L’arte e l’avanguardia

Identità di cittadini e di artisti;
fermezza inalterabile nell’idea della grandezza italiana;
consapevolezza delle necessità spirituali,
dei richiami della stirpe: costruire.

Mario Sironi

La società dell’immagine, come viene comunemente chiamata quella in cui ci troviamo a vivere e operare, ha un aspetto positivo: nonostante si stia pian piano smarrendo la buona abitudine alla lettura, come pure il semplice interesse nei confronti della cultura, si sono però nel contempo rafforzati l’importanza ed il ruolo dell’immagine e dello slogan progettato ad hoc. Questo non è necessariamente un male, nel senso che si può fare, come sempre, di necessità virtù e rovesciare il negativo nel suo opposto: lo si sta già facendo. Questo significa che l’immagine può – e deve – essere presa nelle mani dell’avanguardia culturale e divenire quindi il veicolo, il mezzo privilegiato, per comunicare in modo immediato dei messaggi, dei contenuti choc. Naturalmente il compito di comunicare in questo modo è da assegnare nel modo più ampio possibile all’arte, arte che dev’essere intesa non più come “neutrale” (l’arte per l’arte…), ma come arte che veicola una visione del mondo, un’arte magica il cui fine sia risvegliare potenze elementari, guidare l’uomo, potenziarlo, rinnovarlo per rinnovare il mondo.

Un’arte neutra?

Quando un’artista ci dice che la sua è un’”arte per l’arte”, volendo così intendere che la sua è un’arte neutrale che non sottende una visione del mondo, ma che intende invece essere per così dire “oggettiva”, cioè pura visione estetica senza senso, non fa che dell’ipocrisia spicciola, poiché l’intenzione stessa di produrre un’arte neutra è un atto volontario e intenzionale e quindi trasmette di per sé un messaggio che è quello appunto dell’artista neutro, dell’arte in cui il senso lo da il fruitore. Ma il titolo stesso dell’opera influenza l’osservatore, la stessa coscienza delle intenzioni dell’autore influenza la lettura dell’arte. Non esiste di fatto arte neutra, perché l’arte neutra stessa non è neutra, ma soltanto si vuole neutra – e il fatto che non possa essere neutra risiede proprio nel fatto che così si vuole. Solo la natura può essere, in questo senso, considerata neutra, cioè fine a se stessa. Tutto ciò che l’uomo fa è sempre frutto di un’intenzione, di una visione del mondo, è sempre il progetto che la volontà realizza. L’arte influenza il mondo, l’arte è un messaggio che tende a modificare la visione delle cose. Parlo dell’arte come mezzo privilegiato – oggi ancor più – di trasmissione di immagini forza, input elettrici, elettrochoc.

Ernst Jünger, Il cuore avventuroso. Figurazioni e capricci Jünger pone l’arte a fianco a eros e tanatos(1), quali uniche oasi di pura libertà nel mondo nichilistico, boschi in cui ritemprare lo spirito, rifugi nei quali il Leviatano non può entrare, ultime trincee difensive da cui balzare come leoni alla conquista della terra.

Dopo il Futurismo

L’avanguardia non può evitare di interessarsi all’arte né può evitare di lavorare ed operare attraverso di essa; è l’arte che anticipa i tempi ed impone mode e modi di vivere, è l’arte a rispecchiare il mondo in cui si vive e a trattenerlo in vita, ma può essere la stessa arte, per ciò stesso, a spingere un mondo alla sua fine per poi rigenerarlo.

Il Futurismo insegna che nulla resta da conservare, neppure i meravigliosi resti di civiltà antiche, esso spinge ad un rinnovamento totale del mondo, ad una distruzione creativa di ogni cosa. Naturalmente tutto quello che il Futurismo ha detto va letto secondo differenti piani e da diverse prospettive, poiché spesso il messaggio viene volutamente esasperato affinché il contenuto profondo colga nell’intimo lo spettatore. Poco importa che l’input venga accolto consapevolmente o meno, ciò che importa è che l’impulso elettrico produca i suoi frutti. E di frutti il Futurismo ne produsse molti sotto molteplici aspetti, e ancor oggi risulta produttivo. Influenzò nei modi più disparati la sua epoca e le successive, dalle trincee della Grande Guerra all’aeropittura.

