La popolazione nordica dell’Iran antico

religiosita-indoeuropeaI persiani sono identificabili verso il 900 a.C. nelle vicinanze del Lago di Urmia, nell’Azerbaigian. Da lì essi si mossero verso l’Iran, dietro a un’altra ondata di popolazione nordica, i medi. I medi appaiono spesso come una stirpe imparentata con quella persiana, quasi fossero una diramazione degli stessi persiani. Non appena i persiani furono numerosi e forti a sufficienza, attaccarono il regno nordico posto sulle loro frontiere settentrionali e sottomisero i medi. Ma la resistenza dei medi non si spense se non molto lentamente (di questo si ha notizia lungo tutta la storia persiana); e le lotte che ne seguirono è probabile che abbiano contribuito molto alla distruzione reciproca delle rispettive classi dirigenti. Nel secolo VII a.C. il dominio persiano si estendeva su tutto l’Iran occidentale. Dopo, incominciò l’estensione del loro potere verso Est, seguito più tardi dalla conquista di tutto il Medio Oriente fino all’Egitto.

Quando penetrarono in Iran i persiani possedevano un’organizzazione politica non dissimile a quella di tutti gli altri popoli nordici: uno stato costituito da un’insieme di stirpi dipendenti le une dalle altre e una forte struttura familiare, tenuta insieme dalla predominanza del padre (la patria potestas del popolo romano). Ogni stato che avesse una classe dirigente nordica aveva una struttura piramidale che dalla famiglia attraverso le strirpi arrivava fino alla totalità del popolo: è la stessa struttura che troviamo presso i romani e gli elleni, presso i quali dalla famiglia si passa al casato (ghenos, gens), all’insieme di casati (phratria, curia, presso i germani la “centuria”), alla stirpe (phyle, tribus, presso i germani il “Gau“) e finalmente al popolo nel suo insieme (populus).

Persepoli. Guardia del Grande Re.
Persepoli. Guardia del Grande Re.

Nei tempi più antichi, la vita dei popoli di origine nordica era il risultato di una collaborazione molto sciolta fra diverse stirpi e non era ancora uno stato vero e proprio. Il popolo era comandato da una nobiltà che aveva ben poco potere fuori dalla sua propria stirpe. Tutti coloro che avevano sangue nordico erano ancora uguali e liberi. Tutti i procedimenti giuridici erano diretti da idee giuridiche ereditate dagli antenati e che valevano come sacre. Ogni padre di famiglia era, all’interno della medesima, sacerdote e giudice. Religione, etica e giurisprudenza costituivano un’unità; e a seconda che una certa forma di diritto si andò sviluppando, lo si vedeva come scaturente dal diritto familiare, considerato come originario. C’era un profondo radicamento religioso della sacralità dei legami del sangue e dell’obbligo di avere una figliolanza, in quanto i padri defunti volevano essere onorati dai loro figli. Chi non aveva figli, veniva visto come un maledetto; e quindi il matrimonio veniva visto come qualcosa di sacro (un sacramento). Questo è documentato da documentazioni indiane arcaiche e in molte città elleniche per chi non si sposava erano previste punizioni; mentre fra i romani il matrimonio era visto come obbligatorio, in modo che la stirpe potesse essere continuata (matrimonium liberorum quaerendo causa). Fra i persiani arcaici le cose più lodevoli erano il coraggio e la prolificità. Questo è un tratto comune a tutti i popoli di lingua indoeuropea, che giustamente sono stati descritti come “stirpi prolifiche e amanti dei bambini”.

Quando queste idee furono dimenticate, presso tutti i popoli a dirigenza nordica ebbe inizio la minaccia della scomparsa del sangue nordico.

All’inizio della loro storia, i persiani mostrano delle condizioni corrispondenti a quelle arcaiche, non dissimili da quelle che Tacito attribuisce ai germani. Alla svolta dei secoli VII e VI a.C. si percepisce un cambiamento, quando le diverse stirpi persiane si sottomisero al dominio di un re; il che diede loro delle rinnovate energie che permisero nuove conquiste. Il popolo persiano, in ogni caso, rimase fino al secolo VI a.C. prevalentemente nordico: “essi erano quasi tutti biondi o biondo-rossi come i greci”.

La sala delle udienze del palazzo di Pasargadae
La sala delle udienze del palazzo di Pasargadae

Verso la fine del VII secolo o gli inizi del V secolo a.C. – secondo Hertel verso il 550 a.C.  – dal popolo persiano insorse la grande figura di Zarathustra che, facendo riferimento alla loro eredità culturale arcaica e adattandola alle nuove circostanze, diede loro una religione che fu la prima nella storia a essere autoconsapevole – molto prima di Buddha e dei più antichi profeti degli ebrei – e che nel contempo abbia attribuito ai fatti storici e all’ordinamento statale un fondamento etico e che abbia addossato all’uomo la sua parte di responsabilità, attraverso la sua condotta, nella manutenzione di quell’ordine. Le dottrine di Zarathustra sono contenute, in forma poetica, nei Gatha dell’Avesta.

