Gli ultimi dei bianchi

Charles Davidson Bell (1813–1882), Jan van Riebeeck arrives in Table Bay in April 1652.
Charles Davidson Bell (1813–1882), Jan van Riebeeck arrives in Table Bay in April 1652.

Quando gli Olandesi si impadronirono del Capo di Buona Speranza compresero presto che i territori dell’Africa meridionale, riproducendo nell’altro emisfero le felici condizioni climatiche dell’Europa, si prestavano ad essere popolati da bianchi. Nel 1652 sbarcavano al Capo i primi 18 coloni, con l’incarico di costituire una stazione di rifornimento sulla via dell’india. Col passare degli anni il loro numero crebbe rapidamente. Alla maggioranza olandese si aggiunsero molti tedeschi e protestanti francesi esuli dopo la revoca dell’Editto di Nantes.

La cosa prosperava. Alcuni abitavano la città costruita presso il Capo, Kaapstad, altri si sparsero nell’interno fondando fattorie. La terra, nel mite clima temperato, dava grano, vino, frutta e i coloni, per parte loro, erano gente dura, solida, fattiva, risoluta a conquistarsi una patria e a difenderla contro le scorrerie degli indigeni. Essi presero il nome di “boeren” che in olandese significa appunto “contadini”. Ma i Boeri avevano fatto i conti senza l’Inghilterra, che andava estendendo i suoi domini in ogni parte del globo. Nel 1806, approfittando del fatto che l’Olanda era legata a Napoleone, gli Inglesi occuparono Kaapstad, nonostante l’eroica e disperata resistenza del governatore olandese Jansen.

La colonia del Capo, compresa tra l’oceano e il fiume Orange, contava allora 90.000 abitanti, di cui 10.000 bianchi e il rimanente negri. Questi ultimi erano o indigeni liberi nelle loro tribù, o schiavi di cui i Boeri si servivano nella loro opera di estensione delle culture. L’Inghilterra, per controbilanciare l’elemento olandese ostile, mandò suoi coloni nell’Africa australe. Essa cercò di reggere la situazione. Ma vari motivi di discordia contribuirono a farla precipitare. Primo tra tutti l’abolizione della schiavitù, imposta dall’Inghilterra ai coloni recalcitranti che si vedevano privati di un’indispensabile mano d’opera. Questa risoluzione prescindeva dalla sociale della colonia. Essa sconvolgeva le strutture e l’organizzazione dell’economia boera, che abbisognava della schiavitù per dissodare ampie estensioni di nuove terre, e aprirle alla civiltà. E i Boeri, che avevano conquistato la loro patria pezzo per pezzo, lottando contro i selvaggi, non potevano certo tollerare i missionari anglicani, sostenuti dal governo, che parteggiavano per i negri contro di loro nella speranza di cattivarseli. Per porre fine a questo assurdo stato di cose e sfuggire all’invisa oppressione britannica essi si risolsero ad un atto di grande coraggio. Nel 1836 i Boeri, con le mogli, i figli, gli schiavi e le bestie varcarono in massa il fiume Orange, abbandonando le loro fattorie per stabilirsi negli altopiani stepposi dell’interno. Essi si spostavano sui cape carts, grandi carri tirati da otto coppie di buoi, vivendo una leggendaria vicenda che sta tra la conquista del West e la migrazione germanica. Guidati da capi esperti e risoluti come Moritz, Uys, Retief, Pretorius, Potgieter, si aprirono il passo a fucilate tra le bellicose tribù negre.

Andries Pretorius (27 novembre 1798 – 23 luglio 1853)
Andries Pretorius (27 novembre 1798 – 23 luglio 1853)

Le Repubbliche Boere

Questa prima emigrazione prende il nome di Grande Trek. Parte dei Boeri si stanziò nel territorio chiuso dai fiumi Orange e Vaal, parte discese nel Natal. Nacquero così le repubbliche dell’Orange e del Natal. Ma nel 1842 il Natal veniva proclamato dominio inglese, mentre i più tenaci Boeri si rimettevano in marcia sotto la guida di Andrea Pretorius per raggiungere l’Orange. L’Inghilterra, timorosa di questo popolo, piccolo ma fiero, nel 1848 proclamava l’annessione dell’Orange. Pure moltissimi dei Boeri trovarono ancora l’energia e il coraggio di andare oltre verso nuove lotte. Andrea Pretorius li guidò di la dal fiume Vaal, dove fondarono la repubblica del Transvaal. Intanto gli Inglesi nel 1854 avevano dovuto abbandonare l’Orange data l’impossibilità di controllare la popolazione ostile.

