Categorie
Libri

Plichi inattesi

Circa un anno e mezzo fa ricevetti un misterioso pacchetto postale. Lo aprii e trovai che il contenuto era l’opera sulfurea di un autore a dir poco scomodo. Si trattava di Satana in persona. L’inquietante Liturgia infernale mi aveva lasciato uno strano senso di ansia; avevo pensato di esorcizzare l’inatteso regalo scrivendo su questo blog Diavolerie.

Nei giorni scorsi, mi è capitato tra le mani un altro pacchetto anonimo. Questa volta il mittente è una dea celtica, il cui ruolo simbolico – a detta di alcuni ben informati – sarebbe stata assunto, col cristianesimo, da Santa Brigida. Anche la dea Brigit ha scritto un libro, intitolato Terra di Mezzo; il mio stupore è stato enorme quando, aperta la prima pagina, ho letto il mio nome e cognome nel titolo del primo capitolo. Non mi raccapezzavo: il libro si apre proprio con un capitolo dedicato al mio piccolo saggio Julius Evola, gli evoliani e gli antievoliani. Essere recensiti da un giornalista su un quotidiano o una rivista è piacevole; ricevere una recensione in un libro da una divinità lo è ancora di più.

Ad ogni modo le sorprese non si sono fermate qui. Via via che proseguivo nella lettura dei trentasei capitoli continuavo a imbattermi in temi  autori e libri straordinariamente familiari. Dalla storia alla letteratura, dalla critica della società contemporanea all’archeologia, quasi tutti i temi richiamo quelli trattati più o meno ampiamente sul sito.

La quarta di copertina reca una famosa massima di Heidegger, che secondo me esprime speranza: “Ormai solo un dio ci può salvare”. Se questo è esatto, è confortante che i Numi volgano il loro sguardo benevolo.

Categorie
Libri

Viaggi oceanici

Circa due mesi fa ho scritto qualche nota sui viaggi polari; o meglio, sui libri che stavo leggendo sul tema. Ho trovato diversi altri testi interessanti sulle esplorazioni artiche e antartiche (saggi, memorie, diari, resoconti) e credo che l’argomento possa appassionare, e molto, non solo quei pochi che condividono la passione per Thule e il “mistero iperboreo”, ma anche quelli (assai più numerosi) che amano le storie di grandi avventure.

Ad ogni modo, come spesso capita seguendo l’itinerario delle letture, lungo la strada mi sono imbattuto in altre vicende (che hanno a che vedere con il mare non ghiacciato). Non mi riferisco al deludente Naufragi di Coloane, di cui ho riferito in Elogi smisurati, ma a due naufragi narrati magistralmente.

Il primo in cui mi sono imbattuto è quello del Batavia, una nave della V.O.C., la Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Ne ho appreso, sorprendendomi per la qualità dello scrittore, leggendo I naufraghi del Batavia del sinologo belga Simon Leys. E’ una vicenda di sorprendente aberrazione: un vortice di morte e follia sanguinaria degno del Terrore Giacobino e di altre democrazie a briglia sciolta. Per inciso, anche il racconto marinaro pubblicato in appendice del libro, Prosper, è un piccolo capolavoro letterario. Il debito verso il connazionale Simenon è evidente sia nel tema sia nello stile; ma a mio avviso Leys è superiore. Tornando al Batavia, nell’introduzione Leys scriveva: “Da diciotto anni accarezzavo l’idea di scrivere la storia del naufragio del Batavia. Mi sono procurato quasi tutto ciò che si pubblicava sul soggetto; poi, ho effettuato un soggiorno alle isole Houtman Abrolhos, sito del naufragio […]. Alla fine, è arrivato Mike Dash. Con il suo Batvia’s Graveyard, quest’ultimo autore ha veramente colpito nel segno – e non mi resta più nulla da dire”.

