Vivere Cristo fino in fondo e oltre: l’Opus Dei tra verità e mistero

Silas, cilicio, Prelatura … nessun lettore del famoso/famigerato Codice Da Vinci di Dan Brown (e parliamo di milioni di persone in tutto il mondo) potrebbe non associare questi termini con quella che da alcuni è stata definita “la più misteriosa e potente organizzazione interna alla Chiesa Cattolica[1]“: l’Opus Dei.

Stando al best seller di Brown, l’Opus Dei sarebbe una sorta di congrega di fanatici, vagamente psicopatici, certamente masochisti e pronti a tutto per il trionfo di una idea chiaramente deviata di Cristianesimo. Naturalmente, si tratta di una visione che è persino riduttivo definire semplicistica e, in ogni caso, funzionale a quello che, dovrebbe essere ricordato più spesso, è solo un romanzo di pura invenzione.

Di fatto, però, la domanda resta: che cosa è realmente questa Opus Dei così spesso attaccata anche da ambienti interni alla Chiesa e, però, in grado di chiamare a sé un numero sempre crescente di Cristiani, pronti ad una vita che difficilmente si può definire “facile”?

Per cercare una risposta, partiamo dal dato storico.

La “Prelatura della Santa Croce e Opus Dei” è un’istituzione cattolica fondata a Madrid il 2 ottobre 1928, per iniziativa del Sacerdote spagnolo Josemaría Escrivá de Balaguer (dal 6 ottobre 2002 Santo). Secondo le parole del suo fondatore, la principale finalità dell’Opus Dei era da subito diffondere ovunque una “viva consapevolezza della chiamata universale alla santità e all’apostolato nella vita quotidiana, in particolar modo nell’esercizio del lavoro professionale e su una pratica di vita ispirata da un costante spirito di mortificazione[2] e, non a caso, il nome stesso “Opus Dei” sta a dimostrare la volontà di contribuire con il lavoro umano (“opus hominis”), alla “salus animarum” che rappresenta, sul piano ecclesiastico, il “lavoro di Dio”. Si trattava di un pensiero cattolico originale in tema di teologia del lavoro e, infatti, l’ideale di santità nella vita quotidiana, attirò immediatamente un numero notevole di persone, uomini e donne di diversa estrazione sociale (sebbene soprattutto di ceto elevato, nonostante l’apertura di centri dell'”Obra” anche in quartieri periferici e in contesti popolari), anche grazie ad una forte attenzione agli studenti e alla formazione professionale (con centri universitari nei quali vengono accolti gli studenti più promettenti, destinati a ruoli di preminenza nel mondo professionale) .

Nel 1930 l’Opus Dei si aprì anche alle donne (la cui posizione, comunque, rimase notevolmente differenziata da quella degli uomini in relazione a numerose attività e al modo di operare e comportarsi[3]) ma, a partire dal 1934, durante il periodo frontista, attraversò un periodo difficile a causa del palese anticlericalismo governativo. La definitiva affermazione in Spagna si ebbe, comunque, con la dittatura clerical-conservatrice di Francisco Franco e, nel 1943, Escrivà fondò la “Società sacerdotale della Santa Croce”, inseparabilmente unita all’Opus Dei, che, oltre a permettere l’Ordinazione sacerdotale di membri laici dell’Opus Dei e la loro incardinazione al servizio dell’Opera, avrebbe più tardi consentito anche ai Sacerdoti incardinati nelle Diocesi di condividere la spiritualità e l’ascetica  dell’Opus Dei, cercando la santità  nell’esercizio dei doveri ministeriali, pur restando alle esclusive dipendenze del rispettivo Ordinario diocesano.

Al termine della II Guerra mondiale l’Obra estese il suo apostolato fuori dai confini spagnoli, prima in Portogallo (1945), Inghilterra e Italia (1946), Francia e Irlanda (1947), Stati Uniti e Messico (1949) e poi nel resto d’Europa e in America meridionale, in Giappone, nelle Filippine,  in Australia e in numerosi Paesi africani (e, più recentemente, nei Paesi dell’ex blocco sovietico, in India, in Sudafrica e nei Paesi Baltici).

Nel 1950 l’Opus Dei ebbe l’approvazione formale della Santa Sede, ma fu solo nel 1982 che essa ricevette una definitiva configurazione giuridica con la Costituzione apostolica Ut sit[4], diventando una Prelatura personale (attualmente l’unica esistente di tutta la Chiesa) del Papa[5], chiaro sintomo di una “benevolenza” pontificia già iniziata con Papa Giovanni Paolo I (che ne aveva lodato la “spiritualità laicale”[6]), giunta alla sua apoteosi con Papa Giovanni Paolo II (che, già nel 1979 aveva avuto modo di dire ai membri dell’Opus Dei: “Grande ideale, veramente, il vostro, che fin dagli inizi ha anticipato quella teologia del laicato, che caratterizzò poi la Chiesa del Concilio e del post-Concilio. Tale infatti è il messaggio e la spiritualità dell’Opus Dei: vivere uniti a Dio, nel mondo, in qualunque situazione, cercando di migliorare se stessi con l’aiuto della grazia, e facendo conoscere Gesù Cristo con la testimonianza della vita[7] e che prima beatificò[8] e poi canonizzò Escrivà) e che prosegue con Papa Benedetto XVI (fortemente favorevole alla spiritualità di “santificazione nel quotidiano” dell’Obra fin dai tempi in cui era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede).

Allo stato attuale i fedeli laici legati in qualche modo alla Prelatura sono centinaia di migliaia e sono divisi in tre categorie:

– i circa 80.000 “Numerari”, che mettono la propria vita interamente al servizio dell’Obra assumendo l’impegno di restare celibi o nubili e che generalmente vivono nelle sedi e nei centri della Prelatura svolgendo attività all’interno delle strutture  oppure lavorando all’esterno;

– i “Sovrannumerari”, uomini e donne che, oltre a lavorare nelle opere dell'”Opus Dei” e a partecipare regolarmente alle sue attività di formazione spirituale, destinano all’Istituzione una parte dei frutti economici del loro lavoro (ma, a differenza dei Numerari, non viene loro consigliato di far testamento in favore dell’Obra);

– I “Cooperatori”, non necessariamente cattolici, che collaborano, soprattutto con la preghiera ma anche con il volontariato, ai progetti di formazione spirituale e alle attività educative in campo professionale dell’Opus Dei e che formano la grande maggioranza dei laici vicini alla Prelatura.

