Ci sono streghe e stregoni nel medioevo russo? – 1

Aldo C. Marturano, Storie di cavalieri e di lituani La foresta è una miniera di materie prime per fabbricare moltissime cose, ma nel Medioevo il suo sfruttamento (fortunatamente!) non era così intenso e distruttivo come è generalmente oggi nelle foreste del mondo, pensando in negativo a quel che accade nella foresta del Mato Grosso, in particolare. Infatti, molta parte della foresta europea si è conservata, sebbene moltissima altra sia scomparsa per… ricavarne terreno da coltivare e aumentare il latifondo!

L’idea che si andava affermando in quegli anni dell’alto Medioevo di gran fervore missionario (IV-V sec. d.C.), propagata a tutti i livelli e in tutti i modi possibili (anche cruenti!) dai molti santi perlopiù irlandesi, era: Distruggere la selva, per eliminare i templi del demonio e i suoi servi! Inoltre aumentando l’estensione del terreno da coltivare si offriva la possibilità a sempre più numerose famiglie di vivere una vita cristiana lavorando e guadagnandosi il paradiso col sudore della fronte, secondo l’indicazione delle Sacre Scritture e, soprattutto, legando la gente al latifondo signorile dove queste persone svolgevano il proprio lavoro. Tutto questo è detto meglio con le parole lapidarie di un grande studioso francese, Roland Bechmann, che noi qui chiamiamo in aiuto: “Distruggere la foresta fu per la Chiesa una soluzione per eliminare questi rifugi agli spiriti maligni, questo nido di superstizioni diaboliche e di pratiche di stregoneria. Allo stesso tempo si allargava lo spazio coltivabile e si aumentava la produzione dei prodotti di sussistenza e si affrontavano i problemi di una popolazione in aumento”. Nonostante quella sistematica distruzione, che rimanesse pure qualche lembo di bosco per la caccia dei cavalieri nobili e per l’indispensabile raccolta di qualche prodotto fondamentale per la vita elegante delle corti! Allo stesso tempo però che tutto fosse sotto controllo, parcellizzato e… santificato!

Richard Kieckhefer, La magia nel Medioevo Nell’Europa Occidentale il Papa, essendosi con la sua Chiesa affermato come un’autorità molto forte in tutti i campi, con le sue politiche “ecumeniche” (specialmente quando erano in gioco il rafforzamento e l’espansione della Chiesa Romana stessa e minacciava il pericolo dello scisma e dell’eresia dal barbaro nord) s’insinuava persino nelle politiche di quegli stati indipendenti che non rientravano nella giurisdizione ecclesiastica diretta di Roma. La deforestazione dunque fu consacrata come un atto santo cristiano e addirittura dopo ogni grande carestia la si spinse più a fondo perché, si fece notare, queste calamità erano dovute proprio ai peccati di chi non aveva molto da fare a causa della… mancanza di terreno da coltivare! In questo modo la distruzione della foresta giunse ad essere intesa come un obbligo morale di ogni signore cristiano, di ogni re timoroso di Dio e perciò eseguita ed approvata con “santa” convinzione. Per fortuna (dobbiamo dirlo!) nell’Europa settentrionale e nordorientale, dove il Cristianesimo non si era ben affermato fino al X-XII sec., il piano di intenso disboscamento non fu attuato e in particolare il Bassopiano Sarmatico dall’Elba agli Urali con la sua fitta foresta vergine rimase momentaneamente quasi intatto. Non solo: quando la domanda per i prodotti silvicoli andò aumentando nei secoli XI-XIII sec. in Occidente, la foresta nordica europea diventò l’unica risorsa dove trovare le indispensabili materie prime!

