Oltre la destra (e la sinistra)

Pensiero ribelle è il titolo italiano del primo di due grossi volumi di Alain de Benoist apparsi in Francia nel 2006 (1). Si tratta di un’opera che raccoglie le interviste rilasciate dal pensatore francese a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso e che indubbiamente costituisce una chiave di lettura privilegiata per comprendere per quale motivo il più noto esponente della cosiddetta Nuova Destra si definisca oggi un intellettuale che non è né di destra né di sinistra. Un’opera quindi importante,almeno per coloro per i quali la politica non è business , ma partecipazione consapevole e responsabile alla vita pubblica.

Tuttavia,non ci si può astenere dal rilevare le numerose e gravi contraddizioni che caratterizzano il pensiero di de Benoist, anche se permane l’interesse e l’apprezzamento per le sue acute critiche alla società liberaldemocratica.

Il filosofo francese pare infatti spesso confondere il collettivismo con l’olismo che pur vorrebbe difendere: come conciliare la concezione contrattualistica dello Stato (che in epoca moderna è incontestabilmente espressione dello spirito mercantile ed individualistico della borghesia) con una visione autenticamente olistica della società?

E’ irritante poi il fatto che egli ritenga che ci si possa portare al di là della destra e della sinistra accatastando alla rinfusa “spezzoni” dei più vari e diversi discorsi filosofici – Russell, Wittgenstein, Gramsci, Heidegger, Evola, gli esponenti della Rivoluzione Consevatrice ma anche Lévi Strauss e la Scuola di Londra (sic) – e contrapponendo in modo superficiale l’anima allo spirito, l’immagine al concetto, come se l’unica forma di razionalità fosse quella strumentale ed oltre due millenni di pensiero filosofico non contassero nulla.

La ricezione semplicistica della critica heideggeriana alla metafisica occidentale pare essere, da un lato, alla base di un anticristianesimo così scontato e banale da rendere incomprensibile il fatto che il cattolicesimo sia stato per numerosi secoli la lingua spirituale dell’Occidente (in effetti, de Benoist sembra confondere il cattolicesimo “pagano ed esoterico” – ad esempio, di Scoto Eriugena, di Dante, di Meister Eckhart – con il cristianesimo sfaldato e de-ellenizzato di oggi, che difficilmente può essere considerato qualcosa di più che una opinabile dottrina morale, priva di qualsiasi autentico fondamento metafisico e spirituale); dall’altro, anche la ragione (o una delle ragioni) che spinge de Benoist a fare l’apologia di una forma pericolosa di irrazionalismo. Tanto che egli non esita ad asserire che l’errore più grave dell’Occidente moderno consisterebbe nel privilegiare la conoscenza a scapito di ogni altra attività della mente, dimenticandosi che per gli antichi greci (ma analoghe considerazioni si potrebbero fare per la cultura indiana) la conoscenza – come ben comprese Giorgio Colli – è l’essenza della vita, dato che evidentemente avevano un concetto della conoscenza (e della vita, ché, come scrive Evola nelle Meditazioni delle Vette, “vi è qualcosa di più grande della vita, nella vita stessa e non al di là di essa”) assai differente da quello utilitaristico e riduttivo che attualmente prevаle.

Non si fraintenda però il senso di queste obiezioni: ormai è evidente che destra e sinistra sono categorie politiche logore e in gran parte superate. Ciononostante, per ridefinire il Politico secondo una prospettiva radicalmente antieconomicistica (e questo è certamente lo scopo di de Benoist) è essenziale un orientamento esistenziale e spirituale che sappia mettere in discussione coerentemente i presupposti ideologici del Moderno (sotto questo profilo sono forse più importanti studiosi e pensatori come, ad esempio, Mircea Eliade e Henry Corbin – indipendentemente dalle loro convinzioni politiche – piuttosto che i filosofi della politica che tendono a disinteressarsi dei fondamenti ultimi della realtà o che ritengano che sia sufficiente fare qualche breve e superficiale considerazione sul Sacro per oltrepassare la Modernità).

Che il Politico non debba sottostare all’Economico e che ciò sia possibile solo se a fondamento dell’ordinamento statale vi sono dei principi metapolitici credo lo ammetta anche de Benoist. L’olismo e l’antieconomicismo (in realtà due facce di una stessa medaglia) hanno però necessariamente implicazioni metafisiche (ad esempio, la totalità dei fenomeni non può essere né un fenomeno tra i fenomeni né la somma dei fenomeni) ed antropologiche di cui si deve essere consapevoli se non si vuole rivolgere la punta distruttiva delle proprie argomentazioni contro se stessi.

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Queste critiche a Pensiero ribelle però non si devono interpretare come una stroncatura di Alain de Benoist, le cui contraddizioni invece ritengo possano stimolare una riflessione seria per una ridefinizione del Politico nell’epoca della spoliticizzazione della sfera pubblica.

Ben poche obiezioni, infatti, si possono fare alle tesi che il pensatore francese difende in Comunità e decrescita (2). In quest’opera, con notevole perspicacia e rigore scientifico, de Benoist (di)mostra l’assurdità di uno sviluppo illimitato e le conseguenze disastrose per il legame sociale derivanti dalla mercificazione dell’esistente. Ispirandosi a Serge Latouche – che, come è noto, difende l’idea di una decrescita, ossia la necessità di un’inversione di tendenza (che non è un impossibile ritorno al passato preindustriale ma un diverso modo di concepire l’eco-nomia) per il fatto che l’attuale modello socio-economico è non solo ingiusto ma anche eco-logicamente insostenibile – de Benoist mette in discussione il dogma diffuso dai media che il ben(e)ssere coincida con il consumo di una sempre maggiore quantità di oggetti.

E’ senz’altro il miglior de Benoist quello che pone in luce le aberrazioni della civilizzazione del mercante e le ragioni di un’autentica democrazia partecipativa da contrapporre alla delirante ragione mercantile.

Un libro quindi che certamente vale la pena di leggere e che potrebbe e dovrebbe servire come base di discussione per chi ha ancora voglia di pensare e non condivida i ‘dogmi’ del ‘pensiero unico’.

Note

(1) A.de Benoist, Pensiero ribelle. Interviste, testimonianze, spiegazioni al di là della Destra e della Sinistra, Controcorrente, Napoli , 2008.
(2) A.de Benoist, Comunità e decrescita. Critica della Ragion Mercantile. Dal sistema dei consumi globali alla civiltà dell’economia locale, Arianna, Casalecchio (Bo), 2005.

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