Accanto ai fedeli laici che collaborano con l’Opus Dei dedicandosi ai fini spirituali della Prelatura, ma che rimangono canonicamente normali cristiani senza alcun voto e che si trovano sotto la giurisdizione del Prelato solo per quanto attiene agli impegni ascetici, formativi, apostolici e di penitenza del corpo conseguenti all’incorporazione nella Prelatura stessa,  vi sono i circa 5.000 Sacerdoti e Diaconi della “Società Sacerdotale della Santa Croce” (presieduta dal Prelato dell’Opus Dei), per lo più numerari liberamente disponibili a essere Sacerdoti che, dopo diversi anni di incorporazione e dopo aver completato la formazione e gli studi di preparazione al Sacerdozio, sono invitati dal Prelato a ricevere gli Ordini Sacri, ma anche Sacerdoti diocesani, la cui entrata nell’Opus Dei non altera la loro dipendenza dal Vescovo diocesano che ne resta loro unico superiore.

Prefetto dell’Obra è, allo stato attuale, Monsignor Javier Echevarría, succeduto nel 1994 a Monsignor Álvaro del Portillo, a sua volta primo successore del Fondatore, morto nel 1975.

Secondo quanto riportato dai documenti dell’Opus Dei, aspetto caratteristico della fisionomia dell’Obra è il clima di famiglia cristiana che deve essere presente in ogni attività della Prelatura e che si manifesta nella semplicità e fiducia dei rapporti interpersonali, nell’atteggiamento di servizio, di comprensione e di delicatezza che si cerca continuamente di avere nella vita quotidiana di chi viene “incorporato”.

Per ottenere l'”incorporazione è necessaria una richiesta fatta in piena libertà e la personale convinzione di avere ricevuto una vocazione divina, oltre all’accettazione della richiesta stessa da parte delle autorità della Prelatura (che non avviene prima di sei mesi di “osservazione”). Dopo un periodo di almeno un anno, avviene una incorporazione temporanea mediante una dichiarazione formale di carattere contrattuale, rinnovabile ogni anno e dopo un minimo di altri cinque anni, si può ottenere l’incorporazione definitiva[9]. L’incorporazione all’Opus Dei comporta per la Prelatura l’impegno di fornire all’interessato un’assidua formazione nella Fede cattolica e nello spirito dell’Opus Dei e la necessaria cura pastorale ad opera dei Sacerdoti della Prelatura, mentre, a loro volta, gli incorporati si impegnano a rimanere sotto la giurisdizione del Prelato, a rispettare le norme che regolano la Prelatura e ad adempiere agli altri obblighi previsti per i suoi fedeli[10]. In sostanza, ciò significa che i fedeli della Prelatura si impegnano a santificarsi e a esercitare l’apostolato secondo lo spirito dell’Opus Dei, coltivando la vita spirituale attraverso l’orazione, il sacrificio e la ricezione dei Sacramenti, ricorrendo ai mezzi forniti dalla Prelatura per acquistare una formazione intensa e permanente nella dottrina della Chiesa e nello spirito dell’Opus Dei e partecipando al lavoro di evangelizzazione dell’Obra.

La formazione cristiana è uno dei punti di maggior interesse dell’Opus Dei, che mette a disposizione dei suoi fedeli strumenti specifici per la crescita spirituale del singolo. Tali strumenti hanno come fine quello di permettere di acquisire una intensa e solida vita di pietà quali figli di Dio, portando a cercare l’identificazione con Cristo, sviluppando una profonda conoscenza della Fede e della morale cattolica in linea con la propria vocazione e una crescente familiarità con lo spirito dell’Opera e includono, tra l’altro, lezioni settimanali, chiamate anche “circoli”, su temi dottrinali e ascetici, un ritiro mensile di un giorno al mese e un ritiro annuale di tre – cinque giorni. La formazione viene normalmente impartita nei centri della Prelatura dell’Opus Dei ma può essere impartita anche a  casa di uno dei partecipanti al circolo o in una struttura parrocchiale consenziente.

II fatto di appartenere all’Opus Dei non presuppone alcun cambiamento dello stato personale: permangono invariati i diritti e i doveri che ciascuno ha in quanto membro della società civile e della Chiesa[11]. Inoltre, in virtù del carattere esclusivamente spirituale della sua missione, la Prelatura non interviene nelle questioni temporali che i suoi fedeli devono affrontare e ciascuno agisce con completa libertà e responsabilità personale[12].

Insomma, da quanto visto fin’ora l’Opus Dei, in fin dei conti, apparirebbe semplicemente come una benemerita istituzione cattolica dedicata alla libera formazione di chi desidera vivere pienamente e integralmente la propria Fede.

E, allora, perché l’Obra diventa quasi dai suoi esordi una delle Istituzioni religiose più attaccate e criticate della Chiesa? Di che cosa la si accusa?

In realtà, le accuse variano notevolmente ma, nel loro insieme, possono essere ricondotte a quattro categorie principali: in ambito politico, accuse di sostegno ai regimi fascisti; in campo religioso, accuse di passatismo tradizionalista e di settarismo; in campo sociale, accuse di costituire una lobby di potere di stampo para-massonico.

Cerchiamo di analizzare le radici di tali critiche.

In relazione alle accuse di sostegno ai regimi fascisti, partiamo da quelli che sembrano essere dati storici inoppugnabili.

Si è detto che la Prelatura (che ancora Prelatura non era) vive un momento molto difficile durante il periodo “frentista” in Spagna, soprattutto a causa del suo radicato, viscerale anticomunismo. Resta da comprendere se ciò possa giustificare il chiarissimo, mai celato appoggio di Escrivà a Francisco Franco e alla sua dittatura.

