Eliade e l’Olocausto

Julien Ries - Natale Spineto (cur.), Esploratori del pensiero umano. Georges Dumézil e Mircea Eliade A un volume di autori vari recentemente edito da Jaca Book (Esploratori del pensiero umano. Georges Dumézil e Mircea Eliade, a cura di Julien Ries e Natale Spineto) il prof. Roberto Scagno ha contribuito con Alcuni punti fermi sull’impegno politico di Mircea Eliade nella Romania interbellica: un commento critico al dossier “Toladot” del 1972 (pp. 259-289). Dell’impegno filolegionario di Eliade (“l’attività fascista di Eliade”, per riprendere un raffinato sintagma di Cesare Medail, che sul “Corriere della Serva” del 6 febbraio 2001 dà notizia di un convegno dedicato al volume suddetto) abbiamo avuto modo di occuparci, da parte nostra, in alcuni scritti di cui il prof. Scagno riferisce i contenuti essenziali. Ma andiamo per ordine.

Ripercorrendo sinteticamente il “sotterraneo e tortuoso percorso” dell’opera di “disinformazione” cui diede il via il famigerato dossier del bollettino israeliano Toladot, Roberto Scagno evidenzia due “momenti italiani” di tale percorso: il primo è rappresentato da un saggio pubblicato nel 1989 su Marxismo oggi da Alfonso M. Di Nola (che aveva cominciato la sua campagna contro Eliade nel 1977 sulla Rassegna mensile di Israel), mentre il secondo momento corrisponde a uno scritto di Cristiano Grottanelli, Alfonso M. Di Nola e Mircea Eliade, compreso nel volume collettaneo Antropologia e storia delle religioni. Saggi in onore di Alfonso M. Di Nola, a cura di A. De Spirito e I. Bellotta, Newton & Compton, Roma 2000. Dallo scritto di Grottanelli, il prof. Scagno riporta a p. 279 il brano seguente.

Natale Spineto, Mircea Eliade. Storico delle religioni. Con la corrispondenza inedita di Mircea Eliade-Károly Kerényi Ho ancora in mente una sua (di Di Nola, ndr) rapidissima visita al mio appartamento di via del Viminale che ebbe luogo nel 1989. Se ricordo bene, era accompagnato da Ireneo Bellotta, e veniva a farsi imprestare il libretto del filoguardista Claudio Mutti, Mircea Eliade e la guardia di ferro, appena pubblicato dalle neofascistiche Edizioni del Veltro, che io avevo comprato e che detenevo come una sorta di trofeo. Nel frattempo Mutti, dopo aver dialogato su Codreanu con un altro e più famoso filoguardista, sulle pagine del “Sabato”, ha pubblicato un libretto un po’ più voluminoso, Le penne dell’Arcangelo, Milano, Società Editrice Barbarossa, 1994, che dice davvero l’ultima parola, o quasi, sulla militanza guardista di Eliade.

Interrompiamo per un attimo il brano di Grottanelli riportato da Scagno, per soddisfare la legittima curiosità del lettore circa l’identità dell'”altro e più famoso filoguardista”. Si tratta di Franco Cardini, il nome del quale viene d’altronde citato expressis verbis nel testo di Grottanelli, mentre è scomparso, per una comprensibile distrazione, nella citazione fattane da Scagno. In ogni caso dobbiamo precisare di non aver mai “dialogato su Codreanu” sulle pagine del “Sabato”, né con Cardini né con altri. Dopo di che, trascriviamo la seconda parte del brano di Grottanelli.

Gianfranco Bertagni, Lo studio comparato delle religioni. Mircea Eliade e la scuola italiana L’atteggiamento di Mutti è curioso. A p. 36 di questo suo libretto più recente egli scrive che Di Nola “ricapitolando in un lungo articolo (Mircea Eliade tra scienza delle religioni e ideologia ‘guardista’, in Marxismo oggi, 5-6, 1989, pp. 66-71) i termini della questione che si era sviluppata intorno al caso Eliade, e rivendicando a sé il merito di averla suscitata in Italia, partoriva nuovi strafalcioni, esagerazioni, contraffazioni della realtà”. Eppure, proprio i due piccoli lavori di Mutti confermano nella sostanza, e anzi rafforzano, quanto Alfonso Di Nola aveva reso noto fin dal 1977. Come si spiega questa contraddizione? Semplicemente con il fatto che Di Nola scriveva da un punto di vista antifascista, mentre Mutti presenta gli stessi fatti, e molti altri dello stesso genere, da una prospettiva opposta. Per quanto il nostro atteggiamento possa sembrare “curioso” a Grottanelli, possiamo solo riconfermare quanto abbiamo detto. Gli strafalcioni contenuti nell’articolo di Marxismo oggi sono, ad esempio, quelli che a p. 66 riguardano il nome di battesimo di Codreanu (Corneliu, non “Cornel”) e la data del suo assassinio (la notte tra il 29 e il 30 novembre, non “il 30 ottobre” del 1938). Le esagerazioni consistono, ad esempio, nel qualificare Eliade come “un alto funzionario” del regime di Antonescu (p. 68). Le contraffazioni della realtà si hanno allorché Di Nola sostiene (p. 66) che, in un articolo uscito su Buna Vestire del 17 dicembre 1937, Eliade avrebbe riconfermato “la sua fede (…) nel nazismo”, e non solo nel legionarismo, mentre Eliade aveva scritto ben altro: si veda la traduzione del testo eliadiano a p. 36 del nostro Le penne dell’Arcangelo.

