Joe e il Capitano

Joe Fallisi è una persona che io ritengo meriti la maggior stima possibile, un uomo che, provenendo da una storia, da un percorso intellettuale molto diverso dal mio e da quello – credo – della maggior parte di noi, è riuscito a liberarsi di paraocchi ideologici che nella maggior parte dei casi risultano insormontabili.

Rispondendo a qualcuno che gli chiedeva conto “della sua strana metamorfosi da anarchico a nazista”, recentemente si è espresso in questi termini davvero lapidari cui verrebbe voglia di non aggiungere nulla:

“Per me non si tratta di “diventare” nulla di quel che gli etichettatori vorrebbero, ma di superare l’8-900 con tutte le illusioni ideologiche e gli orrori che corteggiano gli ultimi due secoli. Ma senza buttar via, insieme con l’acqua sporchissima, il povero bambino. Occorre risolutamente (e coraggiosamente) rivedere la storia scritta dai vincitori genocidi dell’ultimo megamacello, i peggiori criminali e sfruttatori e distruttori di Madre Terra di tutti i tempi. E il nazionalsocialismo, così come il fascismo, con tutti i loro errori anche tragici, appariranno quel che effettivamente rappresentarono: l’ultimo argine alla presa del mondo da parte dell’internazionale di Shylock”.

Per rendere più chiaro ancora, se ce ne fosse bisogno, il discorso, noi sappiamo che perlomeno dal XIX secolo, ma probabilmente ancora da prima, si è messa in moto una macchina per la conquista del potere mondiale, approfittando delle lotte dei popoli contro gli ancien regime, delle rivendicazioni nazionali e di quelle sociali, distorcendole per le proprie finalità e per acquisire sempre maggior potere, usando alternativamente l’arma della pressione politica e quella del ricatto economico.

Le due guerre mondiali, o per meglio dire i due tempi del gigantesco bagno di sangue che ha travolto l’Europa e il mondo fra il 1914 e il 1945, sono state due momenti essenziali di questo piano che ha travolti la centralità planetaria di cui godevano le nazioni europee fino a tutto il XIX secolo, piano alla cui realizzazione ha posto un ulteriore ostacolo il lungo impasse della Guerra Fredda, ma ciò non toglie che il nostro destino, che vediamo realizzarsi oggi sotto i nostri occhi, sia stato scritto molto, molto tempo fa.

Oggi è visibilissimo che:

primo: la democrazia sta svelando ogni giorno di più il suo volto tirannico, si moltiplicano nella legislazione dei Paesi democratici la fattispecie dei reati di opinione e la persecuzione contro i dissidenti: guai soprattutto a voler rimettere in discussione la versione ufficialmente stabilita del fascismo o della seconda guerra mondiale, o avanzare perplessità sull’asserzione che le razze non esistano e che gli uomini siano tutti uguali nonostante mille esperienze quotidiane che ci dimostrano il contrario.

secondo: le cosiddette istituzioni europee, non solo non hanno minimamente allentato la dipendenza politica dell’Europa dagli Stati Uniti, ma (principalmente la BCE che è un’organizzazione privata che non è controllata dai governi nazionali, ma li controlla) si sono rivelate una trappola che permette a una casta di parassiti e squali della finanza internazionale di risucchiare nelle loro mani la ricchezza prodotta dai popoli europei attraverso una “crisi” interminabile volutamente provocata.

terzo: quella che continuiamo a chiamare immigrazione, e che invece è un’invasione a tutti gli effetti che ci arriva dal sud del mondo, anch’essa  deliberatamente provocata da una politica economica internazionale che ha distrutto le economie di quella parte del pianeta, allo scopo preciso di portare all’estinzione i popoli europei sostituendoli con una massa meticcia che la casta dominante ritiene più facilmente controllabile e manipolabile.

