallentato:
slegarsi lentamente dei minuti.
Il respiro profondo di ogni afflato,
a risveglio dei sensi ormai caduti
nel vuoto di un silenzio prolungato,
attende dimensioni e spazi acuti.
Cullandomi nel vuoto primordiale,
essenza originaria della vita,
dimentico passione e disinganno:
mi abbarbico a colonna di stilita.
Dal tempo disastrato di ogni anno
rinasco nel mio mondo immaginale.
IN LODE DELLA DONNA MIA
Anche Gunda è una dea: sguardo celeste.
Sparsa nei cento rivoli i capelli,
esaudisce di Amore le richieste:
svela ultramondi dagli occhi suoi belli.
La vergine fanciulla è gioia e feste,
tutta agghindata in splendidi gioielli.
Grazia sublime plasma la sua veste:
immagine del segno dei gemelli.
Dalla sua voce accenti musicali,
intreccio alla caviglia il tatuaggio:
simboli arcani e segni zodiacali.
Aura d’incenso è l’amica mia,
apprestata alle nozze d’alchimia:
a lei soltanto devo fare omaggio.
MELCHISEDEK
Ho fatto l’esicasta nel deserto,
tra belve inverosimili. Del sacro
intravedevo poco: un sentiero erto…
un abbozzo, bizzarro simulacro.
Linguaggio inestricabile, malcerto,
io non capisco, e quasi lo dissacro,
tentazione di spirito inesperto.
Ma cerco l’acqua santa: il mio lavacro.
Anch’io mi sono perso in solitudini,
tra folle che balbettano il divino:
bruciavo incensi e offrivo sacrifici.
Poi è apparso un Re: dissolve le inquietudini.
Dilegua col suo gesto i malefici,
consacra sull’altare pane e vino.
GRAAL
Scioglie linguaggi di pietra tagliata,
e contrappunti, fitti di mistero,
frantumano la gotica vetrata:
la cattedrale. Non so più dov’ero.
La coppa non si vede, si è eclissata;
cercala dentro, fremito sincero.
E la parola è Dio, transustanziata:
suoni affilati svelano il sentiero.
Veglie e digiuni mi hanno reso forte:
rispondo a un’esigenza, alla mia logica,
pregando San Giovanni del Silenzio.
In questa dimensione mi potenzio,
e aspetto la catastrofe ecologica:
il Cristo che risorge dalla morte.
LABIRINTO
Dalle parole snodo labirinti.
Le mie flemmatiche meditazioni,
provvidenziali, tendono recinti
immaginari. Come deviazioni
danno la vista di sfondi dipinti:
sfumano del Maligno le irruzioni.
Gli spiriti del male sono vinti,
confusi da meandri e dispersioni.
In geroglifici, per incantesimo,
ho tracciato una musica che canta
in ogni lingua, melodia fugata.
Fuochi improvvisi, luce di battesimo,
fatui e risorti mostrano l’entrata:
il punto di passaggio in Terra Santa.
AGLI EROI
Dulce et decorum est pro patria mori
anche nel tempo spastico e incoerente
che ci è toccato in sorte, senza allori.
Ma qualcuno sarà riconoscente:
Dio non voglia che tombe senza fiori
sommergano il passato eternamente,
che il male ci addormenti nei torpori,
che quest’assurdo ci affoghi nel niente.
Anche gli eroi dei tempi ultimi avranno
un loro tempio nel cuore dei giusti,
dove una fiamma brucia tutto l’anno
a rischiarare la notte infernale
sotto il regno feroce degli ingiusti.
È eterna questa luce contro il male.
LA FESTA DEI MORTI
Poi quella notte vennero i morti,
muti, guidati dalla dea Litana,
in quella notte a chiedere conforti,
quando si attraversa la dogana
della vita tra gli alberi contorti
di novembre. Lontano una campana
conduce le anime verso i porti
dei vivi, in mezzo alla nebbia padana.
Per il fantastico regno delle ombre
ci furono tovaglie apparecchiate
perché sedessero alle case sgombre
di vivi, a consumare le approntate
offerte per gli spettri. Si consuma,
quella notte, la morte tra la bruma.
ITACA
Non smette di ritessere la tela,
e quel lavoro sfida l’arroganza
di chi approfitta della lontananza
di suo marito, illuso dalla vela.
Aspetta con pazienza, e non anela
a scatti di una sciocca esuberanza:
spende una vita che resiste a oltranza
nell’ordito di quella ragnatela.
Anch’io, come Penelope, mi sfibro.
Spero, come Argo, eventi maturati
nell’intarsio del tempo rarefatto,
e affido con fiducia a questo libro
il canto dei miei versi cesellati:
antidoto ad un vivere artefatto.
NAVIGAZIONE
Lug, dio dell’alba, arcangelo Michele
con spada fiammeggiante, dio di luce,
conceda vento buono alle mie vele,
a nave di cristallo che conduce
questi miei versi, nodo senza fine,
al viaggio verso meta che riluce
di gloria degli dèi. Muovo al confine
con la notte dei morti, mi confondo
in mezzo alla caligine, alla fine
della terra, del mare in questo mondo.
E in mezzo alle tempeste non m’invischio,
nello scontro tra i flutti non affondo.
Verde smeriglio, mare senza rischio:
al timone la vergine fanciulla,
guida sicura, con la quale arrischio
un viaggio che è un ritorno nella culla.
Nell’Altro Mondo, al regno della pace:
la mia navigazione infrange il nulla.
NOTE AI TESTI
YGGDRASILL
Yggdrasill è l’albero cosmico della mitologia germanica. Il dio Odino si impiccò da solo a quest’albero e vi rimase appeso per nove giorni e nove notti. Dopo questo sacrificio ottenne dagli dèi il dono delle rune. Il mito illustra il potere numinoso della scrittura.
GRAAL
Nella Chiesa d’Oriente si venera l’icona di San Giovanni del Silenzio, in cui l’apostolo tiene il Vangelo aperto alla prima pagina: «All’inizio era il Verbo», quasi a significare che solo attraverso il silenzio si può cogliere l’origine divina del linguaggio.
LA FESTA DEI MORTI
Questo sonetto è dedicato alla tradizione di lasciare la tavola apparecchiata per i defunti nella notte della festa dei Morti. La celebrazione di questa festa nella notte del 31 ottobre ha lontane origini pagane nei territori abitati dai Celti, e corrispondeva alla festività del capodanno, chiamato dai Celti Samhain. Litana è il nome di una località dell’Appennino romagnolo nella quale i Celti sconfissero un’armata romana (215 a.c.). Litana era probabilmente il nome di una dea dei morti, i quali, secondo la tradizione celtica, erano muti.
NAVIGAZIONE
La «Navigazione» è una forma dell’antica letteratura gaelica. Si tratta di testi che descrivono il viaggio nell’Altro Mondo: il mondo parallelo, abitato dagli dèi. Dopo la cristianizzazione dell’Irlanda il genere continua. Il testo più famoso è la «Navigazione di San Brandano», che servì da modello a tutte le descrizioni medievali di viaggi nell’aldilà.
cristina
ti leggo anche qui: sono bellissime queste poesie!!!!