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Libri

Elogi smisurati

L’uomo che ride di gusto rappresentato dalla fotografia qui a sinistra mi ha truffato. Si chiama Álvaro Mutis; leggo su wikipedia la seguente, enfatica descrizione: “Álvaro Mutis (Bogotà, 25 agosto 1923) è uno scrittore e poeta colombiano. Ritenuto tra i maestri della letteratura ispanoamericana, ha ottenuto riconoscimenti e vinto premi in tutto il mondo”.

Costui ha avuto la faccia tosta di scrivere: “Francisco Coloane è il Jack London dei nostri tempi”. Questa frase è riportata nella quarta di copertina di un libro dello stesso Coloane, Naufragi (ed. Guanda).

Una simile citazione è stata sufficiente a incuriosirmi e a farmi leggere il libro.

Ora, delle due l’una: o Mutis non ha mai letto uno tra Coloane e Jack London, o è in malafede. Una persona sana di mente, dopo aver letto entrambi, non potrebbe mai esprimere un giudizio simile.

Naufragi di Coloane è il classico libro di cui si può dire: “Questo lo scrivevo anch’io”. L’autore ha semplicemente preso un vecchio elenco di naufragi avvenuti lungo le coste cilene pubblicato anni prima; ne ha trascritto il contenuto e ha aggiunto alcune considerazioni personali, oltretutto prive di alcun significato e interesse. E non vi è la minima traccia di valore letterario.

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Libri Nord

Viaggi polari

Domenica scorsa è andata in onda sull’Argonauta (trasmissione settimanale di radiorai diretta da Gianfranco de Turris) una mia breve recensione de La Stella polare nel mare artico, resoconto del viaggio avventuroso compiuto dal Duca degli Abruzzi nel 1899-1900, con meta il Polo Nord. Ho parlato per circa un minuto. La spedizione su slitte, guidata dal comandante Cagni, raggiunse gli 86° 34′ di latitudine Nord il 25 aprile 1900: mai nessun uomo prima di allora si era spinto tanto a settentrione. La spedizione ispirò molti autori (Pascoli e Salgari per citarne un paio).

Il tema ha iniziato ad appassionarmi circa sei mesi fa. Lessi quasi per caso Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre di Christoph Ransmayr, che è relativo a una spedizione precedente di circa venticinque anni, quella austroungarica di Payer e Weyprecht (che scoprirono l’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe). Poi per me è stata la volta della Stella polare nel mare artico, trovata nella seconda edizione del 1902 su una bancarella. Il tema delle esplorazioni ha cominciato ad appassionarmi; ho letto una biografia del Duca degli Abruzzi (di Gigi Speroni), il resonconto del viaggio himalayano del Duca degli Abruzzi scritto da Filippo de Filippi, un’asettica Storia dell’Antartide scritta da un certo Frank negli anni ’50, poi il libro di Alfred Lansing sul naufragio dell’Endurance e la vicenda di Shackleton di cui sapevo solo per l’omonima canzone di Battiato, e poi ancora la storia tragica di Scott narrata benissimo da Zweig in Momenti fatali. In questi giorni ho terminato la lettura di un’altra terribile spedizione artica, quella della Karluk nel 1913-14 (Prigionieri dei ghiacci di Jennifer Niven).

Ma soprattutto, ho messo da parte diversi libri per le settimane a venire: Nella terra della morte bianca di Albanov, Il mio volo polare di Roald Amundsen, la biografia dello stesso Amundsen scritta da Quilici, un libro sull’Alaska e varie altre cose su naufragi, svernamenti, viaggi polari ed esplorazioni. Se leggessi un po’ meglio (anzi parecchio meglio) il tedesco mi piacerebbe affrontare anche il romanzo Nebelheim di cui ho visto un bel video di presentazione.

* * *

Aggiornamento: due link interessanti -> Viaggi polari e Circolo polare.

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Autori Oggigiorno

In morte di Franco Volpi

Ieri è morto in un incidente stradale il professor Franco Volpi.

