Non si vuol sostenere in alcun modo che Julius Evola sia il Messia e che ogni sua parola venga dalla bocca di Dio. Abbiamo da un pezzo superato l’età dei fanatismi incondizionati, contro i quali fu lo stesso Evola a mettere in guardia. Quel che però è certo è che nessuno, dal giorno della sconfitta del Tripartito, ha saputo trasmetterci un messaggio politico lucido e profondo come il suo, tanto che possiamo definirlo il nocciolo di tutti i nostri contenuti e la precisa discriminante che nettamente ci separa e ci contrappone alle varie “ideologie” di matrice Hegeliana che sono state proclamate negli ultimi due secoli.
Purtroppo, non tutti i camerati hanno compreso e assimilato quel messaggio, ed è questo il principale motivo del persistere di incomprensioni e contrasti tra noi e dell’inquinamento di ambienti e circoli pur chiaramente nostri con tendenze ed equivoci “percolati” da falde a noi completamente estranee. Scomparsa la carismatica figura del Duce, che con la sua personalità travolgente riusciva a convogliare verso un’unica direzione le tendenze e vocazioni più disparate, caduti in guerra o assassinati quasi tutti i suoi più fedeli collaboratori, iniziato in crescendo l’assordante concerto della “cultura” asservita ai nuovi padroni, noi siamo convinti davvero che, se tutti gli uomini rimasti liberi, in Italia, avessero sempre tenuto conto di quel breve ed essenziale messaggio evoliano, tutta la nostra azione politica avrebbe avuto ben maggiore efficacia e, man mano che il regime fondato sul tradimento e sulla sconfitta dimostrava la sua impotenza e corruzione, saremmo quanto meno riusciti a rappresentare per la parte più sveglia e onesta del nostro popolo il polo della speranza e della riscossa.
Quel messaggio si può esprimere in poche righe, e nessuno lo ha fatto meglio che Evola stesso nel suo prezioso Orientamenti, destinato proprio ai giovani. «Nulla ha capito chi si illude, oggi, circa la possibilità di una lotta puramente politica o sociale e circa il potere dell’una o dell’altra formula o sistema, cui non faccia da precisa controparte una nuova qualità umana. Se uno Stato possedesse un sistema politico o sociale che, in teoria, valesse come il più perfetto, ma la sostanza umana fosse tarata, ebbene, questo Stato scenderebbe prima o poi al livello delle società più basse: mentre un popolo, una razza capace di produrre uomini veri, uomini dal giusto sentire e dal sicuro istinto, raggiungerebbe un alto livello di civiltà e si terrebbe in piedi di fronte alle prove più calamitose, anche se il suo sistema politico fosse manchevole e imperfetto».
Ma, a questo punto, attenzione a non trarre dal giusto criterio conseguenze errate. Che tutto dipenda dalla qualità degli uomini e non dal sistema di organizzazione sociale (contrariamente all’illusione di tutti i socialismi) non significa affatto che le istituzioni politiche, l’ordinamento giuridico, i meccanismi di accesso al potere, la qualità della vita, la fisionomia economica siano indifferenti. Tutte quelle cose sono, infatti, molto rilevanti come fattori di elevazione qualitativa o di degenerazione umana. Significa soltanto che esse vanno concepite, studiate ed attuate soprattutto in funzione della qualità umana che esse sviluppano nel popolo, e cioè delle qualità morali, intellettuali e anche fisiche di cui possono propiziare l’emergenza e l’affinamento, e delle tare e debolezze che possono controllare e reprimere.
L’uomo moderno, grazie al cosiddetto progresso, utilizza a vantaggio proprio e della comunità cui è legato solo una parte minima delle proprie qualità potenziali, anzi, non di rado sono proprio quelle negative (p. es. l’egoismo e l’ipocrisia) ad assicurargli il successo. Funzione della scienza politica è, invece, quella di istaurare un sistema che porti i singoli a impiegare le proprie valenze positive, anche latenti, e a respingere come nemiche le proprie debolezze. Buono, per gli effetti qualitativi che consegue, è un sistema che assegni a ciascuno le sue responsabilità, che di ciascuno valorizzi le peculiarità e non la presunta eguaglianza, che sviluppi il senso comunitario, che nobiliti il comando come la disciplina, che abitui a conquistare ogni cosa con la fatica e la perseveranza e non reclamando diritti a tutto spiano, che ponga i giovani nella necessità di utilizzare al massimo le proprie capacità sia per sé che per il bene comune, che segua come suprema regola il rispetto assoluto per la biosfera, che protegga e rinsaldi i legami familiari, che – in altri termini – si preoccupi non di elargire comodità e “sicurezza”, ma di produrre uomini e donne equilibrati e sereni. Cattivo è il sistema che stimoli l’edonismo, la pigrizia e l’irresponsabilità, che parli sempre di diritti e mai di doveri, che premi la demagogia col potere e la piaggieria con privilegi, che privilegi la furberia anziché l’ingegno, il conformismo anziché il merito, che concepisca il potere politico non come un onere, ma come un vantaggio. Ma – direte – è la fotografia dell’attuale repubblica! Appunto.