Queste dottrine sono indirizzate a un popolo di contadini e di allevatori e attribuiscono a ogni loro attività, nel corso della giornata e dell’anno, un significato sacrale – come fu anche il caso nella religione romana arcaica, che invece era di tipo più pratico, mentre quella zoroastriana era più metafisica.

La religione di Zarathustra mette in risalto l’elevato senso etico caratteristico dei persiani in modo particolarmente augusto. Il dio unico di Zarathustra, Ahura Mazda, sorveglia la lotta continua fra lo spirito buono e quello malvagio. Lo spirito buono è il medesimo Ahura Mazda, nel senso che egli si rende palese nella vita degli uomini attraverso il loro retto agire. Lo spirito cattivo si manifesta in modo precipuo, secondo Zarathustra, fra coloro che “non hanno armenti”, i “ladri” nomadi delle pianure dell’Iran meridionale – le genti semitiche (di razza prevalentemente orientalide) che lui sentiva come completamente aliene e davanti alle quali egli percepiva il suo popolo come uno di lavoratori.

Zarathustra parteggiò per i cambiamenti politici che diminuirono il potere delle singole stirpi in favore di una monarchia. La religione persiana antecedente, di forma politeista, poggiava su una casta sacerdotale e sui piccoli nobili e si era fossilizzata in un vuoto ritualismo. Zarathustra e i suoi discepoli si aspettavano che la monarchia favorisse la credenza in un dio unico.

Il mazdeismo, introdotto presso i persiani da Zarathustra, ha un suo significato per la comprensione dello spirito nordico; spirito che si manifesta in forma specificamente persiana ma che rispecchia la sua forma arcaica in modo estremamente esatto.

“Il mazdeismo concede un metro di misura utile e maneggevole per giudicare i valori della cultura religiosa, ed è nel contempo esemplare e universale. Attraverso il mazdeismo, un determinato insieme di popoli, gli iraniani, ha costruito un’etica religiosa basandosi su abitudini tramandate dal passato pagano. Questo metro di misura è del tutto naturale, originato dal popolo. Esso poggia sulla fiducia in buona fede sulla propria natura, fiducia che fu propria anche degli elleni e di tutti i popoli che seppero stare in piedi. Gli elleni però, si lasciarono trascinare da questa fiducia autoconsapevole, che venne a essere qualcosa di semplicemente abitudinario e automatico. Gli iraniani invece, attraverso Gautama Zarathustra e i suoi discepoli, plasmarono una visione del mondo che fu nel contempo costruttiva, educativa ed etica. Quello che la coscienza del popolo degli ariani puri intuiva come nobile o malvagio, o come utile o dannoso, dopo Zarathustra divenne eticamente buono o cattivo, come valore universale da difendere e da proteggere oppure come non-valore da distruggere. Per la prima volta nella stria del mondo apparve il concetto di religione positiva, il quale si diffuse in tutto il mondo sotto le fattispecie di svariati sistemi etici. E nel contempo fu fissato il concetto di cultura, universalmente valido, chiaro e poggiante su solide fondamenta”.

Persepoli. Palazzo di Dario
Persepoli. Palazzo di Dario

Il mazdeismo viene a essere la creazione religiosa più eccelsa che sia stata creata da un popolo di origine nordica, e nella figura di Zarathustra (ancora piuttosto oscura dal punto di vista storico) si intravvede una delle personalità più auguste che siano state prodotte da quei popoli, pertanto così ricchi di grandi personalità. Il persiano è collocato al centro della tensione, profondamente sentita, fra Bene e Male – un Bene e un Male come potevano essere compresi dal persiano nordico – e deve decidere per il Bene, deve guardare verso l’alto e dare il suo contributo alla vittoria finale di dio, signore di ogni purezza, per mezzo delle sue “azioni, parole e pensieri”. Mai la tensione etica nell’uomo fu concepita in termini più appassionati e profondi che nel mazdeismo né mai fu insegnata all’uomo una tendenza più alta e augusta verso la purezza. La dottrina di Zarathustra plasmò tutta la vita dei persiani dirigendola verso il potenziamento della vita attiva e vigorosa. Perciò il celibato e il digiuno sono proibiti in quanto pratiche contrarie alla vita, mentre viene raccomandato tutto ciò che innalza la vita, dall’attenzione data ai bambini alle pratiche agricole (“chi semina grano, semina sacralità”) a quella della purezza e della devozione. Attività, vigore corporale e psicologico e prolificità sono cose da essere favorite; mentre il disordine sessuale e la pratica dell’aborto erano considerate cose particolarmente impure e segni dell’allontanamento da Ahura Mazda. Il re dei persiani concedeva doni alle famiglie più numerose, ce lo dice Erodoto.

