L’illuminismo si è spento da solo

Sconfessato il sacro, respinta la tradizione, resta solo il dominio della tecnica e il consumismo

Marcello Veneziani, I Vinti. I perdenti della globalizzazione e loro elogio finale Prosegue orinai dal millennio scorso il dibattito sull’Illuminismo che Eugenio Scalfari aprì sulle colonne de La Repubblica un mese e mezzo fa. Numerosi filosofi – neoilluministi e no – si avvicendano da settimane sulle sue pagine culturali per spiegare cosa voglia dire essere illuministi oggi. Eco, Vattimo, Maffettone, Volpi, Givone, Esposito, Moravia. All’apparenza, la questione dei lumi sembra spuntata dal nulla, senza una particolare ragione di attualità, oltre l’occasione dell’uscita di un libro di Isaiah Berlin, Controcorrente (Adelphi), che lambisce queste tematiche.

In realtà i motivi che hanno innescato il dibattito sono due: uno riguarda la percezione dì una sconfitta del pensiero Neo- e illuminista davanti al trionfo giubilare del Papa e del tema religioso; l’altro riguarda la sottile guerra fredda che si combatte nelle pagine culturali de la Repubblica tra la linea illuminista, più omogenea al quotidiano e al suo fondatore, e molti collaboratori che sono figli e figliastri (di Schopenhauer e Nietzsche, di Heidegger e Jünger, di Schmitt e di tradizioni platoniche, ma non razionaliste né legate alla filosofia analitica anglosassone.

Il retrogusto di questo serial filosofico de la Repubblica è rendere omaggio a Scalfari come filosofo; un’ambizione o forse una civetteria a cui il grande Eugenio sembra tenere molto, dopo aver concluso in gloria la sua carriera giornalistica. E gli intervenuti hanno reso omaggio a Scalfari, salvo qualche scortese defezione: come quella di Vattimo, che ha ignorato del tutto Scalfari scrivendo un lungo articolo rivolto esclusivamente a Eco, infarcito di cadute politico-elettorali e di ossessioni etico-omosessuali. Ma non è di questo gossip che val la pena occuparsi. Chiediamoci piuttosto: perché oggi i Lumi sembrano spenti? Perché il progetto illuminista sembra raccogliere solo elitari consensi? La risposta degli illuministi ombrosi, che coltivano il pessimismo aristocratico o peggio il settarismo apocalittico, è che ha vinto l’oscurantismo. Ha vinto con la forza, con la suggestione e con il consenso delle masse. Un oscurantismo che si biforca in religioso e ateo e si riassume in due figure opposte, ma per gli illuministi complementari: Nietzsche e il Papa, ovvero l’Anticristo e il Vicario di Cristo. I Neoilluministi tendono a condurre a unità questi due giganti così diversi, eccetto la comune origine polacca (più lontana per Nietzsche). E’ curioso invece notare che l’odierna disfatta dell’Illuminismo sembra avvenuta soprattutto ad opera di un fattore che Nietzsche e il Papa hanno sempre osteggiato: il trionfo della civiltà consumistica di massa, che fa leva più sull’emisfero emotivo e irrazionale, sui desideri e gli istinti. La società opulenta cammina su due gambe che non sono propriamente né cattoliche né nietzschiane: la Tecnica e l’Economia. Alle origini di questa civiltà consumistica di massa c’è il divorzio tra la ragione dei Lumi e la ragione strumentale: la prima è stata congedata per far posto alla seconda. Così è cresciuta la Tecnica senza la Cultura.

Marcello Veneziani, Vita natural durante Ora, prima di attribuire la sconfitta dei Lumi all’agguato delle forze oscurantiste, non sarebbe il caso di svolgere una critica dell’illuminismo? E se il progetto illuminista fosse stato sconfitto dai mostri che ha esso stesso evocato? E se l’Illuminismo fosse stato indebolito dalle sue stesse promesse non mantenute e capovolte?

