Visconti e Stefanini. Cronaca di un proditorio assassinio

Il maggiore Adriano Visconti. Illustrazione di Mario Montano.
Il maggiore Adriano Visconti. Illustrazione di Mario Montano.

Abbiamo ricevuto dagli amministratori del sito Thule Italia il seguente articolo, con preghiera di diffusione. Lo pubblichiamo volentieri a nostra volta. C.S.L.R.

Attraverso Mario Montano ci è pervenuta in fotocopia la sentenza (il cui testo riportiamo a parte) che condanna alla fucilazione il maggiore Adriano Visconti, comandante del 1° Gruppo Caccia dell’Aviazione repubblicana e del suo Aiutante Maggiore Sottotenente Valerio Stefanini. Nei fatti, non si trattò di una fucilazione bensì di un proditorio assassinio perpetrato mentre erano ancora in corso con il CLN trattative per lo scioglimento del Gruppo. Mario Montano ha ricostruito per noi l’intera dinamica degli avvenimenti. La prima preoccupazione di Visconti al precipitare degli eventi, onde evitare qualsiasi spargimento di sangue, fu di raccogliere tutti i componenti il Reparto a Gallarate nella sede del Comando del 1° Gruppo Caccia. La mattina del 27 aprile 1945 un plotone del Gruppo, regolarmente inquadrato e armato, raggiunse Malpensa completando la distruzione degli aerei per evitare che cadessero in mano agli Alleati, quindi rientrò alla base. Fino a quel momento tutto si era svolto nella più perfetta calma, anche per il buonsenso dimostrato dall’ingegnere Vismara, esponente del locale CLN.

Successivamente, Visconti ricevette i colonnelli Giannotti e Sacchi, inviati a Gallarate dal generale Sala, rappresentante della Regia Aeronautica, in vista dello scioglimento del 1° Gruppo Caccia, con tutte le guarentigie per i suoi componenti. Al colonnello Sacchi il maggiore Visconti affidò una proposta di accordo da consegnare al generale Saia. E qui si apre un mistero ancora oggi insoluto: il mancato ritorno di Sacchi con la risposta di Sala.

a-difendere-i-cieli-ditaliaGiunse invece a Gallarate il capitano Serego, inviato del generale Cadorna sollecitato con insistenza dal clero ad intervenire. Considerata la situazione, Visconti sottoscrisse un accordo di base, secondo il quale il 1° Gruppo Caccia si sarebbe sciolto alle seguenti condizioni: l’onore delle armi e il passaggio di tutto il rimanente materiale ad un ufficiale superiore della Regia Aeronautica; un salvacondotto per tutti i sottufficiali e truppa; il diritto per gli ufficiali di conservare la pistola e il loro trasferimento a Milano con l’impegno di essere consegnati alle Autorità militari italiane o Alleate quali prigionieri di guerra.

Il documento venne sottoscritto da Visconti, in tre copie, e controfirmato dall’ingegnere Vismara del CLN, dal tenente colonnello pilota Giannotti della Regia Aeronautica, dal capitano Serego per il Comitato militare del CLNAI e dai capi partigiani Luciano, Aldo e Iso (Aldo Aniasi, futuro sindaco di Milano). Stranamente, dell’originale del documento non sembra esservi traccia, ma è voce corrente che una copia sia custodita nell’archivio del PCI di Varese.

La sentenza di condanna a morte
La sentenza di condanna a morte

 

Come accaduto in altre simili circostanze nella primavera di sangue, a prendere in mano la situazione, e il destino dei prigionieri, furono i capi partigiani, esautorando di fatto i militari e il CLN. Il mattino del 28 aprile, dopo la cerimonia di scioglimento del 1° Gruppo Caccia, venne delegato a Vismara ed ai tre capi partigiani l’incarico di scortare a Milano gii ufficiali prigionieri. Va riconosciuto all’ingegnere Vismara di avere garantito la loro incolumità almeno fino all’arrivo a Milano, alla Caserma del Savoia Cavalleria, in quei giorni occupata dalla Divisione partigiana Redi. Qui, contrariamente agli accordi sottoscritti, i tre capi partigiani disarmarono gli ufficiali una volta condotti al secondo piano dell’edificio.