Non ho potuto evitare di leggermi anche il libro di Mike Dash, che era stato tradotto in italiano da Rizzoli nel 2002 (e che è già fuori catalogo), e pubblicato col titolo Il cimitero del Batavia. Leys aveva perfettamente ragione: Dash ha scritto il libro definitivo, con un lavoro di ricerca e di documentazione pressocché insuperabile, e oltretutto raccontando la storia in modo godibilissimo, nonostante le oltre cento pagine di note.

Un’altra bella storia, anch’essa piuttosto famosa, è quella della baleniera nantuckettese Essex. Nel 1820 la nave fu affondata a centinaia di miglia dalle Galapagos da un capodoglio; i naufraghi si misero in salvo su tre lance. Dopo varie peripezie, la maggior parte dell’equipaggio morì di fame e di sete; i primi a cedere furono i negri, forse per il minor grasso corporeo o il diverso metabolismo; i superstiti si cibarono dei cadaveri. La storia, che ispirò il Moby Dick (Melville conobbe il comandante dell’Essex),  è stata ben ricostruita da Nathaniel Philbrick in Nel cuore dell’oceano, che si basa sui resoconti di due dei superstiti e su diverse ricerche documentali. Purtroppo anche questo libro, che era stato pubblicato da Garzanti, è fuori catalogo; ma lo si trova abbastanza facilmente nelle librerie Remainders.

Nei prossimi giorni vorrei leggere di un’altro famoso naufragio, quello della Meduse, che ispirò il celebre quadro di Théodore Géricault.

Credo che l’unico libro in italiano sul tema sia quello piuttosto datato di Bordonove, che recentemente è stato ripubblicato da Mursia.

Categorie
Libri

Elogi smisurati

L’uomo che ride di gusto rappresentato dalla fotografia qui a sinistra mi ha truffato. Si chiama Álvaro Mutis; leggo su wikipedia la seguente, enfatica descrizione: “Álvaro Mutis (Bogotà, 25 agosto 1923) è uno scrittore e poeta colombiano. Ritenuto tra i maestri della letteratura ispanoamericana, ha ottenuto riconoscimenti e vinto premi in tutto il mondo”.

Costui ha avuto la faccia tosta di scrivere: “Francisco Coloane è il Jack London dei nostri tempi”. Questa frase è riportata nella quarta di copertina di un libro dello stesso Coloane, Naufragi (ed. Guanda).

Una simile citazione è stata sufficiente a incuriosirmi e a farmi leggere il libro.

Ora, delle due l’una: o Mutis non ha mai letto uno tra Coloane e Jack London, o è in malafede. Una persona sana di mente, dopo aver letto entrambi, non potrebbe mai esprimere un giudizio simile.

Naufragi di Coloane è il classico libro di cui si può dire: “Questo lo scrivevo anch’io”. L’autore ha semplicemente preso un vecchio elenco di naufragi avvenuti lungo le coste cilene pubblicato anni prima; ne ha trascritto il contenuto e ha aggiunto alcune considerazioni personali, oltretutto prive di alcun significato e interesse. E non vi è la minima traccia di valore letterario.

Categorie
Libri Nord

Viaggi polari

Domenica scorsa è andata in onda sull’Argonauta (trasmissione settimanale di radiorai diretta da Gianfranco de Turris) una mia breve recensione de La Stella polare nel mare artico, resoconto del viaggio avventuroso compiuto dal Duca degli Abruzzi nel 1899-1900, con meta il Polo Nord. Ho parlato per circa un minuto. La spedizione su slitte, guidata dal comandante Cagni, raggiunse gli 86° 34′ di latitudine Nord il 25 aprile 1900: mai nessun uomo prima di allora si era spinto tanto a settentrione. La spedizione ispirò molti autori (Pascoli e Salgari per citarne un paio).

