Nuovi patrioti e vecchie canaglie

NOTA: questo articolo, completamente riscritto, conserva solo il titolo uguale a quello già pubblicato su “Ciaoeuropa” nel 2007.

Io sono italiano. Non considero e non ho mai considerato la cosa un puro dato anagrafico, ma un elemento fondamentale di ciò che ritengo la mia identità come uomo. Essendo nato a Trieste da padre pugliese e madre toscana, non potrei neppure vantare un’appartenenza locale o regionale molto solida, e neppure dirmi pienamente e totalmente italiano “del nord” oppure “del sud”. C’è da dire che essere figlio di italiani dell’Italia “profonda” nato su uno dei confini più scomodi e “caldi” della nostra nazione, è una circostanza che ha pesato profondamente sia sul mio destino personale (il che forse non avrebbe grande importanza) sia sulla mia Weltanschauung.

Nel terribile decennio postbellico 1945-1954, mio padre è stato uno di coloro che quasi tutti i giorni rischiavano la pelle, le fucilate della polizia civile e degli opposti manifestanti titini per testimoniare e reclamare l’italianità di Trieste.

Dai miei genitori ho appreso ad amare l’Italia al di sopra di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi considerazione, e credo che non avrei il minimo dubbio a sottoscrivere le parole di Platone:

“Più della madre e e più del padre e più degli altri progenitori presi tutti insieme è da onorare la patria, ella è più di costoro venerabile e santa, e in più augusto luogo collocata da dei e da uomini di senno. La patria si deve rispettare e più del padre si deve obbedire e adorare, anche nelle sue collere; o si deve persuaderla o si ha da fare ciò che ella ordina di fare, e soffrire, se ella ci ordina di soffrire, con cuore silenzioso e tranquillo”.

Negli ultimi anni, però, mi capita di avvertire sempre più spesso un senso di fastidio, per non dire di nausea, quando vedo certe persone sventolare un tricolore e atteggiarsi a patrioti.

Lo abbiamo visto con sempre maggiore evidenza negli ultimi tempi: nel 2011 i centocinquant’anni dell’unità nazionale sono diventati il pretesto per l’esplosione di una bolla retorica di supposto patriottismo “da sinistra”, che quest’anno si è cercata di rendere permanente con l’istituzione della “festa dell’unità nazionale il 17 marzo (giorno, bizzarra coincidenza, che coincide con la ricorrenza di san Patrizio, patrono irlandese, quel St. Patrick’s Day che è diventato un po’ il giorno-simbolo di quanti si riconoscono nell’eredità celtica in tutto il mondo fra cui, da noi, molti “padani”, e non mi sentirei affatto di escludere che si sia voluto procurare loro un’incavolatura in più; anche se di questi tempi motivi per farsi venire l’ulcera non mancano loro di certo).

E’ una specie di gioco a parti inverse, quello che abbiamo visto giocare l’anno scorso, “a sinistra” i (sedicenti) risorgimentali e patrioti, “a destra” gli antirisorgimentali, non solo i leghisti, ma i nostalgici degli stati pre-unitari che non mancano neppure nel sud, e quella fetta di tradizionalisti-oltranzisti cattolici che non ha ancora digerito Porta Pia.

I motivi per cui i “compagni” sono diventati (o simulano di essere) “nuovi patrioti” sono sostanzialmente due; il primo, il più evidente ma anche il più superficiale, è quello di infastidire la Lega. Io adesso non mi metterò certo a fare l’avvocato difensore del partito di Bossi, ma si ammetterà che questo, come pretesto per scoprire una venatura di sedicente patriottismo che va contro tutto ciò che la sinistra ha sempre professato, contro la sua storia e la sua “cultura”, è un movente risibile, superficiale e squallido.

Il secondo motivo è ben più ipocrita e subdolo: sventolare il tricolore, fare professione di amor patrio per indorare la pillola o alzare la cortina fumogena attorno al progetto di snazionalizzazione mondialista che la sinistra non cessa di portare avanti, favorendo l’immigrazione, anteponendo gli immigrati agli Italiani e costruendo un’esaltazione retorica dei “nuovi italiani” color caffelatte, fino ad assestare il colpo definitivo, l’attribuzione della cittadinanza italiana a chiunque sia nato sul nostro suolo (o magari su di un barcone appena entrato nelle nostre acque territoriali). Ma perché, verrebbe da chiedersi se non conoscessimo da sempre la velenosa falsità dei “compagni”, ciascuno dei quali quando abbandona questa valle di lacrime fa la cosa migliore che possa fare, se un grizzly nasce in Cina è un panda? Se un cavallo nasce in Canada è un’alce?

Sventolare il tricolore e cercare di manovrare un’ondata mediatico-emotiva per coprire il fatto che si sta svolgendo una politica contraria all’interesse nazionale, questo non è patriottismo, è solo una grottesca messinscena, e da questo punto di vista le responsabilità della sinistra sono uguali e condivise da un centrodestra in cui ciò che lo differenzia da essa appartiene in concreto al dominio degli slogan e delle fantasie, non alla realtà.

Ne abbiamo fatta l’esperienza nel novembre 2003 all’indomani dell’attentato di Nassirya. L’ondata emotiva di patriottismo mediatico che si sollevò allora servì al preciso scopo di impedire che la gente si ponesse la domanda: cosa ci facevano allora (e cosa ci fanno oggi) i nostri militari in Irak e in Afghanistan? Quale interesse nazionale erano (sono) lì a difendere? La vita dei nostri uomini in uniforme è un capitale prezioso che dovrebbe essere rischiato e speso solo con la massima oculatezza. Ebbene, ci si è serviti di un mal riposto amor patrio sollevato ad arte per impedire di riflettere sul fatto che i nostri ragazzi erano (e sono) lì soltanto nell’umiliante funzione di ascari dell’imperialismo neo-colonialista americano e nell’interesse dell’entità sionista.

Partiamo da una constatazione semplice ed elementare: il patriottismo è del tutto estraneo al DNA della sinistra.

Cito un episodio, uno fra i tanti che si potrebbero menzionare; eravamo nel 2004 (otto anni fa, non ottanta anni fa), e cadeva il cinquantenario del ritorno di Trieste all’Italia. Il Comune di Trieste aveva organizzato una cerimonia cui avrebbero dovuto partecipare i ragazzi delle scuole superiori, e delegazioni di esse avrebbero dovuto comporre un coro che avrebbe cantato l’inno di Mameli. All’uopo, alle diverse scuole erano stati recapitati pacchi contenenti copie dell’inno nazionale e di bandierine tricolori. Non solo i presidi, tutti rigorosamente di sinistra, decisero unanimemente di boicottare la manifestazione, ma uno di loro, preside di un liceo scientifico, un “compagno preside” che era stato candidato del centrosinistra alla presidenza della provincia, decise platealmente, con un gesto cui venne data la massima pubblicità, di far bruciare i pacchi con inni e bandierine nel cortile della scuola.

Questo, io penso, dà la misura esatta di quali siano i “sentimenti nazionali” di costoro e di quegli insegnanti che, dopo che essa è stata sostanzialmente abbandonata da una classe operaia che ha smesso da un pezzo di tutelare, rappresentano ancor più dei ferrovieri e dei mezzadri dell’Emilia Romagna, quel che oggi rimane dello “zoccolo duro” della sinistra. Oggi, con una sterzata di centoottanta gradi i loro capi impongono loro di insegnare agli allievi l’inno di Mameli che tra l’altro recita: “I bimbi d’Italia si chiaman Balilla”? Ve lo confesso, godo al pensiero!