Proviamo a sintetizzare in grandi linee. E’ lecito parlare di Nietzsche e accostarlo automaticamente a Hitler (come fa l’ultimo numero di MicroMega); parlare del Papa e accostarlo automaticamente all’Inquisizione; e poi parlare di Voltaire e non accostarlo a Saint-Just, parlare di illuministi e non accostarli ai giacobini, parlare dei lumi e non riferirsi al Terrore? E’ giusto identificare la Chiesa col rogo degli eretici e poi rifiutarsi di collegare i Lumi alla ghigliottina? Le semplificazioni generano semplificazioni di segno contrario.

Gli illuministi di oggi quando parlano di religione stabiliscono un nesso automatico con superstizione, non distinguono tra credenti e creduloni, identificano fede con persecuzione, religione con inquisizione e con dispotismo. Ma così semplificando, autorizzano a compiere lo stesso procedimento di chi identifica razionalismo con dea Ragione, Rivoluzione con Terrore, spirito illuminista con spirito giacobino, egualitarismo con totalitarismo. La pretesa dei nuovi philosophès è tirarsi fuori dalla storia, distinguere i salotti dalle Vandee. Gli amabili conversari dai genocidi nel nome di quelle idee. E invece, bisogna avere il coraggio di fare i conti con i mostri partoriti dal grembo dell’illuminismo. Avendo cura, certamente, di non stabilire nessun rapporto automatico di causa ed effetto: ma avendo la capacità di cogliere i nessi e le divergenze, in questo come in altri casi. Voltaire non inventò la ghigliottina né ne sponsorizzò l’uso; ma se è per questo neanche Nietzsche inventò i lager o San Tommaso la caccia alle streghe.

I due secoli di storia che ci siamo lasciati alle spalle, ci parlano di guerre mondiali, di regimi totalitari e di stermini che non avevano nulla a che fare, con le religioni e le tradizione criticate dagli illuministi; ma erano figlie, pur degeneri, che avevano voltato le spalle alle religioni e alle tradizioni e che volevano prendere il loro posto (illuminista) di un’umanità autoredenta.

Ma lasciamo stare le degenerazioni, guardiamo al meglio il progetto illuminista: esso si compendiava nel nobile proposito di Kant di considerare l’umanità come fine e non come mezzo. Due secoli di storia e il nostro stesso presente sono purtroppo la prova che mai come oggi l’umanità è stata considerata come mezzo, come strumento e come merce. Il progetto illuminista prometteva: se ci liberiamo dalla religione, avrà fine l’alienazione, l’uomo sarà padrone di se stesso, finalmente adulto. Ma dopo un vasto e radicale processo di scristianizzazione, di liberazione dalla religione e di disincanto, l’alienazione si è ingigantita anziché diminuire, e cresce man mano che l’uomo perde i legami con ciò da con l’Illuminismo voleva liberarci: la tradizione, la religione, i legami naturali.

Il paradosso è che I’Illuminismo anziché allargare le possibilità di vita e liberare maggiori opportunità, le impoverisce, perché esclude dai suoi orizzonti risorse e aperture che attengono ad altre dimensioni costruttive della persona umana: per esempio le facoltà religiose, simboliche, mitiche, rituali. Credere che tutto questo appartenesse ad uno stadio infantile, primitivo e tribale della società e non piuttosto all’anima umana, ha significato un impoverimento, una perdita, che ha ingigantito angosce, depressioni e solitudini. E’ stata cosi opposta la razionalità alla ragionevolezza, come scrive Serge Latouche; ma anche l’umanità astratta agli uomini concreti, il cosmopolitismo alle differenze tra i popoli, separando la ragione dalla realtà e l’umanità dalle sue radici; sostituendo nuovi pregiudizi ai vecchi. Insomma, se i Lumi oggi sembrano spenti forse la causa non è degli oscurantisti che hanno spento l’interruttore, ma del cortocircuito che i Lumi stessi hanno determinato. Ci sono più cose in cielo e in terra di quelle che certifica la Ragione.

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Tratto da Il Giornale del 12 luglio 2001.

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  1. giovanni mapelli
    | Rispondi

    si dimentica sempre di considerare chi industrializza e commercializza il pensiero e quindi ne inficia il valore assoluto.

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