Il quotidiano la Repubblica ha così perso il periodico contributo di una delle pochissime firme valide che poteva annoverare; verosimilmente la pagina culturale del famoso quotidiano per femministe e intellettuali di sinistra tornerà ad appiattirsi su temi e autori cari ai suoi lettori di riferimento (Giorgio Bocca, Isabel Allende, Luciana Littizzetto, Gianni Minà, Umberto Eco et similia).

Franco Volpi ha avuto molti meriti. Tra questi, quello di aver contributo a far conoscere in Italia a un grande pubblico (oltre che a quello squallido uditorio cui accennavo sopra) autori del calibro di Schmitt, Benn, Jünger, Hoffmann e soprattutto Heidegger, di cui tradusse (specialmente per Adelphi) numerosi libri. Nel 2000, all’uscita della versione italiana del Dizionario delle opere filosofiche per Bruno Mondadori, le vestali della “filosofia da professori di filosofia” rimasero scandalizzate da certe terribili omissioni e certe ancor più orribili inclusioni.

Negli ultimi anni Volpi fece anche la mossa più azzardata che uomo di cultura possa permettersi. Introdusse un libro di Evola (Saggi sull’idealismo magico). Di Evola arrivò persino a scrivere su Repubblica: oltre che per la formazione culturale, Franco Volpi è stato un’eccezione anche per il coraggio.

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Autori

In morte di Giano Accame

“Aveva un record unico tra i giovani di Salò: si arruolò la mattina del 25 aprile 1945: «la sera ero già in galera. Non ho mai fatto il miles gloriosus anche per questo. Avevo 16 anni», disse in una recente intervista”.

«Volevo partecipare al canto del cigno, alla fine eroica della Repubblica Sociale».

«Fini non sa un cazzo ma lo dice benissimo».

Questo solo tre citazioni – la prima un breve passaggio biografico del ricordo di Giano Accame pubblicato oggi dal Messaggero (che per il resto è basato esclusivamente sui dati riportati da Wikipedia), le altre tratte da un’intervista fattagli da Claudio Sabelli Fioretti – sono sufficienti a rendere l’immagine di un uomo controcorrente e che desta immediata simpatia.

L’ho incontrato due volte in tutto. In entrambe le occasioni ne ho tratto l’impressione di una persona intelligente, curiosa e di grande educazione. Accame è stato per decenni un punto di riferimento nella cultura di destra. Argomentava in modo logico, coerente, consequenziale: un pregio diffuso nella sua generazione. Sul sito avevo ripreso il suo saggio su Evola e la rivoluzione conservatrice tedesca.

Attento in particolare al mondo dell’economia, che giustamente considerava troppo ignorata dagli intellettuali di Destra, aveva dedicato molta della sua attenzione a Ezra Pound, su cui scrisse anche dei libri.

Spero vivamente di poter interrompere per un lungo periodo questa serie di articoli di commemorazione.

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Facile ironia Oggigiorno

Animalisti

Nella regione in cui abito, la Liguria, decisamente gli imbecilli non mancano.

Dimostrazione ne è un recente fatto di cronaca, riportato anche dai quotidiani nazionali.

Mentre nell’Abruzzo devastato dal terremoto sono morti anche dei bambini, qui c’è gente che fa le manifestazioni per la salvezza del cinghiale Pierone. Pare che gli animalisti tengano alla vita dell’ungulato oltre ogni limite di buon senso e di decenza; gli portano da mangiare paste e focacce, lo accarezzano, e a furia di sit-in, slogan, sfilate e dopo aver preso a sassate la polizia sono riusciti a ottenere dal politico di turno che il cinghiale Pierone venga “esentato dalla caccia”.

D’altra parte che accadano cose così assurde non deve stupire. Questa è la regione che ha avuto la bizzarria di eleggere a proprio presidente non un qualunque farabutto, come nelle altre regioni. Giammai: noi qui ci siamo andati a scegliere Claudio Burlando, ex dirigente del Partito Comunista noto per il suo “vezzo” di guidare contromano in autostrada.