Penso che tutti, tranne forse i più giovani, ricorderete l’immortale caricatura fatta da Giovannino Guareschi sulle pagine del “Candido” del “compagno” trinariciuto che cambia del tutto la propria testa e il proprio modo di pensare secondo gli ordini ricevuti dal partito. “Contrordine, compagni!”. O meglio, Guareschi pensava di aver fatto una caricatura, ma in realtà aveva solo tracciato un ritratto, e i “compagni” di oggi non sono per nulla meno trinariciuti di quelli del passato. Proprio intorno alla questione patriottica lo si vede meglio che in qualsiasi altra circostanza: coloro che fino a ieri “avevano l’ideale di un’internazionale” si sono scoperti patrioti per ordine di partito, resettando il loro cervello (o ciò che hanno dentro la scatola cranica, sia o no un cervello).

Tempo fa, mi è capitato di sentir dire a un “compagno” che nel comunismo italiano ci sarebbe sempre stata una componente patriottica (questo a suo dire, perché nel simbolo del vecchio PCI c’era uno straccio di bandierina italiana, cui veniva consentito appena di spuntare da sotto l’orlo della bandiera rossa con la falce e martello); la stessa persona non molti anni fa, durante un mondiale di calcio aveva dichiarato di provare fastidio vedendo sventolare tanti tricolori che “gli facevano tanto fascismo”.

In Italia il senso dell’appartenenza a una comunità nazionale è debole, molto debole; ciò si deve senza dubbio alle profonde cicatrici lasciate dalla nostra sfortunata storia nazionale fatta di secoli e secoli di divisioni, all’azione sempre nociva e in questo caso altamente deleteria della Chiesa cattolica, ma la sinistra anche laico-marxista (e non solo cattocomunista) ha al riguardo responsabilità pesantissime.

Al riguardo, vale la pena di citare uno stralcio di un bell’articolo di Marcello Veneziani, Non è la Lega ad aver ucciso l’amor patrio, apparso su “Il Giornale” del 4.5.2010:

“Non è colpa della Lega se il Risorgimento fu cancellato dai programmi delle scuole ai tempi del governo Prodi, quando era ministro il compagno Berlinguer. Non è colpa della Lega se la tv, i giornali, la cultura del Paese istigano all’oblio nazionale, incensano gli anti-italiani, e importano mode e modelli stranieri.

Non è colpa della Lega se la globalizzazione ha indebolito ancor più la passione nazionale e l’Europa unita è stata considerata da molti italiani una buona via per liberarsi dall’identità nazionale. Non è colpa della Lega se i flussi d’immigrati sbiadiscono e diluiscono l’identità nazionale italiana. Non è colpa della Lega se appena parli di radici nazionali trovi uno storico, di sinistra, che grida al razzismo.

Non è colpa della Lega se da decenni si combatte in Italia un guerra fredda di liberazione dall’Italia. In passato quella guerra aveva i vessilli ideologici dell’internazionalismo, dei «proletari non hanno patria» e si accucciava sotto l’ombrello sovietico, cinese, sudamericano.

Ma anche dall’altro versante non mancavano i patrioti delle patrie altrui, i filo-americani, per non dire i filo-svizzeri e i filo-britannici. Eravamo sempre filo qualcosa e qualcuno situato all’estero, mai filo-italiani.

L’Italia fu dominata da partiti e ideologie i cui riferimenti ideali erano decisamente fuori dall’onda risorgimentale: comunisti, socialisti, extraparlamentari di sinistra, o anche cattolici pacifisti e umanitari, democristiani a bassa tensione nazionale. La ragion di partito prevalse sulla ragion d’Italia, l’ideologia sul patriottismo, la fazione sulla nazione.

Per decenni abbiamo visto bandiere rosse al posto di tricolori, abbiamo sentito insulti e visto sputacchiare tutto ciò che evocasse l’amor patrio, abbiamo sentito ripeterci che siamo cittadini del mondo.

Non sono leghisti i “prof” che insegnano a denigrare il proprio Paese, a rimuovere bandiere, eventi e simboli della tradizione italiana. Non è leghista la cultura neoilluminista che secerne ancora veleni su tutto ciò che è nazionale, bollandolo come provinciale, controriformista, oscurantista, antimoderno”.

Verrebbe, per la verità, da dire che Veneziani sia stato anche troppo gentile nei confronti delle vecchie canaglie che oggi esibiscono la maschera di nuovi patrioti. Il danno che costoro hanno inflitto all’Italia, alla sua coesione nazionale umiliando, offendendo, denigrando, svilendo in ogni maniera qualsiasi sentimento di amor patrio, di appartenenza nazionale, è stato certamente enorme, ma è ancora poca cosa all’arretramento delle posizioni nazionali che costoro hanno consentito e voluto dappertutto, sì che sembrerebbe che agli effetti già devastanti della sconfitta che l’Italia ha subito nella seconda guerra mondiale (e che con un nauseante spirito di servilismo verso i vincitori, si continua a celebrare ogni 25 aprile, aggiungendo al danno la beffa) se ne sommassero quelli di un’altra che l’Italia ha subito senza combattere. Come se ancora tutto ciò non bastasse, oggi, sempre ben vista da cattocomunisti e sinistri assortiti, su questa unità nazionale già fragile, incrinata, compromessa, si riversa la devastante ondata mondialista fatta di globalizzazione, immigrazione, americanizzazione.

Vediamo dunque nei dettagli gli elementi di questa ulteriore guerra che l’Italia ha perduto senza nemmeno accorgersi di combattere. Per chiarezza, fissiamo subito quattro punti:

  1. Marxisti e “politici”sono costituzionalmente, per i presupposti ideologici e culturali che li definiscono, antinazionali ed antipatriottici.
  2. Sessant’anni di “democrazia antifascista” hanno leso l’italianità e l’interesse nazionale italiano ben al di là delle conseguenze della sconfitta nella seconda guerra mondiale.
  3. L’unità di comportamenti e d’intenti soprattutto sul terreno della lesione dell’interesse nazionale, dimostra almeno per quanto riguarda le vicende italiane, la piena congruenza e quasi l’indistinguibilità fra marxismo e “politico”.
  4. Se il fascismo commise forse l’errore di trascinare l’Italia in una guerra che non si poteva vincere (ma è tutto da dimostrare che fosse possibile evitarla), gli arretramenti delle posizioni italiane nel sessantennio di “antifascista”, non dovuti, o dovuti solo marginalmente ad ostilità esterne, si configurano come tradimento.

La democrazia contiene in sé, per propria ineliminabile natura, un elemento di falsità. Occorre che coloro che sono governati, il “popolo sovrano” prendano “liberamente” le decisioni volute da coloro che contano, i poteri forti; che coloro che sono stati eletti a fingere di rappresentare il popolo attuino, appunto, decisioni prese in altro luogo e tutelino altri interessi simulando di eseguire la volontà del popolo e di averne a cuore il bene, ma bisogna ammettere che non tutte le democrazie sono false ed ipocrite nello stesso grado, e se al riguardo dovessimo stilare una classifica, l’Italia balzerebbe subito nelle primissime posizioni stabilendo un primato che ci sarebbe forse insidiato soltanto da qualche “repubblica delle banane”del Terzo Mondo.

La democrazia italiana, dono avvelenato dei nemici che ci sconfissero e ci umiliarono sessant’anni fa, è stata costruita in modo da non lasciare al popolo italiano alcuna libertà di scelta, è un ben architettato sistema di lobbies.

