La percezione di vivere in tempi apocalittici è molto diffusa nel mondo contemporaneo, e questo sentimento si riflette anche nella scrittura poetica. È significativo che il XXI° secolo poetico sia stato inaugurato dall’ormai leggendario Apocalisse 23, un libro che descrive la fase terminale dell’esperienza esistenziale della specie umana. Tuttavia apocalisse non è solo sinonimo di oscuramento dei valori, di crollo della civiltà, di fine del mondo. Il significato originario del verbo greco apokalypto, com’è noto, è “rivelare”, e proprio a questo significato originario sembra ispirarsi Davide Rondoni, già autore di raccolte poetiche che hanno indicato come via d’uscita dal nichilismo la strada dell’umanesimo cristiano.
Rondoni non chiude gli occhi di fronte a un’umanità persa nel nulla, e anzi proprio questo scenario degradante lo spinge a una ricerca di senso che esprime quasi programmaticamente nel testo iniziale: «Il cuore degli uomini è un abisso, anche / il tuo che ora indolente / dal petto come dai vetri rotti / di un auto / si alza e si rovescia a guardarmi, / un grande occhio / pieno di fuochi…».
Le poesie di Rondoni hanno spesso l’aspetto di pagine di diario, secondo un uso ormai consolidato nella poesia contemporanea, un diario che si accende improvvisamente di fiammate liriche che elevano le esperienze quotidiane al piano di una epifania di amore: «Passami una mano sugli occhi, / amore, / quasi distinguo più / i bagliori la notte dimmi, / sono casuali, roghi d’abbandono / o sperduti cerchi di festa ?». E questo percorso, talvolta affannoso e difficile, approda a certezze corroboranti: «Amare è l’occupazione / di chi non ha paura». La ricerca di senso che si snoda dalle pagine di Apocalisse amore può essere riassunta in questo verso che è tra i più efficaci del libro: «Il mondo è una domanda che mi apre le vene».
Rondoni volge lo sguardo alle miserie umane e alle grandi contraddizioni che si manifestano nella realtà attuale, come la drammatica situazione di un bambino africano: «piccola testa malata / a elemosinare con disperazione meno, meno / che umana». E non manca il riferimento a «certi inganni nella storia d’Italia» che evidentemente si riferisce alle tante manipolazioni degli eventi e alle troppe menzogne di stato che sono state accettate come dati di fatto. Lo sguardo del poeta si sofferma su luoghi simbolo della storia contemporanea, come ground zero, che evoca la violenza terroristica, oppure la città di Berlino: «La guerra qui l’hanno persa una, / due, mille volte, / nessuna guerra si perde una volta sola». E ancora l’autore ricorda la figura di Oriana Fallaci, che ha conosciuto personalmente, tratteggiando in questo modo la figura della scrittrice recentemente scomparsa: «era una figura dei mestieri / nel portale di una futura / cattedrale di luce fiorentina».
Fra le poesie che Rondoni dedica agli affetti famigliari, spiccano quelle sui figli e davvero notevole è quella sulla bambina Carlotta che sta imparando a leggere e che esemplifica in modo straordinario il potere sovrumano e numinoso della scrittura: «Sbagli le lettere, tiri in lungo l’accento / ma la tua concentrazione, Carlotta, / mentre impari a leggere / è la torre di fuoco che tiene su il cielo». E il vertice lirico del libro è nella struggente poesia dedicata alla madre malata di alzheimer: «Ora artigliaci Dio / tienici nel tuo / alzheimer d’amore, / perdiamola tutti / la memoria del male».
«Chi ha orecchio intenda» è scritto nell’Apocalisse di Giovanni, e chi ha orecchio per intendere può chiaramente percepire che quella di Rondoni è un’apocalisse-rivelazione dell’amore che salva, dell’amore «del Dio che morì drogato / d’amore umano».
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Davide Rondoni, Apocalisse amore, Mondadori, 2008, pp.160, euro 14,00.
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