L’unità divisa

Nel 2011 ricorrono i 150 anni dell’unità d’Italia. La grancassa della cultura di regime fa sentire la sua voce cercando di rinverdire i miti risorgimentali e rispolverando una retorica ottocentesca che ha il sapore del ridicolo, sia per l’evidente lontananza dai tempi in questione, sia perché la classe dirigente che celebra l’unità è impegnata in una pervicace opera di cancellazione di ogni traccia di sovranità nazionale.

Giunge opportuna pertanto la pubblicazione di un volume antologico che raccoglie interventi di intellettuali che rappresentano importanti testimonianze di voci critiche sugli avvenimenti risorgimentali: L’Unità divisa. 1861-2011: parla l’Italia reale.

Francesco Mario Agnoli apre il volume con un saggio riassuntivo sulle vicende risorgimentali e sullo scarso senso di appartenenza nazionale che gli Italiani hanno sempre mostrato. La disastrosa esperienza della seconda guerra mondiale e della guerra civile, con l’Italia occupata prima dall’ex-alleato, poi dagli ex-nemici, è una prova lampante dell’inconsistenza della “nazione” italiana. Del resto anche nel dopoguerra gli Italiani si identificavano nell’Unione Sovietica o negli Stati Uniti a seconda delle opinioni politiche…

Le polemiche sul revisionismo in materia risorgimentale sembrano riproporre una stantia polemica fra uno schieramento neoclericale e uno neomassonico: una battaglia dei topi contro le rane, per dirla con Giacomo Leopardi, che già satireggiava con preveggente ironia sugli sviluppi delle lotte risorgimentali. Agnoli è l’esponente di una cultura cattolica impegnata in una proficua rielaborazione critica degli eventi storici, e mette in luce come il Risorgimento si inserisca a pieno titolo in quella serie di utopie volte a costruire l’uomo nuovo: tutte tragicamente fallite!

Questa è sicuramente la chiave di lettura più convincente degli avvenimenti che hanno portato all’unità italiana.

Lorenzo Del Boca, che ha scritto importanti saggi sul Risorgimento, tratta il tema delle drammatiche vicende militari che costarono al Sud episodi sanguinosi: le rappresaglie contro alcuni paesi meridionali furono delle vere e proprie “Marzabotto” del XIX secolo, e le testimonianze dell’epoca mostrano come le vittime meridionali dell’annessione si contino nell’ordine delle centinaia di migliaia.

Franco Bampi è autore di un interessante intervento sulla Repubblica di Genova. Bampi mostra, dati alla mano, che l’annessione della Liguria al Piemonte nel 1814 fu illegittima, in quanto occupazione militare dei Savoia avvenuta senza nemmeno la ratifica di un plebiscito. Bampi osserva che, conseguentemente, la Liguria deve rivendicare la sua indipendenza anche nei confronti dello stato italiano!

Elena Bianchini Braglia, autrice di approfonditi studi sul ducato di Modena, espone le vicende che si svolsero nella bassa emiliana nel periodo risorgimentale. Numerosi furono gli episodi di abitanti del ducato che inneggiavano all’Austria e che distruggevano il tricolore, e il plebiscito per l’annessione fu una pagliacciata che ricorda molto le farse tragicomiche che attualmente si svolgono sulla “Costituzione Europea”, che non ha alcun consenso popolare ma che viene imposta d’autorità con procedure istituzionali a dir poco “discutibili”…

Gilberto Oneto rileva come l’esistenza artificiale dello stato italiano sia dovuta essenzialmente alle schiere di parassiti che vivono sulle spalle dei contribuenti: eserciti di burocrati, di baby pensionati e di falsi invalidi, concentrati soprattutto al Sud, sono la vera spina dorsale della “nazione”. L’Italia è un concetto che va avanti per forza d’inerzia e Oneto nota come i patetici difensori dell’unità d’Italia somiglino ai sostenitori del comunismo che ancor oggi affermano: “l’idea è giusta ma è stata applicata male”!

Infine l’intervento conclusivo di Ettore Beggiato è dedicato all’annessione del Veneto all’Italia che, com’è noto, fu particolarmente umiliante per gli stessi Savoia che ottennero il territorio dall’Austria per il tramite della Francia. Anche per questo la popolazione veneta fu ancor più indifferente di altre al processo di unificazione, e nei decenni successivi in Veneto si manifestò un forte malcontento verso il nuovo stato di cose.

Insomma pare che ci sia davvero poco da festeggiare nel 150° dell’Unità, e oggi come allora una classe dirigente totalmente slegata dalla realtà inventa cerimonie melense e poco coinvolgenti nel tentativo di rivolgersi a un’opinione pubblica che si entusiasma molto di più per il presidente americano Obama…

* * *

AA VV, L’Unità divisa. 1861-2011: parla l’Italia reale, Il Cerchio, Rimini 2010, pp.118, € 14,00.

