Figure del realismo politico

Alessandro Campi ha raccolto tre studi su altrettanti grandi pensatori del XX secolo nel libro Schmitt, Freund, Miglio figure e temi del realismo politico europeo.

Oggi più che mai si sente la mancanza di figure rilevanti come quelle studiate nel volume in questione, in un frangente storico in cui la globalizzazione sta portando il mondo culturale a un’apocalisse del pensiero che traghetta l’umanità al naufragio nichilista.

Nell’introduzione al volume l’autore spiega che cosa si deve intendere con l’espressione “realismo politico”, che secondo Campi indica la volontà di indagare la scienza politica in maniera autonoma, senza condizionamenti di natura etico-religiosa o morale. Si tratta di un atteggiamento mentale che si può far risalire a Machiavelli e che si ritrova in tutti gli intellettuali che hanno cercato di illustrare le costanti del fenomeno politico nelle sue forme storiche di manifestazione.

Gli studiosi presi in esame nel volume rientrano certamente in questa categoria poiché, pur avendo preso posizione nella lotta politica, hanno in comune una forma mentis caratterizzata da notevole lucidità e da grande capacità di sintesi.

La figura di Carl Schmitt è senza dubbio la più importante e anche la più controversa, poiché il pensatore tedesco è stato sbrigativamente etichettato come ideologo del nazismo. Schmitt elaborò una teoria del diritto internazionale imperniata sulla critica a una concezione formalistica e tecnicista che dimenticava gli atti fondamentali e originari dell’uomo. Da quest’idea si sviluppano una critica all’imperialismo americano e l’elaborazione di un nomos ispirato a una pluralità di grandi spazi.

Al soffocante orizzonte tecnocratico della modernità il giurista tedesco opponeva aggregati umani basati sulla personalità dei popoli, cioè sulla cultura, sulla lingua, sulla razza, sulla religione

Schmitt stigmatizzava le teorie universalistiche dell’ONU e già prevedeva come la politica mondiale avrebbe finito per ridursi a una polizia mondiale: in particolare Schmitt poneva il problema di chi debba decidere quando la guerra è “giusta”, e gli avvenimenti degli ultimi anni non hanno fatto altro che dargli ragione. Schmitt infatti notava che di non bellicoso il pensiero liberale ha solo il linguaggio…

Di questa situazione, inoltre, l’Europa è la prima a fare le spese a causa del suo disarmo morale e culturale, mentre i recenti conflitti ingaggiati dagli Stati Uniti hanno smascherato la dimensione intrinsecamente guerrafondaia del pacifismo umanitario e del moralismo politico.

Il filosofo tedesco auspicava quindi un ordine mondiale più equo e pluralista, e questa è la preziosa lezione culturale che ci ha lasciato l’autore di Romanticismo politico.

Passando al sociologo francese Julien Freund, Campi sottolinea come quest’autore abbia avuto una formazione culturale molto ampia e composita: i suoi studi hanno preso in esame autori di opposte tendenze ideologiche, ma in generale Freund si colloca tra i più convincenti critici dell’utopia. Il pensatore francese si scagliava contro le follie sessantottine accusandole di aver creato una classe dirigente incapace di rigore amministrativo, di imparzialità e di competenza.

Nello sforzo di definire le categorie del politico, Freund sottolineava come fosse essenziale definire il concetto di “nemico”, avvicinandosi in questo modo a idee elaborate da Schmitt. Freund, inoltre, insisteva sul concetto eminentemente politico, e non solo giuridico, della sovranità: un tema su cui non si riflette mai abbastanza…

Nella terza parte dello studio Campi esamina la figura del compianto Prof. Gianfranco Miglio, salito agli onori delle cronache negli anni ’90 per la sua militanza nella Lega Nord. Miglio aveva un retroterra culturale d’intonazione filoaustriaca e antirisorgimentale, e questo faceva di lui l’intellettuale di riferimento dell’indipendentismo padano, anche se il grande studioso in realtà ebbe rapporti burrascosi con la dirigenza della Lega Nord. Uomo di rara erudizione e di straordinaria competenza, Miglio individuava l’insufficienza degli stati nazionali a rispondere alle esigenze dei cittadini nel contesto della globalizzazione, tanto più nel caso specifico dell’Italia: una nazione abborracciata alla meno peggio con un processo unitario svoltosi quasi per caso nell’indifferenza delle popolazioni coinvolte.

Il pensiero di Miglio era volto a liberare dalle maglie dello stato unitario soggetti politici nuovi e dinamici: la regione, la città-stato, le aggregazioni macroregionali…

Il pensatore padano è stato forse l’ultimo degli intellettuali impegnati in politica, e la scomparsa del suo linguaggio forte, provocatorio e intelligentissimo ha lasciato un grande vuoto in un panorama culturale che definire desolante è un eufemismo!

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Alessandro Campi, Schmitt, Freund, Miglio figure e temi del realismo politico europeo, Akropolis/La Roccia di Erec, Firenze 1996, pp.154.

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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