Boeri durante il Grande Trek
Boeri durante il Grande Trek

Le due repubbliche ebbero allora più di vent’anni di tranquillità sviluppando il loro ordine caratteristico, agrario e pastorale. Ma la scoperta dei ricchissimi giacimenti d’oro e di diamanti attirò nuovamente la cupidigia dell’Inghilterra, che nel 1876 costrinse l’Orange a cedere il dipartimento occidentale del Griqualand. Essa compensò ipocritamente la repubblica con una somma che, trent’anni dopo, rappresentava la millesima parte della sola produzione diamantifera del territorio. Un anno più tardi gli Inglesi, bramosi d’oro e di diamanti, invadevano il Transvaal. Ma i Boeri non erano piegati. Il 13 dicembre 1880 si riuniva a Parde Kraal l’assemblea popolare, il Volksrad, che deliberava la lotta a oltranza allo straniero sotto la dittatura triumvirale di Kruger, Joubert e Pretorius il giovane. I Boeri prendevano le armi giurando di non deporle prima di aver cacciato gli Inglesi. Questi, sconfitti sanguinosamente a Majuba Hill, dovettero riconoscere l’indipendenza del Transvaal. Ancora una volta un pugno di uomini ostinati aveva avuto ragione del più potente impero del mondo. Ma nuovi problemi si venivano delineando. La febbre dell’oro avev fatto affluire nel territorio delle repubbliche boere turbe disordinate di cercatori, per lo più inglesi. Questa gente, immigrata provvisoriamente e senza tradizioni che la legassero a quelle terre, non poteva subito essere ammessa sul piede di parità con i Boeri, radicati a quel suolo che avevano conquistato a prezzo del sangue e conservato tra ogni disagio. Questo ben comprendeva Kruger, presidente del Transvaal, uomo duro e tenace, venuto da bambino in quelle regioni sul Cape cart della sua famiglia. Egli si rifiutava di concedere agli “uitlanders”, gli “stranieri”, i diritti politici dei Boeri, difendendo la natura aristocratica di quelle democrazie di piccoli proprietari.

Stephanus Johannes Paul Kruger (10 ottobre 1825 – 14 luglio 1904)
Stephanus Johannes Paul Kruger (10 ottobre 1825 – 14 luglio 1904)

Rhodes contro Kruger

Contro Kruger e la sua “politica reazionaria” si scagliava Cecil Rhodes, governatore del Capo e uomo di punta dell’imperialismo britannico. Rhodes sognava una ferrovia che unisse l’Egitto al Sud-Africa attraversando una fascia initerrotta di territori inglesi. Ma i Boeri non erano disposti a cedere. Non erano più soli di fronte agli Inglesi. Da quando i Tedeschi, nel 1884, avevano fondato la loro colonia dell’Africa del Sud-Ovest, molto sangue germanico scorreva nelle vene dei Boeri e, in fondo, l’afrikaans, il dialetto olandese da loro parlato, altro non era che una varietà del basso tedesco. Di fronte al pericolo di un collegamento tedesco-boero Rhodes si adoperava per isolare le repubbliche annettendo alla provincia del Capo la Beciuania e il territorio delle due Rhodesie. Nel 1895 egli tentava un colpo di mano. Una banda inglese capeggiata dal suo luogotenente Jameson penetrava nel Transvaal tentando di fare insorgere gli uitlanders. Bastavano poche precise carabine boere e l’ennesima manovra britannica naufragava nell’insuccesso. Jameson e compagni, generosamente risparmiati dai Boeri, venivano rispediti ai loro connazionali, mentre il Kaiser mandava a Kruger un celebre telegramma di congratulazioni. Ma l’Inghilterra, umiliata, non pensava che a vendicarsi di questo piccolo popolo di uomini eroici e ostinati che tante volte le avevano dato scacco matto. Nell’ottobre del 1899 si giungeva alla guerra tra l’Impero Britannico e le repubbliche del Transvaal e dell’Orange.

Gli Inglesi erano sicuri che tutto si sarebbe risolto in una passeggiata armata contro poche bande disperse. Ma per spezzare la resistenza dei Boeri furono necessari tre anni di guerra, spese colossali, trecentomila uomini contro soli trentamila, rovesci sanguinosi ed umilianti. Intanto l’opinione pubblica europea si accendeva di entusiasmo per la causa boera. Nella prima fase della guerra i Boeri presero persino l’offensiva invadendo il territorio inglese e sconfiggendo le truppe britanniche su tutti i fronti. Solo quando gli Inglesi poterono concentrare le truppe armate da tutto l’impero le repubbliche furono occupate. Ma qui incominciò la seconda fase della lotta. I Boeri, esperti cavalieri, tiratori infallibili, conoscitori del terreno, impegnarono l’esercito inglese in una snervante guerriglia protrattasi per ben due anni. Ogni fattoria era un fortilizio, ogni donna, ogni bambino, un nemico. Per piegare i Boeri gli Inglesi dovettero ricorrere a sistemi mai veduti di guerra totale. Le fattorie furono incendiate, la popolazione civile ammassata in grandi campi di concentramento dove i disagi e le malattie fecero strage. Solo con questa devastazione sistematica del popolo e del territorio se ne potè ottenere la resa. Il 14 giugno 1902 il generale Smuts annunciava la resa con queste tragiche parole: «Figli miei, le due repubbliche che si chiamavano Transvaal e Orange non esistono più… Sappiate che sui loro campi è scorso il sangue delle nostre donne e dei nostri ragazzi. Ventunmila donne e bambini sono già morti. Se la guerra dovesse continuare morirebbero tutti e la nostra razza scomparirebbe». A questo prezzo si comperò la pace.

