Quella di Giuseppe Conte è una delle voci più autorevoli della nostra poesia contemporanea. Ispirato da una visione sacrale e simbolica, legato alle tradizioni e ai miti, oltre che animato da una sincera tensione metafisica, Conte ha da poco pubblicato un interessante e ponderoso lavoro che raccoglie, in un unico volume, la produzione poetica di ogni tempo e luogo. Si tratta di un’antologia di grande respiro, che muove da Occidente a Oriente (e quindi con un moto allusivamente inverso rispetto a quello del sole) annoverando tanto i “Canti delle origini” quanto Bertran de Born, spaziando da Yeats a Edgar Lee Masters, e ancora dai Rig-Veda sino ad Adonis (autore di uno scritto introduttivo intitolato La differenza dell’affinità).
Un’opera straordinaria per spettro e profondità, capace di trasportare il lettore in luoghi spirituali remotissimi, che si basa sulle migliori traduzioni ed è corredata da un breve profilo di tutti gli autori citati.
Giuseppe Conte ha risposto con grande cortesia ad alcune nostre domande sul libro.
Come è nato il progetto della raccolta di La poesia del mondo?
«Il progetto è nato dal felice incontro di una volontà editoriale con la mia passione per la poesia in tutte le sue vesti e forme, che mi ha indotto a frequentare a lungo tradizioni anche molto lontane dalla nostra».
Un’opera di questo respiro quali obiettivi si prefigge?
«L’obiettivo è molto semplice: offrire al lettore italiano riunite in un solo volume le espressioni più alte della poesia mondiale, a partire dai canti dei popoli “primitivi” sino a tutte le tradizioni maggiori dell’Occidente e dell’Oriente, in traduzioni italiane che restituiscano la bellezza dei testi originali».
Il carattere “universale” della raccolta permette al lettore di apprezzare le specificità di tempi e luoghi diversi?
«Nelle diverse tradizioni poetiche c’è un fondo spirituale che tende piuttosto ad accomunare e a integrare che a dividere. Nello stesso tempo ogni tradizione ha delle sue qualità specifiche che la rendono unica e inconfondibile. Nell’antologia, chi legge può cogliere il sapore particolarissimo dei testi, da quelli degli Aztechi a quelli dei Greci, da quelli del Medioevo cristiano sino a quelli ispirati dal Sufismo, da quelli indiani a quelli cinesi e giapponesi, così diversi tra loro, così immersi nella propria religiosità e nella propria idea di stile».
Oltre a molti classici, sono inclusi anche testi e autori meno conosciuti. In linea generale, quali criteri hanno informato le sue scelte?
«In un’antologia, che è una grande operazione di selezione e scelta, c’è sempre un margine di gusto personale: però io ho cercato di far prevalere il canone e di non cedere all’arbitrarietà. I poeti maggiori di qualunque tradizione ci sono tutti. Dei più recenti, nati tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento, ho inserito quelli che mi sembravano avere una statura mondiale più sicura. Allen Ginsberg sì. Sanguineti no».
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Tratto da La Padania del 16 marzo 2004.
Giuseppe Conte (cur.), La poesia del mondo. Lirica d’Occidente e d’Oriente (IBS) (BOL)
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