Nell’udienza di mercoledì scorso il Papa ha sottolineato l’importanza della liturgia che unisce i due santuari, il tempio Terreno e il cielo infinito, Dio e l’uomo il tempo e l’eternità.
Nella liturgia sono compresi il canto e la musica: non una musica qualunque, ma consona alla grandezza dell’atto che si celebra.
Già Agostino avvertiva:
“Non si pensi ascoltando il salmo a cose di scarso valore, a cose transitorie né a strumenti teatrali”.
La preoccupazione delle chiese è stata sempre quella di subordinare la musica sacra alla funzione che deve avere nella liturgia.
E ogni tanto i Pontefici intervengono per evitare che essa scada in musica mondana, teatrale, sentimentale.
È ciò che succede spesso dove si adattano ritmi e melodie di canzonette profane per lodare il Cristo o la Vergine suscitando nei fedeli sconcerto se non addirittura disgusto.
Ecco perché Giovanni Paolo II raccomanda di “pregate Dio non solo con formule teologicamente esatte, ma anche in modo bello e dignitoso”.
Già lo sottolineava Benedetto XIV nel 1749 nell’enciclica Annus qui hunc spiegando che i fedeli, ascoltando i canti liturgici, non dovevano riportare diletto, godere degli artifici della musica, esaltarsi per la melodia.
Non cosi invece dev’essere nel canto ecclesiastico anzi in questo si deve avere di mira l’opposto… Nelle chiese infatti la musica è accolta per elevare le menti degli uomini a Dio.
D’altronde già nel concilio diocesano di Milano del 1565 si raccomandava:
“Negli uffici divini o in generale nella chiese non si devono cantare o suonare cose profane, le cose sacre poi devono essere cantate senza languide inflessioni di voce… mai si deve usare un canto passionale”.
Anche gli strumenti non sono indifferenti, come sottolineava Benedetto XIV escludendo i timpani, i corni da caccia, le trombe, gli oboe, i flauti, i flautini, le arpe, i mandolini che rendono la musica teatrale”.
E oggi si potrebbero aggiungere le chitarre.
Quando nel 1990 mi recai a Serra San Bruno per alcune ricerche sul fondatore, il superiore mi invitò a pregare ai vespri. Cantammo insieme alcuni salmi sul filo del canto gregoriano: fu una esperienza spirituale indimenticabile.
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Tratto da Avvenire del 2 marzo 2003.
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