La spada di Solomon Kane

L'edizione Newton Compton del ciclo di Solomon Kane
L'edizione Newton Compton del ciclo di Solomon Kane

E’ una notizia ufficiosa, ma che ha trovato riscontro nell’ambiente cinematografico internazionale. Sarà l’attore inglese James Purefoy, (già protagonista de Il Destino di un cavaliere, George e il drago, Resident Evil) a interpretare per la prima volta sullo schermo il personaggio letterario di Solomon Kane, frutto della penna del celebre scrittore americano Robert Ervin Howard (1906-1936), il creatore dell’heroic fantasy. Il film, le cui riprese sarebbero state affidate al regista Samuel Adida, dovrebbe avere un budget di cinquanta milioni di euro e potrebbe essere il primo di una trilogia dedicata a questo personaggio conosciuto e amato dai lettori di Howard.

La prima avventura di Solomon Kane risale al 1928 con il racconto Ombre Rosse che aprirà la strada ad una quindicina di scritti tra racconti, romanzi e frammenti. Con esso Howard, conosciuto dal grande pubblico per aver dato i natali a Conan il cimmero, creò un personaggio decisamente lontano dai tipici schemi della letteratura fantasy, grazie soprattutto alla connotazione storica di Solomon e al ruolo incarnato. Howard scelse per Solomon Kane il sedicesimo secolo e lo fece figlio di un puritanesimo anglosassone del quale Solomon si trasformò in strenuo difensore a colpi di spada e di pistola. Abbigliato perennemente di nero, pallido di carnagione, magro, abilissimo nel maneggiare le armi, con un carattere d’acciaio e una fede incrollabile, Solomon Kane rientra nel topos del cavaliere errante destinato ad una vita di sacrificio e di continue sfide con il male. Egli incarna l’eredità spirituale degli uomini d’arme medievali, dei paladini che in nome delle fede partivano per terre lontane per portare un messaggio di giustizia, saldi nel loro usbergo quanto nelle fede in Dio. “La sua spada era come il tocco del cobra e la morte ne cantava la melodia; il suo braccio era come l’acciaio e la quercia nodosa sotto la luce della luna”, scrive Howard. E ancora così lo descrive nel racconto Le lame della fratellanza: “Aveva un cappello nero e floscio, senza piume. Dal collo alle caviglie era coperto di abiti aderenti di colore scuro, senza ornamenti né gioielli. Le dita potenti non portavano alcun anello. Nessuna gemma ornava l’elsa della spada, e la lunga lama era protetta da un fodero di semplice cuoio. I suoi abiti non aveva bottoni d’argento, né le scarpe erano chiuse da fibbie lucide”.

Un'edizione Fanucci degli anni '80 del ciclo di Solomon Kane
Un'edizione Fanucci degli anni '80 del ciclo di Solomon Kane

Lo scrittore texano, considerata l’incrollabile fede del suo personaggio, non gli risparmiò i più truci incontri, facendolo muovere in un mondo dominato da spietate creature la cui natura spesso non è neppure umana. E’ innegabile la contaminazione che Howard subì dal rapporto di pronfoda amicizia con lo scrittore Lovecraft con il quale stringerà un’intensa corrispondenza a partire dal 1930. Lovecraft si dimostrò un entusiasta delle storie di Howard e sicuramente i due si influenzarono a vicenda. Così Lovecraft scriveva a proposito del ciclo di Solomon Kane e della scrittura di Howard: “ …ha raggiunto effetti di grande suggestione, descrivendo enormi città megalitiche di mondi primigeni, attorno alle cui torri oscure, e nei tenebrosi sotterranei, aleggia un’aura di necromanzia e di terrori pre-umani”.