Il tema ha iniziato ad appassionarmi circa sei mesi fa. Lessi quasi per caso Gli orrori dei ghiacci e delle tenebre di Christoph Ransmayr, che è relativo a una spedizione precedente di circa venticinque anni, quella austroungarica di Payer e Weyprecht (che scoprirono l’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe). Poi per me è stata la volta della Stella polare nel mare artico, trovata nella seconda edizione del 1902 su una bancarella. Il tema delle esplorazioni ha cominciato ad appassionarmi; ho letto una biografia del Duca degli Abruzzi (di Gigi Speroni), il resonconto del viaggio himalayano del Duca degli Abruzzi scritto da Filippo de Filippi, un’asettica Storia dell’Antartide scritta da un certo Frank negli anni ’50, poi il libro di Alfred Lansing sul naufragio dell’Endurance e la vicenda di Shackleton di cui sapevo solo per l’omonima canzone di Battiato, e poi ancora la storia tragica di Scott narrata benissimo da Zweig in Momenti fatali. In questi giorni ho terminato la lettura di un’altra terribile spedizione artica, quella della Karluk nel 1913-14 (Prigionieri dei ghiacci di Jennifer Niven).

Ma soprattutto, ho messo da parte diversi libri per le settimane a venire: Nella terra della morte bianca di Albanov, Il mio volo polare di Roald Amundsen, la biografia dello stesso Amundsen scritta da Quilici, un libro sull’Alaska e varie altre cose su naufragi, svernamenti, viaggi polari ed esplorazioni. Se leggessi un po’ meglio (anzi parecchio meglio) il tedesco mi piacerebbe affrontare anche il romanzo Nebelheim di cui ho visto un bel video di presentazione.

* * *

Aggiornamento: due link interessanti -> Viaggi polari e Circolo polare.

Categorie
Autori Libri

Il maestro della Tradizione

Già da un paio di mesi è uscito un libro curato da Marco Iacona, che raccoglie quaranta interviste su Julius Evola ad altrettanti scrittori e studiosi che a vario titolo si sono avvicinati al pensiero del filosofo della Tradizione. Come già in passato per La Destra e il ‘68, altro libro che Iacona aveva avuto la gentilezza di farmi avere caldo di stampa, ho sprecato l’occasione di scriverne con tempismo; l’ho letto con calma, spesso lasciando passare tra un’intervista e l’altra qualche giorno e altrettanti libri su altri argomenti. Mi trovo quindi per la seconda volta a scriverne (forse) per ultimo, dopo che diverse recensioni sono apparse su quotidiani e riviste. L’unica giustificazione che avrei potuto addurre è quel buon gusto che vorrebbe si evitasse di parlare di cose scritte da sé; ma poiché la infrango, dirò sinceramente che l’intervista al sottoscritto è una delle più insignificanti de Il maestro della Tradizione (Edizioni Controcorrente).

Posso quindi prendermi la libertà di scrivere qualcosa sulle altre; e in particolare di alcune tra quelle che ho trovato più interessanti.

Uno dei contributi più validi è a mio avviso quello di Giovanni Sessa, una persona cortese e di spiccata intelligenza che ebbi occasione di conoscere alcuni anni fa. Sessa dimostra con efficacia, e con quella logica precisa che tradisce la frequentazione abituale della filosofia, i nessi profondi tra il pensiero evoliano e quello di Carlo Michelstaedter, nonché le peculiarità dello sviluppo evoliano.

Intorno ai temi dell’Evola strettamente filosofico ruotano diverse interviste; tra queste, degli spunti assai utili per ulteriori sviluppi di studi si possono trarre da quella a Francesco Saverio Festa. Una frase in particolare merita di essere citata: “…se, per caso, si fosse sottoposto il “pensiero magico” evoliano agli strumenti della filosofia analitica, non ne sarebbe rimasta pietra su pietra da un punto di vista strettamente logico-conseguenziale”.

Credo che in molti tra i lettori di Evola abbiano avuto questa “sensazione”. L’intervistato aggiunge però che “va detto altresì che non è affatto necessario che tale forma di “pensiero magico” debba esser sottoposto a simile trattamento, in quanto l’”idealismo magico” evoliano presenta comunque alcune caratteristiche significative sia dal punto di vista della “paradossalità” del punto di partenza, sia dal punto di vista di un tentativo di fuoriuscita dall’idealismo di marca gentiliana”.

