Camerata Aragorn, in cosa credi?

Gianfranco de Turris (cur.), 'Albero' di Tolkien “Albero” di Tolkien, volume collettivo curato da Gianfranco De Turris per le edizioni Larcher, ricostruisce l’opera del professore inglese in tutto il suo spessore culturale. Gli autori documentano gli influssi dei poemi nordici (l’Edda, il Beowulf) sulla Trilogia così come la capacità di Tolkien di costruire un universo fantastico che comunica in maniera organica con la tradizione ancestrale dell’Europa. I personaggi tolkieniani ricalcano la tripartizione funzionale degli indoeuropei, con Gandalf mago e sapiente, Aragorn re guerriero e la dama Galadriel dispensatrice di bellezza e salute. Piuttosto che inseguire i soliti tormentoni (ma Tolkien era fascista? Di destra o ecologista?) il volume collettivo si pone interrogativi più stimolanti: ad esempio quello che concerne il rapporto tra la fantasia eroica del professore e la grande opera di sistematizzazione dei miti elaborata da Dumézil.

Errico Passaro - Marco Respinti, Paganesimo e cristianesimo in Tolkien. Le due tesi a confronto Come si sa, in Italia la questione tolkeniana è stata resa per lungo tempo spinosa da una sorta di “peccato originale”: il professore inglese fu accolto alla dogana delle italiche lettere dai giovani di destra. E in verità essere sdoganati dai neofascisti non rappresentava un bel viatico. Per molto tempo i colori dell’estetica tolkieniana dipinsero i muri delle sezioni del MSI. Ogni dirigente giovanile si sentiva un Aragorn – vale a dire un Re in pectore, un “ramingo” di fatto – e anche il grande vecchio della destra intellettuale, Rauti, man mano che la sua chioma da grigia si faceva bianca cominciava a sentirsi un po’ più Gandalf. Rauti, che in passato aveva diretto testate dal sapore millenaristico (“Ordine Nuovo”, “Europa Civiltà”) alla fine degli Anni Ottanta battezzava l’ennesima rivista di corrente col nome de “La Contea”. L’intenzione era sempre quella di combattere il Sauron del Capitalismo, l’effetto involontario fu quello di allevare i piccoli hobbit della destra sociale. Quelli che l’anello (del potere) non lo buttano via.

Intanto l’opera di Tolkien guadagnava un pubblico più ampio. Gli intellettuali di sinistra che l’avevano liquidata come un sottoprodotto del romanticismo reazionario con un certo imbarazzo dovevano ammetterne il valore culturale. Scattava così il “contrordine compagni”: Tolkien non era fascista, ma la sua trilogia era stata “traviata” dalla destra. È vero, Tolkien non era fascista. Era solo un monarchico-reazionario … E odiava Hitler. Ma lo odiava perché le Panzerdivisionen avevano reso impopolare ciò che egli amava sopra ogni cosa: lo spirito nordico. Amava le saghe del Nord anche più del cristianesimo che professava? Questo è un nodo, che il libro affronta senza unilateralità. I contributi dei cattolici (Morganti, Respinti) ricordano come Tolkien fosse cattolico praticante. Gli interventi dei pagani (Lombardo) sottolineano come la sua fantasia inclinasse verso un ethos più vicino ad Omero che a Mosè. Forse Tolkien era “pagano”, ma di un paganesimo che viene dopo il cristianesimo ed ha la forza di reintegrarlo in sé.

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Tratto da L’Indipendente del 18.12.2004.

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