Si capisce dunque che la protezione e lo sfruttamento dell’ambiente si trasformò in un interesse primario per la Rus’ di Kiev, dove dominavano i Rjurikidi. Già s’iniziò simbolicamente con l’atto arbitrario di santa Olga di Kiev a metà del X sec., quando costei riservò a suo uso personale alcune zone forestate del nord. Naturalmente la foresta restò a disposizione di tutti coloro che vivevano intorno con quasi nessuna limitazione giuridica, purché lo smierd continuasse a raccogliere non solo ciò che serviva per la propria vita, ma anche ciò che serviva per produrre prodotti pronti e semifiniti da passare come tributo all’élite al potere che ne traeva guadagno. A quei tempi inoltre, non esistendo alcun contratto sociale definito fra il potere e i sudditi del tipo obbligo di assistenza sanitaria o economica in caso di cataclismi, alla foresta fu affidato un ulteriore compito: Quello di rappresentare letteralmente il luogo dove cercare e trovare la soluzione a qualsiasi tipo di problema quotidiano! Vediamo di capir meglio quest’ultima nostra affermazione. Nella concezione mitologica slava, all’uomo erano assegnati dalla nascita un certo numero di anni da vivere (rok/po?) trascorsi i quali si passava ad un altro tipo di vita nel mondo dei morti. Osservando la natura, in cui ogni anno il ritmo alterno delle morti e delle nascite si ripeteva fedelmente senza grandi mutamenti, non c’era ragione per non credere che non dovesse accadere lo stesso nel mondo degli uomini. Durante il periodo “attivo” della vita però capitavano imprevisti che potevano abbreviare o allungare, danneggiare o deviare il rok personale. Se il corpo umano era costruito più o meno come quello degli altri animali, doveva funzionare regolarmente per il tempo assegnato e, solo quando una forza maligna penetrava nel suo interno, ne scombussolava il funzionamento e ne seguivano dolori, malattie, disagi psichici e simili. Non necessariamente però doveva seguirne la morte! Questa arrivava comunque per consumazione o vecchiaia, purchè non prima del previsto e nei modi ammessi! Morire prima o vivere troppo… questo era l’imprevisto! E sull’imprevisto provocato dalla capricciosa intromissione di forze invisibili il Creatore non interveniva, se non opportunamente implorato e pregato. Inoltre gli Slavi Orientali erano certi che fra gli alberi abitassero degli esseri viventi dai poteri soprannaturali i quali, se la Cristianità ne riconobbe successivamente l’esistenza reale definendoli però “esseri diabolici”, per lo smierd regolavano l’andamento del mondo per conto del Creatore persino insidiando l’uomo. Dunque, se c’è un evento è possibile contrastarlo o evitarlo rivolgendosi anche a loro oppure, alla stessa maniera e perciò col loro intervento, si può impetrare che avvenga qualcosa che desideriamo.

Michel Pastoureau, Medioevo simbolico Ma di quali problemi stiamo parlando? Un malanno fisico? Un disagio psichico? Un problema economico? E davvero è possibile trovare soluzioni efficaci a tutte queste cose vagando nella selva? Sicuramente lo smierd si trovava ogni giorno ad affrontare ostacoli personalissimi di varia natura, ma come membro di una grande famiglia trovava sempre assistenza e aiuto concreti da parte dei congiunti e non sempre occorreva ricorrere all’intervento dei poteri soprannaturali. E non è per questa ragione che il tempio degli dèi slavi si trova qui fra gli alberi? Per questo anche la mediazione del volhv per i problemi della vita umana rimase indispensabile. Tuttavia c’erano pure casi in cui ci si poteva di certo arrangiare da soli. Tutti sapevano che l’infinita provvidenza del Creatore aveva creato gli animali e le piante proprio allo scopo di aiutarsi reciprocamente e in questo creato erano compresi naturalmente gli uomini. In particolare il Creatore deve mantenere l’uomo efficiente, se vuole essere nutrito a dovere. E sì! Nutrire! Gli dèi devono vivere ed hanno destinato l’uomo a questo servizio indispensabile e sacro di mantenerli in vita (in russo si diceva proprio così, nutrire gli dèi ossia kormit’/??????? più che servire adorare o venerare). E allora in momenti di crisi di salute o di debolezza come fare a riconoscere la pianta o l’animale che avrebbe porto l’aiuto giusto all’uomo affinché questi tornasse in piena salute al servizio degli dèi?

E qui s’innestava la secolare esperienza che gli antenati avevano accumulato e tramandato di uomo in uomo e (soprattutto) di donna in donna nella grande famiglia slava. Bastava chiedere alle “persone che sanno” (e non solo al volhv) ed esse avrebbero aiutato a trovare la pianta o l’animale destinati ai bisogni “sanitari” nel misterioso mondo della foresta.