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Nord Ovest Video

Colombo dell’era glaciale

Riprendo una segnalazione da Euro-Synergies, che a propria volta la riprende da Altermedia Canada.

Si tratta di un film di due ore, pubblicato in DVD ad alta definizione da Discovery Channel, che ricostruisce l’ipotetica vicenda di una famiglia vissuta circa 17000 anni fa. Viene narrata una delle più importanti migrazioni della storia umana, quella cioè che portò l’uomo bianco a colonizzare l’America. La migrazione sarebbe avvenuta sopra la spessa coltre gelata che avrebbe coperto buona parte dell’Atlantico Settentrionale.

Il film, come rilevato da Altermedia Canada, sembra porre quale presupposto scientifico l’ipotesi solutreana (si veda la relativa pagina di wikipedia), secondo la quale esisterebbe una precisa correlazione tra la cultura paleolitico-solutreana nell’Europa occidentale e la successiva cultura Clovis nordamericana.

Il filmato fa ampio ricorso agli effetti speciali e pare, dalle recensioni che se ne leggono, discretamente riuscito.

All’indirizzo http://shopping.discovery.com/detail.php?a=DSC-59637#tabs se ne può vedere l’anteprima.

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Autori

I cento anni di Robert Brasillach

Robert Brasillach (Perpignan, 31 marzo 1909 – Montrouge, 6 febbraio 1945)

Forse – se non fosse stato ucciso dai collaborazionisti degli Americani sessantaquattro anni fa – oggi Robert Brasillach sarebbe ancora vivo e vegeto: un piccolo vecchietto con due occhiali tondi e una marea di libri alle spalle. Avrebbe potuto eguagliare la longevità di Ernst Jünger o sorpassare quella di Carl Schmitt; ci avrebbe consegnato altri romanzi e saggi meravigliosi, o poesie di incomparabile bellezza come quei Poemi di Fresnes che vergò in carcere, in attesa della fucilazione.

Ma, in ogni caso, la sua opera intellettuale non è stata vana. E lo si capisce anche da fatti come questi:

Roma si sveglia tra le braccia del poeta.
Gigantografie di Robert Brasillach, il grande scrittore francese fucilato come collaborazionista del quale domani ricorre il centenario della nascita, sono comparse nella notte nei luoghi della cultura della Capitale: da via del Corso a piazza Farnese, da via del Babuino a piazzale Flaminio, da via Nazionale a Trinita’ dei Monti fino a piazza San Calisto a Trastevere.
L’azione e’ stata rivendicata da Casapound, che spiega: ”Nella notte tra il 29 ed il 30 marzo, a Roma, e’ stato degnamente celebrato il battesimo del Turbodinamismo, neonata corrente artistica legata all’Associazione di promozione sociale Casapound Italia (www.casapound.org), con l’affissione di decine di manifesti 2×2 metri raffiguranti, in un tripudio di colori, uno dei piu’ grandi poeti d’Europa, Robert Brasillach. Gli stencils, accompagnati dalla dicitura “Je suis partout”, sono stati affissi nottetempo in prossimita’ di luoghi di rilievo culturale e artistico”.

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Autori Libri

Il maestro della Tradizione

Già da un paio di mesi è uscito un libro curato da Marco Iacona, che raccoglie quaranta interviste su Julius Evola ad altrettanti scrittori e studiosi che a vario titolo si sono avvicinati al pensiero del filosofo della Tradizione. Come già in passato per La Destra e il ‘68, altro libro che Iacona aveva avuto la gentilezza di farmi avere caldo di stampa, ho sprecato l’occasione di scriverne con tempismo; l’ho letto con calma, spesso lasciando passare tra un’intervista e l’altra qualche giorno e altrettanti libri su altri argomenti. Mi trovo quindi per la seconda volta a scriverne (forse) per ultimo, dopo che diverse recensioni sono apparse su quotidiani e riviste. L’unica giustificazione che avrei potuto addurre è quel buon gusto che vorrebbe si evitasse di parlare di cose scritte da sé; ma poiché la infrango, dirò sinceramente che l’intervista al sottoscritto è una delle più insignificanti de Il maestro della Tradizione (Edizioni Controcorrente).