Mi pare che queste considerazioni possano costituire un ottimo punto di partenza per “onorare e rinnegare il maestro” (cito un’espressione contenuta in un altro libro di interviste su Evola, di alcuni decenni più vecchio), per trarre lo slancio per ulteriori superamenti.

Altre interviste che ho trovato di particolare interesse sono quelle a Renato del Ponte, Nuccio d’Anna, Stefano Arcella e Alain de Benoist. Riguardano argomenti diversi (il Gruppo di Ur, l’interpretazione delle religioni orientali in generale e del buddhismo in particolare, il rapporto di Evola con la politica). Gli intervistati sono profondi conoscitori – tra l’altro – dei rispettivi temi e hanno il pregio di aver lungamente abbinato ricerca a riflessione.

Per lo stesso motivo consiglieri la lettura del brano di Marino Freschi, che porta argomenti a sostegno di una lettura parallela di Evola e Jünger; idea che a mi trova pienamente concorde, e che anzi credo sia un ottimo mezzo per meglio comprende entrambi gli autori (penso a certe analogie tra Orientamenti e Il Trattato del Ribelle o tra Cavalcare la tigre ed Eumeswil). O quella a Primo Siena, per la ricchezza di aneddoti e informazioni, o ancora quella ad Hans Thomas Hakl, sempre rigoroso nelle sue preziose ricerche.

Concludo con un plauso sincero a Marco Iacona per la fatica che si è sobbarcato e per la notevole capacità dimostrata nel porre sempre le “domande giuste” alle “persone giuste”. Un lavoro non da poco, nel caso di Evola: richiede la padronanza di una quantità di temi pressoché sterminata.

* * *

La scheda del libro:
Marco Iacona, Il Maestro della Tradizione. Dialoghi su Julius Evola, Edizioni Controcorrente, Napoli 2008, 432 pagine.

Interviste a: Giano Accame, Stefano Arcella, Mario Bernardi Guardi, Claudio Bonvecchio, Pietrangelo Buttafuoco, Franco Cardini, Francesco Coniglione, Vitaldo Conte, Nuccio D’Anna, Alain de Benoist, Renato del Ponte, Piero Di Vona, Massimo Donà, Richard Drake, Piero Fenili, Francesco Saverio Festa, Marino Freschi, Francesco Germinario, Fausto Gianfranceschi, Joscelyn Godwin, Hans Thomas Hakl, Gian Franco Lami, Alberto Lombardo, Andrea Marcigliano, Manfredi Martelli, Aldo A. Mola, Adolfo Morganti, Claudio Mutti, Claudio Risé, Marco Rossi, Jeffrey T. Schnapp, Giovanni Sessa, Manlio Sgalambro, Primo Siena, Annalisa Terranova, Francesco Tomatis, Nicola Toraldo Serra, Marcello Veneziani, Francesco Zambon, Stefano Zecchi. Prefazione di Gianfranco de Turris.

Categorie
Libri Sud

Mercenari

Ippolito Edmondo Ferrario, Mercenari. Gli italiani in Congo 1960

Alcuni giorni fa ho ricevuto da Ippolito Edmondo Ferrario copia del suo ultimo libro: Mercenari. Gli Italiani in Congo 1960 (Ed. Mursia). Il tema piuttosto insolito mi ha incuriosito e la lettura si è rivelata tanto piacevole quanto rapida.

Il libro, che reca la presentazione di Luciano Lanna, prende avvio dal tragico episodio di Kindu. Tra l’11 e il 12 novembre 1961 tredici militari dell’Aeronautica militare italiana, facenti parte dei caschi blu dell’ONU, vennero trucidati dalle bande congolesi e fatti oggetto di orrendi episodi di cannibalismo. Il paese africano era stato da poco abbandonato dal Belgio ed era rapidamente precipitato nel caos e nella guerra civile.

