Musica, arte e letteratura. Questa è Alba, baby!

Alba. Via Vittorio Emanuele

«Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944». Molti lo riconosceranno è l’efficacissimo incipit del racconto I ventitré giorni della città di Alba, contenuto all’interno di una delle opere più note di Beppe Fenoglio, un libro d’asciutto realismo e privo di retorica, per buona parte ispirato alla lotta di liberazione (Fenoglio fu un partigiano langarolo), e uscito nel ‘52 per Einaudi presso la collana diretta da Elio Vittorini «I gettoni». Fenoglio scomparso quarantasei anni fa, più di quanto visse, è da considerarsi il genius loci di una cittadina, Alba appunto, immersa nelle fertili Langhe, nota per i tartufi, i vini, le attività imprenditoriali e commerciali, e che non ha mai nascosto, anzi tutt’altro, il proprio attaccamento alla cultura, nella misura di un legame stretto e ben valutato fra la cura della memoria e gli apporti esterofili.

Soprattutto nei periodi di puro divertimento – senza particolari eccessi – la cittadina in riva al Tanaro è in grado di accogliere eventi e personaggi di primo piano. Come in questi giorni per la 79a edizione dell’annuale Fiera del tartufo – e della gastronomia piemontese – oggetto di riconoscimenti a livello internazionale. Il teatro sociale della città ha infatti ospitato il poeta e romanziere José Saramago che ultimamente si è anche dedicato alla cura di un proprio blog divenuto un volume edito in Italia per Bollati Boringhieri (“Quaderno”). L’ottantasettenne scrittore portoghese, Nobel nel ’98, che ha spesso fatto parlare di sé per le sue posizioni sfacciate, è stato accolto da una pubblico composto da giovani particolarmente attenti. Alba terra di penne affilate e lettori curiosi dunque (ricordiamo peraltro la vicinissima Santo Stefano Belbo, patria di Cesare Pavese, o Bra, la terra che seppe degnamente accogliere Giovanni Arpino; Grinzane-Cavour invece, oggi non troppo amata a causa del recente scaldalo relativo al premio letterario, è uno dei paesi contigui), ma che non vive solo di questo. Nel suo pedigree, anche musica, arte e sport. Alba diede i natali a Michelangelo Abbado papà della grande dinastia di musicisti e, nel campo dell’arte, albesi sono Roberto Longhi storico dell’arte il cui allievo più celebre fu Pier Paolo Pasolini, Pinot Gallizio (1902-1962) noto per la sua “pittura industriale”, e Macrino d’Alba pittore del XVI secolo (con alcune opere ospitate nella chiesa di san Giovanni e nel palazzo comunale albese). Lo sport albese, anzi della provincia Granda (cioè cuneese), per eccellenza è invece il “balòn”, la palla elastica; sport di tradizione anzi qualcosa di più di un semplice sport: diffuso in altre provincie liguri e piemontesi, che mescola la fatica del lavoratore della terra (in molte parti della Langa, fino al dopoguerra l’industria era praticamente sconosciuta) e la lealtà e il rispetto per l’avversario del “guerriero” rugbista. Proprio in questi giorni di festa si svolgeranno le finali scudetto del “balòn” e le tribune degli sferisteri saranno riempite da quella stessa gente che assisteva agli incontri per le strade del centro, fra i palazzi, alcuni decenni or sono. Qui sono nati tanti eroi moderni, come Augusto Manzo per esempio, che è stato uno dei più bravi giocatori di palla elastica (si dice pallonista), che si ricordino; scomparso dopo un incidente stradale nel 1982, una statua in bronzo lo ricorda nella parte centrale di Alba, di fronte l’arcivescovado.

Langhe terra di fatica dunque e terra di ciclismo. Anche quello su due ruote è uno degli sport più amati delle terre fenogliane. Non è per nulla raro – tutt’altro – imbattersi in carovane di ciclisti – uomini e donne – in allenamento fra le colline del basso Piemonte. Dall’impegno per il lavoro a quello per la passione perché nelle terre del tartufo bianco tutto sembra assumere un valore speciale. Albesi e langaroli non possono dimenticare le loro tradizioni, la loro storia, a cominciare dal periodo romano, pre-romano e medievale. Proprio a quel tempo Alba fu detta la “città delle cento torri”, ed oggi invece è un paese che cerca di armonizzare il territorio alle proprie fortune e alle capacità di produrre ricchezza. Non è e non sarà facile.

