Contro la fenomenologia del “vivente”

Spunti per il recupero dell’ontologia dell’essere, preludio al pensiero vivente

Gli eccessi vitalistici della nostra epoca moderna, esasperati infine in una brama sessuale, sono distanti dalla visione Tradizionale, figlia di Gnosi, in cui la vita è invece vista, con un detto Zen, come respiro. Sottile e sommesso respiro[1]. Oppure sono distanti dalla Via Solare[2] che è essenzialmente atarassica. Tanto nello Zen quanto nella Via Solare il godimento ed il patimento sono possibili ma vissuti con distacco[3].

Gli eccessi vitalistici sono figli della società contemporanea che assilla ed ossessiona su ogni piano dell’esistenza le masse sopite, non pienamente coscienti, né tantomeno risvegliate, ed inculca in esse la assidua ricerca di “fenomeni”, di esperienze, di “attivazioni” energetiche, di correnti bramose o lascive. Il “Tramonto dell’Occidente[4], profeticamente annunciato è divenuto realtà, è stato delineato, discusso e quantificato in portata ed incidenza dai pensatori Tradizionali degli anni ’30 e ’40 nel suo distaccarsi dalla Sapienza Antica e Perenne.

Possiamo quindi anche annotare che in termini filosofici si osserva nella società contemporanea un passaggio dalla speculazione esistenzialista ad una fenomenologica. Con l’esasperazione della fenomenologia fino, appunto, a totali derive in ambiti che alla filosofia teoretica non appartengono: la società, le leggi, le scienze, i costumi. Bastava arrestarsi alla concezione fenomenologica di Heidegger secondo cui la visione fenomenologica del mondo delle cose doveva essere superata attraverso la comprensione dell’Essere che è dietro tutti gli Enti. Per tornare così all’esistenzialismo di base ed alla ontologia di approdo.

Ed invece, a quanto pare, si è “preferito” districarsi attorno alla sola fenomenologia di stampo hegeliano nelle sue intenzioni e derivazioni, esplorando i fenomeni in modo dialettico e non giungendo mai, in realtà allo Spirito Assoluto che li anima: così operano incoscientemente le masse, cercano di connettere, comprendere e disciplinare i fenomeni del “vivente” tracciandone una mappa, una “logica ipotetica” ed un’origine perfino, ma non giungendo che ad illusioni che si sommano ad illusioni in una spirale discendente che in ultima istanza trova, nel mondo moderno, nell’esaltazione delle peculiarità sessuali, il suo “centro”.