L’Unione Sudafricana

Hendrik Frensch Verwoerd (8 settembre 1901 – 6 settembre 1966)
Hendrik Frensch Verwoerd (8 settembre 1901 – 6 settembre 1966)

Nel 1910 i territori delle due repubbliche, insieme con la Colonia del Capo e il Natal, venivano a far parte di un’Unione Sudafricana nell’ambito della quale godevano di molte garanzie, tra cui l’uso dell’afrikaans accanto all’inglese come lingua ufficiale. Questo tuttavia non impedì che una parte dei Boeri, allo scoppio della guerra mondiale, sperasse nella vittoria della Germania. Interpreti di questo diffuso stato d’animo si fecero due generali, Beyers e De Wet, che si ribellarono cercando di collegarsi con i Tedeschi che difendevano la vicina Africa del Sud-Ovest. Ma, scomparsa anche quest’ultima speranza di libertà, i Boeri si adattarono a vivere nell’ambito dell’Impero Inglese che, dopo averli sconfitti aveva adottato nei loro confronti una politica intelligente e generosa. La lotta tra Sudafricani di origine inglese e Sudafricani di origine boera si trasferì sul terreno politico. E i Boeri riuscirono a vincerla nelle file del partito nazionalista creatore della politica di apartheid. Oggi vivono nell’Unione Sudafricana quasi 15 milioni di uomini di cui 3 milioni bianchi e 12 milioni di colore. L’elemento boero, che rappresenta il 60% della popolazione bianca, controlla la situazione. Il leader boero Verwoerd è venuto alla ribalta in questi ultimi tempi per l’ostinazione con cui difende contro tutto il mondo dei piagnoni e dei calabrache la sua politica di separazione delle razze. Verwoerd non è uomo che si lasci impressionare. Nato ad Amsterdam da genitori presto emigrati nel Sud Africa ha rivissuto le origini della nazione boera. Durante la prima guerra mondiale, appena ragazzo, si fece cacciare da scuola per aver sostenuto il diritto del suo popolo di insorgere contro l’Inghilterra. Studente, rifiutò una borsa di studio inglese e andò a studiare in Germania. Nel corso dell’ultimo conflitto fu incriminato perché sospettato di nazismo. Verwoerd è un difensore a oltranza della tradizione boera e, insieme, un uomo duro e ostinato della razza tenace dei Kruger e dei Pretorius. Il sistema dell’apartheid non vuole sancire l’oppressione dei negri ma soltanto il loro sviluppo in aree separate. Il governo sudafricano spende cifre altissime per l’educazione e l’assistenza della popolazione negra che ha forse il più alto tenore di vita tra tutti i negri africani. Ma, d’altra parte, poiché le repubbliche sudafricane sono state create dai bianchi è giusto che lo Stato, che si identifica con la minoranza dirigente creatrice di storia, rimanga nelle mani di chi lo ha edificato a prezzo di gravi sacrifici. Il Sud-Africa non esisterebbe senza i bianchi e a loro spetta dirigerli. D’altra parte esso è grande abbastanza perché i negri possano organizzarsi liberamente nei loro territori in seno alla confederazione sudafricana. Naturalmente l’esercito, la direzione politica rimarranno cosa della razza-guida.

È un’organizzazione complessa che richiede anni di lavoro per la creazione delle aree negre indipendenti, i “bantustans”, ma è anche l’unica che renda possibile all’Unione di rimanere uno stato bianco pur avendo una maggioranza di negri.

Monumento ai Voortrekkers, Pretoria
Monumento ai Voortrekkers, Pretoria

Verwoerd è odiato dagli Inglesi ma i Boeri sono decisi a seguirlo fino all’ultimo. Lo dimostrò il plebiscito dell’anno scorso in cui la maggioranza dei sudafricani si dichiarò favorevole alla forma repubblicana troncando così l’ultimo legame nominale con la corona d’Inghilterra. E la rivincita boera sugli Inglesi è stata totale quando Verwoerd, pochi giorni fa, ha annunciato che il Sud Africa, non accettando intromissioni nella sua politica razziale, uscirà dal Commonwealth il 30 maggio prossimo, giorno della proclamazione della repubblica. Ancora una volta i Boeri, idealmente, hanno passato il fiume. Le decisioni estreme sono caratteristiche di questo popolo che tanto si è battuto per la sua libertà e che oggi si batte per una libertà non meno fondamentale: quella di rimanere se stesso. Perché un popolo ha, innanzitutto, il diritto di non snaturarsi, la facoltà di conservare la sua fisionomia etnica, genio creatore della sua storia e della sua cultura.

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Tratto da Le Corna del Diavolo, aprile (1961), pp. 8-9.

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