Cosa dovrebbe fare un autentico libertario come il nostro Joe, che si rende conto di questa situazione che sarebbe ben visibile a tutti se non fossimo quotidianamente sommersi e accecati da un veleno propagandistico mediatico, se non smettere di baloccarsi con etichette ormai prive di significato e che servono solo a nascondere la realtà: destra, sinistra, democrazia, socialismo, liberalismo, anarchismo, e schierarsi risolutamente con chi ancora si oppone allo scempio mondialista?

Il caso di Joe Fallisi ci permette di mettere nella giusta dimensione una polemica che si è scatenata negli ultimi tempi in seguito alla scomparsa del  capitano Erich Priebke.

Ricordiamo le parole del nostro amico: “Il nazionalsocialismo, così come il fascismo, con tutti i loro errori anche tragici, rappresentarono l’ultimo argine alla presa del mondo da parte dell’internazionale di Shylock”.

La vicenda umana del capitano Priebke va considerata alla luce di ciò, perché eccessi possono essere avvenuti da una parte e dall’altra, come non poteva non avvenire in un conflitto di enormi proporzioni, ma la vera infamia, il vero orrore ingiustificabile e intollerabile è tutto dalla parte di chi ha voluto la distruzione dell’Europa nel quadro di un piano di assoggettamento dell’intera umanità, e disgraziatamente ha vinto.

Priebke, nonostante l’età avanzata, si trovava in stato di detenzione per il suo coinvolgimento nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, episodio triste e doloroso quanto vogliamo, ma che fu una rappresaglia ammessa dalle leggi di guerra, rappresaglia che i partigiani comunisti che operavano a Roma si ingegnarono di provocare con l’attentato di via Rasella allo scopo di scavare un solco di odio quanto più profondo possibile fra Italiani e Tedeschi.

Certamente, la fucilazione di trecento persone fu un episodio grave, ma sono molte le cose che non si considerano: ad esempio come mai l’Italia democratica e resistenziale che da settant’anni s’indigna su quei morti, non ha mai pensato di chiedere in qualche modo conto ai vincitori (e nostri padroni da allora) delle centinaia di migliaia di vittime civili dei bombardamenti angloamericani? Non si considera il fatto che la strage fu deliberatamente provocata, e si ignora a bella posta quali potessero essere i sentimenti dei Tedeschi che, impegnati in una lotta mortale per la sopravvivenza, si erano visti all’improvviso traditi e pugnalati alle spalle da quello che fino a poco prima era il loro principale alleato.

Teniamo conto anche del fatto che l’attentato di via Rasella, quello che fece scattare la rappresaglia, non fu che l’ultimo di una serie di agguati consimili contro le truppe tedesche organizzati dai cosiddetti GAP (Gruppi di Azione Patriottica), braccio armato del PCI, e che fino all’ultimo agli autori dell’attentato fu offerta la possibilità di evitare la rappresaglia consegnandosi spontaneamente. Un comandante ha il dovere di proteggere le proprie truppe.

Come se non bastasse, proprio in seguito a questa polemica è riemerso un bando emesso nel dopoguerra dalle autorità di occupazione francesi nella Germania postbellica che prevedeva in caso di uccisione di un soldato francese occupante la fucilazione di cinquanta civili tedeschi, contro i dieci per ogni soldato richiesti da Hitler. Ora, questo caso specifico non pare essersi tradotto in realtà, ma rappresaglie alleate ce ne furono in Italia e altrove, non meno gravi e sanguinose di quelle tedesche, perché è pura leggenda che dappertutto i “liberatori” siano stati accolti da folle festanti, ma hanno trovato una resistenza (questa si davvero meritevole di questo titolo, non quella contro gli ex alleati) molto maggiore di quanto non si pensi o di quanto non sia permesso di raccontare, ma quelle alleate non erano e quelle francesi non sarebbero potute essere che rappresaglie “buone” come quelle tedesche erano ovviamente “cattive”. Non è stato forse il fascismo il male assoluto?

