Padre C. E. Coughlin: un economista eretico

Denaro vs lavoro

Dal 2008 l’economia mondiale vive una recessione dalla quale non è riuscita a risollevarsi. Anzi, nell’ultimo periodo, a causa della pandemia prodotta dal virus Covid-19, la crisi rischia di farsi letale e di creare diffuso pauperismo. Dopo il crollo di Wall Street del 1929, mai l’umanità aveva dovuto affrontare un periodo di simili ambasce ed effettive difficoltà. Negli anni Trenta, al contrario di quanto accade oggi, un gruppo sparuto di economisti elaborò proposte «eretiche», pensate al di là degli steccati segnati dal liberismo e dal marxismo che, messe in pratica, avrebbero indotto una ripresa dell’occupazione. Economisti anomali, la cui formazione non era «ortodossa»: alcuni di loro erano filosofi, tecnici, sociologi. Negli Stati Uniti, in un primo momento, furono vicini alla Presidenza Roosevelt ma, successivamente, si trasformarono in contestatori del New Deal. Tra essi, deve essere annoverato Padre C. E. Coughlin, sacerdote cattolico di formazione tomista.

Le sue idee sono di grande attualità. Chi ne voglia aver contezza legga il suo libro Il denaro! Domande e risposte, pubblicato da Mimesis nella collana «Oro e lavoro», diretta da Luca Gallesi e Gabriele Stocchi (per ordini: 02/24861657, mimesis@mimesisedizioni.it, pp. 200, euro 18,00). Giorgio Galli, nell’informata Prefazione, dice Coughlin essere uno degli esponenti maggiormente propositivi dell’anticapitalismo di destra. La cosa ha pesato non poco sulla ricezione delle sue proposte, derubricate nella generica e onnipervadente categoria del «fascismo». Ha anch’egli patito, come altri pensatori, della reductio ad hitlerum, essendo stato accusato, ingiustamente, di antisemitismo. Il libro, ricorda Galli, uscì nell’anno mirabile 1936, ma degli avvenimenti cruciali di quel frangente non si occupa affatto. L’autore, in queste pagine, è animato da afflato profetico: vuole trasformare i lettori in paladini della causa della giustizia sociale, in quanto convinto che le masse, allora come oggi, non abbiano consapevolezza dei meccanismi perversi, messi in atto da banchieri e finanzieri, al fine di truffarle: «Dovete agire come gli apostoli che hanno scoperto la verità. Dovete diffondere il vangelo della libertà finanziaria anche a costo della vostra stessa vita» (p. 177). Il lettore non abbia timore: non si trova di fronte ad un complesso testo accademico, ma ad un agile scritto pensato come intervista, articolata dall’autore stesso in domande e risposte, chiare e cruciali anche per la contemporaneità.

Il testo si fonda su una fondamentale contrapposizione, quella tra capitalismo «onesto» e capitalismo «moderno». Il primo: «usa la proprietà allo scopo di produrre ricchezza per i suoi proprietari e per il benessere della società» (p. 111). Al contrario, il secondo utilizza la proprietà di altri, concentra la ricchezza in poche mani, quelle dei monopolisti, e soprattutto: «permette prestiti fittizi di denaro a fini distruttivi» (p. 111). Tale distinzione può essere ricondotta a quella tra capitale pre-finanziario e capitale finanziarizzato. In tale differenza, è possibile evincere la distanza teorica dell’autore da Marx, il cui sistema: «non propone l’abolizione del potere illecito di creare e distruggere il denaro privato» (p. 105). Quando ebbe inizio tutto ciò, quando sorse storicamente il capitale finanziario? Quando i mercanti londinesi prestarono denaro al re Guglielmo d’Orange, al fine di impedire il ritorno degli Stuart: essi, in cambio, ottennero il diritto di emettere banconote a fronte dell’indebitamento. In tal modo nacque la Banca d’Inghilterra privatizzata. Gli stessi mercanti-banchieri resero, poco dopo, senza valore la moneta Continental, coniata dalle colonie per volere del Congresso. La Costituzione USA del 1789 attribuiva al Congresso il potere esclusivo di creare denaro: l’azione  di Alexander Hamilton mirò, invece, a fondare una banca privata attraverso l’utilizzo di denaro pubblico, la Bank of North America che, ben presto, venne sostituita da un’altro istituto privato, la  Bank of the United States.