Avete presente l’articolo 3 della costituzione della repubblica italiana (scusatemi, ma per una cosa del genere non ho voglia di perdere tempo a mettere le maiuscole), quello che stabilisce un principio che per essa dovrebbe essere fondamentale: l’uguaglianza di fronte alla legge dei cittadini, a prescindere da sesso, razza, religione, credo politico, condizioni sociali e personali? Bene, tenetelo ben a mente, perché una delle grandi passioni della repubblica democratica nata dalla resistenza, pare sia quella di barare al proprio gioco, infrangere le regole che essa stessa ha stabilito, e difatti esso è stato ripetutamente violato dalla discriminazione della maggioranza italiana fra le genti che popolano la nostra Penisola o, il che è lo stesso, di assurdo ed ingiustificato privilegio goduto da alcune minoranze etniche nel sistema costruito e gestito da questa partitocrazia cattocomunista che oggi in funzione anti – leghista con un’ipocrisia che ha dell’incredibile, si scopre – o si simula – neo- patriottica.

Alcune minoranze, dicevo, non tutte, e il motivo c’è. Francofoni della Valle d’Aosta, tedeschi dell’Alto Adige, sloveni del Friuli Venezia Giulia sono – in termini di gruppi etnico-linguistici – “i cocchi” di questo regime, ma costoro non rappresentano la totalità di quel 2,5 – 3% di non italofoni che costituisce la popolazione nativa del Belpaese; non ci sono solo loro; nell’Italia meridionale, ad esempio, vi sono comunità di origine greca ed albanese e, ad esempio, i greci della Locride parlano ancora il greco antico, di Eschilo e di Platone che oggi non è più parlato né compreso nella stessa penisola ellenica; non discendono, come la maggior parte delle comunità greche ed albanesi oggi esistenti, dalla grande fuga dalla penisola balcanica avvenuta nel XV secolo per sottrarsi all’invasione turca (si, è un nemico secolare dell’Europa quello che i falsi europeisti di Strasburgo vorrebbero oggi nell’Unione Europea, ma questo è un altro discorso), ma direttamente dalla Magna Grecia, costituiscono dunque un “documento antropologico” interessantissimo ed importantissimo, eppure non godono di nessuna speciale tutela. Perché? Ma perché, miei cari, a differenza che nel nord, nel meridione la partitocrazia non ha alcun bisogno delle minoranze etniche, ha ben altre “lobby di riferimento”, le associazioni mafiose e di criminalità organizzata.

Oggi questo quadro si è ulteriormente complicato con la comparsa sul nostro suolo di nuove masse di allogeni portata dall’immigrazione. Quale sia al riguardo l’atteggiamento della sinistra, lo esemplifica bene quel che si verificò da noi in Friuli Venezia Giulia qualche anno fa: Riccardo Illy, rampollo radical-chic di una famiglia di industriali caffettieri portato dal centrosinistra alla presidenza della regione Friuli Venezia Giulia, cercò tagliare i fondi regionali agli asili nido per istituire un “salario di solidarietà” per gli immigrati. Il messaggio era chiaro: “Italiani, non fate figli, dovete estinguervi per lasciare il posto agli immigrati” e la morale era sempre quella: prima gli allogeni e gli immigrati, poi, molto poi, proprio se resta qualche posto in graduatoria, gli Italiani.

L’arretramento delle posizioni italiane è complessivamente andato ben oltre quanto dovemmo subire con la sconfitta nel secondo conflitto mondiale, e per i suoi effetti cumulativi si può paragonare ad un’ulteriore guerra perduta, con la differenza che esso è stato voluto e pianificato dalla partitocrazia postbellica che ha trattato gli Italiani come nemici (ed è ora che gli Italiani la riconoscano a sua volta per il nemico che è), e questa non è certo storia di oggi. Esemplare in questo senso fu l’accordo concluso nel dopoguerra fra il presidente del Consiglio italiano De Gasperi ed il ministro austriaco Gruber, che ha previsto non solo il favorire il ritorno di qua del Brennero dei sudtirolesi che prima della guerra avevano scelto il Reich germanico (sentivamo la loro mancanza!), ma la concessione all’Alto Adige di un regime di così ampie autonomie che si può sinceramente dubitare che nella provincia di Bolzano viga la legge italiana o che essa faccia effettivamente parte dell’Italia. Notiamo che i sudtirolesi tornati in Italia rientrarono in possesso dei beni che vi avevano lasciato e dei quali erano già stati indennizzati, senza nemmeno dover restituire l’indennizzo. Tanto per fare un paragone, potremmo confrontare ciò con la sorte toccata ai nostri profughi costretti a fuggire dalla Venezia Giulia caduta sotto gli artigli della Jugoslavia comunista: costoro non hanno avuto né la possibilità di rientrare in possesso dei loro beni né indennizzi di sorta, ma cosa volete, si tratta di italiani, gente che non conta nulla, bestiame agli occhi della partitocrazia cattocomunista.

La più eclatante deroga all’articolo 3 della nostra carta igienica costituzionale è rappresentata dalla famosa legge sulla “dichiarazione di appartenenza etnica” fortemente voluta dalla SVP, il partito dei sudtirolesi, per cui possiamo tranquillamente affermare che nella provincia di Bolzano non vige la legge italiana, e che se in Europa occidentale c’è una minoranza oppressa, questa era rappresentata fino a poco tempo fa dagli Italiani dell’Alto Adige; adesso se n’è aggiunta un’altra, con l’ingresso della Slovenia in quel fantoccio, in quella caricatura mondialista di Europa che è la cosiddetta Unione Europea, gli Italiani dell’Istria (non nel senso che prima non fossero oppressi sotto la Jugoslavia comunista, ma nel senso che erano esclusi dall’Europa occidentale).

Contrariamente a quello che si può credere, l’accordo De Gasperi – Gruber non fu minimamente un’attuazione del Trattato di Pace ma unicamente un’elargizione “liberale” dell’Italia all’Austria, che aveva l’unico scopo di creare, con il rientro dei sudtirolesi a sud del Brennero, una potente lobby funzionale al potere democristiano. L’Austria era stata considerata dai vincitori nazione sconfitta non meno della Germania, e nell’immediato dopoguerra essa e Vienna erano state divise di quattro zone d’occupazione come la Germania e Berlino.

Se i sudtirolesi erano “i cocchi” di casa democristiana, “i cocchi” della sinistra comunista (ma anche socialista) sono stati gli sloveni del Friuli Venezia Giulia. Sul confine orientale i rapporti fra italiani e slavi sono tesi da secoli. Il fascismo ha compiuto contro gli sloveni della Venezia Giulia nefandezze inenarrabili come l’italianizzazione dei cognomi, ragion per cui è stato inevitabile che costoro, inquadrati nel IX Corpus dei partigiani jugoslavi comunisti, quando il vento è cambiato, abbiano reagito con qualche comprensibile gesto di risentimento, come il massacro nelle foibe di decine di migliaia di nostri connazionali, ma bisogna capirli, poverini! Cosa volete che sia la vita di migliaia di italiani in confronto ad un bene inestimabile come la desinenza in “-ic”nel cognome?