Jean-Claude Schmitt, Medioevo «superstizioso» C’erano però delle regole da rispettare. La foresta è viva e nessuno ha il diritto di uccidere i suoi abitanti a proprio piacere! Può farlo solo se debitamente “autorizzato”! Questo sì! Insomma occorre capire che nella selva si è ospiti in casa d’altri e quindi si deve sempre chiedere il permesso allo spirito (fra gli altri) che qui governa, al Lescii. Questo essere, se implorato nel modo corretto, si presterà volentieri a sacrificare sia le sue piante sia i suoi animali, perché sa che un giorno anche l’uomo gli potrebbe essere sacrificato nel caso ce ne fosse bisogno! Ne segue che è inutile affannarsi a cercare piante e animali particolari a caso e senza una concessione “divina” perché se così facessimo ce ne potrebbe cogliere male in quanto attireremmo l’attenzione delle solite forze maligne che stanno ad osservarci le quali alla minima nostra esitazione sono pronte a ridurci a loro ostaggi (zalòzhniki/?????????). E questa sarebbe per noi la fine… E’ bene quindi aver pazienza, chiedere quanto ci serve col rito giusto e la pianta o l’animale comparirà davanti a noi senza neppur fare un gesto oppure un ljudnik/?????? (ossia gnomo, elfo) ci accompagnerà o si farà vedere in sogno indicandoci dove trovare quanto cerchiamo! Evitare l’ingordigia poi è molto importante perché non è ammesso accumulare riserve e occorre sempre lasciare alla foresta quella parte di ciò che si usa, non come rifiuto senza valore, ma come offerta sacra, scusandosi se è troppo poco o se abbiamo preso troppo.

Ecco! Questo è, schematizzato, il comportamento che lo smierd mantiene di fronte agli alberi, agli animali, alle piante etc. Di qui, lo ripetiamo, la necessità non tanto di conoscere bene piante e animali quanto invece di celebrare tutti i riti necessari per accostarsi a questi esseri della foresta, visibili ed invisibili, senza offenderli!

Arturo Graf, Miti, leggende e superstizioni del medio evo Sappiamo bene che la ricerca del benessere fisico e psichico (se è possibile fare tale distinzione!) è un bisogno naturale e diffuso. Anche qui però per lo smierd ha gran valore l’osservazione degli animali. E’ certo: questi subiscono talvolta, ma rarissimamente a quanto pare, disagi fisici, ma poi in breve tempo ritornano come prima… dopo essersi aggirati nel folto! Evidentemente hanno trovato qualche sostanza che ha ridonato loro il benessere! Qualche esempio? Tutti coloro che hanno in casa un gatto sanno benissimo che ogni tanto questo piccolo dolce carnivoro ha bisogno di cercare la cosiddetta erba gattaia. Questa erba ha effetti vomici che serve per rigurgitare i peli che il gatto ha accumulato nello stomaco a causa delle varie “pulizie” con le leccate periodiche che fa sulla propria pelliccia. Anche qui il gatto ha un disagio e deve liberarsene e lo fa ricorrendo ad una pianta. Dando allora per scontato che questo accade sempre, per farla breve, se gli animali sanno tenersi in forma, così gli uomini, non molto diversi da loro, possono scoprire ciò che serve in tutti i casi di disagio… proprio fra le erbe della foresta! In un Inno dei Rigveda si legge: “Nelle erbe si trova tutta la potenza dell’Universo. Colui che conosce le segrete facoltà delle piante è una persona onnipotente”. E, se ben riflettiamo, questa è un’antica verità universale che, se valeva nei millenni passati, non c’è ragione per negarne il valore oggi (e tanto più nel Medioevo) giacchè le piante curano e guariscono, uccidono o danneggiano il nemico o ci sollazzano e ci fanno sognare! Noi oggi sappiamo che questi effetti sull’organismo sono dovuti ai composti chimici che esse elaborano partendo dai minerali del terreno, ma, rispetto all’antico, è soltanto cambiato il modo di esprimere quel principio vedico, ma non il suo contenuto! In altre parole forse è vero che nella foresta c’è il rimedio a tutto! Dunque erbe, più che animali, possono aiutare l’uomo a ritrovare il benessere…