Dopo l’avvenuto disarmo, nel primo pomeriggio, il maggiore Visconti venne chiamato per un ulteriore interrogatorio (così si disse) al piano terreno. Lo volle seguire, ad ogni costo, l’Aiutante Stefanini. Giunti nel cortile, seguiti alle spalle dai tre capi partigiani, una prima raffica raggiungeva alla schiena Visconti che cadeva a terra, in ginocchio. Stefanini, al suo fianco, si gettava istintivamente alle spalle del suo comandante, ed era in quell’attimo che partiva la seconda raffica che lo raggiungeva alla schiena, fulminato. Da più parti è stato affermato che il colpo di grazia a Visconti, alla nuca, sia stato sparato da Iso.

Da ricordare che si deve al generoso impegno del capitano pilota Robetto, con l’aiuto di Ugo Diappi, ex appartenente al 1° Gruppo Caccia, al cappellano militare Don Luigi Botto e ad Irma Rachelli se le due salme, sepolte frettolosamente nel cortile della Caserma del Savoia Cavalleria, vennero recuperate già l’8 maggio 1945 e sepolte al Monumentale di Milano.

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7 Responses

  1. marco calistri
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    come ebbe a dirmi il generale Di Lollo prigioniero assieme a Visconti anche gli altri ufficiali dopo essere stati derubati vennero radunati in vista di un “trasferimento” il conseguente massacro non potè avere luogo per l’intervento della MP americana.Tutti ebbero salva la vita grazie alla prontezza di spirito del principe Colonna-allora sottufficiale- il quale,quando vide che il proprio fratello,ufficiale , veniva condotto nella caserma del savoia Cavalleria dalla quale proveniva l’eco di raffiche di mitra, capì al volo la situazione e si diresse in fretta alla caserma dei carabinieri in via Meravigli.La salma di Visconti presentava segni di torture post mortem.

  2. marco calistri
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    dopo la guerra i superstiti del primo stormo chiesero al ministero che venisse murata una lapide nella caserma in ricordo del comandante Visconti ma la richiesta venne respinta.Fortunatamente il campo x di musocco è stato dichiarato campo militare e quindi la salma di Visconti non è finita nell’ossario

  3. marco calistri
    | Rispondi

    Quando il generale Di Lollo,divenuto nel frattempo comandante delle frecce tricolori,tenne una conferenza a Milano su F,Baracca, ebbe occasione di incontrare il sindaco Aldo Aniasi. Di Lollo rifiutò di stringergli la mano dicendo:non stringo la mano ad un assassino.L’Aniasi replicò:generale lei mi deve una spiegazione.Di Lollo:gliela do’ subito caserma del savoia cavalleria 29 aprile 1945.Aniasi: ancora quella storia? indi girò i tacchi e se ne andò dopo essere stato gratificato IN PUBBLICO CON L’EPITETO DI ASSASSINO.

  4. Alfonso Piscitelli
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    leggo dalla sentenza: “la travolgente avanzata delle forze partigiane”,
    certo che morire fucilati è sgradevole,
    ma essere uccisi dal ridicolo delle proprie affermazioni lo è anche di più…

  5. silvano
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    Nel leggere le eroiche gesta dei compianti ufficiali Visconti e Stefanini,mi vengono i brividi,pensando alle loro valorose missioni. Onore e un fervido ricordo per questi valorosi militari.In fede, Silvano

    • Simone
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      Scrivo perche il silenzio che aleggia sulla figura e sulla morte di Adriano prima o poi finisca e gli sia reso il lustro che merita.
      Conservate e tramandate la sua storia nel tempo.

      Un eroe puoi ucciderlo ma il suo insegnamento e’ eterno, vola alto Maggiore.

  6. Franco Storchi
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    Aldo Aniasi “Iso” comandante della brigata partigiana era in realtà succube di un commissario politico russo che applicò una norma di Lenin ben provata in Russia : “Eliminare anche i potenziali avversari politici” , fu lui a decidere la sorte di Adriano Visconti e di tutti gli ufficiali che si salvarono dalla fucilazione solo perchè uno dei due camion sui quali erano stati caricati non si mise in moto subito permettendo così a Carabinieri ed MP americani allertati da Colonna di giungere in caserma , bloccare i camion e prendere in carico i prigionieri . Negli interrogatori successivi gli americani non volevano credere che Visconti fosse stato assassinato, pensavano che fosse fuggito, si convinsero soltanto ascoltando le deposizioni concordi di tutti gli ufficiali del Primo Gruppo Caccia tra i quali era mio zio Ten. Franco Storchi di cui sono onorato di portare il nome.

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