Per i comunisti cosiddetti italiani, l’italianità delle nostre terre è sempre stata una merce facilmente svendibile, e lo dimostra con chiarezza solare un episodio della sedicente “resistenza” che non trovate menzionato nei libri di storia: il massacro delle Malghe di Porzus. In questa località friulana di montagna, i comunisti della cosiddetta brigata Garibaldi, dopo averli catturati a tradimento, massacrarono fino all’ultimo uomo, in una mattanza allucinante, i partigiani non comunisti della brigata Osoppo. Il motivo? L’accordo intercorso tra il PCI ed il tiranno (e genocida di italiani) comunista jugoslavo maresciallo Tito, in base al quale il PCI prometteva alla Jugoslavia la cessione della Venezia Giulia e dell’intero Friuli fino al Tagliamento in cambio dell’aiuto a “fare la rivoluzione” in Italia. In questo quadro, tutte le formazioni partigiane giuliane e friulane dovevano passare agli ordini del IX Corpus. Quelli della Osoppo rifiutarono ed i comunisti li massacrarono a freddo in uno dei più atroci bagni di sangue della guerra.

Nelle ultime fasi del secondo conflitto mondiale e nei primi anni del dopoguerra, con la complicità di tutti i partiti comunisti internazionali, quello italiano in testa, Stalin e Tito attuarono un piano sicuramente studiato da lungo tempo, una “pulizia etnica” genocida allo scopo di far avanzare verso occidente il mondo slavo a discapito di quello germanico e latino. Nemmeno Stalin, tuttavia, poteva piegare ai suoi voleri le leggi della matematica, della semplice aritmetica che è lì a testimoniare l’orrore. Prima della guerra nei territori all’est dell’Oder vivevano quindici milioni di tedeschi, così come la Venezia Giulia prebellica passata sotto gli artigli jugoslavi era popolata da mezzo milione di nostri connazionali. Dopo il conflitto si sono contati dodici milioni di profughi tedeschi dalle terre ad est dell’Oder, e trecentocinquantamila italiani costretti a fuggire dalla Venezia Giulia, dall’Istria, da Fiume, dalla Dalmazia. Dove sono andati a finire tre milioni (tre milioni!) di tedeschi e 150.000 italiani? Le loro ossa, probabilmente giacciono sotto il suolo che quotidianamente calpestano i discendenti dei loro assassini. Forse il giorno in cui riuscissimo a squarciare davvero il velo di omertà che ancora oggi copre i misfatti del comunismo, e che per ora abbiamo solo scalfito, sarebbe chiaro che i nazisti, ammesso che siano stati realmente responsabili di tutto quel che è stato imputato loro al processo di Norimberga, al confronto erano dei dilettanti.

“Pegno” dei buoni rapporti con l’Est europeo, gli Sloveni del Friuli Venezia Giulia, benvoluti dai comunisti ma anche dai socialisti (nel periodo di cattivi rapporti fra Tito e Stalin, costoro traslocarono nel PSI che li accolse a braccia aperte) ma anche dalla DC. Se costoro non sono riusciti finora a mettere gli italiani del Friuli Venezia Giulia nella condizione umiliante di stranieri in patria come è invece avvenuto per quelli dell’Alto Adige, è solo per la loro inconsistenza numerica. Quanti sono? Su questo, costoro hanno sempre cercato di stendere un velo di mistero, perché la loro esiguità numerica, svelata, renderebbe ridicole le loro pretese ed ancor più inaccettabili ed odiosi i privilegi di cui già godono.

Si è arrivati a situazioni grottesche; costoro ad esempio anni fa pretesero le carte d’identità bilingui nel comune di Trieste. Come controproposta, il Comune propose la carta d’identità bilingue non per tutti i cittadini ma per chi l’avesse richiesta. Tale soluzione fu respinta con sdegno dalla comunità slovena, perché sarebbe equivalsa ad un censimento! Le stime più attendibili attestano ad ogni modo la minoranza attorno al 3% della popolazione nella città di Trieste ed al 6% nei comuni della fascia carsica; complessivamente, siamo attorno alle 12.000 persone, non di più, nell’intera provincia.

Non parliamo, per converso, del trattamento inflitto dai “sinistri” nostrani ai nostri profughi. Costoro erano/sono una realtà da rimuovere e censurare. Soprattutto dopo che la Jugoslavia titina era divenuta una star del terzomondismo, non si doveva sapere di quali atrocità si era macchiata verso la nostra gente. Coloro che avevano dovuto abbandonare tutto per rimanere italiani e salvarsi la vita, agli occhi dei “compagni” erano dei borghesi, dei fascisti, dei pazzi, dei traditori che fuggivano dal “paradiso socialista”.

L’accordo di Osimo del 1973 è stato per la sinistra “rossa” e slavofila l’equivalente dell’accordo De Gasperi – Gruber. Anche in questo caso, quel che era italiano fu “liberalmente elargito” alla Jugoslavia comunista.

Occorre una piccola premessa storica: al termine del secondo conflitto mondiale, le bande comuniste jugoslave del IX Corpus del maresciallo Tito occuparono l’Istria e la Venezia Giulia, seminandovi orrori inenarrabili ai danni degli Italiani. Da Trieste queste ultime furono sloggiate dagli angloamericani che erano venuti a contatto con esse, dopo un mese e mezzo di occupazione che i triestini meno giovani ricordano ancora con orrore e sgomento, e lasciandosi dietro la foiba di Basovizza stipata di cadaveri di gente che aveva avuto il solo torto di essere italiana. Sulla carta, il Trattato di Pace istituiva un cosiddetto “Territorio Libero di Trieste” che avrebbe dovuto comprendere, oltre all’attuale provincia di Trieste, la costa occidentale dell’Istria. In realtà, Trieste (Zona A) rimase fino al 1954 sotto l’amministrazione militare angloamericana, mentre l’Istria occidentale, (Zona B), occupata dagli Jugoslavi, e dalla quale, come altrove, la popolazione italiana fu costretta a fuggire con una bestialità atroce, tale rimase.

Con l’accordo di Osimo, infine la partitocrazia cattocomunista regalò alla Jugoslavia la sovranità sull’ex Zona B. E’ falso che avemmo come contropartita il riconoscimento dell’italianità di Trieste, perché già nel 1948 una risoluzione delle Nazioni Unite affermava che, non essendo mai venuto in essere il TLT, la sovranità italiana sull’intero territorio, Zona B compresa, non era mai venuta meno. E’ vero che la sovranità italiana sulla Zona B era ridotta ad un fatto formale, ma con qualcosa la si sarebbe pure potuta negoziare: risarcimenti per i profughi, tutela per gli italiani rimasti oltre l’iniquo confine. E’ falso che essa fosse il semplice riconoscimento di una situazione di fatto: le acque antistanti la costa istriana che fin allora erano considerate acque internazionali divennero acque territoriali jugoslave a tutti gli effetti, riducendo l’accesso al Golfo di Trieste ad uno stretto budello di acque basse non transitabile alle navi di grosso tonnellaggio. Per Trieste, città portuale, fu l’inizio della fine: da allora abbiamo scontato la perdita di qualcosa come duemila unità di popolazione all’anno. E’ stato, in tutti i sensi, un coltello piantato nella schiena.

“Cattolici politici” e “compagni” non sono in condizioni di dare lezioni di lealtà nazionale né di lealtà di qualsiasi specie, non dico ai leghisti, ma nemmeno a Giuda.

Bisogna però ammettere che il “patriottismo” del centrodestra non è di qualità molto migliore: esso è rigorosamente destinato a rimanere nel campo dei gesti simbolici e delle chiacchiere. Ricordo che nel 2003 la Slovenia è entrata nell’Unione Europea con l’assenso determinante del governo italiano, senza che questo assenso venisse negoziato tenendo a mente i molti problemi irrisolti con lo stato nato dalla disintegrazione jugoslava: dai beni abbandonati dei profughi alla tutela della minoranza italiana sopravvissuta al di là del confine, e, badate bene, il governo italiano allora in carica non era un centrosinistra ma l’esecutivo Berlusconi.