Pietro Angelini, L'uomo sul tetto. Mircea Eliade e la «storia delle religioni» Dopo avere riportato il brano di Grottanelli, Roberto Scagno riconosce benevolmente che le ricerche da noi effettuate rappresentano “certamente un salto di qualità scientifica” rispetto a quanto scritto da Di Nola sulla traccia di Toladot. Tuttavia, aggiunge Scagno, “Mutti sostiene la tesi di una ‘militanza’ diretta di Eliade nella Guardia di Ferro appoggiandosi unicamente a testimonianze postbelliche di ex legionari”. Anzi, nella nota 30 a p. 280 Scagno indica le fonti da noi utilizzate, ma è chiaro che non le ritiene decisive, poiché adopera l’aggettivo “presunta” sia in relazione alla “elezione di Eliade a deputato nelle votazioni del dicembre 1937”, sia in relazione alla “appartenenza di Eliade a un cuib legionario”. Ora, per quanto riguarda la candidatura di Eliade nella lista del partito legionario Totul pentru Tara alle elezioni del 1937, vogliamo cogliere l’occasione per segnalare una testimonianza aggiuntiva. Stavolta non si tratta della testimonianza postbellica di un ex legionario, bensì di una annotazione contenuta nel Diario di Mihail Sebastian. In data lunedì 15 novembre 1937 l’intellettuale ebreo scrive infatti: “Mircea si è iscritto nelle liste elettorali. Anche questo è un segno” (M. Sebastian, Jurnal 1935-1944, Humanitas, Bucarest 1996, p. 130).

Questa annotazione è evidentemente sfuggita al prof. Scagno, ma non ad Alexandra Laignel-Lavastine, la quale, recensendo l’edizione romena del Jurnal di Sebastian su Le Monde del 12 settembre 1997, ha scritto: “Sono preziose le osservazioni di Sebastian in data 7 dicembre 1937: anch’esse apportano la conferma che Eliade partecipò davvero alla campagna elettorale della Guardia di Ferro, percorrendo il paese di villaggio in villaggio con le sue squadre di propaganda. Un attivismo che egli ha sempre negato”.

“Discutibile” è inoltre, secondo il prof. Scagno, “l’interpretazione ‘mitico-esoterica’ degli scritti scientifici di Eliade”, con la quale in Mircea Eliade e la Guardia di Ferro e nelle Penne dell’Arcangelo sarebbe stata argomentata da parte nostra “la tesi di un Eliade ‘dottrinario del guardismo'”.

L'uomo e i simboli In realtà, il nostro tentativo esegetico non ha riguardato tanto gli scritti scientifici di Eliade, quanto alcuni aspetti della sua produzione letteraria: più che altro ci siamo occupati del romanzo Diciannove rose (in Mircea Eliade e la Guardia di Ferro) e della tragedia Ifigenia (in Ifigenia legionaria, Origini, marzo 1997, numero monografico su Mircea Eliade).

Comunque, che nella prosa letteraria di Eliade siano presenti allusioni criptiche all’esperienza legionaria dell’autore, al fenomeno legionario e a Corneliu Codreanu non è soltanto una nostra impressione. Per citare un paio di pareri più autorevoli del nostro, ricorderemo che nel suo Diario della felicità Nicolae Steinhardt scrive testualmente che la novella Adio (Addio) “è un’elegia legionaria” (Jurnalul fericirii, Dacia, Cluj 1994, p. 368), mentre Ion Culianu (Mircea Eliade, Nemira, Bucarest, pp. 234-235) afferma che nella novella Un om mare (Un uomo grande), pubblicata da Eliade prima su Luceafarul nel 1948 e poi su Cronica nel 1967, dietro il personaggio di Eugen Cucoanes si cela Corneliu Codreanu. Sulla medesima novella si è quindi soffermata l’attenzione di Florea Tiberian (Portretul Capitanului sau raspunsul lui Eliade, Puncte Cardinale, luglio-agosto 1995, p. 9), che ha sottoposto ad un analogo tipo di analisi interpretativa anche Fata Capitanului (La figlia del Capitano). Infine, in un’intervista uscita su Lumea Magazin, 2, 1996, Serban Milcoveanu dice che l’edizione del 1939 di Intoarcerea din rai (Ritorno dal paradiso) conteneva una terza parte intitolata Sinteza (Sintesi), nella quale Eliade esprimeva in forma letteraria l’essenza del progetto legionario.

Mircea Eliade, La biblioteca del maharaja e Soliloqui Perciò, dire che i nostri scritti su Eliade incontrano, “anche se con prospettiva specularmente opposta, le teorizzazioni di Furio Jesi” (R. Scagno, op. cit., p. 280) ci riporta alla mente la teoria degli estremismi opposti e convergenti. Se si vuole trovare uno sviluppo delle “teorizzazioni di Furio Jesi”, lo si vada a cercare altrove: per esempio, nei deliri di Wasserstrom, oppure nell’articolo di Gianluca Nesi su Mircea Eliade e la mitologia nazista del sacrificio ebraico, Rivista di filosofia, vol. LXXXIX, n. 2, agosto 1998, pp. 271-304, che si conclude con la rivelazione sconvolgente del tremendo segreto di Eliade. Scrive infatti Nesi, riecheggiando Jesi, e non solo nel cognome, che “Negli scritti di Eliade degli anni Trenta e Quaranta – ed anche nell’opera successiva, ma in modo meno evidente – è possibile cogliere la distruzione del mondo moderno e la fondazione del nuovo Reich per mezzo del sacrificio degli Ebrei”.

Quel “messaggio segreto” di cui Furio Jesi rintracciava la presenza nel cuore dell’opera eliadiana riguarda dunque, secondo questo degnissimo epigono, nientemeno che il cosiddetto Olocausto.

Insomma, ha fatto scuola quel giornalista che su Repubblica del 4 maggio 1979 accusava Eliade di avere “consegnato alle SS gli ebrei romeni”!

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