Herbert Kappler, comandante di polizia della piazza di Roma occupata e superiore di Priebke, rispettando la lettera degli ordini ricevuti, si ingegnò per quanto gli era possibile, di attenuare la rappresaglia, scegliendo le vittime fra partigiani che erano stati già condannati a morte ed ebrei che avevano scarse probabilità di sopravvivere a una per nulla ipotetica deportazione, evitando così di colpire civili presi a caso.

Lo si sapeva, si sapeva che il “mostro nazista” non era stato poi così mostro e, sebbene nel dopoguerra fosse stato incarcerato in Italia e condannato all’ergastolo, nel 1976, dopo che gli fu diagnosticato un cancro terminale, fu scarcerato e gli fu concesso di passare i suoi ultimi anni da uomo libero in Germania dove si spense nel 1978, solo che, come al solito, si fecero le cose all’italiana, fingendo che fosse stato fatto evadere dalla moglie. Particolare grottesco: se fosse veramente evaso, avrebbe dovuto passare la frontiera italo-austriaca nascosto dentro una valigia. Questo fece scatenare i giornali umoristici: se Kappler poteva evadere dentro una valigia, allora per rapire Amintore Fanfani, uomo politico dell’epoca noto per la bassa statura, sarebbe bastato un beauty case, ma è ovvio che nessuno credette davvero alla storia della valigia.

Se le cose stavano così, che senso ha avuto, decenni più tardi, prendersela con Priebke, suo subordinato e semplice capitano? All’epoca ci si poteva permettere di essere generosi perché comunque c’era abbondanza di “mostri nazisti” con cui terrorizzare l’opinione pubblica, ma poi si sono man mano rarefatti con il naturale trascorrere del tempo e l’inevitabile falcidie. La vera colpa di Erik Priebke è di essere sopravvissuto fino a toccare il secolo.

Il problema della rarefazione dei “mostri nazisti” col trascorrere dell’età e quindi la necessità di trovare capri espiatori sostitutivi, del resto si erano già manifestati prima del caso Priebke. Ci si ricorderà forse di Kurt Waldheim, segretario delle Nazioni Unite e poi presidente austriaco. Durante la guerra era stato ufficiale della Wehrmacht. Contro di lui si scatenò una campagna di diffamazione e di odio con il pretesto che era stato di stanza in una zona dei Balcani dove erano state commesse atrocità, anche se nessuno sospettava né tanto meno era in grado di portare prove che egli vi fosse minimamente implicato, e questo nonostante che perfino Simon Wiesenthal, il famoso “cacciatore di nazisti” si schierasse in sua difesa. La democrazia ha bisogno di spauracchi per sollevare l’emotività della gente e nascondere il suo carattere tirannico.

La legislazione creata ad hoc per il processo di Norimberga introducendo la mostruosità giuridica di leggi retroattive, che sanzionano cioè atti avvenuti prima della loro emanazione, ha stabilito il “principio” che i soldati del Terzo Reich si sarebbero dovuti rifiutare di eseguire gli ordini ricevuti, e sono quindi colpevoli per non averlo fatto. E’ il solito sistema dei due pesi e delle due misure a cui siamo avvezzi da settant’anni. Forse che qualcuno ha mai pensato di portare in tribunale i piloti dei bombardieri angloamericani che hanno sterminato coi loro attacchi sulle città europee non meno di quattro milioni di vittime civili, o i “soldati” dell’Armata Rossa che hanno massacrato tre milioni di civili tedeschi a oriente dell’Oder, o gli assassini delle foibe, o i partigiani responsabili di un numero enorme di eccidi, spesso per tappare la bocca a testimoni scomodi, di cui ancora oggi assai poco si parla?

In un’intervista televisiva rilasciata nel 1991, Milovan Gilas, ex collaboratore del maresciallo Tito e poi dissidente, quantificò in trentamila gli assassinati delle foibe, ed essendo direttamente implicato nei fatti, non si può pensare che abbia gonfiato le cifre, semmai il contrario, che le abbia sottostimate, e ammise con stupefacente candore: “Li uccidemmo non perché fossero fascisti, ma perché erano italiani”, ebbene solo queste vittime di cui assai poco si parla, su un teatro bellico tutto sommato limitato, e sempre tenendo per buone le cifre di Gilas, sono cento volte i morti delle Fosse Ardeatine.