Nuovi patrioti? No, vecchie canaglie riverniciate che conosciamo assai bene.

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28 Responses

  1. Stormfrontista
    | Rispondi

    Articolo MAGISTRALE!!!! Caro Calabrese, se lo lasci dire: per me, giovane Italiano (Veneto tra l'altro, per cui molto vicino alle zone di cui ha scritto) appassionato lettore di questo sito, i suoi articoli sono un faro!!! E aggiungerei altresì una salutare boccata d'aria fresca in tutto quel delirio multiculturalista e politicamente corretto che è la stampa italiana d'oggidì!!

    E a riprova di quanto Lei abbia ragione sui compagni mi permetta di riportare il collegamento ad un articolo di oggi de Il Giornale:
    http://www.ilgiornale.it/interni/roma_contro_via_

    Li guardi: stanno tanto lì a riempirsi la bocca di parole come "costituzione", "democrazia" et similia ma in fondo in fondo rimpiangono i bei tempi andati, i tempi del "paradiso sovietico" (….e del GULag).

    Post scriptum: bellissima la vignetta del Guareschi;-)

    Grazie infinitamente da parte di un Suo giovane connazionale!

    • Fabio Calabrese
      | Rispondi

      Caro amico, grazie a lei. Noi che abbiamo i capelli grigi, sappiamo che prima o poi dovremo "passare la mano"; è bello sapere che nonostante tutti i mezzi messi in atto dal sistema per plagiarvi, ci sono sempre giovani pronti a continuare la nostra battaglia. E' questo che, nonostante tutto, dà speranza per il futuro.
      Fabio Calabrese

  2. Ieromante
    | Rispondi

    Che noia quest'articolo. Pieno zeppo di luoghi comuni. Si critica la sinistra passando da accuse rivolgibili al PD ad accuse per i centri sociali. Come se fossero la stessa cosa. E' come criticare i fascisti dicendo che sono filosionisti e filoamericani, come sono sempre stati quelli del centro-destra. Non ha senso. Poi che il patriottismo non sia nel dna di sinistra é una bestialitá enorme. Forse un po' in italia, non di certo nel resto del mondo.
    Tanto per evitare critiche inutili e spreco di polpastrelli, NON sono di sinistra.

  3. marco guidi
    | Rispondi

    L'articolo mi lacia piuttosto perplesso, io sono "di sinistra" per quel che oggi può significare questa affermazione (e anche quella correlata "di destra") e amo l'Italia e nel contempo odio (sì) coloro che la negano o vogliono separarla, magari inventando una mitica padania, credo che l'amore per la Patria e le idee progressiste non siano in opposizione. uno può amare l'italia e sperare di divenrie un giorno europeo anche se con questa Europpa di burocrati, banchieri et similia è diffiicile. uno può amare l'Italia e non disprezzare gli altir popoli. Uno può amare l'Italia e sperare che divenga migliore.Fu if ascismo a insegnarci invece che l'amore per la propria Patria andva unito al diprezzo per gli satranieir. E fu il fascismo a generare la più grave catastrofe che mai l'Italia abbia subìto. .Per questo l'articolo di Calabrese mi pare un isieme di luoghi comuni stantii e del ttuto scollegati con l'idea di nazione, di Patria. Uno scritto buono solo per chi è rimasto fermo a anni lontani e pieni,quelli sì, di oggettiva negazione dell'amore di Patria, travestito da sopraffazione e da sciovinimo. Marco Guidi

    • Fabio Calabrese
      | Rispondi

      A quanto pare, i nostri articoli sono letti anche da "compagni". Bene, bene. Vediamo di dare una risposta cumulativa sia a "Ieromonte" che la merita francamente di meno, perché il suo commento è una serie di insulti ed ha firmato con uno pseudonimo, sia a Marco Guidi. Il primo basa la sua argomentazione su di una simmetria assolutamente falsa: noi staremmo al centrodestra come la sinistra dei Centri Sociali sta al centrosinistra. E' un concetto che va respinto in toto. Soprattutto oggi, a più di un ventennio dalla fine dell'Unione Sovietica non abbiamo o non dovremmo avere nulla a che fare con la "destra" conservatrice, filo-atlantista, filo-sionista, berlusconiana. Si certo, una certa differenza esiste fra la sinistra dei Centri Sociali e il PD, soprattutto perché quest'ultimo è un disgustoso ibrido creato dall' "americano" Veltroni fondendo quel che restava del comunismo con i rottami della DC, che finge di essere un partito, ed è il museo della Prima Repubblica.
      Quanto a Marco Guidi, diamo per scontata la buona fede, ma il "patriottismo" retorico, stantio e in definitiva falso, è proprio il suo. Prescindiamo dalla questione dei pregi e dei torti del fascismo (che certamente ha avuto anche torti), dell'evitabilità o dell'inevitabilità del nostro coinvolgimento nella seconda guerra mondiale. Che senso ha dichiararsi patrioti quando – senza magari rendersene conto – si milita a favore di movimenti che militano a favore della sparizione della nostra nazione in una babele multietnica? Patriottismo e questa democrazia di burocrati e banchieri sono davvero conciliabili? Si rilegga bene il mio articolo, io non ho sostenuto in nessun punto che per amare l'Italia occorra odiare gli altri popoli, ma solo che il patriottismo di quelli che fino a ieri bruciavano i tricolori e sputavano sui caduti delle foibe, non può non essere sospetto.
      Per piacere, si tolga le fette di prosciutto dagli occhi.

      • Ieromante
        | Rispondi

        Le chiedo scusa per gli insulti, a volte mi lascio andare. Anche se a dire il vero l'insulto é uno solo (e neanche cosí fastidioso suvvia), ho semplicemente ritenuto l'articolo noioso. E di certo non insultavo lei, ma semplicemente ció che ha scritto. Lei sta dicendo esattamente quello che ho detto io. E' inutile criticare la sinistra passando da Veltroni ai centri sociali. Troppo semplice. I difetti si accumulano e sappiamo benissimo che sono realtá contrapposte, come lo sono casa pound e il pdl. E ritengo anche che non sia vero che il patriottismo non sia nel dna della sinistra. Basta guardare Chavez, o la rivoluzione cubana (patria o muerte), nettamente nazionalista. Forse é vero che in italia ha avuto meno successo, ció non toglie che esistono gruppi patriottici anche nell'estrema sinistra italica. Uno fra tutti é patria socialista.

  4. giovanni
    | Rispondi

    in effetti il fascismo caro Calabrese è stato un evento infausto e non vedo quali sottintesi meriti possa vantare.
    Il pregio casomai era nell'età storica dove una cultura di più ampio respiro umanistico come fu quella di fine '800 seppe formare persone solide, ed è inutile stilare la lista dei pittori, scultori, architetti e scrittori che si formarono in quegli anni.
    Il fascismo è demagogia pura, assolutamente identico in questo al suo opposto ideologico che è il comunismo, esteriorità tronfie finalizzate a simulare novità la dove s'intese consegnare la vita e l'identità dei popoli al dominio industriale.
    Tant'è che oggi noi all'evidenza dei fatti viviamo tutt'ora immersi dentro un incubo post-futurista dove vige la sola esaltazione per la ragione e la tecnica, dove la sola verità è la verità della macchina e di un tempo meccanizzato.

    • Ieromante
      | Rispondi

      Concordo totalmente.

