Dialoghi infami

Gian Ruggero Manzoni è noto per essere poeta e artista di valore. Ha collaborato, a partire dal 1983, alla rivista «Cervo volante» diretta da Edoardo Sanguineti e Achille Bonito Oliva: nel 1984 e nel 1986 ha partecipato alla Biennale di Venezia e ha diretto riviste culturali di primo piano. I suoi libri hanno trovato accoglienza nel catalogo di importanti editori. Manzoni, a seguito di problemi politico-giudiziari, si è arruolato nelle Forze Armate operando, sotto copertura, per i nostri Servizi d’Informazione Militari dal 1978 al 2002. Questa parte della sua vita è stata raccontata nel libro di Pier Paolo Giannubilo, Il risolutore, finalista al Premio Strega nel 2019. In tale veste, Manzoni ha conosciuto un numero considerevole di “mercenari”, nel linguaggio contemporaneo, condizionato dal dominio del capitalismo computazionale, definiti contractor.

Al termine della lettura del volume Dialoghi infami, nelle librerie per le edizioni Medusa  (pp. 231, euro 15,00) che, in agili e accattivanti medaglioni, raccoglie la descrizione degli incontri dell’autore con “mercenari” dalle svariate provenienze nazionali, e se si vuole, “ideali”, i “soldati di ventura” moderni risultano, al fondo, essere uomini che mal sopportano la condizione di vita borghese, oggi imposta ai più. Sono animati dalla ricerca dell’avventura costi quel che costi e dal cinico spregio per la  propria vita e, naturalmente, per l’altrui, anche per quella di bambini, donne e anziani inermi. In alcuni di loro pare, quindi, prevalere il sentimento esistenziale della “cerca” disinteressata, che emerge nel testo della canzone, Il mercenario di Lucera, che ci è capitato di cantare (probabilmente lo ha fatto anche Manzoni, visto che siamo coetanei e sotto il profilo ideale comites) nella nostra lontana adolescenza. In altri, il “contratto,” l’interesse meramente pecuniario, tipico della società contemporanea, è, invece, prevalente. Questi ultimi sono pallidi testimoni dell’antropologia dell’uomo “dimidiato e residuo”.

Si tratta, pertanto, di un volume che, per essere appieno compreso, deve essere avvicinato dal lettore senza paraocchi “moralistici”, in quanto i protagonisti di Dialoghi infami sono, comunque li si giudichi, personaggi che hanno fatto della fedeltà a se stessi, modello comportamentale imprescindibile anche quando il loro agire manifesti un cinico e irrefrenabile nichilismo. In un mondo paradigmaticamente votato all’in-fedeltà, non è poca cosa. Il problema, taluno chioserà, è che tale fedeltà assomigli a quella delle “puttane”, fedeli a “troppi” per ragioni, in qualche modo, ontologiche.

Presentiamo, ora, alcuni dei mercenari di Dialoghi infami, al fine di trovar conferma a quanto detto, soffermandoci, in particolare, sui contractor italiani. Bruno Freddi Vagnoni, originario  di Tresigallo di Ferrara, ha avuto infanzia e adolescenza travagliate da malattie le più disparate. Presto divenne delinquente patentato: «Da anni l’Interpol lo stava braccando per un doppio omicidio in Francia […] dal quel fatto di sangue (gli venne) il soprannome di Ricercato» (p. 67). Quest’uomo spietato mostra, nell’intervista, di essere animato da una sensibilità non comune per la natura: «La (sua) passione […] era quella di tenere con sé grilli campestri e addormentarsi al loro canto. Nel suo bagaglio […] non mancava, mai, una gabbietta per custodirli» (p. 68). I grilli sono animaletti non solo utili, ma sobri, a differenza degli uomini contemporanei. La svolta della vita, il suo divenire spietato “mercenario”, Freddi Vagnoni la conobbe nel momento i cui un parente gli permise di entrare a Ferrara all’Istituto di Medicina, in cui si tenevano le autopsie. Sul tavolo anatomico era una ragazza bellissima che suscitò nel giovane profonda tenerezza, un sentimento d’amore che lo indusse, rimasto solo nella sala, a infilare al suo dito ormai inerme, un anello di famiglia ricevuto dalla nonna: «In me una voce ripeteva: hai sposato la morte […] Da quel giorno […] mi sparirono tutte le malattie» (p. 73). In lui era sorta la consapevolezza tragica che la dimensione polemologica è consustanziale alla vita, che Eros e Thanatos si dicono in uno: «La morte la neutralizzi solo se la sposi…solo se te la fai moglie» (p. 73), commenta Manzoni.