Posso quindi prendermi la libertà di scrivere qualcosa sulle altre; e in particolare di alcune tra quelle che ho trovato più interessanti.

Uno dei contributi più validi è a mio avviso quello di Giovanni Sessa, una persona cortese e di spiccata intelligenza che ebbi occasione di conoscere alcuni anni fa. Sessa dimostra con efficacia, e con quella logica precisa che tradisce la frequentazione abituale della filosofia, i nessi profondi tra il pensiero evoliano e quello di Carlo Michelstaedter, nonché le peculiarità dello sviluppo evoliano.

Intorno ai temi dell’Evola strettamente filosofico ruotano diverse interviste; tra queste, degli spunti assai utili per ulteriori sviluppi di studi si possono trarre da quella a Francesco Saverio Festa. Una frase in particolare merita di essere citata: “…se, per caso, si fosse sottoposto il “pensiero magico” evoliano agli strumenti della filosofia analitica, non ne sarebbe rimasta pietra su pietra da un punto di vista strettamente logico-conseguenziale”.

Credo che in molti tra i lettori di Evola abbiano avuto questa “sensazione”. L’intervistato aggiunge però che “va detto altresì che non è affatto necessario che tale forma di “pensiero magico” debba esser sottoposto a simile trattamento, in quanto l’”idealismo magico” evoliano presenta comunque alcune caratteristiche significative sia dal punto di vista della “paradossalità” del punto di partenza, sia dal punto di vista di un tentativo di fuoriuscita dall’idealismo di marca gentiliana”.

Mi pare che queste considerazioni possano costituire un ottimo punto di partenza per “onorare e rinnegare il maestro” (cito un’espressione contenuta in un altro libro di interviste su Evola, di alcuni decenni più vecchio), per trarre lo slancio per ulteriori superamenti.

Altre interviste che ho trovato di particolare interesse sono quelle a Renato del Ponte, Nuccio d’Anna, Stefano Arcella e Alain de Benoist. Riguardano argomenti diversi (il Gruppo di Ur, l’interpretazione delle religioni orientali in generale e del buddhismo in particolare, il rapporto di Evola con la politica). Gli intervistati sono profondi conoscitori – tra l’altro – dei rispettivi temi e hanno il pregio di aver lungamente abbinato ricerca a riflessione.

Per lo stesso motivo consiglieri la lettura del brano di Marino Freschi, che porta argomenti a sostegno di una lettura parallela di Evola e Jünger; idea che a mi trova pienamente concorde, e che anzi credo sia un ottimo mezzo per meglio comprende entrambi gli autori (penso a certe analogie tra Orientamenti e Il Trattato del Ribelle o tra Cavalcare la tigre ed Eumeswil). O quella a Primo Siena, per la ricchezza di aneddoti e informazioni, o ancora quella ad Hans Thomas Hakl, sempre rigoroso nelle sue preziose ricerche.

Concludo con un plauso sincero a Marco Iacona per la fatica che si è sobbarcato e per la notevole capacità dimostrata nel porre sempre le “domande giuste” alle “persone giuste”. Un lavoro non da poco, nel caso di Evola: richiede la padronanza di una quantità di temi pressoché sterminata.

* * *

La scheda del libro:
Marco Iacona, Il Maestro della Tradizione. Dialoghi su Julius Evola, Edizioni Controcorrente, Napoli 2008, 432 pagine.