Alba. Navata maggiore del Duomo

Quest’anno la Fiera del tartufo, è stata inaugurata il 9 ottobre dal ministro alla politiche agricole e forestali Luca Zaia; è l’evento clou di un autunno albese che già dal passato cominciò a ospitare personalità straordinarie da Alfred Hitchcock a Joe Di Maggio, marito di Marilyn Monroe; la sede del mercato del tartufo è anche quest’anno il cortile della Maddalena, centralissimo portico adiacente alla via principale del paese. Mostre e incontri collaterali sono previsti per tutta la durata della Fiera e come sempre lo spiritosissimo “palio degli asini” preceduto dalla storica sfilata in abiti medievali, con figuranti e messe in scene, al quale partecipano i nove borghi albesi. Ma si diceva anche: Alba città della musica. Oltre a un festival estivo, la cittadina ha una sua orchestra, la camerata strumentale “Giovanni Francesco Pressenda” (dal nome di un celebre liutaio della fine del Settecento), protagonista di una ricca stagione invernale da diciassette anni, un altro festival estivo itinerante (Arte e musica tra le colline) e un premio, il “Pressenda” appunto, anch’esso di livello internazionale. Protagonista della stagione concertistica, nonché direttore  musicale  e fondatore dell’orchestra albese è Paolo Paglia, albese anch’esso e neanche cinquantenne, che ha diretto lo stesso giorno dell’inaugurazione della Fiera il concerto inaugurale dal titolo: «Giro del mondo in 80 minuti, melodie celebri da tutto il mondo» (col tenore coreano Shin Young-Hoon), e con un programma anch’esso internazionale: musiche di Brahms, Piazzolla, Lloyd Webber, Puccini e Lennon-McCartney. Il classico mescolato al moderno, in perfetto stile albese, con eleganza e padronanza di linguaggio. Ma Paglia è da poco diventato scrittore avendo appena pubblicato per Antares edizioni Datemi un la, un libro che è quasi un diario, frutto delle sue esperienze musicali, dei suoi insegnamenti di storia e composizione, delle sue collaborazioni giornalistiche ai periodici locali e dei suoi studi.

In questo stesso modo, sempre fedele al suo passato, Alba è una cittadina che continua a mutare giorno per giorno. La voglia di raccontare il suo Novecento è venuta a Giulio Parusso direttore del centro studi “Beppe Fenoglio”, che ha fotografato i maggiori momenti di cambiamento del paese: «I primi trent’anni del dopoguerra hanno segnato una profonda trasformazione della città di Alba: da grande paese agricolo, privo di servizi fondamentali come le fognature o carenti in altri come acquedotto, scuole, strade, mercati, impianti sportivi, energia elettrica, a città con più di trentamila abitanti dotata di notevoli industrie, fornita di servizi pubblici e sociali efficienti e capillari, scuole e impianti sportivi. Una città che, risorta dalle macerie belliche, ha saputo guidare e sostenere lo sviluppo economico e sociale del vasto territorio di Langhe e Roero che guarda ad essa come la sua capitale naturale di riferimento». I cambiamenti in quel periodo costituirono la base per la crescita del paese, oggi ben visibili.

Certamente apprezzabile il lavoro del centro politico albese d’estrazione cattolica che, negli anni, decise di dividere le responsabilità di governo coi partiti laici – liberali e poi socialisti. Ma quella di Langa (Alba in particolare), si sa, è anche una terra oggetto di immigrazione: qui dagli anni Cinquanta agli anni Settanta la popolazione è quasi raddoppiata (anche l’incremento delle nascite fu notevole, però); nel periodo più recente a una lenta ma costante emigrazione meridionale – che è oramai per buonissima parte qualificata – si  è aggiunta la presenza di cittadini dell’Europa dell’est e in quantità minore di extracomunitari del nord Africa, una presenza che arricchisce luoghi da sempre aperti alla presenza straniera, internazionali appunto. Così oggi, la storia di Alba è ben rappresentata dalla sua via principale (via Maestra): come una piccola Firenze cosmopolita, il suo passato e il suo futuro vanno a braccetto come due innamorati sotto un loggiato.

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Marco Iacona, dottore di ricerca in “Pensiero politico e istituzioni nelle società mediterranee”, scrive tra l’altro per il bimestrale “Nuova storia contemporanea”, il quotidiano “Secolo d’Italia”, il trimestrale “La Destra delle libertà” e il semestrale “Letteratura-tradizione”. Per il “Secolo d’Italia” nel 2006 ha pubblicato una storia del Msi in dodici puntate. Ha curato saggi per le Edizioni di Ar e per Controcorrente edizioni. Per Solfanelli ha pubblicato: 1968. Le origini della contestazione globale (2008).

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