L’eccidio venne minimizzato dall’imbelle classe politica nostrana, ma destò un profondo senso di sdegno e di rabbia in ampi settori della società italiana, e particolarmente nell’ambiente militare. Prese avvio così in modo spontaneo un arruolamento sotterraneo di volontari – specialmente parà – che attraverso Bruxelles partirono per il Congo animati da un desiderio di rinvincita, oltre che dalla ricerca di avventura che la società pantofolaia uscita dalla catastrofe della seconda guerra mondiale non era più in grado di dare.

Grazie alle testimonianze di alcuni ex mercenari, Ferrario ha ricostruito episodi e spirito di quei giovani coraggiosi che, come recitava una nota canzone, a “salotto, televisione, mutua e doppiomento” preferirono “la morte nel Basso Congo”.

Vengono passati in rassegna i principali protagonisti di questa discussa epopea (il colonnello Bob Denard, che fu in seguito protagonista di un celebre colpo di mano alle Isole Mauritius, l’ex agricoltore Jean Schramme, l’irlandese “Mad Mike” Hoare, ecc.) e certi miti di carta e di celluloide, come il celebre I quattro dell’oca selvaggia di McLaglen.

Purtroppo il libro non si addentra nei dettagli dell’organizzazione militare di questi novelli lanzichenecchi, né d’altra parte pretende di essere un trattato storico; ma rende molto bene le atmosfere di certe vite avventurose, che forse oggi non sono più possibili nei medesimi termini.

Categorie
Libri Storia

Le ultime ore dell’Europa in spagnolo

Per la seconda volta l’associazione Tierra y Pueblo ha tradotto in spagnolo (castellano) un libro di cui ho curato l’edizione italiana. Dopo Il mistero iperboreo di Julius Evola, infatti, è stato pubblicato il libro di Adriano Romualdi Le ultime ore dell’Europa (Las últimas horas de Europa).

Eccone la scheda di presentazione:

El próximo agosto, se cumplen treinta y cinco años de la partida de Adriano Romualdi. Tenía treinta y tres años, un importante bagaje político y cultural, años de lucha y militancia en las filas de la resistencia europea y un futuro prometedor en la enseñanza universitaria y en el mundo cultural y político italiano. Quizás, otros hubieran sido los pasos del ambiente político alternativo italiano y por ende europeo si Adriano continuara con vida, no lo podemos saber. Sin embargo, su corta vida no fue en absoluto estéril. Puede que como su mentor, Julius Evola, dijo al conocer su muerte, nuestro mundo perdiera aquella trágica noche de agosto a “uno de sus representantes más cualificados”, pero Adriano Romualdi nos legó, a pesar de tan temprana muerte, una parte importante de su pensamiento y es deber de los actuales militantes identitarios europeos difundir estos textos.

Ediciones IdentidaD se estrena con uno de los mejores escritos de Adriano Romualdi, publicado en Italia de manera póstuma en 1976 con el sugestivo título de Las últimas horas de Europa. Adriano Romualdi, sin estériles pretensiones, sin protagonismos superfluos, por pura lucha, fue un gran ejemplo de lo que deberíamos entender por militante, no fue un intelectual, fue sobre todo un hombre de acción, conjugaba perfectamente sus horas de estudio, sus investigaciones y sus creaciones escritas, -realizadas como un ejercicio de combate- con la lucha política y cultural, incluso con el combate en la calle cuando la ocasión lo requería. Todos los aspectos de su paso por la vida fueron esfuerzo, voluntad indomable, lucha y militancia. En todos estos aspectos, entendía su vida como una milicia en las que el pensamiento y la acción, frente a la comodidad y el conformismo, se unían en la búsqueda de la verdadera realidad interior, siendo siempre consciente de la extrema dureza que eso significaba para el que se sabía resistente frente a un mundo que en todas sus dimensiones le era extraño y enemigo. Por ello, no es de extrañar, que un tema como el de los últimos días de la última gran guerra mundial despertara en él el suficiente interés para escribir un texto que hoy, casi setenta años después de aquellos días, tiene tanta importancia y actualidad.