Per inciso precisiamo poi come nella corsa esasperata alla ricerca di fenomenologia “vitalistica” vi siano tutte quelle relazioni interpersonali financo prive di qualche affinità elettiva dello spirito o dell’anima che tra le genti comuni avvengono al solo scopo di annettere “presenze” nelle proprie vite sì da “darsi reciproco sostegno”, “benevolenza” e proiettività del pensiero animato; relazioni in definitiva da considerarsi “di compagnia”, di marcata inclinazione “sinistra”, materialista ed effettivamente opportunista. Si tratta di un ulteriore inganno, forse del peggiore, perché tali “presenze” costituiscono di fatto una grossolana inutilità ad ogni cammino Iniziatico, interferendo con le Vie Tradizionali e non apportando alcun vantaggio nelle Ritualistiche d’Amore, condotte invece nel rispetto della natura edenica, dello stato primordiale restaurato, della Conoscenza della Gnosi, libere dalle ossessioni delle illusioni date dalla “corrente delle forme” e animate dal sacrum facere secondo l’Ordine del Ṛta. Ma, naturalmente, quelle genti contro le quali noi ci “scagliamo” attraverso questi brevi spunti, non sono interessate ad una crescita dal respiro cosmico, non sono interessate ad una Via Tradizionale né tantomeno Iniziatica, né posseggono gli strumenti per comprenderla oppure attuarla. La loro missione è contribuire al degrado della Modernità, dell’Occidente, alla dissoluzione del Perennialismo a favore di scialbe e disgustose “società liquide”, fluttuanti e prive di Ritualistica d’Amore; una missione a favore, invece, del soddisfacimento bieco e forsennato di interessi profani e materialistici che, come già annunciato in apertura, puntano alla sessualità esplicita priva di principii metafisici d’origine e dispiegata lungo la “vita” come una qualunque “necessità” logistica di piacere, meccanica o fisiologica. Tali masse volgari, vero cancro che cresce iperbolicamente in seno alla Modernità, vive nel sogno, nell’illusione, nelle derive emozionali, nelle fobie, nelle illusioni, negli attaccamenti[5]: l’Iniziato è un Uomo solo, fattosi da sé contro la Modernità, vicino agli Dei Antichi Immortali, vive in Silenzio, nell’Ombra, nella Luce, nella Gnosi. La sua struttura mentale, la Manas, è tale da non radicarsi mai nel ricordo di nulla che non sia Sacro: la Modernità con le sue tecniche, tecnologie, scienze, non lo tocca veramente, pur quando per logistica Egli la adopera; soltanto le Idee pure, le Metafisiche dell’Origine primordiale, hanno presa in Lui ed anche il Corpo è privo di memoria[6], continuamente trasceso, finanche nel ricordo dell’Esperienza, nel rispetto della sua integrità noetica primitiva. L’Iniziato è eternamente presente con il suo Spirito Antico, nell’origine e nella fine, nell’alfa e nell’omega, nell’Essenza del suo Logos Compiuto.

La “vita” non può essere fonte di Verità: essa è solo il velo di Maya che ricopre la Verità: va rimosso il velo, va estromesso il mondo fenomenologico. Ed allo stesso modo è noto in filosofia come nessun interprete di Hegel sia in grado di spiegare, parola per parola, una sola pagina dei suoi scritti[7]: questo perché si tratta di fenomenologia distante dalla Verità e da ogni Gnosi.

Ciò che conta più della “vita”, è ciò-che-è, è solo l’Essere, il “quid immutabile”, capace di svelare la Verità, dimorando in essa nella Gnosi.

Nella pienezza dell’esistenza tutta, nello scorrere dei tempi della Ruota, la “vita” è riconsegnata al suo ruolo non determinate, non idealizzato, non ridondante e non esasperato, in definitiva “comprimario” di altre peculiarità del mondo della manifestazione. La “vita” è riconsegnata al suo stesso superamento in una trascendenza del pensiero che si fa, questo sì, il pensiero, “vivente”[8], collocandosi al-di-sopra ed incondizionato, come “veggente puro”, “soggetto puro”, che per Essere non ha bisogno di alcuna contrapposizione.

È l’Essenza del “soggetto puro”, è il Logos del mondo.

Quando l’Io non è condizionato dalla riflessità, intesa come il dispiegarsi fenomenologico di peculiarità “viventi” nell’esteriorità, l’Io che si attua come soggetto del contemplare è l’Io reale che comincia ad operare con il pensare, gioendo e soffrendo finché non si afferma come vero pensiero. “Il vero pensiero è il pensiero che vuole: pensiero che penetra il mondo, o si dona, o dà luogo al silenzio, sparendo nell’essenza, perché vuole. Questo volere è vita fluente del Logos.[9]

Ed il segreto di tutto l’operare, il lottare, il soffrire umano, è ritrovare la potenza dell’atto, dell’azione che si compie volitivamente pensando.