Leggiamo questa lettera del 1958 del Fondatore a Franco: “Sua Eccellenza, desidero unire le mie sincere congratulazioni personali alle molte che ha già ricevuto in occasione della promulgazione dei Principi Fondamentali[13]. La mia assenza forzata dalla nostra patria al servizio di Dio e delle anime, lungi dall’indebolire il mio amore per la Spagna, lo ha, se possibile, rafforzato. Dalla prospettiva della città eterna di Roma ho avuto modo di vedere meglio che mai la bellezza di quella figlia particolarmente amata dalla Chiesa che è la mia madrepatria, che il Signore ha così spesso usato come strumento per la difesa e la propagazione della santa Fede cattolica nel mondo. Sebbene alieno da ogni attività politica, non posso fare a meno di gioire come prete e spagnolo del fatto che l’autorevole voce del Capo di Stato proclami che ‘La nazione spagnola consideri come un tratto d’onore l’accettare la legge di Dio secondo la sola e vera dottrina della Santa Chiesa Cattolica, Fede inseparabile dalla coscienza nazionale e che ispirerà la sua legislazione’. E’ la fedeltà del nostro popolo alla Tradizione cattolica che garantirà per sempre il successo degli atti di governo, la certezza di una giusta e durevole pace all’interno della comunità nazionale, così come la benedizione divina su coloro che mantengono posizioni di governo. Io chiedo a Dio  di concedere a Sua Eccellenza ogni felicità e di far scendere grazia in abbondanza su di Lei per portare avanti la difficile missione che Egli Le ha affidato. La prego di accettare, Eccellenza, l’espressione della mia più profonda stima personale e di essere certo delle mie preghiere per tutta la Sua famiglia.”[14]

Forse, si potrebbe pensare, queste sono solo le affermazioni di un cristiano certamente piuttosto integralista nei confronti di un regime che, dal suo punto di vista, aveva salvato il suo Paese dalla catastrofe dell’ateismo comunista, ma che non necessariamente implicano una presa di posizione ideologica netta di una Istituzione dichiaratamente apolitica e che, anzi, ha anche pagato il suo tributo al regime del “Caudillo” con l’esilio dei sovrannumerari Rafael Calvo Serer, proprietario del giornale “Madrid” (chiuso dalla censura franchista) e con l’incarcerazione di Manuel Fernández Areal per alcuni articoli critici nei confronti del regime pubblicati nel “Diario Regional de Valladolid”[15].

Ma come giudicare, allora, numerosi passi del testo di Escrivà Il Cammino, che, scritto durante la guerra civile spagnola, rievoca i momenti di “nobile e gioioso cameratismo” con gli ufficiali franchisti, inneggia alla controrivoluzione con frasi come “La guerra è il massimo ostacolo che si innalzi sul cammino facile. Tuttavia, dovremo amarla come il religioso ama i suoi discepoli” ed esalta Franco con invocazioni personali del tipo: “Lasciarti andare? Tu? … faresti dunque parte del gregge? Tu sei nato per essere caudillo” E “Caudillos! … Virilizza la tua volontà perché Dio faccia di te un caudillo[16]?.

Forse è il caso di ricordare che il regime franchista ha provocato, prendendo in considerazione soltanto il periodo tra il 1939 e il 1945, oltre 190.000 morti, giustiziati nelle carceri del tanto apprezzato “caudillo” che, per altro, inserì nel suo governo ben otto membri dell’Obra tra numerari e sovranumerari[17]

Su queste basi, non stupisce più di tanto che Escrivà mostrasse anche qualche simpatia per Hitler, almeno da quanto risulta dalle dichiarazioni di Monsignor Vladimir Felzmann, ex numerario  dell’Opus Dei ed ex segretario del Fondatore che, in una intervista a John Follain ha affermato cose come: “Il fondatore mi disse: ‘Vlad, Hitler non poteva essere stato una persona così cattiva. Non poteva aver ucciso sei milioni di persone. Non poteva averne uccise più di quattro milioni‘”; “ … capivo che Hitler era uno dei suoi eroi e non poteva credere che avesse veramente fatto quelle cose. Non ce la faceva proprio ad essere anti – hitleriano” o “L’aiuto di Hitler a Franco ha salvato la Cristianità dal comunismo” e “Hitler contro gli Ebrei, Hitler contro gli Slavi, cioè Hitler contro il comunismo[18]. Voci di corridoio senza conferma? Elementi da inquadrare nel periodo storico di contrapposizione frontale tra blocchi? Forse … ma ben più difficile risulterebbe negare che Escrivà abbia salutato con entusiasmo il golpe di Pinochet in Cile (“questo sangue era necessario[19] sono le parole che gli vengono attribuite), che l’Opera abbia provvisto a circondare il dittatore di suoi fidati ministri (un esempio per tutti il potentissimo ministro degli esteri Cubillos), che abbia, in cambio, ricevuto agevolazioni (anche economiche e fiscali) di ogni tipo per i suoi aderenti (ad esempio il multimilionario Cruzat) e che, in occasione della richiesta di estradizione spagnola dell’ormai vecchio generale (accusato di aver commissionato oltre 3.000 omicidi!), abbia impiegato tutta la sua influenza per evitare tale accadimento[20].

Che, d’altra parte, l’Opus Dei sia diventata, in funzione anti-“Teologia della Liberazione”, il baluardo religioso delle forze conservatrici in Sud America è piuttosto innegabile e alcune “affiliazioni” possono chiaramente dimostrarlo:

– in Perù, il Vescovo Cipriani, uno dei più fidati consiglieri dell’ ex-dittatore Fujimori era un numerario Opus Dei, così come vicino all’Opera era il ministro degli esteri Francisco Tudela, e membri ne erano il famigerato Arcivescovo Cristiani di Huamanga, leader delle “Ronde paramilitari” e “Padre Mariano”, uno dei più temuti killer delle stesse  “Rondas”[21];

– in Argentina, l’ultra-nazionalista Rodolfo Barra, già ministro degli esteri del governo Menem nel 1989, giudice della Corte Suprema tra 1993 e 1994, travolto dalle rivelazioni apparse sul periodico “Noticias”[22] sul suo passato neonazista e sulla sua prossimità alla dittatura militare, è un sovranumerario Opus Dei[23];

– in El Salvador, l’Arcivescovo Fernando Saenz Lacalle, successore di quel Monsignor Romero brutalmente assassinato nel 1980 dai paramilitari fascisti, è stato a lungo (con il grado di “Brigadiere generale”), Cappellano di quello stesso esercito fa cui i killer del suo predecessore sono scaturiti ed è, “naturalmente” verrebbe da dire, un numerario dell’Opus Dei[24].