  5. giovanni
    | Rispondi

    La profanazione di ogni valore sacrificato alla legge della produzione e della "crescita" che è poi una crescita assolutamente senza senso e priva di reale scopo come i famosi primati futuristi inneggianti al canto del motore e all'urlo della motrice, in sostanza un vero schifo antitradizionale e puramente diabolico per il nefando principio separatore che riveste.
    Destra, sinistra sono solo abbagli.
    Ad ognuno che ha a cuore l'identità del principio tradizionale non dovrebbe essere indifferente l'attuale controgenesi in atto: la patria sono le sementi che ci nutrono – manipolate geneticamente dalle multinazionali – l'aria che respiriamo – irrorata dalle scie chimiche – gli ultimi due giorni qui nel Lazio sono stati testimoni di una colossale operazione di tessitura sintetica del cielo – nella purezza celeste i Numi realizzarono i prestigi dei nostri luoghi – oggi più che mai occorrono nuove consapevolezze, altro che gli articoli di Marcello Veneziani.
    Qui vige la legge incontrastata del solo mercato, delle sole banche, delle sole multinazionali, siamo gregge elettromagneticamente controllato.

    • marco guidi
      | Rispondi

      Non vorrei essere noioso, ma mi piacerebbe sapere quali partiti (nei quali peralto non mi riconoscerei) militano a favore di una babele multietnica. Il fatto che si vada verso una società globalizzata è nell'ordine delle cose. E non è nemmeno la prima volta. L'Impero romano era dalla nascita multietnico, poi si era romani per romano giuramento, come scrive Robert Graves. No, caro Calabrese, non ho gli occhi foderati di prosciutto, ci vedo benissimo. E vedo anche che nella sua risposta non ha dedicato una riga ai veri antitaliani, quei cialtroni della lega. Mi pare sintomatico, anche loro ,come lei, sono ferocemente antistranieri, si tratti di nigeriani o di romani o di campani.Il problema è un atro: se la nsotra società fosse forte,vitale, giovane saprebbe accogliere e inglobare quelli che arrivano. ma così non è. Mai sentito parlare di Untergang des Abendlandes?
      Marco Guidi

  6. Musashi
    | Rispondi

    Di positivo il Fascismo ha avuto questo: che ha incarnato elementi e spirito che sia pur imperfettamente (assai imperfettamente anzi) veicolavano una visione politica di tipo "tradizionale" in un mondo che già allora era in via di dissoluzione (e chi legge questo sito sa o dovrebbe sapere cosa sia il Kali yuga….).
    Rifacendomi all'idea di Tradizione, e alla sua traduzione contingente sul piano del politico, direi che ci siamo… (ovviamente il fascismo è una approssimazione assi imperfetta e contestabile, ma pur sempre approssimazione: il tempo quello permetteva). Di sicuro molti possono non essere d'accordo sulle premesse. Si tenga presente che questo è un sito ad orientamento tradizionalista nel senso generale che a questo termine viene dato nel pensiero di autori come Evola, Guenon, Commaraswami, Schuon e Burckhardt., e per altra via anche Eliade. Ovviamente anche Junger e Schmdt, non è un sito monotematicamente tradizionalista, tuttavia è in sede di una visione tradizionale che si può comprendere e apprezzare anche il fascismo, pur nei suoi limiti storici – e furono molti.
    Data questa premessa credo che lo possano capire allora persone come Ieromante, il quale se non conosce il senso del Sacro e della Traditio che jero-mante è???? allora con questo pseudonimo si prende solo in giro…
    E credo che il concetto di "tradizionale" non sfugga nemmeno a Giovanni Ranella che, dato ciò che scrive sul suo interessante blog, suppongo sappia bene cosa voglio dire.

    Questo per sostanziare un riferimento al valore del fascismo.

    A Marco Guidi, rispondo, per dovere di correttezza storica: che Roma fu fondata su un rigoroso senso di gerarchia e sul più rigido senso delle "differenze" non disgiunto da un certa tendenza generale alla propria conservazione di contro alle influenze esogene dei popoli assoggettati. I romani erano "padroni", sia chiaro. E la multietnicità non fu mai un dato apertamente ricercato. Ancora nel I sec a.C. la cittadinanza romana non era concessa nemmeno alle popolazioni italiche che vivevano fuori dal tracciato sacro delle mura dell'Urbe!!
    E fu solo dopo il 212 d.C. che essa fu concessa a tutti i popoli soggetti a Roma. Quindi Roma non fu multietnica dalle origini..Proprio No!
    Fu gerarchica, c'è una bella differenza.
    E quando lo divenne, lo fu in quanto impero universale. Noi oggi siamo colonia della periferia di un monopolio bancario-finanziario americanoide e plastificato: non siamo la capitale di un impero: quod licet Jovi non licet bovi. Forse se fossimo la capitale di un impero, il gioco varrebbe la candela…Ma non lo siamo!!

    Forse è questo che non capite: qui è in gioco non tanto l'ordine pubblico o il decoro delle nostre città..è in gioco la stessa sopravvivenza dei popoli europei (tutti, non solo gli italiani, anzi noi stiamo messi meglio di inglesi francesi e tedeschi). La stessa sopravvivenza di una idea di nazionalità (o patria come dice lei), che de facto sta gia morendo, se non altro demograficamente.
    Fra qualche generazione gli abitanti dell'europa saranno non degli europei, ma discendenti di africani arabi e in una certa misura asiatici e cinesi. E l'impero multiculturalista delle multinazionali, che vuole far sparire popoli e identità è il vero fautore di questo mostro.
    Ora io le domando signor Guidi, a lei che si dice di sinistra: se si vuole togliere lo jus sanguinis e si introduce lo jus soli, come si fa a contrastare ciò???

    E' impossibile.Infatti.
    Se per lei va bene, faccia pure: ma si accorgerà che parlare di Nazione, è assolutamente fuori luogo presso queste premesse.
    Lei putroppo non capisce che non si tratta di recepire o inglobare l'altro da un punto di vista "culturale" cosa peraltro tutt'altro che semplice anche nella migliore delle ipotesi. qui la cosa è piu semplice e brutale: pura aritmetica, pura demografia. con questo ritmo le popolazioni europee autoctone (tipo me e lei signor Guidi) saranno sparite o assolutamente minoritarie.

    Per questo e per altre ragioni mi ritrovo pienamente in quello che scrive Calabrese.
    Peraltro forse lei è nuovo del sito, ma vedrà se legge i miei commenti, come metto in riga certe acute menti che inneggiano a "questioni settentrionali" varie. Ce n'è anche per loro.

    In ultima analisi lei parla di patria, ma questa patria per lei non può essere che il suolo, pura geografia, se si toglie l'idea di nazione che è anche etnicità e razza, sia detto nel più franco dei modi, razza.
    Una patria geografica, puro contenitore vuoto per popoli migratori, che automaticamente divengono cittadini di una patria intercambiabile, e burocratica come vorrebbe la sinistra, non ci serve!

    Le dirò di più: rispetto a una idea di patria così sfigata e stiracchiata, rispetto l'animus identitario perfino dei leghisti. Loro hanno coltivato un senso localista e regionalista ( se guarda ci sono movimenti analoghi anche in altri paesi europei) ma almeno il loro è uno spirito identitario. Seppur in maniera distorta o parziale il loro sentire è quello di chi ama la propria gente e la propria terra, la propria identità.

