Il problema della «egemonia culturale marxista», come la chiamò il liberale professor Nicola Matteucci nel 1989, esce ogni tanto alla superficie della polemica politica e giornalistica – l’ultima volta l’estate scorsa con lo scontro Corriere della Sera-La Repubblica – segno evidente che la lingua batte dove il dente duole. E ciò nonostante che, da Sinistra come anche da certa Destra, si affermi sia che non è mai esistita, sia che non esiste più. Meglio allora fare cose concrete che polemizzare sterilmente. Certo: bisogna andare avanti, non prima però di aver chiarito quel che è avvenuto nella cultura italiana durante mezzo secolo, senza vittimismi, ma anche senza infingimenti. Come invece regolarmente avviene, perché, nonostante i fatti e i documenti parlino chiaro, la Sinistra intellettuale e politica non ha mai esplicitamente ammesso di aver esercitato una «egemonia», di aver compiuto vaste operazioni di censura nei confronti di autori, libri e argomenti sgraditi, non solo di «destra», ma anche di certa «sinistra» non conformista.
Il tutto si concretizza in quello che Paolo Mieli ha definito il «potere battesimale», ma che forse sarebbe meglio definire imprimatur: soltanto se c’è l’imprimatur della cultura e della politica di sinistra un autore, un libro, un argomento, una idea, una scoperta, un nuovo approccio storico o filosofico o scientifico, ha valore. Si pensi ad autori considerati «di destra» come Nietzsche, Mishima, Marinetti, Jünger, Pound, Gentile, di cui si può parlare solo dopo che sono stati «salvati» dalla Sinistra; o al dramma delle foibe di cui si può parlare solo dopo l’imprimatur di Claudio Magris, o alla guerra civile 1943-45 che si può essere definita tale solo dopo che lo ha deciso Claudio Pavone. E si potrebbe continuare. Viceversa, la Sinistra intellettuale ha preso regolarmente abbagli. Ma chi se lo ricorda più? Soprattutto: chi ha interesse a ricordarlo? Non certo i diretti interessati, non certo chi stava a sinistra e poi (anche in buona fede) è transitato dalla parte opposta. Non conviene a nessuno.
Gli unici che possono farlo senza tema di essere accusati di strumentalizzazione sono coloro i quali sono stati e rimangono a destra. Come Fausto Gianfranceschi, da sempre su queste sponde e (credo da sempre) impegnato a collezionare e commentare le demenzialità, le follie dette e scritte a sinistra. Il bestiario della sinistra (Edizioni Nuove Idee, Roma 2004) – che sarà presentato oggi pomeriggio nella Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati – è il suo ultimo contributo alla causa del «non dimenticare». Prende il nome, se ricordo bene, da una rubrica che aveva su L’Italia settimanale di Marcello Veneziani e segue dopo dieci anni il suo Stupidario della sinistra (Mondadori).
Un centinaio di nomi, da A come Abbate Fulvio giornalista de l’Unità a Z come Zucconi Vittorio giornalista di Repubblica, è una esilirante ma anche rabbrividente galleria di frasi tanto apodittiche quanto sbagliate, che ci dimostrano come la superiorità culturale e morale degli intellettuali progressisti sia autoreferenziale e del tutto inesistente. Un vero «bestiario» perché, come spiega l’autore, si mescolano in parti uguali la «cretineria» e la «ferocia».
Come altro definire le opinioni del regista Bernardo Bertolucci che nel 1984 profetizzava l’avvento del marxismo negli Usa come reazione a Reagan; o dell’astronoma Margherita Hack che nel 1996 affermava che Berlusconi e Fini «fanno schifo tutti e due»; o di Giorgio Bocca che nel 1975 riteneva le Brigate Rosse «favola per bambini scemi»; o di Pietro Ingrao che ritenne «eccessiva» l’affermazione del presidente Mao nel 1957 secondo cui «il comunismo vincerà al prezzo di centinaia di milioni di morti»: Ingrao lo scrive nel 2004 quando, dopo i conti del Libro nero del comunismo, si sa ormai che i morti sono stati appunto un centinaio di milioni! E si potrebbe continuare con Eugenio Scalfari il quale nel 1959 prevedeva il sorpasso economico dell’Urss sugli Usa nel 1972, con l’architetto Massimiliano Fuksas il quale nel 2002 ritiene una «fregnaccia» l’affermazione che il fascismo fece molto per l’architettura.
Il fatto è che Fausto Gianfranceschi, che ha diretto la «Terza pagina» de Il Tempo per venticinque anni, tutta questa brava gente la conosce bene: vi ha polemizzato con articoli e libri. Con Il bestiario della sinistra ci offre un memento importante oggi che si blatera tanto della memoria e della sua rimozione. Naturalmente a senso unico.
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Tratto da Il Tempo del 7 dicembre 2004.
Fausto Gianfranceschi, Il bestiario della Sinistra, Edizioni Nuove Idee, Roma 2004.
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