Il sale e l’aratro fra gl’Indoeuropei

Giuliano Bonfante (Milano, 6.8.1904 - Roma, 9.9.2005). Tratto da Giacomo Devoto et al. (eds.), Scritti in onore di Giuliano Bonfante, Brescia 1976.
Giuliano Bonfante (Milano, 6.8.1904 – Roma, 9.9.2005). Tratto da Giacomo Devoto et al. (eds.), Scritti in onore di Giuliano Bonfante, Brescia 1976.

Riportiamo le seguenti note dell’illustre linguista Giuliano Bonfante (1904-2005) su sale e aratro, molto interessanti anche per le considerazioni relative alla localizzazione della protopatria degli Indoeuropei. Il brano, pubblicato col titolo Il sale e l’aratro fra gl’Indoeuropei, è tratto da L. Isebaert (ed.), Studia etymologica Indoeuropaea. Memoriae A. J. Van Windekens dicata (Orientalia Lovaniensia Analecta), Leuven 1991, pp. 107-108).

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Il tocario ha le parole per «sale» (A sāle, B salyiye) e per «aratro» (AB āre), come l’armeno (aṫ, arawr). Segno chiaro, a mio avviso, che queste due lingue vèngono dall’Europa e appartèngono quindi al gruppo europeo, non a quello indo-irànico, che non possiede né la parola indoeuropea per «sale» né quella per «aratro» (1). Il motivo è quello già dato da O. Schrader, Sprachvergleichung und Urgeschichte, II, 1907, p. 220 (2), che cioè gl’Indo-Irani, passando lungamente per territori montuosi per recarsi nelle loro nuove sedi, dimenticàrono l’agricoltura e l’uso dei vegetali, per i quali il sale è necessario: si limitàrono quindi ad una dieta càrnea, fornita da una vita pastorale.

La parola per «aratro» (3) è in greco ά̀ροτρον, in latino arātrum, in irl. medio arathar, in islandese ant. arđr, in lèttone árklis, in lituano árklas, in paleosl. ralo (4).

i-dialetti-indoeuropeiLa parola «sale» è il greco άλς, lat. sal, umbro salu (accus.), irl. ant. solenn, gallese halenn, ted. salz, paleoslavo solĭ, lèttone sāls, pruss. sal, albanese ngjelbëtë (per i particolari sulla forma albanese, v. Walde-Pokorny, op. cit., p. 453: «Obgleich das Wort im Arischen fehlt (!!), zeugt doch die altertümliche Stammbildung für idg. Alter der Sippe» (con rinvíi bibl.).

Si tratta dunque di due parole che, tolto l’indo-irànico, appartengono al cosiddetto «vocabolario compatto» dell’indoeuropeo. La mancanza del sale tra gl’Indo-Irani (dico la cosa, non solo la parola) è confermata da Eròdoto, I, 133, che dice dei Persiani: σίτοισι δv ὸλίγοισι χρέωται, ὲπιψορήμασι δὲ πολλοισι καὶ οὺκ ὰλέσι.

Da quanto esposto si deduce:

a)     Che la protopatria degl’Indoeuropei fu l’Europa, come è ora ammesso da quasi tutti gli studiosi;

b)    Che questi indoeuropei conoscévano l’agricoltura, e si nutrívano anche di legumi che condívano con sale;

c)     Che i Protocari e i Protoarmeni provenívano dall’Europa;

d)    Che gl’Indo-Irani, migrando verso l’Asia, perdèttero, con l’agricoltura, l’uso del sale; i mangiatori di carne non ne hanno bisogno.

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Note

1) Parlando qui di lingue «europee», trascuro (fra le asiàtiche) le lingue del gruppo anatòlico (ittita, ittita geroglifico, luvio, palaico, e anche il lidio, il frigio e il licio) perché il lessico di tali lingue è ben poco conosciuto. Le parole per «sale» e «aratro» non vi sono attestate, ma ciò non ha alcuna importanza e nell’un senso e nell’altro.

2) Cfr. anche H. Hirt, Die Indogermanen, Strasburgo 1905, p. 297 sgg., 663 ssg.; G. Devoto, Origini indeuropee, Firenze 1962, p. 250, 261 sgg.

3) In alcune lingue germaniche meridionali la parola i.e. per «aratro» è stata sostituita da un’innovazione (ted. Pflug, ingl. plough) di origine preromana (alpina).

4) L’albanese parmendë viene dal latino *per-aramentum secongo G. Meyer, Et. Wb. der alb. Spr., Strasburgo 1891, s.u. — il verbo «arare», lavrua, è dall’it. lavorare.

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