Dopo la vittoria finale di dio agli impuri toccherà l’annientamento, assieme ai malvagi, ai diavoli e a tutti i detrattori di Ahura Mazda; mentre ai puri toccherà l’eternità. È un’escatologia di augusta grandezza, nella quale il persiano vede sé stesso come una parte importante dell’ordine generale; e perciò egli poteva identificarsi con tutto sé stesso con questa dottrina che corrispondeva tanto bene alla sua più profonda natura. Il mazdeismo forgiò una brillante immagine della natura più genuina del persiano, portò l’anima persiana arcaica al dispiegamento della laboriosità, della semplicità, dell’amore per la verità e per la giustizia e in conseguenza fece dei re persiani dei genuini re del popolo, capaci di combinare la saggezza con la clemenza.

Quanto più il mazdeismo viene messo a nudo dalle ricerche, tanto più ne risulta la grandezza della persianità che, per quel che riguarda la creazione etica, sta alla pari, se non al di sopra, dell’ellenicità e della romanità. Gobineau fu il primo a indicare questo fatto, tanto diverso da quella che è la nostra generalizzata nozione a proposito dei persiani antichi.

Le abitudini degli antichi persiani rivelano continuamente una natura nordica: questo popolo, nei suoi primi tempi, dimostra semplicità e forza temperata da giustizia. Erodoto descrive i persiani come alti, forti e dall’aspetto superbo; ed Eracleide Pontico dice che sono “fra i barbari, i più umani e civili”. Fino a tempi recenti la reputazione dei persiani ha sofferto del fatto che i greci ne hanno sempre parlato male e trattati con disprezzo, e che questi giudizi ellenici hanno continuato ad essere ripetuti. Gobineau fu il primo a riconoscere l’alta qualità umana dei persiani nonché il fatto che essi, “per quel che riguarda la loro natura e il loro sangue erano popoli germanici”.

Dall’esame che, più tardi, autori capaci di visione in profondità hanno fatto dell’antica persianità è sempre risultato che i persiani erano gente magnanima, cavalleresca e intraprendente; e che avevano alcunché di fresco e quasi di infantile nel loro carattere che era tutto “poesia e grandezza” (Gobineau). Di particolare importanza la profondità etica della loro religione, attraverso la quale essi erano educati alla gratitudine, la verità e la giustizia. Questi tratti dei persiani li rendono ancora più nordici degli elleni. Di contro alla sottomissione levantina delle religioni del Medio Oriente, l’iniziativa nordica si rivela anche dal fatto che il persiano non chiudeva un occhio riguardo alla malvagità che potesse allignare nelle sue vicinanze, ma la combatteva “con il pensiero, le parole e l’azione”.

Sotto Kuras (Ciro) II, re dal 560 a.C., il regno persiano incominciò a diventare una grande potenza. Tutto l’Iran divenne persiano, Babilonia fu conquistata, l’Asia Minore annessa al regno. In questo modo il dominio dei persiani si estese su regioni a popolazione di razza prevalentemente levantina e orientalide. Ciro, descritto come un re particolarmente nobile, impose una dominazione molto clemente, lasciando ai popoli conquistati una certa autonomia sotto l’amministrazione di funzionari sia persiani che aborigeni. Così si gettarono le fondamenta del rimescolamento razziale, nonché i presupposti per l’assottigliamento della classe dirigente nordica che adesso doveva dissanguarsi al servizio del regno persiano. Nella storia di tutti i popoli a dirigenza nordica troviamo la medesima tendenza alla creazione di imperi, anche a costo della diminuzione dell’elemento nordico, il che a sua volta ha portato invariabilmente al declino. La classe dirigente nordica, che faceva le guerre quasi da sola, si sparpagliò sempre su territori sempre più vasti, con diminuzione della sua densità di popolamento e alla fine con la sua scomparsa.

