Alberto da Giussano

Elena Percivaldi, studiosa di storia che ha pubblicato importanti studi sui Celti e su temi medievistici, ha scritto anche un bel libro sulle vicende della Lega Lombarda in lotta col Barbarossa: I Lombardi che fecero l’impresa. L’argomento è stato affrontato anche dal cinema col film Barbarossa di Renzo Martinelli che ha richiamato l’attenzione del grande pubblico su avvenimenti che, sebbene molto lontani nel tempo, sono stati fra i più significativi per la storia delle città padane.

Il libro della Percivaldi ripercorre con stile piacevolissimo gli avvenimenti che si snodano fra il 1154, con la prima discesa in Italia dell’imperatore Federico I e il 1185 quando si suggellano i patti fra Milano e il Barbarossa. Sono ben note le alterne vicende che si sono svolte in quegli anni: la scomunica di Federico, la distruzione di Milano, l’epica battaglia di Legnano nel 1176 che vide la vittoria delle milizie milanesi guidate da Alberto da Giussano.

La Percivaldi chiarisce, a scanso di equivoci, che la figura semileggendaria di Alberto da Giussano forse non è mai esistita. Di questo personaggio abbiamo notizia solo dal cronista trecentesco Galvano Fiamma che racconta, in modo poco verosimile, la storia di questo combattente. Ad ogni modo la figura di Alberto da Giussano, vera o falsa che sia, è stata sempre molto solida nell’immaginario collettivo, al punto che nel 1900 a Legnano è stata eretta la famosa statua in suo onore.

Ma se non c’è più nulla da scoprire sul piano degli avvenimenti, è ancora apertissimo il dibattito sull’interpretazione di quei fatti. La lotta fra Milano e il Barbarossa si inserisce nello scontro fra Guelfi e Ghibellini, che ha segnato la storia d’Italia in modo indelebile, perpetuando un’eterna faziosità fra gli abitanti della penisola.

Un’interpretazione di segno progressista ha voluto vedere nel fronte ghibellino un antesignano dello stato laico, mentre quello guelfo avrebbe rappresentato l’oscurantismo clericale. Questa visione della storia è del tutto fuorviante, poiché la stessa idea di “stato laico” era assolutamente estranea alla mentalità medievale. Per gli uomini di quell’epoca non poteva essere in questione l’esistenza del potere temporale della Chiesa e tanto meno la divisione in caste della società, semmai il dibattito verteva sulle sfere di potere di cui le parti in causa potevano legittimamente godere. A riprova di questo c’è il fatto che gli stessi imperatori perseguitavano gli eretici con ferrea determinazione. Sia da parte dell’Impero che da parte della Chiesa c’erano quindi buone ragioni per sostenere le rispettive pretese: si trattava di trovare un equilibrio in grado di sedare i conflitti.

Un’altra interpretazione, ispirata alle ideologie di destra, vede nella parte imperiale un modello di società rigidamente gerarchizzata, in cui la nobiltà guerriera ha un ruolo preminente, mentre dalla parte della Chiesa si schieravano i ceti borghesi delle città che a lungo andare avrebbero dato vita alle società democratiche basate sui principi del libero mercato. Questa seconda interpretazione è più verosimile, ma anch’essa non è del tutto convincente.

La realtà, come si è detto, è molto più complessa. Accanto ai motivi tradizionalmente propagandati da Chiesa e Impero, nasceva una civiltà cittadina che sostanzialmente si poneva come un terzo incomodo fra i due litiganti e che, per questioni di opportunità, si schierava col papa. E infatti anche fra papato e Comuni si sviluppava una certa diffidenza, tanto che gli “alleati” si spiavano reciprocamente.

Nell’epoca risorgimentale la battaglia di Legnano veniva interpretata da molti in chiave antiaustriaca e diveniva un evento fondante per il fronte unionista. Eppure la cultura laica imputava proprio al papato la responsabilità della disunità d’Italia: ancora una volta ogni fazione interpretava i fatti storici a modo suo e non senza evidenti forzature e contraddizioni.

Il merito del libro della Percivaldi è quello di proporre per la prima volta un’interpretazione della Lega Lombarda in chiave indipendentista. La lotta fra Comuni e Impero non sarebbe quindi una battaglia fra progressisti e reazionari, e men che meno fra laicisti e clericali, ma sarebbe la prima manifestazione di una coscienza identitaria delle città settentrionali. I Comuni padani in quell’occasione acquisivano uno spirito di autogoverno e un’aspirazione all’indipendenza che ancor oggi caratterizzano il Nord rispetto al resto d’Italia. E proprio questa si può considerare come l’eredità più autentica e preziosa di Alberto da Giussano, il mitico comandante della “Compagnia della Morte” che, secondo la tradizione, ebbe un ruolo decisivo nella vittoria dei Lombardi.

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Elena Percivaldi, I Lombardi che fecero l’impresa. La Lega e il Barbarossa tra storia e leggenda, Áncora, Milano 2009, pp.232, € 16,00.

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Michele Fabbri ha scritto il libro di poesie Apocalisse 23 (Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2003). Quella singolare raccolta di versi è stata ristampata più volte ed è stata tradotta in inglese, francese, spagnolo e portoghese. Dell’autore, tuttavia, si sono perse le tracce… www.michelefabbri.wordpress.com
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