La lista potrebbe proseguire a lungo ma già quanto riportato risulta sufficiente per dare l’idea sia della capacità penetrativa dell’Obra nei più alti strati sociali sia, soprattutto, di una tendenza all’ideologia di estrema destra che, per quanto inespressa pubblicamente (e, certamente, mai formalizzata) risulta piuttosto palese e, probabilmente, non è tanto giustapposta, quanto connaturata all’essenza stessa dell’Istituzione a partire dalla sua fondazione e dagli scritti di Escrivà, nei quali elementi tipicamente revanscisti e parafascisti quali nazionalismo, paranoia da assedio (comunista, massone o legato a chiunque tenti di criticare l’Obra), glorificazione della guerra come elemento di purificazione, esaltazione di una leadership autoritaria (fino, come vedremo, al culto della personalità) e dell'”obbedienza cadaverica” degli adepti, reazione a qualunque valore modernista, esortazione alla “unità di popolo” per una missione eroica, deumanizzazione del nemico, senso di superiorità nei confronti di chi non è portatore degli stessi ideali e supporto all’idea di “stato forte” si incontrano ad ogni piè sospinto[25].

D’altro canto, anche dal punto di vista dell’interpretazione dottrinale, la posizione dell’Opus Dei non appare sicuramente improntata al progressismo.

Leggiamo quanto è riportato sul sito ufficiale della Prelatura: ” Dal punto di vista dottrinale, l’Opera è tradizionalista o tradizionale? E come si esplica questo atteggiamento nei confronti del Concilio Vaticano II? Il tradizionalismo è una malattia che, nelle sue diverse modalità, si basa su un concetto errato di Tradizione. Però la Tradizione, nel senso genuino, ha, insieme alla Sacra Scrittura da cui è inseparabile, un’importanza essenziale nella Chiesa. Inoltre la Chiesa possiede una storia splendida, ricca di tesori spirituali: i santi, che illuminarono con la propria vita i venti secoli trascorsi fino a noi e che illuminano oggi la nostra esistenza. La Chiesa si è fatta cultura, arte incomparabile, scienza, letteratura, scuole, opere di carità. E, allo stesso tempo, la Chiesa è storia viva nel cuore di ogni uomo, perché ad ogni uomo continua a rivolgersi Cristo, che è lo stesso, oggi, ieri e sempre. Il Concilio Vaticano II ha parlato di tutto questo. E nei testi del Concilio si avverte l’eco di molte delle idee predicate da nostro Fondatore fin dagli anni trenta. Tutti i Concili formano un’unità di magistero, nella quale non c’è contraddizione. Tuttavia – se possibile – direi che l’Opus Dei ha nel Concilio Vaticano II la propria patria dottrinale, composta di tradizione e di novità[26]. Questo passo è, in qualche modo, allo stesso tempo veritiero e fuorviante: è indubbio che “in nuce” l’Obra, con la sua sottolineatura carismatica della spiritualità laicale, abbia, per alcuni versi, se non ispirato certamente anticipato l’insegnamento del Concilio Vaticano II sulla partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, ma, allo stesso modo, è chiaro a chiunque abbia in mente i risultati di apertura del Concilio che il tipo di impostazione spirituale che l’Opus Dei propugna risulta sostanzialmente diverso da quello che ha caratterizzato le posizioni della maggioranza conciliare almeno in relazione a tre aspetti fondamentali: spirito della vita consacrata, ecumenismo e condivisione decisionale.

Per quanto riguarda il primo aspetto, da numerosi resoconti di transfughi dell’Obra si evince facilmente lo sviluppo di una spiritualità per molti aspetti di tipo medievale, in cui una fortissima enfasi viene posta sulla condivisione delle sofferenze di Cristo e sulla vittoria su ogni passione umana, a partire da alcune massime del Fondatore del tipo: “Nessun ideale si realizza senza sacrificio. Rinnega te stesso. E’ così bello essere una vittima[27]; “Fai attenzione: il tuo cuore è un traditore. Chiudilo con sette catenacci[28]; “Benediciamo il dolore. Amiamo il dolore. Santifichiamo il dolore…Glorifichiamo il dolore!”[29]; “Rinnega ogni scrupolo che ti tolga la pace mentale. Ciò che ti toglie la pace non viene da Dio[30]. Tra le conseguenze di un’ottica cristiana di questo genere vi è quello che è diventato uno dei tratti più noti (forse anche eccessivamente enfatizzato) della prelatura: l’uso da parte dei numerari di strumenti e pratiche di mortificazione corporale.

E’ notorio che l’utilizzo di queste pratiche è sempre stato presente lungo il corso della storia della Chiesa ma gran parte dell’odierno pensiero teologico tende a negare la loro produttività per lo sviluppo della spiritualità, potendo esse scivolare facilmente in una sorta di “lascivia” dell’autopunizione[31]. Evidentemente i vertici dell’Opus Dei non sono di questo avviso se, nelle Costituzioni del 1950 della Prelatura troviamo “Essi [i numerari] manterranno la pia usanza, al fine di castigare il corpo e ridurlo in servitù, di indossare un piccolo cilicio per almeno due ore al giorno; una volta alla settimana useranno la disciplina [una specie di frusta di cordicelle con le punte appesantite per l’autoflagellazione] e dormiranno sul pavimento, pur facendo attenzione di non intaccare la loro salute[32]. Sebbene questo articolo non compaia più nelle successive revisioni, tutte le testimonianze di ex-numerari concordano nell’affermare che tali pratiche continuano ad essere “caldamente consigliate” (il che, nella situazione psicologica dei vocati nelle case dell’Opus Dei equivale ad un obbligo), così come viene richiesto di fare docce fredde sia d’estate che d’inverno, di mortificarsi nel cibo, di osservare lunghi periodi di silenzio e di attuare il cosiddetto “minuto eroico”, che consiste nel gettarsi fuori dal letto appena viene data la sveglia e di inginocchiarsi e baciare il pavimento pronunciando la parola “serviam” (in latino “servirò”)[33].