Interviste a: Giano Accame, Stefano Arcella, Mario Bernardi Guardi, Claudio Bonvecchio, Pietrangelo Buttafuoco, Franco Cardini, Francesco Coniglione, Vitaldo Conte, Nuccio D’Anna, Alain de Benoist, Renato del Ponte, Piero Di Vona, Massimo Donà, Richard Drake, Piero Fenili, Francesco Saverio Festa, Marino Freschi, Francesco Germinario, Fausto Gianfranceschi, Joscelyn Godwin, Hans Thomas Hakl, Gian Franco Lami, Alberto Lombardo, Andrea Marcigliano, Manfredi Martelli, Aldo A. Mola, Adolfo Morganti, Claudio Mutti, Claudio Risé, Marco Rossi, Jeffrey T. Schnapp, Giovanni Sessa, Manlio Sgalambro, Primo Siena, Annalisa Terranova, Francesco Tomatis, Nicola Toraldo Serra, Marcello Veneziani, Francesco Zambon, Stefano Zecchi. Prefazione di Gianfranco de Turris.

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Libri Sud

Mercenari

Ippolito Edmondo Ferrario, Mercenari. Gli italiani in Congo 1960

Alcuni giorni fa ho ricevuto da Ippolito Edmondo Ferrario copia del suo ultimo libro: Mercenari. Gli Italiani in Congo 1960 (Ed. Mursia). Il tema piuttosto insolito mi ha incuriosito e la lettura si è rivelata tanto piacevole quanto rapida.

Il libro, che reca la presentazione di Luciano Lanna, prende avvio dal tragico episodio di Kindu. Tra l’11 e il 12 novembre 1961 tredici militari dell’Aeronautica militare italiana, facenti parte dei caschi blu dell’ONU, vennero trucidati dalle bande congolesi e fatti oggetto di orrendi episodi di cannibalismo. Il paese africano era stato da poco abbandonato dal Belgio ed era rapidamente precipitato nel caos e nella guerra civile.

L’eccidio venne minimizzato dall’imbelle classe politica nostrana, ma destò un profondo senso di sdegno e di rabbia in ampi settori della società italiana, e particolarmente nell’ambiente militare. Prese avvio così in modo spontaneo un arruolamento sotterraneo di volontari – specialmente parà – che attraverso Bruxelles partirono per il Congo animati da un desiderio di rinvincita, oltre che dalla ricerca di avventura che la società pantofolaia uscita dalla catastrofe della seconda guerra mondiale non era più in grado di dare.

Grazie alle testimonianze di alcuni ex mercenari, Ferrario ha ricostruito episodi e spirito di quei giovani coraggiosi che, come recitava una nota canzone, a “salotto, televisione, mutua e doppiomento” preferirono “la morte nel Basso Congo”.

Vengono passati in rassegna i principali protagonisti di questa discussa epopea (il colonnello Bob Denard, che fu in seguito protagonista di un celebre colpo di mano alle Isole Mauritius, l’ex agricoltore Jean Schramme, l’irlandese “Mad Mike” Hoare, ecc.) e certi miti di carta e di celluloide, come il celebre I quattro dell’oca selvaggia di McLaglen.

Purtroppo il libro non si addentra nei dettagli dell’organizzazione militare di questi novelli lanzichenecchi, né d’altra parte pretende di essere un trattato storico; ma rende molto bene le atmosfere di certe vite avventurose, che forse oggi non sono più possibili nei medesimi termini.

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Libri Storia

Le ultime ore dell’Europa in spagnolo

Per la seconda volta l’associazione Tierra y Pueblo ha tradotto in spagnolo (castellano) un libro di cui ho curato l’edizione italiana. Dopo Il mistero iperboreo di Julius Evola, infatti, è stato pubblicato il libro di Adriano Romualdi Le ultime ore dell’Europa (Las últimas horas de Europa).