Giacché l’Io affiorato come riflesso, l’Io insorto nella riflessità, nella corrente dei fenomeni, è la forma inferiore dell’Io, è il suo ego che richiede la contingente visione spazio-temporale da cui è insorto, a torto ritenuto l’essere: “L’ego non può conoscere alcun oggetto in quanto riflesso e, come riflesso, pensato e a sé sufficiente, non esigente penetrazione, ma solo indefinita serie di rapporti riflessi o astratti.[10]

Ed allora, con l’approccio Tradizionale ben noto, si operi in modo volitivo, anche inizialmente slegando le azioni dai frutti che giungeranno quando l’Essenza del “soggetto puro” sarà stessa cosa con il Logos del mondo perché “Il pensiero dell’uomo, ritrovandosi vivente, attua in sé il pensiero del Cosmo: che si è espresso nel linguaggio del creato, per risorgere pensiero dell’uomo: non certo razionalismo. È pensiero che, individuandosi, eppur rimanendo inalterata la sua virtù originaria, non ripete il già fatto, né la logica del già fatto, ma è il farsi ulteriore della creazione[11]. Il vero sapere è il pensare che sappia essere pensiero: puro Conoscere. Ecco allora che l’uomo agisce nel rispetto dell’Ordine cosmico, del ṛta indù, ed esercitando questo pensiero volitivo nell’azione di Conoscenza, egli giungerà a quel momento più o meno prolungato in cui il pensiero vivente si arresta: è l’istante della Liberazione, il Mokṣa, ricercato dalla filosofia indù ed attorno cui ruotano tutte le dottrine orientali[12].

Nel pensiero vivente l’Uomo vive immanente la trascendenza del Tutto.

Note

[1] Si allude qui alla via di autoconsapevolezza in cui il respiro, animatore della vita, è lo strumento offerto dalla natura per cogliere ben altro oltre il semplice prāṇa, il soffio vitale, l’élan vital quale flusso pneumatico che movimenta la corporeità. Chi è abituato alle pratiche di meditazione ben conosce gli effetti della respirazione di consapevolezza capaci di schiudere le verità ultime della vitalità caratterizzate esse stesse dalla circolarità del fluire alterno che comprime ed espande e che dona una visione rischiarata dei piani superiori in cui l’essere può elevarsi comprendendo le nature dei “messaggeri” di luce ed ombra che giungono dall’esterno ed a cui, solitamente, si invia benevolenza ed amore.

[2] La Via Solare, detta anche Via Secca, Virile o Dorica si caratterizza per il fatto che le operazioni di identificazione con il dio da parte dell’Adepto, assumono un carattere dinamico: l’Adepto assume in sé i “poteri divini” dell’immagine creata ed attivata e piega le forze magiche ai propri voleri. Per questa ragione è anche detta la Via del Mago, essendo il Mago il realizzatore nel piano della realtà sensibile. Al contrario della Via Solare esiste una via opposta, la Via Umida, detta anche Lunare o Ionica che prevede un’identificazione con il dio dal carattere statico: in pratica chi la segue si racchiude in una adorazione dell’immagine creata fino a “morire” in essa, annullando completamente la propria volontà e lasciando che siano le forze magiche a condurlo alla mèta. Per questa ragione tale Via è detta anche la Via del Mistico. Ebbene, gli eccessi vitalistici e fenomenologici di cui parliamo in questo scritto possono essere presenti solo nella Via Umida perché solo in essa si ravvisa l’annullamento della propria volontà e l’abbandono, fino all’eccesso forsennato, alla corrente delle forze magiche rappresentate proprio del fluire della vita e degli stati della manifestazione.

[3] In un passo dell’”Isha Upanishad” è detto: “Tutto quello che esiste è la dimora del Signore Supremo, e ogni cosa è un universo che si muove nell’universale movimento. Quindi di tutto godi, rimanendo distaccato; non bramare alcun bene che non appartenga alla tua interiorità. Compiendo le opere in questo mondo, l’uomo desideri pure vivere cent’anni. Così sia anche per te; l’azione però non resti incollata all’uomo”.

[4] Il tramonto dell’Occidente. Lineamenti di una morfologia della storia mondiale è l’opera che Oswald Spengler scrisse tra il 1918 ed il 1923 tratteggiando, in un esame della storia comparata delle grandi civiltà, le derive di un mondo occidentale contemporaneo privo dei riferimenti fissi e stabili che le Tradizioni offrivano in passato e soggetto, invece, alla continua trasformazione incessante ma arida di contenuti.