Per quanto riguarda l’ecumenismo dell’Obra, i contorni si fanno più incerti e sfumati: se, infatti, da un lato la Prelatura sembra piuttosto aperta ad accettare “collaboratori” da ogni Confessione e, attraverso i suoi siti, saluta ogni apertura ecumenica come positiva, dall’altro l’impressione generale è che il suo approccio ecumenico sia di tipo piuttosto missionario-evangelico, il che verrebbe confermato da numerosi giudizi del Fondatore sulle altre Religioni, tra i quali, particolarmente significativo sembra essere quello che emerge dalla “massima 115” del Cammino relativa al “Minuto di silenzio” in cui, nel testo originale, riproposto fino all’edizione del 1955, si trova: “–  Minuto di silenzio – Viene richiesto per gli atei, i massoni e i protestanti che hanno il cuore inaridito. Noi Cattolici, figli di Dio, parliamo con il nostro Padre che sta nei cieli[34]. Sebbene nell’edizione ora alle stampe il riferimento a “atei, massoni e protestanti” sia scomparso, risulta difficile pensare che un atteggiamento di questo genere non sia ancora presente nella Prelatura …

Molto più netta, comunque, è la dissonanza tra apertura conciliare ai laici e al dialogo pastorale democratico e verticismo gerarchico e clericocratico tipico dell’Obra.  Anche in questo caso, un paio di riferimenti al Cammino, testo fondamentale della Prelatura, questi mai “rivisitati” nelle edizioni successive, possono risultare esempi sufficienti:

– Massima 61: “Quando un laico si pone come arbitro della moralità, frequentemente erra; i laici possono solo essere discepoli.“;

– Massima 941: “Obbedienza, la via certa. Obbedienza cieca al tuo superiore, la via della santità. Obbedienza nel tuo apostolato, la sola via:perché, in un’opera di Dio, lo spirito deve essere pronto all’obbedienza o lasciar perdere“.

E, ancora una volta, dalle testimonianze di ex-numerari[35], si può stare certi che questi principi vengono attuati integralmente.

Da qui a quella che, secondo molti, è la deviazione più grave imputabile all’Opus Dei, quella relativa al settarismo, il passo è breve.

Quali sono le caratteristiche tipiche di una setta? Samuel Arwin, autore di uno degli studi più approfonditi sul fenomeno delle sette religiose, condensa i tratti caratteristici del settarismo in cinque punti principali:

1) reclutamento in età molto giovane o in momenti di forte debolezza e impossibilità di abbandono della setta;

2) culto della personalità del capo carismatico;

3) alienazione dell’adepto dal suo ambito sociale fino alla auto-reclusione;

4) utilizzo di un linguaggio iniziatico e di forme di “lavaggio del cervello”;

5) assoluta segretezza sulle pratiche interne alla setta[36].

Purtroppo tutti questi elementi sembrano essere ben presenti nella vita dell’unica Prelatura personale del Papa. Analizziamo il più brevemente possibile ciascuna di queste voci:

1) che il sistema di reclutamento e di mantenimento degli “adepti” all’interno dell’Obra sia a dir poco aggressivo è provato dal fatto che, nel 1981, persino il Primate di Gran Bretagna Cardinal Basil Hume dovette intervenire per pregare i responsabili inglesi dell’Opera di avere maggiore rispetto di coloro che chiedevano di entrare e, soprattutto, di uscire dalla medesima, e per garantire la libertà di scelta del proprio direttore spirituale, senza che venisse preteso che si dovesse scegliere per forza un religioso dell’Opus[37]. Di fatto, all’interno dell’Opus Dei esiste un sistema di “apostolato” altamente strutturato, con team che pianificano strategie in questo senso e che riportano direttamente i risultati ad un direttore spirituale. Secondo  Maria Del Carmen Tapia, una delle prime ex numerarie a rivelare i “segreti” interni dell’Opera[38], ogni  numerario tende a crearsi una rete di amicizie di 10/15 persone che vengono invitate ad incontri dell’Obra, consigliate riguardo alla loro spiritualità e convinte di essere vocate. Questo sistema è fortemente attivo negli ambiti studenteschi e universitari, in cui l’Opus Dei, tramite associazioni e centri, è notevolmente presente. Tipicamente, la strategia sarebbe quella di cogliere la persona in momenti particolarmente problematici della sua vita e di convincerla che, in caso non seguisse la sua vocazione, non potrebbe mai più avere la Grazia di Dio e vivrebbe una vita misera e triste. Una volta entrati nell’Obra (con modalità che quasi sempre contravvengono la regola del “consenso informato”), le “reclute” vengono accolte calorosamente nella struttura e vengono loro a poco a poco rivelate le pratiche interne della Prelatura, a cui si devono uniformare per “non voltare le spalle a Dio” e guadagnarsi la dannazione eterna;

2) la permanenza nel gruppo è favorita dalla struttura fortemente piramidale e verticistica dell’Opera, alla cui sommità si pone, anche dopo la sua morte, il Fondatore. La Tapia afferma che, negli anni della sua Prelatura, Escrivà veniva trattato come se fosse Dio in terra e che tale culto della personalità era promosso dal Prelato stesso: Maria Angustias Moreno, ex numeraria dell’Opera, ad esempio, racconta che Josemaria Escrivà decise che lo si chiamasse “Padre”, scritto in maiuscolo, e lo si salutasse piegando il ginocchio sinistro[39], mentre ancora la Tapia narra di essere stata a lungo utilizzata come segretaria personale di Escrivà, dovendo stenografare ogni affermazione del Prelato “perché troppe volte“, e sono parole stesse del diretto interessato, che evidentemente non doveva avere un concetto di se stesso improntato a particolare umiltà, “dopo la morte dei Santi non si conoscono esattamente molti particolari della loro vita[40] e che, ancora oggi, a tanti anni dalla sua morte, molti numerari sono caldamente invitati a scrivergli lettere e confessioni;