  7. giovanni ranella
    | Rispondi

    Musashi ti ringrazio per l’apprezzamento del mio diaretto telematico. Permettimi d'insistere su alcuni punti che ritengo essenziali, non per spirito di sterile polemica ma per partecipazione maggiormente profonda a ciò che più ci coinvolge.
    Tu scrivi a riguardo della Lega: “…ma almeno il loro è uno spirito identitario. Seppur in maniera distorta o parziale il loro sentire è quello di chi ama la propria gente e la propria terra, la propria identità”. Sarebbe opportuno dire il loro non è propriamente uno spirito ma un gretto riconoscersi molto affannato su un senso d’identità larvale e incoraggiato da una pura demagogia che intende far leva sul più trivio dei compiacimenti egoici ma che di fatto risulta essere appunto insignificante di fronte alle vere ingerenze esterne che violano l’integrità di quelle terre e vedi la base americana di Vicenza o la TAV…

  8. giovanni ranella
    | Rispondi

    Così il fascismo, agli albori non è un caso che persone più che eccellenti quali Pirandello o Pettazzoni ne firmassero l’atto costitutivo, l’abbaglio è comprensibile ma proprio su questo verte la grottesca parodia di un movimento che, come ha scritto efficacemente Claudio Bonvecchio, non ha di fatto avuto il coraggio o la forza di affidarsi alla Tradizione, alla sua essenza strutturante.
    Appiattendosi al senso avvilente della società di massa, il fascismo si è servito solo superficialmente di alcune suggestioni del pensiero tradizionale, usato come spettro, maschera di una realtà assolutamente indifferente al particolare umano con cui avrebbe interagito e di qui il sovvertimento antitradizionale operato appunto dal fascismo e nazionalsocialismo: involucri della sovversione meccanica e razionale operata dall’industrialismo e del suo consequenziale impoverimento di tutti quei preziosi caratteri valoriali che definiscono la reale identità di una nazione…

  9. giovanni ranella
    | Rispondi

    Burocrati in luogo di una autentica aristocrazia dell’agire, facile propaganda invece che reale motivazione, vuoto cerimonialismo contornante solo invasamenti narcisistici al posto dell’autentica ritualità, che al contrario regola e mantiene il senso dell’Ordine cosmico, qui usurpata da una demente irrigidimentazione. La classe politica di allora fu in malafede dall’inizio altroché.
    Il comunismo nasce già come impostura ed in questo senso almeno è più leale nella sua dichiarata intenzione antimetafisica, il fascismo invece è più odioso proprio perché profana l’archetipo tradizionale, lo deforma ad uso di superficiali invasamenti solo psichici, lo rende prigioniero della suggestione di massa che è l’impronta massimamente antitradizionale di una società.
    Poi si dovrebbe sapere, comunismo-fascismo sono state contraddizioni funzionali all’unico motore da cui promanano che è il dominio economico-industriale di cui il consumismo stesso non rappresenta che un aspetto più evoluto (evoluzione aberrante) di quell’ideale massificazione disumana sognata dal Terzo Reich.

  10. giovanni ranella
    | Rispondi

    Si dovrebbe affermare che oggi siamo nel Quarto Reich, Eugenetica è dottrina sostituita dalla parola Transumanesimo, la propaganda POP ad esempio è l’apoteosi di quell’omologazione plastificante che nel culto di una libertà solo esteriore rivela il sostanziale disprezzo del “nuovo” potere per la vita che di fatto in continue manomissioni e profanazioni intende destituire di reale senso o significato.
    La “crescita” tanto invocata è solo l’ulteriore consolidamento e avanzamento dell’attuale sovversione acrilica della vita.
    Un saluto a tutti coloro che hanno a cuore la vera identità Patria, l’ideale politico di Marco Aurelio, quella Patria anelata già da Platone e rievocata nel Rinascimento neoplatonico.

  11. Musashi
    | Rispondi

    E' vero tutto quello che scrivi. Anche sul fascismo e sul nazionalsocialismo: è evidente che elementi tradizionali hanno poi finito per soggiacere alla logica delle ideologie e dei movimenti di massa di stampo novecentesco. Ma sia pur sempre sotto il dominio del Principe di Questo Mondo, che si è fatto via via piu stringente in questa ciclo finale. Dunque davvero credo che aspettarsi di meglio fosse impossibile. Il meglio oggi non puo essere che il meno peggio.

    Sul Nazionalsocialismo convengo addirittura che ha assunto forme decisamente criminali: ma si tenga presente che esso fu una manifestazione nella Storia delle Forze di Geburah. E che doveva esserlo, al di là delle logiche "umane", alle quali certe terribili leggi sfuggono.

    Del resto le Forze contro cui dovevano misurarsi gli Uomini del Blocco che poi perse la guerra non era certo meno nefande e senza scrupoli: sionismo internazionale, capitalismo finanziario americano, e il bolscevismo sovietico. Sicchè ci si chiede quali altri strumenti avrebbe potuto mettere in campo a livello materiale un blocco di forze che avesse voluto contrastare il sionismo finanziario che nel novecento ha ridotto alla fame milioni di persone, con meccanismi che tristemente vediamo oggi perfezionati e rafforzati nell'attuale crisi finanziaria.

    Se per certi versi furono criminali i nazisti, va detto che coloro che si voleva contrastare non erano certo da meno, e che difficilmente sarebbe stato operabile un qualche tentativo di contrasto, senza certi mezzi, comunque evidentemente insufficienti.
    Purtroppo viviamo su un piano, e in una epoca che concede poco….

  12. Ieromante
    | Rispondi

    @Musashi
    Non ho capito cosa c'entra il mio pseudonimo con quello che dovrei "capire". E poi cosa dovrei capire? Che il fascismo puó essere apprezzato in un'ottica tradizionalista? Per me il fascismo, da questo punto di vista e a parte qualche intellettuale, é stata solo una pagliacciata. I richiami alla tradizione romana, come per il nazismo a quella germanica, non hanno nulla da invidiare ai richiami alla magia della wicca. Fuffa. Niente piú. Concordo molto col giudizio di Giovanni Ranella su queste ideologie novecentesche.
    Senza poi considerare la puzza di cadavere che si portano dietro fascismo-comunismo-nazismo.

  13. Ieromante
    | Rispondi

    @Musashi
    lei dice "se si toglie l'idea di nazione che è anche etnicità e razza"
    Su questo ho qualche dubbio. La nazione Italia quale razza pura ospiterebbe? Io, tipico italiano, ho un naso mediorientale, carnagione chiara, occhi azzurri e capelli castani. Sono un bel mix insomma. E poi abbiamo giá visto dove porta l'idea di nazione basata sull'etnicitá e la razza. Direi che puó bastare. Lo so, lei dice "anche", ma nel Kali Yuga alla fine le componenti piú materiali prendono il sopravvento. Come appunto é giá accaduto in Italia e in Germania quasi un secolo fa. Puzza di cadavere, no grazie. Chiaramente ho capito in senso lato il suo discorso. E in parte mi trovo anche d'accordo. Penso che sia a destra che a sinistra ci siano limiti, ideologici, sulla questione immigrazione (in realtá su qualsiasi questione si affronti). A destra si pensa di ritrovare lo spirito comunitario eliminando fisicamente (cacciandolo) lo straniero, a sinistra si pensa che l'immigrazione sia una cosa prettamente positiva, dimenticando perfino che la prima vittima di tutto questo terribile processo é proprio l'immigrato, che per leggi economiche viene strappato dalla propria terra, patria, famiglia, per cercare fortuna in occidente. Insomma sono due visioni ideologizzate, che non vedono il fenomeno per quello che realmente é.