Independientemente de los hechos históricos, que no obstante, es preciso recordar desde una perspectiva diferente a la de la propaganda de los vencedores, sobradamente conocida, y que Romualdi, como buen historiador, relata y contrapone de forma magistral, quizás lo importante de este libro sea el mensaje que su autor da a conocer y del que son fundamentales dos ideas, por una parte el ejemplo de abnegación, resistencia y heroísmo de una generación de militantes que llevó sus valores e ideales en defensa de la identidad y la esencia de Europa a sus últimas consecuencias y que supone un ejemplo y unos valores hoy del todo necesarios para resistir a las últimas y más peligrosas fases del proceso de disolución que se inició para Europa en las jornadas en las que trascurre este relato. Por otra parte, la idea de Europa, presente en toda la obra y pensamiento de Romualdi, es quizás en este texto más protagonista que nunca, precisamente por desarrollarse en estas últimas y terribles horas una lucha furiosa y desesperada donde Europa se jugaba su propia existencia. En aquellas últimas horas, se muestra más real que nunca la conciencia de la verdadera identidad europea y la necesidad de la lucha sin cuartel contra los que con la fuerza de las armas destruían el sueño del renacer europeo, la herencia milenaria y los principios de una civilización que se negaba a desaparecer. Aquellos fueron los últimos momentos de Europa pero no de la idea de Europa, una idea que debe hacerse fuerte en la lucha no finalizada, una lucha que como Romualdi bien sabía empieza en los que se reconocen herederos de los valores y ejemplo de aquellos que murieron heroicamente por la única y verdadera Europa, valores que forman los cimientos para la recuperación de aquellos ideales casi olvidados, quedando patente con este último sacrificio, que de aquella derrota deben surgir las energías y voluntad para la recuperación de la identidad, futuro y destino europeos.

Adriano Romualdi se encarga, treinta y cinco años después de su partida, con este magnífico y del todo recomendable texto, de mantener viva la llama de esta antigua y eterna lucha”.

Il libro costa 20 euro, e può essere richiesto alla e-mail idpress7@gmail.com, o direttamente all’Associazione, per posta (apartado de correos 6107 – 46080 Valencia) o al numero di telefono 666 873 024.

Categorie
Libri

La Biblioteca dei simboli

Le Edizioni L’Età dell’Acquario hanno inaugurato con due volumi un’interessante nuova collana, intitolata Biblioteca dei simboli. I libri pubblicati e programmati costituscono monografie su singoli oggetti, animali, piante o colori che hanno un ruolo importante presso diverse tradizioni, in diverse epoche e all’interno delle varie religioni e mitologie.

Il primo libro è opera di Roger Parisot, ed è dedicato a uno dei simboli più universali in assoluto: l’albero. L’autore correttamente dedica la sua maggiore attenzione alle due tipologie di alberi più comuni e significative nei miti: l’Albero del Mondo e l’Albero della Vita. Lo studio, in cui si e rinoscosce un debito notevole nei confronti di Mircea Eliade e René Guénon, passa in rassegna le tradizioni bibliche e quelle nordiche, quelle orientali e i miti classici. Va segnalato anche l’interessante inserto fotografico, che riproduce diverse raffigurazioni simboliche dell’albero nell’arte sacra di varie popolazioni.

L’altro volume è di Bernard Marillier, di cui la stessa casa editrice ha già pubblicato in passato altri lavori, ed è dedicato al lupo, “compagno di santi e stregoni”. Anche in questo libro vengono prese in considerazioni tutte le principali tradizioni religiose del mondo, incluse le rimanenze di miti arcaici nel folklore e nella favolistica medievali. Tra le altre cose, l’autore cita in bibliografia il sito del Centro Studi La Runa.