Penne crociate ed errori in codice

Dan Brown, Il Codice Da Vinci “Uno sconosciuto autore stravolge la storia e annuncia al mondo una nuova verità religiosa. Potenti circoli finanziari e politici lo appoggiano: il nuovo dogma si afferma nel mondo e viene creduto da milioni di persone”. Così ad alcuni piacerebbe descrivere, con una buona dose di complottismo mediatico, la vicenda del Codice Dan Brown. Per la serie: chi di complotto ferisce, di complotto perisce. Di sicuro, il Codice da Vinci è espressione della ostilità anti-papista che è tipica dei paesi anglo-sassoni. Il centone fantareligioso di Dan Brown non a caso attacca frontalmente l’Opus Dei: la milizia religiosa, fondata in Spagna da Josè Maria Escrivà de Balaguer, negli ultimi anni ha preso il posto dell’ordine dei gesuiti nell’immaginario anticlericale degli scrittori protestanti. Ma a parlare di vero e proprio complotto, di qualcosa che va al di là delle avversioni pluri-secolari, è stato lo storico Franco Cardini.

Simpatizzante dell’islam, radicalmente contrario alle guerre di Bush così come alle tesi sull’inevitabile scontro tra le civiltà, il professor Cardini ritiene che il “Codice” sia stato da un lato la risposta al grande successo mediatico del cattolicesimo tradizionale: il film sulla Passione di Mel Gibson, e dall’altro un siluro lanciato contro il Vaticano proprio nell’anno in cui la lo scontro tra Giovanni Paolo II e la Casa Bianca si faceva frontale, per la questione dell’Irak. Proporre una nuova versione della vicenda evangelica avrebbe rappresentato per la Chiesa Cattolica un tracollo di immagine superiore a quello determinato dallo scandalo dei preti-pedofili, che proprio in quel frangente storico (“guarda caso” osservano gli apologeti di Roma) si faceva dirompente.

Dan Brown mescola amabilmente leit motiv della polemica anti-clericale, temi della new age e ammiccamenti al femminismo. La Chiesa cattolica viene accusata di aver cancellato con Costantino la memoria della divinità femminile primordiale e di aver imposto una teologia patriarcale: piccolo errore cronologico… furono gli Indoeuropei duemila anni prima del cristianesimo ad affermare il culto di divinità celesti e maschili! Bart D. Erhman, La verità sul codice da Vinci. Un grande storico svela tutti i segreti del libro che ha affascinato il mondo Non è l’unico errore di valutazione storica che Dan Brown ha commesso. Le penne più appuntite di Santa Romana Chiesa negli ultimi mesi si sono sbizzarrite a pescare gli strafalcioni “sapienziali” nel best-seller di fanta-teologia. Vittorio Messori, Massimo Introvigne, Rino Camilleri, il vaticanista Andrea Tornielli hanno avuto vita facile nel dilatare sotto la lente di ingrandimento dell’indagine gli errori storici, teologici, antropologici nelle affermazioni del Codice da Vinci.

“Gesù, in quanto ebreo, doveva essere necessariamente sposato”; per niente: gli Esseni, che erano coevi di Gesù, praticavano esplicitamente il celibato. “Costantino ha imposto la credenza, prima sconosciuta, nella divinità di Cristo”; ridicolo: l’imperatore Costantino alla fine della sua vita si fece battezzare da sacerdoti di confessione ariana, cioè proprio da quelli che “non” credevano nella divinità di Cristo, vedendo in Gesù l’uomo perfetto, mediatore tra Dio e gli uomini.

Tornielli, in particolare, nel suo volume Processo al Codice da Vinci (della Mondadori, ma distribuito insieme al Giornale) si sofferma sulle presunte rivelazioni riguardanti il “Priorato di Sion”, fantomatica loggia iniziatica che per secoli avrebbe custodito il segreto della liason tra Gesù e la Maddalena. In realtà il Priorato fu invenzione di un esoterista francese collaboratore del regime di Vichy, Pierre Athanase Plantard. Simpatizzante del Nazismo, Plantard aveva fondato un’organizzazione esoterica allo scopo di combattere la sovversione demo-pluto-giudaica. I Tedeschi che occupavano la Francia ebbero tanta stima del loro collaborazionista da rinchiuderlo in galera a meditare, consentendo così che questi dopo la guerra si riciclasse come fiero partigiano antinazista. Il mito fondante del presunto Priorato era che la dinastia dei Merovingi (i famosi “re taumaturgi” che, avvolti da un’aura di sacralità, guarivano con l’imposizione delle mani) discendesse carnalmente da Cristo. San Graal uguale Sang Real: il sangue divino del Re dei Re. Siamo di fronte – è ovvio – a un clamoroso falso storico, smascherabile da qualunque studente francese di scuole medie. I merovingi erano una dinastia germanica, la sacralità che li avvolgeva era quella tipica della mistica medievale della regalità.

Dan Brown ricicla insomma un tema dello sciovinismo francese in salsa esoterica. E non solo, osserva Alberto Lombardo, autore di saggi su Tolkien e studioso di simbolismo dei popoli nord-europei: “Il Codice da Vinci materializza il simbolo del Graal e ne oscura completamente le radici nordiche, celtiche, precristiane. Ci troviamo di fronte ad una trama avvincente, ma che banalizza il Mistero del Graal riducendolo a gossip sulle relazioni di Gesù con la Maddalena”.

Julius Evola, Il mistero del Graal È proprio l’aria di scandalo erotico-religioso a rendere più scottanti le polemiche sulle rivelazioni romanzesche. Convinti laicisti come il matematico Piergiorgio Odifreddi hanno colto la palla al balzo per denunciare la millenaria sessuofobia della Chiesa (che avrebbe negato al suo fondatore il diritto storico di avere una “onesta” mogliettina) e la neo-senatrice Margherita Hack, nota teologa ed esperta di vicende sentimentali dell’età di Tiberio, ha dichiarato che, sì, la Maddalena era moglie legittima di Cristo! D’altra parte gli scettici di professione del CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale) hanno contestato il Codice da Vinci non dal punto di vista del cattolicesimo romano, bensì del positivismo di stampo ottocentesco. Nel Codice da Vinci ci sono riti iniziatici, magie sessuali, simboli alchemici e neppure un dinosauro o un uomo-scimmia! Anche gli amici di Piero Angela mostrano perciò il pollice verso a Dan Brown.

La Chiesa infine, nella polemica contro gli strafalcioni del Codice ha trovato un brillante compagno di strada nel professor Vittorio Sgarbi, che ha contestato la interpretazione dell’Ultima Cena di Leonardo. “L’ultima cena era un incontro per soli uomini – ci dice Sgarbi – . Leonardo, così come gli altri autori che hanno rappresentato la scena, si è attenuto fedelmente al dettato evangelico e la figura che appare al fianco del Cristo è chiaramente Giovanni evangelista. Anzi, a differenza di altri pittori, Leonardo distacca maggiormente l’apostolo da Gesù e lo raffigura con una espressione più virile. In altri affreschi, San Giovanni appare reclinato sul petto del salvatore, in un atteggiamento di tenerezza efebica. Molti speculano su questo rapporto fin troppo affettuoso, quasi erotico, del più giovane tra gli apostoli con il Signore, ma di sicuro l’arte non ci tramanda una celata immagine femminile nell’ultima cena, come vorrebbe Dan Brown”.

No, non è la Maddalena. E davvero insulso appare alla fine un romanzo che vorrebbe ridurre una delle immagini più potenti dei vangeli: il Cristo che perdona la peccatrice, al quadretto borghese di un menage familiare.

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