Friedrich Georg Jünger, Saggio sul gioco. Una chiave per comprenderlo Gli eredi del Futurismo, se davvero si inseriscono nel solco di questa energica “tradizione”, non possono però evitare di confessarsi che esso stesso è passato, quindi esso deve essere superato. L’eredità di questo eminente movimento artistico – «ultimo vero movimento d’arte italiano» s’è detto – non può andare sciupata, ma attraverso un processo di interiorizzazione deve venire superata, trasformata, potenziata. Questo mi sembra un atteggiamento coerente con la teoria futurista. Per questo oggi non si può parlare di Futurismo, ma semmai di Archeofuturismo o, meglio, di qualcosa ancora da inventare. Perché l’invenzione è futurista.

Il “clima culturale” di un’epoca

Pierre Drieu La Rochelle, 'Fuoco fatuo'. Seguito da 'Addio a Gonzague' Drieu La Rochelle ha scritto un bel saggio attorno a Van Gogh e Nietzsche (2), in cui in sostanza si dice che i due, vissuti negli stessi anni, e la cui opera fu pressoché parallela, rappresentano a buon diritto il “clima di un’epoca”. Infatti temi e sensibilità ritornano nell’uno come nell’altro in forme diverse, mantenendo però immutati messaggio e contenuti. Prendiamo ad esempio La notte stellata (giugno 1889) o la Notte stellata sul Rodano (settembre 1888). Riguardo alla prima opera Van Gogh scisse in una lettera: «[…] Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del Sole, e non c’era che la stella del mattino, che sembrava molto grande. Daubigny e Rousseau hanno già dipinto questo, esprimendo tutta l’intimità, tutta la pace e la maestà e in più aggiungendovi un sentimento così accorato, così personale. Non mi dispiacciono queste emozioni. […]» (3); nella seconda un cielo stellato si riflette nel Rodano e un Gran Carro illumina il cielo blu cobalto; in entrambe le opere le luci sembrano le stelle caotiche di cui Nietzsche scrisse nella sua prosa elegante ed energica, sembrano i fuochi che irrompono nella notte del mondo moderno squarciando il velo e rinnovando tutto nella luce potente di un caos sidereo.

E come non collegare i paesaggi luminosi del Sud della Francia dipinti da Van Gogh con la passione di Nietzsche per i luoghi luminosi delle zone mediterranee, luoghi in cui egli ritrovava la gioiosa esplosione della vita, il forte calore di un sole non soffocato dalla decadenza? In questa ottica i due rappresentano le due facce di un’epoca che avanza, senza di loro non sarebbe stato possibile il Futurismo, ma senza Wagner non sarebbe stato possibile Nietzsche: parlo della tendenza sovrumanista e della sua influenza nei decenni.

L’influenza wagneriana

Mario Bortolotto, Wagner l'oscuro Wagner intese creare un’arte totale in cui parola, musica e dramma si unissero in un tutto evocativo ed indivisibile. Le sue straordinarie opere sono la ricostruzione di miti fondatori e la loro riproposizione sotto forma di tragedia, Wagner intendeva infatti tornare alla tragedia com’era vissuta dai greci, un mito collettivo attorno al quale si univa la comunità per trovarvi le sue radici, le sue immagini guida (4).