3) i numerari, sempre secondo i racconti di fuoriusciti dall’Opus Dei, vengono persuasi a rimanere all’interno dell’ Obra anche attraverso un meccanismo tipicamente settario di isolamento che è sia fisico (e si vedano a tal proposito le pagine di Emanuela Provera riguardo alla Prelatura di Roma, una struttura che è quasi un fortilizio e la cui porta può essere aperta unicamente dall’interno da un numerario guardiano e previo permesso dei superiori[41]), sia, soprattutto, sociale. In realtà, il meccanismo è piuttosto semplice: l’Opera, come accennato, si struttura, nelle sue varie case, come una “famiglia” (con gli stessi valori borghesi di qualunque famiglia del ceto medio e con una autorità del “pater familias”, cioè del superiore, di stampo quasi latino) e, conseguentemente, ben difficilmente può ammettere per i suoi aderenti la presenza di un’altra istituzione familiare, fosse anche quella d’origine. Conseguentemente, sempre secondo le testimonianze di chi ha vissuto nell’Opus Dei, separare il numerario dai suoi affetti precedenti, spesso con la scusa che “non capirebbero”, diventa per molti versi la regola: spesso le famiglie di origine non sanno per mesi che il loro parente è entrato nella Prelatura e questi viene invitato a vivere nei centri dell’Obra, nei quali si realizza un progressivo distacco dal mondo esterno[42]. Tale distacco è favorito anche dalle regole interne della Prelatura, che vietano ai numerari di partecipare a qualunque attività esterna non volta al proselitismo, includendo nei divieti gare sportive, teatri, cinema, concerti, ecc. se non espressamente permessi (cosa che avviene assai raramente) dai direttori spirituali[43];

4) il punto centrale è che l’alienazione non avviene unicamente rispetto alla famiglia, ma, più in generale, rispetto al mondo esterno. Nell’Opus Dei, secondo le affermazioni di molti testimoni diretti, si vive, al contrario del carisma originale di portare il Cattolicesimo nella vita quotidiana dei laici, in una sorta di realtà parallela distorta, con un codice interno difficilmente comprensibile dai “non adepti”, con termini particolari, dal “piano inclinato” (il cammino vocazionale) al “minuto eroico” (di cui si è già parlato), dal “pitare” (manifestare la propria intenzione di entrare nella Prelatura) alla “correzione fraterna” (punizioni inflitte dai direttori spirituali a chi non si attiene alle regole)[44], etc. e, soprattutto, con un controllo mentale totale esercitato sugli aderenti. I numerari, infatti, sono invitati a consegnare il loro intero salario all’Obra e normalmente non hanno conti correnti, devono utilizzare il denaro con estrema parsimonia e, per ogni necessità personale, devono chiedere le somme di cui abbisognano ai superiori, riportando poi con esattezza il loro uso; la loro posta è sempre ispezionata dai direttori spirituali, a cui spetta anche la scelta di cosa i numerari debbano leggere, vedere in televisione o ascoltare per radio; ogni numerario deve sempre segnalare i suoi movimenti e i suoi spostamenti, deve confessarsi settimanalmente (molto preferibilmente a Sacerdoti interni all’Opera) e deve notificare ai direttori anche il più piccolo dubbio possa insorgere nella sua mente sullo stile di vita nella Prelatura. Il risultato di ciò è, spesso, una alienazione da se stessi che provoca una sorta di debolezza psichica, la quale, a sua volta, torna utile ai direttori per imporre la loro volontà sull’adepto[45];

5) altrettanto problematica, specie rispetto alle ampie professioni di apertura, è la sistematica ostinazione al segreto che caratterizza l’Obra: dalle residenze sempre rigorosamente anonime, alla divisione meticolosa tra documenti pubblici e materiale “per uso interno”, fino all’allarmante assenza di liste degli aderenti, tutto nell’Obra vive in una dimensione di completa segretezza, che nessun governo, grazie al potere lobbistico della Prelatura, osa intaccare[46].

La “discrezione” è quasi un precetto all’interno dell’Opera, a partire da numerose massime di Escrivà in questo senso, del tipo: “Non rivelare i segreti del tuo apostolato: non vedi che il mondo è pieno di egoisti che non capiscono?” o “Non posso fare a meno di ricordarti l’importanza della ‘discrezione’. Forse non è la canna della tua arma ma almeno è il suo grilletto[47] e sia la Tapia che Felzmann riportano, addirittura, che in ogni cassaforte dell’Obra vi è una bottiglietta di benzina da utilizzare per bruciare i documenti riservati in caso di “attacco dall’esterno”. L’ossessione per la riservatezza si fa, poi, parossistica quando si entra nel campo medico. Il sociologo madrileno Alberto Moncada ha raccolto una abbondante documentazione[48] riguardo a frustrazioni, stati depressivi, psicosi e tentativi di suicidi derivanti dal processo di destrutturazione della personalità che regna nei centri dell’Opus e ha rivelato l’esistenza di una clinica di Pamplona, interamente gestita da personale affiliato all’Opera e specializzata nel trattamento occulto di membri affetti da patologie psichiche, di sempre maggiore gravità con l’approssimarsi del quarto piano, dove sono trattenuti, spesso all’insaputa dei familiari, i pazienti con le problematiche più gravi.

Con queste premesse, risulta addirittura ovvio che la Prelatura venga accusata di essere, a tutti gli effetti una società segreta, una sorta di massoneria o mafia cattolica con un potere di lobby incredibilmente esteso.

