Se ne va Rutilio Sermonti: militante nelle trincee dello Spirito

rutilio-sermontiForse ridendo sornione, col suo volto da comandante di nave, aspirando qualche boccata dalla sua immancabile pipa, si starà già facendo beffe dei tanti indegni che ora fingono di rammaricarsi nel dare la notizia della sua scomparsa, o forse attorniato da eroi, nel Walhalla o nei Campi Elisi, starà già inviando il suo austero ma benevolo sguardo ai tanti militanti dell’area culturale e politica che predilesse, per indicargli il cammino da seguire, quella via che quando era su questa terra magnificò con le sue gesta e col suo insegnamento.

Sia ben chiaro, non per ispirare chissà quale atto nefando di terrorismo eversivo, come magistrati ideologizzati hanno pensato avesse fatto, rovinandogli gli ultimi mesi di vita, inserendolo nell’archivio dell’inchiesta “Aquila nera” (chissà che avrà pensato lui, amante dei pellerossa, dinanzi a questa caricatura?), ritenendolo l’ispiratore di quattro giovani mentecatti rivoluzionari da tastiera, proprio come capitò ad Evola.

Rutilio Sermonti è stato un’espressione tra le più tipiche del grande genio italiano, quel genio multiforme che Benito Mussolini volle consacrare sulla facciata del Palazzo della Civiltà Italiana, all’Eur. Quel genio italiano, che oggi più che mai – oggi ben più che al tempo della dominazione austriaca o spagnola – è oltraggiato dalla barbarie di un mondo, quello capitanato dall’usura transnazionale, che ha eretto quale unici valori e vessilli il denaro e l’utile, proprio ciò contro cui Rutilio Sermonti ha combattuto strenuamente per tutta la vita: “Non è che l’eroe non si allacci anche lui le scarpe, non paghi il telefono, non incassi lo stipendio o non partecipi magari a una compravendita. Solo che, per lui, quelle sono incombenze necessarie ma accessorie, secondarie: non sono “la realtà della vita”, come per l’uomo qualunque. Servono a campare, ma vivere per campare gli toglierebbe il respiro”, ha lasciato scritto proprio nel suo testamento spirituale.

Quella da cui Rutilio Sermonti proveniva, è una famiglia di personalità culturali non comuni, suo fratello Vittorio, il più “istituzionale”, è uno tra i più noti dantisti italiani a livello internazionale, mentre Giuseppe, è un famoso genetista, che col suo lavoro divulgativo sta facendo chiarezza sul mito darwinista dell’evoluzione, con un coraggio pari a quello con cui Rutilio ha combattuto tutta la vita contro i pregiudizi del suo tempo.

Sì, coraggio, perché di coraggio Rutilio Sermonti deve averne avuto da vendere, lui che ragazzino, nel 1942 partecipò volontario alla Seconda guerra mondiale col grado di sottufficiale, prendendo parte alla campagna balcanica e, dopo l’8 settembre, aderì alla Repubblica Sociale Italiana come ufficiale del 3ª Divisione fanteria di marina “San Marco”.

A guerra finita dopo la laurea in giurisprudenza, che gli permise di accedere all’avvocatura, continuò il suo impegno politico, ma soprattutto spirituale, aderendo ai F.A.R. – proprio quelli del processo ad Evola – poi al Movimento Sociale Italiano, dal quale fuoriesce nel 1954, protestando contro l’insediamento di Arturo Michelini come nuovo segretario.

Nel 1956 è la volta del Centro Studi Ordine Nuovo, del quale diviene membro del comitato direttivo, per poi rientrare nuovamente nel M.S.I. nel 1968 con Pino Rauti e quei “Figli del Sole”, così chiamati dai ranghi più “pragmatici” del Movimento Sociale. Al sodalizio con Rauti si deve tra l’altro la stesura di una Storia del fascismo, monumentale opera edita in sei volumi.

Dopo il “tradimento” di Fiuggi non aderirà ad An, trovando rifugio dapprima nella Fiamma Tricolore poi nel Fronte nazionale, mantenendosi tuttavia sempre equidistante, senza mai mischiarsi in partigianerie e compromessi, forte della sua visione spirituale della vita, intransigente dinanzi ad ogni cedimento morale e ad ogni concessione con il mondo moderno antiidealista e corrotto, riservandosi, grazie alla sua vasta cultura, un posto tra i punti di riferimento culturali della destra non conforme.

Ma come è sempre per gli uomini di genio, la sua azione non si è profusa solo in un ambito determinato, anzi, ha spaziato in quasi tutti i domini dello scibile umano: dalla pittura alla zoologia, dalla lavorazione della ceramica alla storia degli indiani d’America, dall’ecologia alla teoria corporativa.

Nomen Omen (un nome un destino) dicevano i latini, e Sermonti, che di nome faceva Rutilio come un antico romano, da vir romanus si è comportato per tutta la vita, fedele agli dèi e all’idea, ultimo esemplare di una razza di eroi forgiata dalla guerra, dalla militanza, ma soprattutto da una chiara e luminosa visione del mondo.

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  1. Rudolf 05
    | Rispondi

    C’è qualcosa da aggiungere alle vere e profonde parole di Balducci? No.

    Una colonna portante, un altro Uomo viene meno. In questa lunga fase terminale di una falsa civiltà impostaci, non si intravvede chi possa coglierne il testimone con paragonabile dedizione ed efficacia.

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