Non c’è dubbio che l’influenza della teoria e del dramma wagneriano siano giunte, attraverso Nietzsche, sino al Futurismo condizionandone molteplici aspetti. Il Futurismo volle essere arte totale: teatro, stampa, poesia, musica, cucina, letteratura, pittura, scultura… nulla venne ignorato dal Futurismo, che anzi tentò sempre una sintesi di molte sensazioni in un’unica opera, nell’intenzione di potenziare al massimo la percezione e l’intensità dell’esperienza artistica. L’ultimo vero movimento artistico italiano è stato dunque profondamente influenzato dai due giganti dell’Ottocento, Wagner e Nietzsche; il Futurismo fu una filiazione tra le migliori della tendenza sovrumanista. Questa influenza non si è ancora esaurita, ma anzi la fase mitica di questo movimento è ancora in gestazione, come il caos da cui poi nasce una nuova stella.

Arte d’avanguardia

Quello che l’arte d’avanguardia persegue per definizione è la trasformazione del mondo attraverso choc di diversa natura. Questo tipo di arte anticipa i tempi, è rivoluzionaria e conservatrice al tempo stesso perché conserva la possibilità storica del cambiamento, ed è rivoluziona perché produce la fine di un mondo esausto rigenerandolo, creando una nuova origine. L’arte d’avanguardia propone i suoi miti ed attraverso essi genera un nuovo tipo d’uomo, lo in-forma sino a edificare una nuova visione del cosmo e delle cose. Prende nelle sue mani tutto il passato e lo assume come parte del suo progetto: essa edifica il futuro attraverso un’azione che re-interpreta tutto il “fu” in funzione del “sarà”.

È un’arte ancora in via di definizione, i suoi contorni rimangono evanescenti ed essa sembra poter invadere e pervadere moltissimi e diversissimi ambiti sentendosi in ogni caso a suo agio, dominando la scena ed imponendo il suo stile inconfondibile.

Ernst Jünger, Trattato del ribelle Il problema impellente che questa arte si deve porre, ed effettivamente si è posta, è quello di “parlare il linguaggio” ed attraverso esso veicolare nuovi messaggi; dice bene Adriano Scianca, si tratta infatti di «dominare il linguaggio, quindi. Imporre una logica nuova che decostruisca i paradigmi dominanti, che dissolva e riplasmi gli schieramenti. L’avanguardia deve distinguersi per “un’azione sistematicamente e culturalmente eversiva, che miri a introdurre in circuito idee ‘avvelenate’, che punti non tanto ad influenzare, dimostrare, convincere, organizzare burocraticamente, quanto a colpire, ad affascinare, a creare dubbi, a generare bisogni, a far crescere consapevolezze, a produrre atteggiamenti e condotte destabilizzanti. Deve, in una parola, parlare e saper parlare il linguaggio del mito, crearsi da sé il proprio pubblico, far leva pienamente sia sulle tendenze spontanee di rifiuto politico della realtà del Sistema nelle sue varie articolazioni, che sugli archetipi romantico-faustiani che ancora circolano nell’inconscio collettivo europeo”.

Scioccare e sedurre. Ma per questo occorre un altro stile, che esca definitivamente dalla ritualità vuota del nostalgismo, dagli slogan triti e ritriti, dal conformismo settario. Superare gli stereotipi, parlare un linguaggio nuovo, rifiutare le logiche del Sistema per imporne di nuove, confrontarsi con il presente e progettare il futuro – ecco il nostro obiettivo» (5).