[5] Scrive Massimo Scaligero nel Trattato del pensiero vivente, Edizioni Tilpoa, 1961, pag. 29: “Normalmente l’uomo si limita a usare la vita, senza essere in tale vita. Vivere nella coscienza riflessa, o nelle sensazioni mai afferrate, non è essere nella vita, ma di continuo supporla e tuttavia cercarla inconsciamente oltre la riflessità, senza sapere della riflessità e di ciò che può superarla.” È del tutto ovvio dedurre come le nostre considerazioni in questo scritto vogliano affermare come l’uomo non debba usare la vita finché questa sia una corrente fenomenologica riflesso di una esteriorità; l’uomo non debba vivere nella riflessità; l’uomo non debba prima e sempre afferrare l’Essere pensato in senso ontologico e conforme alla sua interiorità.

[6] Ancora citando Massimo Scaligero nell’opera citata nella nota 5 alla pag. 32 si descrive il pensiero ordinario, quello delle genti comuni e dei non Iniziati, in questi termini: “Non l’Io pensa il pensiero, ma l’anima legata alla corporeità: la quale vuole se stessa attraverso l’anima, per il fatto che può divenire pensiero: invertendo il senso radicale della vita dell’uomo”.

[7]È un segreto di pulcinella che nessun interprete di Hegel sia in grado di spiegare, parola per parola, una sola pagina dei suoi scritti.” Parole di Theodor Haering pronunciate nella prefazione alla sua monumentale monografia “Hegel. Sein Wollen und sein Werk. Eine chronologische Entwicklungsgeschichte der Gedanken und der Sprache Hegels”.

[8] A proposito della Via del Pensiero Vivente cui qui si allude, diamo la descrizione così come scritto da Massimo Scaligero nell’opera citata nella nota 5 alle pagg. 28, 29: “La «via» alla quale alludiamo non è idealismo, o fenomenologia, o esistenzialismo, né Yoga, né Zen, ma qualcosa rigorosamente oltre, tendendo a disimpegnare dalle varie determinazioni il puro moto della coscienza, che in quelle dottrine e in quei metodi inevitabilmente oggi viene identificato con l’obiettivo proposto, ogni esigenza d’incondizionatezza ricadendo inconsapevolmente per essi nel modo della riflessità: costituzionale alla psiche dell’uomo moderno, unico interprete di quelli: onde quelli in realtà mancano del pensiero trascendente da cui nacquero. È la via dell’uomo al punto in cui è, al limite della contraddizione del suo essere con il suo pensare: non certo con il pensiero con cui egli fa la sua cultura, ma con il processo autonomo per cui tale pensiero si produce: secondo trascendenza di continuo immanente, ignorata.

[9] Op. cit. nota 5, pag. 58.

[10] Op. cit. nota 5, pag. 40.

[11] Op. cit. nota 5, pag. 52.

[12] Nella dottrina Tantrica, ad esempio, la modalità con cui il Mokṣa avviene è data dalla prova che l’adepto supera nella conoscenza, dominio ed uso della Shakti, l’energia femminile della deità, la Devī, che lo attraversa in qualcuna delle sue ipostasi e manifestazioni, creandolo, conservandolo o distruggendolo. Poiché è detto nei precetti Tantrici: “O Devī, la liberazione senza la conoscenza della Shakti è una semplice burla!”.

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Ingegnere edile e strutturale, percorre da anni le Vie della Tradizione Iniziatica al cui punto di vista tutto è ricollegato. Con il nome palindromo muXum, ha prodotto lavori d’arte “sacra” e pregna di Essenza adoperando linguaggio poetico, trascendente, metafisico e figurativo. L’aderenza alla Fonte del Polo Perenne svela ogni Conoscenza e favorisce l’incontro con lo Spirito.

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