Eccone la scheda di presentazione:

El próximo agosto, se cumplen treinta y cinco años de la partida de Adriano Romualdi. Tenía treinta y tres años, un importante bagaje político y cultural, años de lucha y militancia en las filas de la resistencia europea y un futuro prometedor en la enseñanza universitaria y en el mundo cultural y político italiano. Quizás, otros hubieran sido los pasos del ambiente político alternativo italiano y por ende europeo si Adriano continuara con vida, no lo podemos saber. Sin embargo, su corta vida no fue en absoluto estéril. Puede que como su mentor, Julius Evola, dijo al conocer su muerte, nuestro mundo perdiera aquella trágica noche de agosto a “uno de sus representantes más cualificados”, pero Adriano Romualdi nos legó, a pesar de tan temprana muerte, una parte importante de su pensamiento y es deber de los actuales militantes identitarios europeos difundir estos textos.

Ediciones IdentidaD se estrena con uno de los mejores escritos de Adriano Romualdi, publicado en Italia de manera póstuma en 1976 con el sugestivo título de Las últimas horas de Europa. Adriano Romualdi, sin estériles pretensiones, sin protagonismos superfluos, por pura lucha, fue un gran ejemplo de lo que deberíamos entender por militante, no fue un intelectual, fue sobre todo un hombre de acción, conjugaba perfectamente sus horas de estudio, sus investigaciones y sus creaciones escritas, -realizadas como un ejercicio de combate- con la lucha política y cultural, incluso con el combate en la calle cuando la ocasión lo requería. Todos los aspectos de su paso por la vida fueron esfuerzo, voluntad indomable, lucha y militancia. En todos estos aspectos, entendía su vida como una milicia en las que el pensamiento y la acción, frente a la comodidad y el conformismo, se unían en la búsqueda de la verdadera realidad interior, siendo siempre consciente de la extrema dureza que eso significaba para el que se sabía resistente frente a un mundo que en todas sus dimensiones le era extraño y enemigo. Por ello, no es de extrañar, que un tema como el de los últimos días de la última gran guerra mundial despertara en él el suficiente interés para escribir un texto que hoy, casi setenta años después de aquellos días, tiene tanta importancia y actualidad.

Independientemente de los hechos históricos, que no obstante, es preciso recordar desde una perspectiva diferente a la de la propaganda de los vencedores, sobradamente conocida, y que Romualdi, como buen historiador, relata y contrapone de forma magistral, quizás lo importante de este libro sea el mensaje que su autor da a conocer y del que son fundamentales dos ideas, por una parte el ejemplo de abnegación, resistencia y heroísmo de una generación de militantes que llevó sus valores e ideales en defensa de la identidad y la esencia de Europa a sus últimas consecuencias y que supone un ejemplo y unos valores hoy del todo necesarios para resistir a las últimas y más peligrosas fases del proceso de disolución que se inició para Europa en las jornadas en las que trascurre este relato. Por otra parte, la idea de Europa, presente en toda la obra y pensamiento de Romualdi, es quizás en este texto más protagonista que nunca, precisamente por desarrollarse en estas últimas y terribles horas una lucha furiosa y desesperada donde Europa se jugaba su propia existencia. En aquellas últimas horas, se muestra más real que nunca la conciencia de la verdadera identidad europea y la necesidad de la lucha sin cuartel contra los que con la fuerza de las armas destruían el sueño del renacer europeo, la herencia milenaria y los principios de una civilización que se negaba a desaparecer. Aquellos fueron los últimos momentos de Europa pero no de la idea de Europa, una idea que debe hacerse fuerte en la lucha no finalizada, una lucha que como Romualdi bien sabía empieza en los que se reconocen herederos de los valores y ejemplo de aquellos que murieron heroicamente por la única y verdadera Europa, valores que forman los cimientos para la recuperación de aquellos ideales casi olvidados, quedando patente con este último sacrificio, que de aquella derrota deben surgir las energías y voluntad para la recuperación de la identidad, futuro y destino europeos.

Adriano Romualdi se encarga, treinta y cinco años después de su partida, con este magnífico y del todo recomendable texto, de mantener viva la llama de esta antigua y eterna lucha”.

Il libro costa 20 euro, e può essere richiesto alla e-mail idpress7@gmail.com, o direttamente all’Associazione, per posta (apartado de correos 6107 – 46080 Valencia) o al numero di telefono 666 873 024.