Noi sappiamo che in un contesto come quello della seconda guerra mondiale era del tutto impensabile che i soldati tedeschi, combattenti di una nazione impegnata in una lotta per la vita se mai ve n’è stata una, potessero rifiutarsi di ubbidire agli ordini, e nulla e nessuno, nemmeno il tribunale di Norimberga, ha il diritto di pretendere l’impossibile.

Si è insistito molto sul fatto che il capitano Priebke, come rivela anche il suo testamento, non si è mai pentito. Ma di che cosa si sarebbe dovuto pentire, e chi ha combattuto dalla parte dei vincitori non dovrebbe portare sulle spalle un rimorso infinitamente più grande?

Con una contemporaneità piuttosto sorprendente con la scomparsa di Erich Priebke che ha paradossalmente riacutizzato il caso, è esplosa un’altra polemica ovviamente molto più circoscritta, limitata a internet che almeno per ora è estremamente difficile da censurare, e di cui televisioni e giornali hanno fatto ben poco o nessun cenno. L’attore-regista-cantante Simone Cristicchi che ha portato recentemente in scena l’allestimento teatrale “Magazzino 18” che parla della tragedia degli italiani esuli dall’Istria che per salvarsi la vita dalle orde titine dovettero abbandonare le loro case e la loro terra, è stato vittima di insulti, intimidazioni, accuse di fascismo da parte della solita canaglia sinistrorsa. Anni fa l’attore Leo Gullotta fu aggredito da “compagni” in conseguenza della sua partecipazione allo sceneggiato televisivo “Il cuore nel pozzo” che per la prima volta dopo decenni di oblio e di silenzio imposto, ha rivelato a grosso pubblico italiano l’orrore e la tragedia delle foibe.

A un quarto di secolo dalla scomparsa dell’Unione Sovietica e dell’uso della stessa parola “comunismo”, i “compagni” sono sempre gli stessi: l’intimidazione, la violenza, la censura, l’ignoranza voluta e imposta dei fatti  sono il loro modo di “fare politica”, e in questo trovano la più ampia complicità dei democratici e dei media di regime. Mentre le responsabilità vere o presunte della parte perdente il secondo conflitto mondiale sono costantemente enfatizzate da una propaganda martellante come se si trattasse di eventi dell’altro ieri, quelle molto spesso ben più tragiche dei vincitori devono essere ignorate, taciute, circondate da un velo omertoso, soprattutto quelle dovute alla mostruosità di dolore, sangue, morte, oppressione conosciuta come comunismo e in particolare quando, come nel caso delle foibe e dell’esodo, hanno straziato profondamente la carne della nostra gente, colpita precisamente in quanto italiana.

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2 Responses

  1. ekaros
    | Rispondi

    interessante….e aggiungo alcuni versi.

    Da lontan vien, dell’odierno mondo,
    gioco perverso che la massa piega
    al suo voler, di pochi, e al suo comando
    confusa e molle sempre mai si nega.

    Tutto è contorto, e da tinte oscure
    agni azione del mondo è colorata,
    azion selvaggia, che da giuste cure
    all’impaurito uman è mascherata.

    Caos e timore è il lor gran potere,
    si che le menti uman siano sconvolte,
    senza più alcun valor e senza avere,
    sempre più illuse e al ver sapere morte.

  2. rudolf27
    | Rispondi

    Buon articolo. Il tenore ed attivista Joe Fallisi è un personaggio straordinario, dedicato interamente al combattimento del sistema mondialista. Spesso l’unico quotidiano veramente non allineato, Rinascita, pubblica le sue interessantissime e coinvolgenti interviste.

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