Oswald Spengler ed il senso metapolitico del declino occidentale

La crisi morale, oltre che economica e finanziaria, che attualmente attanaglia l’Italia, le farsesche vicende dell’attuale cricca di potere al governo, spesso conducono anche i più acuti osservatori a smarrire quella visione d’insieme e di lontani orizzonti che dovrebbe sempre caratterizzare una visione del mondo e della vita autenticamente tradizionale, cioè fondata e determinata su principi dall’Alto.

E’ importante tale precisazione, perché, al di là delle giuste analisi sociologico-politiche, delle doverose battaglie per il benessere del Popolo Italiano, mai si dovrebbe dimenticare che l’ampiezza della crisi va ben oltre il nostro Paese e che le radici sono ben più profonde di ciò che ai nostri occhi si manifesta, essendo il piano finanziario solamente una risultante di un processo degenerativo, che interessa, nelle sue profondità abissali, i caratteri più interni dell’intera civilizzazione occidentale, nel suo spirito, nella sua moderna involuzione, nelle imboscate e nei tradimenti che essa ha subito.

Riferirsi a Oswald Spengler ed a ciò che ha espresso nelle sue opere, particolarmente nel Il Tramonto dell’Occidente, come noi faremo sinteticamente in questo articolo, ha proprio la determinata volontà di mettere in risalto codesto piano d’osservazione, un orizzonte che va ben oltre la semplice narrazione storicistica o i lineari ed apparentemente confusi e contradditori accadimenti del quotidiano, ma che vuole riaprire una riflessione, un ragionamento all’interno della nostra comunità sull’essenzialità di un approfondimento metapolitico che è e deve essere un approfondimento sulla nostra civiltà, sulla decadenza secolare che la caratterizza, nel rapporto della Tradizione Europea – che dal nostro punto di vista è essenzialmente Tradizione elleno-romano-germanica – con la sfera del Sacro, con l’esplicitazione nell’istituzione statuale, fino alle più ramificate e secondarie sezioni dello sviluppo produttivo e sociale: “Le civiltà sono degli organismi. La storia mondiale è la loro biografia complessiva” (da Il Tramonto dell’Occidente).

Un’analisi che valorizzi e ridesti il senso nascosto, occulto, quella terza dimensione della storia che molti smarriscono, insieme con quei punti di riferimento che unici possono stabilire un preciso quanto indispensabile percorso di autoriconoscimento identitario per la nostra comunità, per chi ricerca nell’impegno politico e culturale l’Uomo Nuovo e Differenziato dalla modernità, dalla pandemia inarrestabile che conduce oramai da diversi secoli l’intero Occidente – e con esso tutto il resto del mondo – verso un baratro di cui non si riescono a vedere vie d’uscita o possibilità di risalita. Per riferirci direttamente a Oswald Spengler, si rammenti come affermasse esserci un ciclo vitale per ogni singola civiltà, quasi fosse la stessa un vero e proprio ente animico, con una precisa contezza di se stesso. In riferimento all’Occidente sarebbe esistita prima la civiltà greco-romana, sorta grazie alle migrazioni indoeuropee in Grecia e nella penisola italica, che lo stesso ha definito “apollinea”, seguita da una civiltà germanica o detta “faustiana”. Entrambe queste Kultur hanno in sé un simbolo esprimente il proprio spirito vitale: Apollo, divinità della forma e della misura, dell’equilibrio interno, spirituale ed estetico; Faust, il personaggio creato da Goethe, come aspirazione perpetua che tenta di colmare lo iato tra l’esistenza parziale e limitata dell’Uomo e le altezze metafisiche della Divinità Trascendente. L’odierna società, pertanto, è il prodotto dell’esaurimento di tale forza originaria, di tale spirito ancestrale, lo spegnimento progressivo di ogni slancio oltre l’umano, di ogni classica forma interna: “Ognuna ha la sua fanciullezza, la sua gioventù, la sua età virile e la sua senilità (da Il Tramonto dell’Occidente)”.

A tal punto, partendo proprio da questa presa di coscienza, che dovrà risultare quanto più profonda e lucidamente attiva, si può accennare a ciò può e deve essere il senso di una militanza, di un impegno politico-culturale. Nella fase finale di questo ciclo, in questa umanità parodistica, l’unica via da percorrere è quella che conduce alla fedeltà nel proprio essere, alla costruzione di una comunità di uomini e di donne, conscia delle proprie radici e fiera della propria diversità dal resto del mondo. La lotta interna per la nascita di uomo che tragga da sé la legge da osservare, che sia impassibile ed inattaccabile di fronte alla marea che tutto corrompe, un uomo che con il suo essere sia esempio e trasmissione di Tradizione, questa la via d’onore che i nostri cuori hanno il diritto di percorrere. Il nostro ed unico scopo è quello, pertanto, anche grazie a questo giornale, di mettere a disposizione di quanti possano e vogliano le nostre umili  conoscenze di studio e di ricerca tradizionali, per “fare ciò che deve essere fatto”, come Evola ci ricorda, e per rimanere fedeli all’Idea, che può essere valorosamente servita solo se da Spengler si assume la consapevolezza del mondo in cui siamo stati destinati a vivere:…civiltà crepuscolare che è – scrive su La Vita italiana Evola riferendosi agli scritti di Spengler – una civiltà delle masse, civiltà antiqualitativa, inorganica, urbanistica, livellatrice, intimamente anarchica, demagogica, antitradizionale”.

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Pubblicato sul periodico d’informazione politica Il Megafono, anno 2011.

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Nato a Taranto nel 1977, è stato l’animatore nei primi anni del 2000 del Centro Studi Tradizionali Cuib Mikis Mantakas, con la correlata fanzine Camelot, a cui hanno offerto la loro preziosa collaborazione numerosi studiosi del tradizionalismo italiano. Attualmente, i suoi interessi, che spaziano dalla metapolitica alla Tradizione, dall’antichità classica alla dottrina ermetico-alchemica, lo coinvolgono in alcune collaborazioni di rilievo con riviste come Vie della Tradizione, Elixir, Arthos, Orientamenti, Orion. Suoi articoli sono apparsi anche su pubblicazioni come Ciaoeuropa, Graal, Hera, Simmetria ed Arketè.

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