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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7 Responses

  1. Giovanni
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    Su un sito dedicato alla Tradizione non capisco cosa c'entrino articoli superflui e stupidi come questo. Dico stupidi perché quando un fatto -in questo caso l'unità d'Italia- accade, ebbene vuol dire che le cose hanno semplicemente seguito il loro corso. Metterle in discussione (peraltro con argomentazioni bambinesche!), prendersene gioco, sono operazioni che lasciano il tempo che trovano; ma forse è più probabile che l'obiettivo sia solamente commercializzare un altro libro, ed in questo caso chiedo scusa. "Con il se e con il ma non si fa la Storia" è un modo di dire d'una saggezza immensa.

    http://ilfigliodegeneredellovest.giovani.it/diari

  2. Giovanni De Lauso
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    Ma di quale storia sta parlando il signor Giovanni? E poi quale storia ha studiato? L'Unità d'Italia è stata una occupazione armata del Sud da parte delle forze anglo/sabaude le quali, per motivi diversi avevano interesse ad accupare e annettere alle loro esigenze il Sud dell'Italia (Glorioso Regno delle Due Sicilie). Da allora si è operato solo per gli interessi del Nord, riducendo il Sud a Colonia e mercato interno del Settentrione. La storia che ci hanno insegnato a scuola è caratterizzata da menzogne totali.

  3. Anglosabaudo
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    Eh però questo non impedisce che le cose abbiano seguito il loro corso.

  4. Giovanni
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    Il sottoscritto è perfettamente al corrente della occupazione anglo/sabauda. Ritiene però (a ragion veduta) che questo non tolga proprio nulla all'accadimento noto come "Unità d'Italia", che infatti si manifesta nella sua esserità ogni santissimo giorno dell'anno o, se vogliamo essere più esatti -levando da questo discorso il tempo chronos ed adottando il tempo aion greco- si manifesta proprio adesso, mentre il "signor Giovanni" perde tempo per rispondere ad un commento che non c'entra nulla con quel che scrisse a suo tempo. D'altronde si potrebbe anche osservare che codesta Unità d'Italia, concretizzatasi (pure) violentemente, è solo UN ATTO d'una storia europea ben più ampia, la quale nei secoli XVIII e XIX ha conosciuto eventi altrettanto brutali e violenti (tutto quel che ruota attorno alla rivoluzione francese, la stessa unificazione della Germania, gli eventi che portarono all'Ausgleich Austro-Ungarico, le guerre balcaniche, le guerre fra turchi ed armeni…); ciononostante, per quanto questi accadimenti possano essere ritenuti sciagurati o meno, essi SONO STATI (il che può significare tutto e niente naturalmente, ma siccome ogni giorno centinaia di migliaia di ripetitori -studenti- ripetono appunto nelle loro testoline siffatti accadimenti ecco che questi si concretizzano nella materialità dell'attualità in diversi modi che qui è inutile ricordare). Quindi, prescindendo da questi giudizi di valore, che proprio in quanto tali lasciano il tempo che trovano (perciò bambineschi), quel che mi preme di affermare è questo: l'Unità d'Italia E'. Bella o brutta che possa esser ritenuta.

    Se poi il signor Giovanni De Lauso vuole che gli "studenti" ripetitori del sud ripetano la sua versione dei fatti (che rimane UNA versione, non LA versione, poco ma sicuro) è libero di volerlo, io invece mi chiedo quale utilità vi possa essere nell'inculcare a dei ripetitori delle versioni di fatti accaduti la bellezza di 150 fa quando tutto lascia constatare che la stragrande maggioranza di questi non si ricordi nemmeno cosa sia successo l'altro ieri. Potrei anche aggiungere certe considerazioni più che affascinanti ed intriganti su come questo revival regionalista (meglio emancipazione individualista) sia proprio un progetto ed una speranza dell'odiato massone cui sia questo sito che il manifesto di autonomiameridionale.it sembra che abbiano dichiarato guerra, ma siccome ritengo ciò perfettamente inutile credo proprio che mi fermerò qui.

  5. alberto
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    giovanni si stà solo dicendo che poichè ,come affermato da te,sono stati atti questi devono essere raccontati no?allora perchè non raccontare agli studenti o comunque più in generale all'opinione pubblica determinati fatti su cui abitualmente la storiografia resistenziale tace?mi pare che molti fatti che lei giudica come giudizi di valore siano solo il tentativo di dare una visione d'insieme come ad esempio parlare dell'inghilterra ,francia austria prussia e il loro ruolo in quegli anni.

    mi sembra che sia stata la storiografia resistenziale l unica ad aver dato giudizi di valore sul l' imprescindibilità di un unione politica siffatta ,studiando poi la storia e gli avvenimenti le persone potrebbero poi cambiare di molto le loro opinioni sull' italia e sulla sua storia.