Lasciamo un momento da parte questa conclusione e facciamo un’ulteriore osservazione. Ciò che mette in ansia l’uomo però non è forse il malanno o il guaio in sé, ma, come abbiamo detto, fa paura non poterlo prevedere o non aver colto i segni che ne indicavano l’approssimarsi. Ogni qual volta è possibile prevedere e premunirsi, l’uomo vive meglio. Per questo si ricorre all’osservazione degli astri, di cui lo smierd è un attento osservatore, ma poi bisogna trasformare la previsione ottenuta in atto pratico usando tutto un apparato di riti “profilattici” scaturiti dalla conoscenza antica per trovare la maniera di deviare o piegare il destino ai nostri bisogni. Il potere dello znahar’ o della znaharka talvolta era talmente grande che poteva trasmettersi (in bene o in male) attraverso qualsiasi oggetto o cibo e perciò, ad esempio, un’erba insignificante diventare per azione del potere magico di queste persone un potente amuleto o una potente medicina. Per il Medioevo Russo interi libri di scongiuri per ogni caso della vita sono stati raccolti dalla viva voce dei “sapienti” popolari, così come i numerosissimi amuleti, sempre fatti da costoro, specialmente di pietre semipreziose (come la magica ambra!). E non solo. Vari luoghi “sacri” (i crocicchi lungo le rive dei fiumi e dei laghi specialmente, le fonti e i pozzi, il luogo della presenza di grandi massi morenici, i labirinti di pietra, etc.) sono stati individuati e descritti e tutto questo materiale è così minuzioso e preciso che è impossibile immaginare che lo smierd si sentisse senza difesa nel suo ambiente, benché non avesse né le medicine né gli specialisti di cui noi oggi (a pagamento!) disponiamo! Quanto poi queste difese fossero efficaci, rimarrà per noi un mistero… Infatti, benché esista una raccolta fatta da personale ecclesiastico russo chiamata Erbario del Mago (in russo Ciarodeinyi Travnik/?????????? ???????, le erbe utilizzate dai kolduny/volhvy/znahari etc. erano soltanto otto, ma, siccome costoro non svelavano mai ai neofiti o ai curiosi quali esse in realtà fossero, ci sono rimasti soltanto i nomi e i loro fantastici effetti, senza però poterle individuare. Le erbe “magiche “ sono dunque: Travà-koljuka (La Pungente), Adamova golovà (Testa d’ Adamo), Travà-prikrysc’ (L’Invisibile), Razryv-travà, Kocedysc’nik (forse la Felce maschio), Travà-tirlic’, Son-travà (La Sognante) e Neciui veter.

Jean Verdon, Feste e giochi nel Medioevo Riflettendo bene, oggi non è cambiato molto nell’atteggiamento degli uomini davanti alle forze della natura e persino i mezzi materiali per affrontarle sono ancora gli stessi. Dopo un secolo di intense ricerche chimiche e fisiche ci siamo accorti che le molecole che noi fabbrichiamo nelle nostre industrie farmaceutiche per curare o lenire tutta un’infinità di malanni e disagi, siano essi provocati dal modo di vivere siano essi inventati per ragioni di economia o di pubblicità, cominciano a costarci troppo in inquinamento e in risorse sprecate. Ci siamo accorti che varrebbe forse la pena di cercare le stesse molecole nelle piante o nel mare o negli animali senza sprecare energia e vite umane in inutili e complicati procedimenti artificiali brevettati. Perché non utilizzare quelle delicate fabbriche, sperimentate da milioni di anni di evoluzione biologica che sono sotto i nostri occhi sotto forma di erbe e di animali piccoli e grandi? E non è già con questo che si comincia a convivere in armonia con l’ambiente? Non stiamo auspicando un ritorno al tempo antico o un regresso tecnologico. Crediamo che sia giunto il momento di organizzare meglio il nostro pianeta senza trasformarlo ulteriormente in un mucchio di rifiuti irriciclabili, altrimenti fra non molto non troveremo più posto neanche per viverci noi stessi. E noi nel fondo del Paganesimo Slavo e nelle tradizioni conservatesi in questa parte d’Europa abbiamo letto proprio questo umile desiderio: mantenere un tale equilibrio con il resto della natura al di là di chi l’abbia creata, un dio cristiano o un dio pagano…

Richard Fletcher, La conversione dell'Europa. Dal paganesimo al cristianesimo. 371-1386 d.C. E’ tempo allora di addentrarci fra gli alberi e di cercare quanto ci serve, con l’aiuto di “chi sa”, come abbiamo già annunciato. Queste persone in realtà sono molto caute ad accompagnare un estraneo come noi nella “loro” foresta, perché non vogliono che gli estranei scoprano i loro segreti e poi perché, dopo l’introduzione del Cristianesimo, furono considerate pericolosi maghi e streghe, appunto! Nell’Antica Rus’ erano chiamati Zeleisc’ciki/?????????, ossia Erboristi.

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La seconda parte di questo articolo.

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