Già verso il 400 a.C. nozioni pre-persiane, proprie delle classi non-nordiche, incominciarono a penetrare la religione dei persiani. Si diffonde il culto di Mitra e anche quello della dea della fertilità Anahita, che includeva pratiche orgiastiche aliene allo spirito nordico non dissimili a quelle presenti nel culto semitico di Astarte o in quello di Afrodite nei tempi della tarda grecita: era lo spirito della razza levantina o di un miscuglio levantino-orientalide, il cui insorgere indica la denordizzazione sia di elleni che di persiani. La purezza, concepita secondo lo spirito nordico, era in decadenza. Verso il 330 a.C. Alessandro Magno, con un esercito di macedoni prevalentemente nordici, mise fine all’indipendenza persiana. I popoli che erano stati sottomessi dai persiani, medi, babilonesi, egiziani, microasiatici di stirpi diverse, avevano già gioito della diminuzione della gloria persiana che era seguita alla sconfitta che i persiani avevano subito per mano dei greci quando tentarono l’invasione dell’Ellade. E l’impero persiano non fu in grado di contrastare il vittorioso attacco di Alessandro, per quanto egli dovette concedere che i suoi nemici persiani avevano combattuto con forza e con coraggio.

La classe di guerrieri che affrontò Alessandro era ancora, a quanto sembra, prevalentemente nordica. Sui bassorilievi colorati dei sepolcri di Sidone i persiani sono rappresentati ancora con gli occhi e i capelli chiari, i baffi biondi o rossicci e i nasi diritti, anche se ogni tanto affiorano gli occhi a mandorla della razza orientalide o anche tratti levantini.

Dopo lo smembramento dell’impero macedone, il popolo persiano si risollevò, ma decadde ben presto come conseguenza dell’estensione del suo potere su di vaste zone non-nordiche, con l’assottigliamento della sua classe dirigente di guerrieri e di signori. La Persia sottostette dopo il 250 a.C. circa al potere dei parti, una stirpe persiana, e fra il 228 e il 651 d.C. a quello dei sassanidi, che ne fecero ancora una potenza di una certa consistenza, capace di resistere ai romani e ai bizantini. Il sangue nordico è ancora riscontrabile nel VII secolo d.C.; così, per esempio, negli affreschi indiani di Ascianta di cui parlava von Ujfalvy. Dei tre ambasciatori persiani rappresentati, il primo è scuro, il secondo chiaro di pelle, capelli e occhi e il terzo di carnagione olivastra ma con gli occhi azzurri e la barba bionda; mentre un altro persiano, che gli ambasciatori accompagnava, è chiaro, biondo e ha gli occhi azzurri. Ma non c’è dubbio che già allora il grosso della popolazione doveva essere levantino o levantino-orientalide.

La dominazione degli arabi, che portarono con loro l’Islam, incominciò in Persia nel 651 d.C. e significò l’intromissione di un’ondata di sangue orientalide. Il mazdeismo fu soppresso dagli islamici attraverso una serie di sanguinosi interventi, che colpirono probabilmente soprattutto le classi dirigenti e la parte migliore del popolo. Eppure le capacità creative dei persiani continuarono ad affiorare. Da quando Goethe scrisse il suo “West-östliche Diwan” [Divano occidentale-orientale], sono ridiventati conosciuti almeno i nomi dei poeti persiani Firdusi, Nisami, Gelal-ed-Din Rumi, Saadi, Hafis e Giami, che vissero ai tempi del Medioevo occidentale. Gli scritti ‘arabi’ del Medioevo sono dovuti nella loro maggior parte a scribi persiani che scrivevano in arabo. Né deve essere visto come un puro caso che il sufismo – la mistica islamica – ebbe origine probabilmente in Persia e che in ogni caso fu in Persia che ebbe la sua massima forza. L’islam, come tutte le forme religiose semitiche, è sempre stato insoddisfacente per il sentire nordico, che lo ha trovato arido e rigido. Il sufismo fu un tentativo di trasformare l’islam in un qualcosa di più vicino allo spirito, scoprendo un’esperienza del sacro più profonda e più ricca.

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Brani tratti da Tipologia razziale dell’Europa, Ghénos, Ferrara 2003.

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Hans Friedrich Karl Günther (Friburgo in Brisgovia, 16 febbraio 1891 – Friburgo in Brisgovia, 25 settembre 1968) è stato un antropologo tedesco. Fu un esponente di spicco della teoria della razza e grande sostenitore dell'eugenetica. Tra le sue opere maggiori si ricordano Rassenkunde des deutschen Volkes (1922), Rassenkunde Europas (1924), Adel und Rasse (1926), Rassengeschichte des hellenischen und des römischen Volkes (1929), Die nordische Rasse bei den Indogermanen Asiens (1934), Frömmigkeit nordischer Artung (1934), Herkunft und Rassengeschichte der Germanen (1935), Formen und Urgeschichte der Ehe (1940), Das Bauerntum als Lebens- und Gemeinschaftsform (1941), Platon als Hüter des Lebens (1966).

  1. Mirko
    | Rispondi

    Ancora più voglia di vedere Persepoli adesso!nn

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