In due libri della Datanews un’analisi controcorrente della politica estera Usa
Gli Stati Uniti sono la patria d’elezione per molte esagerazioni ed eccessi: e non è un caso che il termine “revisionista”, che nel nostro continente designa una categoria di storici additati all’odio di parte, fatti oggetto di sistematica repressione con mezzi leciti e spesso anche illeciti, indichi invece in quel paese una genìa di accademici assai meno scomodi e “destabilizzanti”. Questi revisionisti sostengono tesi piuttosto ovvie e scontate: ma ancora oggi parlare in modo obiettivo dell’ultimo conflitto mondiale provoca le reazioni più isteriche e smodate.
Per esempio Jacques R. Pauwels ne Il mito della guerra buona. Gli USA e la Seconda Guerra Mondiale pone in luce come, di là dagli altisonanti proclami propagandistici, l’intervento militare statunitense anche nel conflitto di oltre sessant’anni fa venne dettato essenzialmente da interessi economici (d’altronde quei calcoli lungimiranti si dimostrano ancora oggi paganti); come la distruzione della città tedesca di Dresda, ove morirono tra i 200.000 e i 250.000 civili, fu un gesto “dimostrativo” privo d’alcuna plausibile spiegazione strategica; come negli ultimi mesi di guerra gli Alleati presero in considerazione l’idea di un’alleanza con la Germania in funzione antisovietica; e via ancora lungamente dicendo. Una serie di fatti che ben conosce chiunque abbia studiato con attenzione la storia del conflitto; ma, va aggiunto a onor del vero, il libro di Pauwels accoglie anche una certa quantità di notizie meno conosciute, tali da giustificarne comunque la lettura.
Lo stesso editore ha inoltre pubblicato un altro libro sugli Stati Uniti, opera di Fabio Giovannini, un giornalista di Liberazione. Si tratta di L’imperialismo democratico. Uomini e teorie della dottrina Bush per il dominio del mondo: un’analisi del pensiero del think-tank neoconservatore, vale a dire quella “scuola di pensiero” che influenza in modo diretto le principali scelte della Casa Bianca (specie in materia di politica estera). Certo, fa sorridere l’ingenuità con cui Giovannini sostiene che “l’alternativa alla guerra è la pace”, il fatto che citi Toni Negri come fosse un teorico al quale vada prestato credito, e altre simili amenità. La sinistra nostrana, d’altra parte, pratica un bizzarro culto del pacifismo, volutamente ignorando qualunque ragionamento geopolitico e ogni realismo.
Ma in realtà, è difficile scorgere nel pensiero dei fautori della “guerra preventiva” un discrimine tra teoria politica e alibi; e il vortice di violenza pandemica scatenatosi nel mondo da quando le teorie dei neoconservatori sono divenute di moda è indice della loro pericolosità. Eppure, la destabilizzazione portata dagli Stati Uniti in molte aree del pianeta rischia di rivelarsi un pericoloso boomerang, con il sorgere di nuovi e alternativi centri di potere e influenza politica.
La speranza di chi scrive queste righe è che l’Europa riesca al più presto a sollevarsi dal pericoloso vassallaggio in cui, per impotenza, divisione o timore si trova da troppo tempo. E possa così scegliere per sé un futuro di autonomia, sovranità e identità, senza lasciarsi più coinvolgere in conflitti e “scontri di civiltà” straniere.
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J.R. Pauwels, Il mito della guerra buona. Gli USA e la Seconda Guerra Mondiale, Datanews, pp. 254, € 14,46.
F. Giovannini, L’imperialismo democratico. Uomini e teorie della dottrina Bush per il dominio del mondo, Datanews, pp. 208, € 9,30.
Tratto da La Padania del 13 aprile 2004.
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