Ovviamente, i responsabili di vario livello dell’Opera smentiscono qualunque addebito in questo senso e continuano a negare che la lista completa degli adepti sia un segreto custodito gelosamente. Forse non conoscono le loro stesse Costitutiones (che alcuni, però, dicono superate, nonostante in esse si legga: “Questa costituzione è il fondamento del nostro istituto. Per questo motivo deve essere considerata sacra, inviolabile e perpetua“) che, come notato dal giornalista spagnolo Jesús Ynfante[49] già nel 1970, hanno al loro interno affermazioni quali: “Per raggiungere i suoi obiettivi nel modo più efficace, l’Istituto [Opus Dei] deve condurre un’esistenza occulta“; “A causa della umiltà collettiva, che è propria del nostro Istituto, tutto ciò che viene fatto dai membri non deve essere attribuito a esso, ma a Dio soltanto. Di conseguenza anche il fatto di appartenere all’Istituto non deve essere rivelato all’esterno; il numero dei membri deve restare segreto; e più precisamente i nostri membri non devono discutere di questi argomenti con nessuna persona esterna all’istituto” e “I membri ordinari e straordinari devono sempre osservare un prudente silenzio in merito ai nomi degli altri membri e non devono mai rivelare a nessuno di appartenere all’Opus Dei… se non sono espressamente autorizzati a farlo dal loro direttore locale[50]. Di fatto, è notorio che la Prelatura, non pubblica mai un bilancio annuale e si nasconde dietro filiali estere, società ombra e prestanome[51], che il suo quartier generale a New York, a pochi passi da Wall Street è costato 50 milioni di dollari, che nel 1974, dopo lo scandalo IOR – Banco Ambrosiano Escrivà era stato in grado di provvedere alla copertura del 30% delle spese annue sostenute dal Vaticano, che solo in Spagna durante il governo Aznar (i cui figli frequentavano scuole dell’Opus Dei) all’Opus Dei facevano capo il presidente del Banco Popular, un procuratore generale, Jesus Cardenal, un capo della polizia, Juan Cotino, e centinaia di insigni accademici e giornalisti, nonché circa 20 componenti della famiglia reale spagnola, che in Italia gli uomini di potere vicini all’Opus Dei sono migliaia e includono l’ex Segretario di Stato vaticano, industriali di spicco, editori, governatori di banca e una schiera di leader politici (non a caso nel 1993 Giuseppe Corigliano, portavoce romano della Prelatura, a chi gli chiedeva se il Vaticano avesse dato un particolare incarico all’Opus Dei, rispondeva con un capolavoro di sintesi: “l’Europa[52]) e che lo stesso potrebbe dirsi in numerosi altri Paesi. Certamente oggi l’Obra, secondo dati fatti filtrare dalla stessa organizzazione, avrebbe “influenza” in 179 università, 630 quotidiani e riviste, 52 catene televisive[53] e probabilmente è il gruppo religioso più potente in Vaticano: se Papa Paolo VI, al pari dei suoi due predecessori (Pio XII e Giovanni XXIII), non aveva mai avuto buoni rapporti con l’Opus e con il suo Fondatore, tanto da negare, quando era ancora Arcivescovo di Milano, l’apertura di una sede dell’organizzazione nel capoluogo lombardo[54], da Giovanni Paolo I e, soprattutto, con Giovanni Paolo II le cose sono radicalmente cambiate. Come ricordato da Franco Talenti[55], il nuovo pontefice era un amico personale di Escrivà e, quando era Vescovo di Cracovia, non mancava mai di andarlo a trovare quando era di passaggio a Roma, e di stare a pranzo con lui. Inoltre, fonti ecclesiastiche sostengono che nel Conclave che lo elesse, Papa Wojtyla fu sostenuto con forza dai Cardinali vicini all’Opus, in ciò istruiti da Escrivà e, di rimando, una volta eletto non frappose alcun ostacolo alla riproposizione in Curia della pratica relativa alla istituzione della Prelatura personale, come da richiesta di Monsignor Alvaro del Portillo, subentrato a Escrivà e, nel 1981, la costituì nonostante le resistenze della Curia romana, che non aveva mai mostrato simpatie per l’Opus, senza poi doversene pentire quando il contributo dell’Opus alla soluzione prima della crisi finanziaria dello Ior-Banco Ambrosiano, e poi di quella in Polonia dove Solidarnosc, nonostante il regime comunista, poté contare su aiuti economici fondamentali del Vaticano fu notevole.

Oggi, forte anche dell’appoggio di Benedetto XVI, che in questo è un convinto continuatore di Wojtyla, l’Opus ha conquistato un numero ancora maggiore di adepti ed una forza economico-finanziaria sempre più evidente.

Per Dio e per la Chiesa, certo, ma resta da intendersi per quale tipo di Chiesa …


[1] D. Le Tourneau, What is Opus Dei?, Gracewing Publishing 2001, p.14.

[2] S. Hahn, Ordinary Work, Extraordinary Grace: My Spiritual Journey in Opus Dei, Doubleday Religion 2006, p.28.

[3] Si veda a tal proposito M.T. Oates, L. Ruf, J. Driver, Women of Opus Dei: In Their Own Words, The Crossroad Publishing Company 2009, passim.

[4] K. Wojtyla (SS. Giovanni Paolo II), Ut Sint, Ed. Vaticana 28 novembre 1982.

[5]Per “prelatura personale” si intende una configurazione giuridica diversa sia da fenomeni associativi che da Congregazioni e Ordini religiosi: prevista dal Concilio Vaticano II con il decreto Presbyterorum Ordinis e il motu proprio Ecclesiae Sanctae,  essa si configura come una struttura istituzionale e gerarchica della Chiesa, che raccoglie, sotto la giurisdizione di un Prelato nominato dal Papa, Sacerdoti e laici al fine di perseguire specifiche iniziative pastorali e talvolta finanziarie. Gli aderenti all’Opus Dei dipendono, quindi, dal Prelato per tutto ciò che riguarda direttamente la loro vita spirituale e sociale. Il Codice di Diritto Canonico del 1983 (canone 294) prevede che la prelatura personale sia composta da Presbiteri e da Diaconi del Clero secolare, con la possibilità (canone 296) dell’inserimento di laici, per il solo espletamento delle opere apostoliche.

[6] Quando ancora Patriarca di Venezia.

[7] Udienza a Castel Gandolfo, agosto 1979.

[8] Il 17 maggio 1992.

[9] Statuti, nn. 17-25.

[10] Statuti, n. 27.

[11] Vd. Congregazione per i Vescovi, Dichiarazione del 23.VIII.1982, su “L’Osservatore Romano”, 28 novembre 1982, e su “Acta Apostolica Sedis” LXXV, 1983, pp. 464-468.

[12] Statuti, 88/3.

[13] Le leggi di fascistizzazione dello Stato spagnolo.

[14] J. Escrivà, Lettera a Francisco Franco, 23 Maggio 1958, Archivio di Stato spagnolo.

[15] J. Allen, Opus Dei, Penguin Books 2006, pp. 274 ss.

[16] J. Escrivà, Cammino, Ares 2006, passim.

[17] J. Gonzalves, La Iglesia Catolica y el Franchismo, Marcelino 1998, pp. 41 ss.

[18] J.Follain, City of Secrets: The Startling Truth Behind the Vatican Murders, Harper Paperbacks 2003, pp. 214 ss.

[19] N. Friedlander, What is Opus Dei?: Tales of God, Blood, Money, and Faith, Collins & Brown 2005, pp. 72 ss.

[20] Ivi, p. 119.