  6. Giovanni
    | Rispondi

    Io a dire il vero l'invasione dei piemontesi nel sud italia con eserciti di occupazione e/o oppressione l'ho studiata in un istituto di istruzione superiore -pubblica- della provincia di Sondrio e, nonostante l'amore che provo nei miei confronti, non credo di essere stato l'unico destinatario del prezioso insegnamento. Qualche settimana fa il tg3 ha trasmesso una intervista al nipote (credo) del bandito Giuliano -con tanto di speranze velate in una Sicilia indipendente- e nessuno si è ribellato per questo. La Rai ha appena co-prodotto, per i 150 anni dell'unità, un film intitolato "Noi credevamo" nel quale tra l'altro si affronta la disillusione che uno dei "mille" in viaggio nel Sud "pacificato" sperimenta alla vista delle distruzioni perpetrate dai piemontesi… Insomma, non mi sembra ci sia una cappa di censura da "regime italiano". Censura che tra l'altro io non condividerei.

    Quello che io non accetto è il voler nascondere l'unica grande verità, e cioè che le cose hanno seguito il loro corso. Potrebbe sembrare una banalità ma non lo è affatto, in quanto comprendere in sé che le cose siano andate come sono andate vuol dire prender coscienza che tutti i fatti son successi per un motivo. E da qui parte uno studio sulle motivazioni, che è quel che conta nel senso di un possibile sviluppo in comprensione e controllo di sé. Per dirla con Evola di presenza a ciò che è e non di coalescenza con ciò che è. Il sottoscritto del resto è fra quelli che si son letti "la rivoluzione francese nell'opera della massoneria", mi pare l'autore fosse sempre un Agnoli; oppure "la guerra occulta" di Malinsky, ma dopo tutto ciò rimane sempre il dato di fatto che cospirazione o meno le cose sono accadute in un determinato periodo storico per determinati motivi in una logica di causa-effetto… Detto ciò non mi nascondo: sono italiano, ne sono fiero, pienamente, totalmente, fiero. Perché nonostante la repubblica sia sorta dalla sconfitta del mio amato regime fascista riconosco nel mio popolo, preso nella sua totalità, delle caratteristiche che lo mettono al primo posto nella mia classifica di gradimento personale, e l'idea che tutto ciò che è costato fatica e sangue (di minoranze? e sia! del resto dalle maggioranze non è mai venuto nulla) venga satireggiato da un Agnoli, da un Leopardi, o da altri che portano a sostegno delle loro tesi lacrimevoli fatti di sangue e rivolte plebee per motivi fiscali mi lascia completamente indifferente, meglio: trovo sia un cavalcare l'onda dell'interesse individuale, un delegittimare quel poco di super-individuale che c'è per favorire la completa ascesa del demos (e delle "opinioni pubbliche", insomma, di tutto quel che NON E') su di un pianeta ridotto a tabula rasa sterilizzata, elettrificata, mercificata (per citare Giovanni Lindo Ferretti).

  7. Giovanni
    | Rispondi

    (…) Lo Stato nazionale, come ogni costruzione umana, non è eterno. Ha avuto la sua funzione in un determinato periodo storico. Nacque, in Europa, per motivi di difesa ed economici perché l'infinità di dazi danneggiava quel libero mercato che proprio allora stava prendendo piede. Ma oggi, in Europa, nessuno Stato nazionale è così grande e forte da poter assicurare da solo la propria difesa, né così piccolo e coeso da poter dare risposta alle esigenze identitarie che, in epoca di globalizzazione, si fanno sempre più impellenti. In quanto al commercio non solo non ci sono più dazi ma, in Europa, nemmeno confini.

    Quando l'Europa sarà politicamente unita, gli Stati nazionali perderanno ogni ragion d'essere. I suoi punti di riferimento periferici non saranno più gli Stati, ma le "macroregioni", cioè aree geografiche economicamente, socialmente, culturalmente e climaticamente coese, che potranno anche superare gli attuali confini nazionali (non si vede perché non dovrebbero unirsi, per esempio, la Savoia e la Valle d'Aosta, il Tirolo con l'Alto Adige e il Trentino, la Riviera di Ponente con la Costa azzurra e la Provenza). Quelli che andiamo quindi gloriosamente a celebrare sono i 150 anni di un'istituzione morente.

    Massimo Fini

    Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
    Link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/12/abbass

    Ecco cosa ci aspetta se demoliamo lo stato nazionale: delle "belle" macroregioni europee volte alla massimizzazione della produzione e dei consumi. Addio Tradizione, saluto agli ultimi uomini (…di nietzschana memoria).

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