Quest’arte già esiste

Ernst Jünger, Martin Heidegger, Oltre la linea Alcuni esempi attuali di arte d’avanguardia li troviamo in Dragos Kalajic, Daniel Casarin e in Mario Romano Ricci, tutti protesi verso un’arte poetica, mitica ed eroica ad un tempo. Panorama dedicò a suo tempo un articolo in occasione della mostra dei quadri del pittore e geopolitico serbo tenutasi nel 2004 presso la Galleria di Egidio Eleuteri. Vale la pena citarne la parte finale: «Le immagini a colori smaltati (bianco, azzurro, oro, cinabro) di una visione d’alta quota distillano così una scintillante cosmogonia posta a metà tra il fumetto di fantascienza (Flash Gordon) e le aeropitture futuriste di Fillia e Tullio Crali, dove lanciatori di giavellotto, aquile e Dioscuri di pietra, prismi e comete vaganti simboleggiano identità mitiche unificanti il mondo spirituale europeo da Est a Ovest secondo una linea di continuità che associa Mosca a Roma fino alle estreme frontiere dell’Atlantico. Questo accurato panorama di «icone», variamente illustrato per simboli e allegorie animali, umane e monumentali, ci conduce quasi per mano a fare «quattro passi tra gli eroi» e dà forma alla leggenda iperborea che indica nel gelido vento del Nord Europa l’elemento ordinatore («maschile») della civiltà, in dialettica permanente con l’elemento caotico («femminile») di origine sudorientale. Tra croci celtiche e incontri figurati di Terra (donna) e Cielo (uomo), Dragos Kalajic espone con efficacia visiva il cuore di una esperienza «archeo-futurista» di una iperEuropa che partendo dalle immagini del mondo classico romano viaggia a ritroso nel tempo e riattualizza antichi culti solari con l’idea della mitica Thule, patria leggendaria dei popoli europei. E così la migliore vocazione del pittore «metapolitico», sovrapponendosi con la fantasia delle immagini «inattuali» alle prosaiche intenzioni dello scrittore «geopolitico», riassume il senso di tutta una ricerca» (6).

Jean Mabire, Thule. Il sole ritrovato degli Iperborei Alcuni bellissimi dipinti di Daniel Casarin sono stati usati come immagine di copertina in alcuni numeri passati di Orion ed in essi troviamo una notevole stratificazione di messaggi e contenutiche ci fa capire quanto la nostra gioventù abbia ancora da dire e a quale livello sappia lavorare se veramente lo vuole.

Di Mario Romano Ricci ricordo qui il pregevole libro della mostra tenuta nel gennaio 2006 a Brescia intitolata “dalla volontà creatrice all’identità”. In esso sono contenute le immagini delle sue sculture dedicate al tema; l’autore concepisce l’arte come una cornice che racchiude ogni artificio umano: creare significa dunque fare dell’arte.

Questi tre nomi non sono però rappresentativi, pur nella loro eccezionale bravura, di una scena magmatica e piuttosto nascosta e dispersa, e mancherei di rispetto e riguardo a coloro che non ho nominato se mi dilungassi oltre; preferisco allora terminare qui con gli esempi e i riferimenti ad autori a noi vicini, lasciando a ciascuno l’impegno assai piacevole di andare in cerca di questi straordinari artisti. Ciò che qui importa è far capire che artisti d’avanguardia già esistono.

Arte e informatica

Ernst Jünger, Le api di vetro Un’avanguardia non è davvero tale se non sa utilizzare appieno e fruttuosamente le tecnologie e le innovazioni che il suo tempo le mette a disposizione – ancor meglio sarebbe anticiparle. Oggi le tecnologie ci permettono di creare progetti grafici di straordinaria efficacia, ci permettono di comunicare a distanze impensabili in tempo reale, scaricare filmati dalla Rete, produrre i nostri filmati praticamente a costo zero, creare musica (elettronica) con programmi gratuiti, elaborare foto e renderle delle vere opere d’arte. L’arte oggi passa necessariamente attraverso le tecnologie informatiche. Le nostre vite sono informatizzate e, finché sapremo controllare questi straordinari strumenti, ciò sarà un bene.

Anche la pubblicità è una forma d’arte, e oggi è la più efficace: l’avanguardia deve saper sfruttare dunque i linguaggi informatici, deve imparare poi a modificarli e “dirigerli” nella direzione che vuole, deve cioè volgere il veleno in medicina.