Il sentimento della morte risulta centrale per comprendere le azioni del contractor Francesco Pullano da Crotone, detto Il Serio. Il nomignolo gli deriva dal suo rispettare, in ogni circostanza, i patti stipulati con una sola stretta di mano. Pullano si è mostrato durissimo con coloro che sono venuti meno agli accordi presi. Egli sostiene di comprendere se una persona gli sta davvero a cuore, esclusivamente pensandola con le fattezze di un cadavere: «Qualora tale vista mi tocchi e senta commozione, significa che a quella persona voglio bene» (p. 86). Ciò lo ha indotto a uccidere senza pietà. Nonostante questo, ricorda, nell’intervista, di aver effettuato due donazioni da 50.000 euro a favore della lega del “Filo d’oro”. Per lavarsi, forse, la coscienza, val la pena di chiedersi? E conclude: «non credo nella razza umana. Siamo più bestie delle bestie e te lo dice una bestia. Invece sono per l’eutanasia…che spesso metto in pratica, anche se chi ho davanti non me l’ha chiesto (e ancora rise)» (p. 90).

Spregio del pericolo e della vita sono al centro del mondo “ideale” di Sergio degli Esposti, caduto il 22 aprile 2022, combattendo contro gli ucraini della Brigata Azov a Mariupol’: «Lo sparare non fa pensare al chi sei…al massimo pensi che puoi morire, ma poi ti stringi nelle spalle. Quando toccherà a me altri berranno» (p. 215). Di stringente attualità il medaglione dedicato a Yair Klein, detto l’Ebreo. Uomo di estrema destra, lasciò le Forze regolari israeliane per fondare una “Compagnia di ventura” chiamata Spearhead Ltd, con la quale ha combattuto in diversi continenti. Nazionalista ebraico, afferma a proposito dell’endemico conflitto Israele – mondo mussulmano: «Questa guerra fra noi e loro finirà solo quando o l’ultimo ebreo o l’ultimo palestinese sarà morto. Altre soluzioni non esistono» (p. 139). L’affermazione è dirimente rispetto a quanto sta accadendo a Gaza.

Dialoghi infami ci pone di fronte alla situazione attuale del mondo: «Il conflitto a contratto […] è diventato […] un nuovo modo di fare la guerra […] resuscitato dagli Stati Uniti […] ma ciò può nel vero portarci verso una situazione di catastrofe generalizzata in cui anche il dare morte diviene, in toto, commercializzato pubblicamente nonché in mano a gente privata priva totalmente di scrupoli» (p. 19). Il libro di Manzoni è grido di allarme sullo stato presente delle cose del mondo occidentale e non solo.

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Giovanni Sessa è nato a Milano nel 1957 e insegna filosofia e storia nei licei. Suoi scritti sono comparsi su riviste e quotidiani, nonché in volumi collettanei ed Atti di Convegni di studio. Ha pubblicato le monografie Oltre la persuasione. Saggio su Carlo Michelstaedter (Roma 2008) e La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo (Milano 2014). E' segretario della Scuola Romana di Filosofia Politica, collaboratore della Fondazione Evola e portavoce del movimento di pensiero "Per una nuova oggettività".
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