[21] A. Bruckmueller, The Truth about Opus Day in South America, Novartis 2008, pp. 86-87.

[22] 22 e 29 giugno 1996.

[23] A. Bruckmueller, Citato, pp. 104-106.

[24] Ivi, pp. 119-120.

[25] Come notato da H.Swanson, A New World, an Old Chuch, Parnassius 2007, pp. 231-233.

[26] Cfr. www. opusdei.it, testo ripreso da P. Mayorga, “El Mercurio” (Santiago del Cile), 21 gennaio 1996.

[27] J. Escrivà, Cammino, citato, massima 175.

[28] Ivi, massima 188.

[29] Ivi, massima 208.

[30] Ivi, massima 258.

[31] R.W. Hood Jr., P.C. Hill, B. Spilka, The Psychology of Religion, Fourth Edition: An Empirical Approach, The Guilford Press 2009, pp.356 ss.

[32] Opus Dei, Constitutiones, 1950, art. 147.

[33] Cfr., tra gli altri, M. Del Carmen Tapia, Oltre la Soglia. Una Vita nell’Opus Dei. Un Viaggio nel Fanatismo, Baldini Castoldi Dalai 1996, passim; F. Pinotti, Opus Dei Segreta, BUR 2006, passim; E. Provera, Dentro l’Opus Dei. Come Funziona la Milizia di Dio, Chiarelettere 2009, passim.

[34] J. Escrivà, Citato, massima 115, ed. 1950-1955.

[35] Si veda, ad esempio, l’articolo di C. Sector “Ex-Opus Dei Members Decry Blind Obedience”, ABCNews 16 maggio 2006.

[36] S. Arwin, The Spyral. Sects and Sectarism in Contemporary World, O.U.P. 2007, pp. 756-757 e passim.

[37].B. Card. Hume, Guidelines for Opus Dei in the Westminster Diocese, 2 dicembre 1981.

[38] Cfr.  M. Del Carmen Tapia, Citato, passim.

[39] M. Del Carmen Tapia, Citato, p.219.

[40] Ivi, pp. 231 ss.

[41] E. Provera, Citato, pp. 108 ss.

[42] M. Del Carmen Tapia, Citato, pp. 61 ss.

[43] M. Whitehouse, The Secret History of Opus Dei: Unravelling The Mysteries Of One Of The Most Powerful And Secretive Forces In World Religion, Lorenz Books 2007, p.47.

[44] Per una trattazione esaustiva in materia, cfr. E. Provera, Citato, passim.

[45] Cfr. M. Whitehose, Citato, passim; M. Walsh, Opus Dei: An Investigation into the Powerful Secretive Society within the Catholic Church, HarperOne 2004, passim et alii.

[46] F. Pinotti, Citato, pp. 86 ss.

[47] Rispettivamente massima 643 e massima 655 di J. Escrivà, Cammino, citato.

[48] A Moncada, La Cuarta Planta, “Revista el Siglo”, nº 605, 31 maggio 2004.

[49] J. Ynfante. La Podigiosa Aventura del Opus Dei: Génesis y Desarrollo de la Santa Mafia, Guilmares 1970, passim.

[50] Rispettivamente Constitutiones, commi 185, 190 e 191.

[51] Qui e in seguito sul potere economico dell’Opus Dei cfr. A. Bolton, The Holy Bankers, Harvard U.P. 2006, passim.

[52] D. Yallop, Habemus Papam, Edizioni il Mondo Nuovo, 1996, p.161.

[53] “Avvenimenti”, n.34, settembre 2002.

[54] Pinotti scrive, riportando le parole dell’ex numerario Alberto Moncada, che al termine del conclave che elesse Papa il Cardinal Montini Escrivà affermò: “Tutti quelli che hanno votato Montini saranno condannati all’inferno“. F. Pinotti, Citato, p.92.

[55] F. Talenti, Ora l’Opus Dei è una Vera Potenza, “ItaliaOggi” 20 aprile 2010.

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Nato a Londra nel 1968 ma italiano di adozione, si laurea a 22 anni con il massimo dei voti in Lettere Moderne presso l'UCSC di Milano con una tesi sui rapporti tra cultura cabbalistica ebraica e cinematografia espressionista tedesca premiata in Senato dal Presidente Spadolini. Successivamente si occupa di cinema presso l'Istituto di Scienze dello Spettacolo dell'UCSC, pubblicando alcuni saggi ed articoli, si dedica all'insegnamento storico, ottiene un Master in Marketing a pieni voti e si specializza in pubblicità. Dal 2003 si interessa di storia e simbologia religiosa: nel 2006 pubblica Il Graal è dentro di noi, nel 2007 Non per mano d'uomo? e nel 2009 L’anima e la svastica. Nel 2008 ottiene, negli USA, "magna cum laude", un dottorato in Studi Religiosi a cui seguono un master in Studi Biblici e un Ph.D in Storia della Chiesa, con pubblicazione universitaria della tesi dottorale dal titolo Nicea: what it was, what it was not (2009). Collabora con riviste cartacee e telematiche (Hera, InStoria, Archeomedia) e portali tematici, è curatore della rubrica "BarBar" su www.storiamedievale.org e della rubrica "Viaggiatori del Sacro” su www.edicolaweb.net. Sito internet: http://www.lawrence.altervista.org.

  1. alessandro sanna
    | Rispondi

    Oh gli intenti per ogni nuova Fondazione di carattere religioso son sempre alti.Alla fine che ne risulta però?Un accumulo di CAPITALI,di PROPRIETA' terrene!Ci son sempre i fessi che abboccano e i furbi che ne traggon vantaggio.Quando un soggetto "alumbrado",come BALAGUER,ha una fissazione,diventa pericoloso.Son tutti degli eroi,son tutti dei rulli compressori che pur di raggiungere l loro scopo,non guardano in faccia nessuno e non si fermano davanti a NIENTE nel senso assoluto.Alla fine,il fondatore diventa Santo e chi ne perpetua le indicazioni,accumula,accumula.Lo si vede per opera,in qualsiasi OPERA PIA ESISTA.Son miniere di SOLDI,CENTRI D POTERE,proprio cole la MASSONERIA.Ma non vedete la potenza che han acquisito anche i NEOCATECUMENALI?Tutte fole per spillar quattrini ai creduli

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