Le elaborazioni di immagini e di testo, i soliti manifesti di concerti e conferenze a noi ben noti, diventano allora un momento fondamentale di comunicazione col mondo esterno e con coloro a noi distanti o non ancora vicini. Bisogna saper affascinare e colpire, senza rinunce di comodo. I progetti grafici elaborati da Casa Pound, Zetazeroalfa, Noreporter, ma anche da Base Militante Progetto Torino o dal Thule Seminar ecc., hanno tutti un’impronta assolutamente innovativa in questo senso e tutta l’avanguardia ha da imparare da loro in efficacia ed impatto. È ora di svecchiare definitivamente estetica ed arte, perché soltanto in questo modo si potranno rinnovare uomini e territorio. Il lavoro artistico in questo senso è, lo ripeto, solo all’inizio, e tutti gli spiriti artistici dovrebbero mettersi in gioco, viste le immense possibilità offerte dalle nuove tecnologie.

Il cinema naturalmente non può essere ignorato e il progetto Corti e Ribelli mi pare si inserisca nel giusto solco; e per quel che riguarda il teatro non possiamo non citare la compagnia Vertex Teatro.

Tutto ruota attorno ad una vivace fantasia e ad una grande inventiva. Vulcanismo?

Ernst Jünger, Il contemplatore solitario Scrive Jünger in una lettera ad Henri Plard: «Il Lavoratore è un titano e, in quanto tale, un figlio della Terra; segue, come dice Nietzsche, il senso della Terra, e ciò sino al punto stesso in cui sembra distruggerlo. Il vulcanismo si intensificherà. La Terra non farà soltanto sorgere nuovi generi, ma anche nuovi ordini. Il Superuomo appartiene ancora alla specie […] Per cominciare, il rovesciamento degli dèi è l’assalto materiale al mondo paternalistico, con i suoi principii, i suoi preti ed i suoi eroi e non è ancora terminato. La replica sarà all’altezza dell’attacco. Esiodo e l’Edda ritornano attuali» (7).

Come si è detto il termine Futurismo sarebbe oggi “passatista” e un’arte che si voglia veramente avanguardia non può rimanere legata a formule del passato; di maggiore attualità risulta senz’altro l’ossimoro Archeofuturismo, che non ha ricevuto una chiara definizione, che d’altra parte è cosa difficile da fare. Tuttavia proporre e creare nuove definizioni e nuove formule espressive e rappresentative di un’attitudine artistica sarebbe a mio avviso utile. Jünger parla di vulcanismo e mi pare una buona definizione per un tipo d’arte che intende rinnovare e che al contempo trae la sua energia dall’elementare. Vulcanismo richiama alla mente la terra e il fuoco, in esso si racchiudono la potenza ed il radicamento ed evoca l’immagine di un’energia inarrestabile, la forza di un’esplosione elementare che erompe dalle viscere della Terra travolgendo tutto ciò che incontra sul suo cammino. È la forza tellurica dei Titani che stringono nella mani il potere della tecnica e volgono il loro sguardo al futuro. È Futurismo alla massima potenza, una volontà che attende sepolta nella Terra il momento propizio per diffondersi come un incendio che tutto rinnova.

* * *

NOTE

(1) E. Jünger – M. Heidegger, Oltre la linea, Adelphi, e E. Jünger, Trattato del Ribelle, Adelphi.
(2) P. Drieu La Rochelle, Eresie, Edizioni di Ar.
(3) http://www.astroarte.it/astroarte/artivisive/storia/nottestellata.htm
(4) G. Locchi, Wagner Nietzsche e il mito sovrumanista, Akropolis.
(5) A. Scianca, Il mito e l’avanguardia, Orion.
(6) D. Trombadori, Quattro passi fra gli eroi, Panorama del 17/6/2004.
(7) In Alain de Benoist, L’Operaio fra gli dèi e i titani, Terziaria, pag. 105.

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Segui Francesco Boco:
Nato nel 1984 a Belluno. Specializzando in Filosofia con una tesi su Oswald Spengler e Martin Heidegger. Collabora con il Secolo d'Italia, Letteratura-Tradizione e Divenire, rivista dell'Associazione Italiana Transumanisti. Ha tradotto e curato il saggio di Guillaume Faye su Heidegger, Per farla finita col nichilismo.

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