Bene dice Evola: nessuna “formula” in sé può apportare benefici validi. Ma può ben farlo indirettamente, in quanto propizi quella elevazione qualitativa del popolo che è l’unica, in ultima analisi, a contare. Proviamo allora a occuparci di politica in una simile ottica, che è soltanto e squisitamente nostra, e ci accorgeremo subito che tutto il gran ciarlare che si fa su TV e giornali non è che uno sbrindellato straccetto per coprire porcherie. Lasciamolo ai festeggiatori del 25 aprile!
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Tratto da Linea del 26 gennaio 2006.
Rocco Antonio Sergi
Caro Sermonti. Ci si può impegnare in lotta socio-politica e culturale – che deve essere estrema – partendo da filosofie con diversi principi metafisici, senza un 'unico Dio, ma con tanti concetti di "entità" evocate teurgicamente o magicamente? Può un grandissimo scrittore e filosofo esoterista, come Evola – apportata nelle nostre fila la depressione nicciana – dirci di "cavalcare la Tigre" cioè il Mondo Moderno contro cui dovremmo rivoltarci? Ho ritenuto l'insegnamento assolutamente impossibile, perchè caotico e distruttore, per quanto estetizzante e romantico. L'errore che che ci paralizzò, completando l'operazione castrante del MSI , fu la metafica affascinante, esaltante ed assolutamente alienante del maestro Evola. Senza l'idea concreta di un vero Dio, un vero capo ed una vera strategia politica applicabile, si può andare solo a caccia di farfalle.
Giovanni
Caro Rocco, io credo che Evola fosse una persona "assolutista", com'è lecito che sia un pensatore che si propone di cercare la verità senza giungere a compromessi con se stesso, ma non era affatto un "romantico". Durante il periodo fascista egli apprezzò molto l'opera del partito, elogiandola in molti suoi articoli, e proponendo, al tempo stesso, dei suggerimenti e degli indirizzamenti assolutamente coerenti con le sue idee, ma sempre di natura decisamente pratica e precisa, senza alcun romanticismo ed utopismo, essendo, in sostanza, delle applicazioni di un principio. Riguardo al concetto di "cavalcare la tigre", egli stesso ne sottolinea i pericoli, ma converrai che l'onda della modernità ci coinvolge, in misura diversa, un pò tutti e io credo che sia importante sapere che l'essere umano è un'essere formato da più componenti, per cui, se può essere lecito concedere strategicamente qualcosa al nemico che si vuole sconfiggere, bisogna sapere cosa cedere ed evitare, nell'ignoranza, di esporre ciò che più è importante per il conseguimento della vittoria. Questo secondo me è l'insegnamento di Evola a tal proposito ed io lo trovo estremamente pratico e nient'affatto romantico ed estetizzante.
Concludo dicendo che, se per conseguire un risultato pratico si deve perdere di vista l'obiettivo di principio per cui tale risultato si raggiunge, lo stesso risultato raggiunto diventa assolutamente inutile. Se, per "arrivare al potere", si deve cedere il passo all'idea del dio "sempliciotto" buono e gentile, che si scandalizza di fronte ai peccati (il Dio borghese insomma), o ancor peggio, a forme di assolutismo prive di qualsiasi base spirituale, io non trovo nessun motivo per lottare, poichè si tratterebbe solo di fare qualche passo indietro nel cammino verso la dissoluzione che sta percorrendo l'umanità. I principi, nella loro completezza e vastità, secondo me devono sempre essere tenuti presenti da chi si propone di formare una nuova società, anche se può sembrare poco pratico, e, in tale società, ciò che si vede deve sempre essere una conseguenza di ciò che non si vede… Altrimenti si ha il comunismo.
Rocco Antonio Sergi
Sì Giovanni, assolutista è chi avoca a sè ogni potere ed Evola lo era e per questo creò quel Golem del "Individuo Assoluto". A ciò lo portò quel modo fantasioso e artistico che io chiamo romantico; quasi magico di percepire e comunicare concetti. Ma come "cavalcare la Tigre" concedendo strategicamente qualcosa al nemico ? Perchè l'essere umano è formato da tanti componenti (è debole)?
Ma qui il Golem va in pezzi !.. Il Principio non si afferma nè mai si difende con l'Inganno! Non capisco neanche l'accenno al "dio sempliciotto, bravo, ecc" pavida eco di vecchia macchietta e luogo comune da salotto radical-borghese. Continuerei ma non ho più spazio…continuiamoper e-mail se ti pare.Saluti
Rocco Sergi
Caro Giovanni, concludo per dirvi che sono fascista, nell'unico senso che può avere il termine. Siccome il fascismo fu solo Mussolini, la sua idea,le sue leggi, e la sua storia, tutto il resto, fra cui le famose "tante anime", mi irritano perchè quand'anche simpatizzarssero, non sono e non possono rappresentare il fascismo; avendo un'idea a se stante alquanto lontane di quello che fu il fascismo. Anzi queste "anime" (o Superiori Occulti?) sono state sempre critiche di Mussolini (cioè del Fascismo!) e ad oggi abbiamo molti paganini che addirittura maledicono Mussolini per le stragi non fatte!…e per il Concordato con la Chiesa!…. Lo stesso Maestro (o Gran Maestro?) Giulio Evola dove ci indica il fascismo "pratico" , nelle riunioni tantriche di magia sessuale, o nell'androgino spesso visto nel moderno e "tanto nordico" Gay ???…