Howard infatti si sbizzarrì a inventare un mondo cupo per il suo personaggio, fatto di continenti misteriosi, terre selvagge ed esotiche che molto avevano in comune con il mondo di Lovecraft. E ancora nel 1931 Howard scrisse La pietra nera, il primo di un ciclo di quattro racconti dedicati al mito di Cthulhu, facente parte di quella cosmogonia aliena inventata da Lovecraft. Con Solomon Kane ci si trova di fronte a un personaggio che fa dei principi morali la propria bandiera, senza per questo diventare un eroe per benpensati o per borghesi. Ha un passato sanguinario dal quale si è riscattato, come dice lo stesso Solomon: “Comandavo una masnada di bravacci, sia detto a mio disonore, sebbene la causa fosse la stessa. Durante il saccheggio di quella città che avete nominato, furono commesse molte nefandezze in nome di una causa, e il mio cuore si riempì d’orrore…”. Il puritanesimo di Solomon Kane diventa uno stile di vita senza compromessi, i cui tratti ascetici potrebbero riassumersi nel motto “Vita est militia super terram”. Rispetto a Conan il cimmero (che apparirà per la prima volta nel dicembre del 1932 con il racconto La fenice sulla lama) insofferente a qualsiasi tipo di autorità e di potere che ne possa in qualche modo mettere in discussione la libertà personale, Solomon si sente al servizio di Dio. Un Dio che gli ha chiesto di sacrificare tutto per trasformarsi nel proprio vendicatore, un angelo nero inviato per rendere giustizia ai pù deboli. Solomon appare pienamente consapevole di questo ruolo ed è per questo che il suo ricorrere alla violenza non è mai gratuito o fine a sé stesso. Egli rappresenta uno stadio psicologico più evoluto rispetto a Conan, ma ciò è connaturato ai due mondi in cui si muovono entrambi. L’epoca Hyboriana, in cui vive il cimmero, è un tempo dominato dalla totale incertezza, in cui l’impronta medioevale si mescola alla fantasie e alle visioni più cupe. Un’epoca riassumibile nel dialogo tra il padre di Conan e il figlio, scena iniziale del film “Conan Il barbaro”, magistralmente diretto da John Milius nel 1981, e interpretato da Arnold Schwarzenegger: “Fuoco e vento provengono dal Cielo, dagli Dei del cielo. Ma è Crom il tuo dio, Crom che vive nella terra. Un tempo i giganti vivevano sulla terra, e mistificarono Crom per rubargli il segreto dell’acciaio. Crom si adirò, e fuoco e vento abbatterono quei giganti e scagliarono i loro corpi in mare. Ma nel loro furore gli déi si scordarono del segreto dell’acciaio, e noi che lo trovammo siamo uomini, Conan, né Dei né giganti, solo uomini. E il segreto dell’acciaio nasconde un mistero. Devi padroneggiarlo, Conan, impararne la disciplina e il valore. Perché di questo solo ti puoi fidare. Né uomini, né donne, né bestie. Di questo solo ti puoi fidare.. ».

L'edizione Nord del ciclo di Solomon Kane
L'edizione Nord del ciclo di Solomon Kane

Questa è la sola fede, quella nell’acciaio e nella mano che lo brandisce, la filosofia di vita che viene impartita al giovane Conan. In Solomon l’acciaio diventa il più potente strumento di giustizia guidato della volontà di Dio e dunque invincibile. Senza dubbio sia in Conan, ma soprattutto in Solomon, si legge una voglia di rivalsa e di ribellione alle angherie che caratterizzò lo stesso Howard. Sappiamo che lo scrittore subì i maltrattamenti del padre e che fu oggetto di scherno da parte dei compagni di scuola a tal punto da somatizzare il desiderio di giustizia nello sport. In pochi anni Howard forgiò il proprio fisico con duri allenamenti diventando un ragazzo forte e imponente. Questo suo spirito di rivalsa si riversò inevitabilmente in entrambi i personaggi. Sia Conan che Solomon affrontano la morte con la stessa temerarietà, ma dettata da ragioni diverse. Conan è figlio del suo tempo, dove la vita ha ben poco valore e ciò che conta è sopravvivere. La ragione di vita di Solomon è combattere ogni tipo di ingiustizia senza mai cedere alle tentazioni. Entrambi comunque sviluppano un proprio senso dell’onore e una coscienza che gli eleva agli occhi del lettore, portandolo inevitabilmente a immedesimarsi. Per quanto riguarda il film sappiamo solo che la storia ruoterà intorno a un’isola misteriosa sulla quale verranno mandati un gruppo di sanguinari ergastolani. Ad attenderli uno spietato personaggio incaricato di eliminarli uno ad uno. C’è da augurarsi che il personaggio di Solomon non subisca una trasposizione cinematografica improntata alla pura e semplice all’azione, facendo passare Solomon Kane per uno dei tanti paladini del bene troppo spesso privati di quello spessore psicologico da renderli scialbi. E spesso perfino poco simpatici. Vedremo se l’attore James Purefoy saprà interpretare quel Solomon nei cui occhi “…c’era il grigio del ghiaccio antico, ma anche l’azzurro freddo delle profondità insondabili del Mare del Nord”.

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Tratto da Il Secolo d’Italia del 28 ottobre 2007.

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Ippolito Edmondo Ferrario, classe 1976, scrittore e giornalista del Secolo d’Italia, vive e lavora a Milano. E’ autore del saggio Triora Anno Domini 1587. Storia della stregoneria nel Ponente Ligure e dei romanzi Il pietrificatore di Triora, Il collezionista di Apricale, Le notti gotiche di Triora. Con Mursia ha pubblicato insieme a Gianluca Padovan Milano sotterranea e misteriosa (2008). Il suo sito web è www.ippolitoedmondoferrario.it

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