Questa: «attraverso le sue numerose filiali, coniava e regolava il valore del denaro negli USA […] godeva del potere di prestare questo denaro e di tassare i cittadini per il suo uso» (p. 110). Nel 1811 l’opposizione di George Washington e di altri patrioti riuscì a sottrarre la concessione valutaria ai privati, ma nel 1816, sorse una nuova banca privata che si impossessò di tale privilegio, sottraendolo al Congresso e, quindi, al popolo americano. Più tardi, attraverso provvedimenti attuati durante il New Deal, quali il Golden Bill del 1934 e il Banking Act del 1935, venne riaffermato il controllo della finanza sulla vita degli USA e, vista la tendenza globalizzatrice di tale paese, su quella dell’intero globo. Il libro è un manifesto teorico dell’Unione Nazionale,  fondata dall’autore: suo compito diffondere tre principi essenziali per i quali battersi: 1) L’abolizione del sistema bancario privato della Federal Reserve e la fondazione di una Banca Centrale di proprietà del Governo; 2) Riportare nelle mani del Congresso il diritto del conio; 3) Rendere socialmente giusti i prestiti, sottraendoli al principio dell’usura, in vigore nel sistema bancario del capitalismo «moderno». Tutto ciò alla luce del fatto che, lo scopo delle attività umane, come aveva colto Tommaso d’Aquino, è la produzione: «di beni e servizi a sostegno della vita» (p. 32) e non contro di essa.

Il denaro è solo la prova che, chi né in possesso, ha ceduto beni e servizi e non ha ancora: «ricevuto il controvalore» (p. 35). Pertanto, l’unico sigillo atto a validarlo è quello del Governo Nazionale, espressione politica del popolo. Il fatto che il denaro fosse coniato da privati, determinava, a seconda della quantità che essi decidevano immettere sul mercato, l’aumento del costo della vita e della disoccupazione, la: «concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e l’impoverimento di molti» (p. 39). Tutti i tentativi messi in atto negli USA per riconquistare la libertà economica (Franklin, Jefferson, Jackson, Lincoln), sono stati stroncati dalla finanza «internazionalista», questa l’espressione utilizzata da Coughlin, nelle cui mani stanno, ça va sans dire, i mezzi di informazione. Il sistema della Federal Reserve, compiutamente descritto dall’autore, è capillare, fondato sulle banche consorziate private che determinano la progressione matematica del debito: «Per mezzo degli interessi che, alla scadenza prevista, si sommano al capitale del debito in dollari» (p. 61). La realtà degli USA è oggi quella del mondo.

Il Denaro! di Padre Coughlin è libro profetico. Vede la luce in Italia, mentre il nostro paese probabilmente «beneficerà» del MES, prestito europeo che graverà sulle generazioni future e in un frangente storico in cui anche i «populismi» su piazza mostrano dei limiti politici-ideali evidenti, se non una chiara collusione con il sistema (M5S). Per tali ragioni, questo volume è una lettura imprescindibile.

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Giovanni Sessa è nato a Milano nel 1957 e insegna filosofia e storia nei licei. Suoi scritti sono comparsi su riviste e quotidiani, nonché in volumi collettanei ed Atti di Convegni di studio. Ha pubblicato le monografie Oltre la persuasione. Saggio su Carlo Michelstaedter (Roma 2008) e La meraviglia del nulla. Vita e filosofia di Andrea Emo (Milano 2014). E' segretario della Scuola Romana di Filosofia Politica, collaboratore della Fondazione Evola e portavoce del movimento di pensiero "Per una nuova oggettività".

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