  14. vate
    | Rispondi

    La patria è la terra dei padri, cioè il luogo di appartenenza dove prolifera la propria realtà vivente. La natura individuale è ad un tempo innata e connaturata essendo il secondo motivo non meno vero del primo. Così il singolo accede alla libertà di essere ciò che è nella misura in cui è coerente a se stesso e partecipa al proprio status genotipico e fenotipico non tanto subendolo come fatalità, ma piuttosto frequentandolo come volontà.
    Avere una patria significa essere fedeli a se stessi ed alla propria natura fino in fondo, senza compromessi, solo così ci si spiega come l'offrire la propria vita per essa possa costituire un atto semplice e normale: si tratta di difendere l'uomo, la sua dignità e la sua coerenza, i valori basilari della sostanza prima ai quali normalmente non si può rinunciare a costo della vita stessa.

    I parametri con i quali si definisce la terra di appartenenza sono suscettibili di svariate interpretazioni , ma in definitiva essa è quel luogo interiore dove l'individuo sente pulsare il sostrato individuante del proprio essere. Nell'epoca moderna il periodo fascista è stato quello che ha provato a rendere più fecondo il suoli italico come patria degli italiani. Si stava risvegliando uno spirito assopito da tempo, una forza reale capace di percorrere la penisola, ma purtroppo sono mancate le condizioni capaci di imbrigliarla.
    Tuttavia anche i padani hanno tutto il diritto di reclamare la loro patria, giacché le autonomie andrebbero in ogni caso salvaguardate facendo da freno alla corsa verso la globalizzazione, mentre mantengono fluidi i canali delle influenze tradizionali che prediligono le vene etniche, di razza e di spirito dei popoli.

    Ciò che non si riesce a capire è come chi si reputa di sinistra possa definirsi patriota. Forse Napolitano l'ha capito molto bene intendendo per patria quel luogo dove i più lesti si agguantano la pagnotta. Invece i patrioti cubani avevano in mente l'internazionale comunista. La patria non è un ideale ma quel terreno adatto allo sviluppo normale e legittimo dell'uomo in quel mondo che sente suo perché è quello suo. Il luogo del comunista, che è quello dell'uomo senza suolo e senza volto, è antitetico al vero senso della patria, ed il mondo tradizionale lo ha sempre combattuto.

    Se attualmente l'uomo senza se stesso sta occupando sempre più terreno, bisogna fare attenzione che almeno il significato di patria non venga modificato a favore di chi molto probabilmente non ne ha mai avuta una.

  15. giovanni ranella
    | Rispondi

    Musashi, Ieromante, vi ringrazio per lo scambio e ringrazio il sito per avercelo permesso.
    La vita oggi più che mai richiede una presa di coscienza maggiormente virile, e per tale intendo riferirmi alla Vir originaria, ovvero alla pura Ispirazione posta sotto il segno di Amor, occorre coltivare un sentimento Gentile, Semplice, in grado d'infondere nell'animo la consapevolezza che la vita è un evento da vivere con convinzione e grazia.
    E' in atto una controgenesi la cui portata finirà di sovvertire ogni sano principio tradizionale, più vettori concorrono all'attuazione dell'infame progetto, minimizzare quanto sta accadendo o ignorarlo significa possedere un cuore acrilico.
    Anche se non possiamo contrastare su un piano quantitativo è importante elevarci qualitativamente.
    Se analizzate bene…dico bene…i motivi che stanno alla base dell'Illuminismo, della conseguente rivoluzione francese e della fondazione dell'identità economica degli stati europei e della rivoluzione industriale e di chi finanziò Lenin, e successivamente Mussolini o Hitler sarà maggiormente chiaro l'inganno di chi rivestendosi solo superficialmente di archetipi ne deformò grottescamente la sostanza per subordinare la vita ad un principio solo meccanico…solo meccanico

  16. paolo
    | Rispondi

    Mi dispiace ma questa insistenza nel voler riagganciare i fascismi all’Illuminismo, alla rivoluzione francese e a tutto ciò che ne è derivato in senso antitradizionale e che ben conosciamo è a mio giudizio totalmente errato e fuorviante. Il discorso sarebbe lunghissimo, ma sicuramente nei fascismi non hanno operato solo forze psichiche e irrazionali e non si è trattato solo di presunte forme di massificazione, c’era ben altro, altro che meccanicismo. E’ vero che ci sono stati errori e confusioni dal punto di vista teorico e pratico, ma d’altronde ciò non poteva essere diversamente trattandosi, come detto anche da Musashi, di fenomeni emersi durante il Kali-Yuga. Ma forze di tipo extrasensibile hanno operato nei vari tipi di fascismi, seppure in modo diverso e con esiti diversi (…)

  17. paolo
    | Rispondi

    Nel fascismo italiano va ricordata l’impostazione teorica mussoliniana dello Stato elogiata anche da Evola (in contrasto con quella tedesca in cui invece lo Stato era subordinato al Volk) in quanto non legata ad un nazionalismo antitradizionale, giacobino e antimperiale. Per Evola era possibile concepire un nazionalismo che, nell’epoca intermedia tra terza e quarta casta, si potesse incontrare “non discendendo ma riascendendo”. “Tale è quel nazionalismo che ha valore non per il lato di ‘collettivizzazione interna’, ma per il lato della ‘differenziazione esterna’, cioè come una forza che si trae fuori dal collasso collettivistico-internazionalista, reagisce contro di esso, stabilisce nuove e ferme circoscrizioni entro le quali deve manifestarsi una funzione organizzatrice in senso superiore, una forza differenziatrice di tipo già più alto, cioè spirituale” (…)

  18. paolo
    | Rispondi

    E, continuava Evola, “Questa concezione della nazione è stata, sotto alcuni aspetti, propria del miglior fascismo”, spiegando dettagliatamente, con riferimento alla ‘Dottrina del fascismo’, la concezione mussoliniana di Stato quasi come “entelechia” che forma dall’interno la nazione, forza spirituale, non semplice meccanismo che limiti la sfera delle presunte libertà individuali, ma quasi anima più profonda di ogni anima, forma e norma interiore, disciplina di tutta la persona. “Quando, su tale base, il mito socialistico veniva respinto, la subordinazione, come il corpo ad anima, dell’economia all’idea trascendente che viene a costituire la nazione, veniva affermata, e si giungeva a quella superiore concezione, nella quale il servizio si giustifica essenzialmente come una via di partecipazione ad una ‘vita superiore libera da limiti di tempo e spazio’, in tutto ciò gli elementi fondamentali per un nazionalismo positivo, via per una ricostruzione e riorganizzazione antigiacobina, anticollettivistica, spirituale, erano dati”. Parola di Evola (…)

  19. paolo
    | Rispondi

    Che poi in concreto questo impianto teorico si sia realizzato solo in minima parte, per la carenza di uomini realmente ispirati in grado di poter concretizzare tali concetti, è un altro discorso: in quest’epoca storica era impossibile dare vita completamente ad una concezione di tal genere. L’idea però era tracciata e in buona parte il fascismo ha rappresentato un argine all’operare di forze distruttrici.
    Ricordo poi il testo di Gianfranco De Turris “esoterismo e fascismo” che analizza determinati aspetti esoterici, più o meno consapevoli, all’interno del fascismo italiano, richiamando alla luce singole personalità quali Arturo Reghini, Aniceto del Massa, Massimo Scaligero, Guido De Giorgio, il duca Colonna di Cesarò, ecc., nonché l’importante tentativo (purtroppo inevitabilmente fallito) della Scuola di Mistica Fascista, e così via. (…)

  20. paolo
    | Rispondi

    Se si passa poi ad altri fenomeni, quali la Falange spagnola e soprattutto il movimento legionario di Codreanu, le cose cambiano ancora: soprattutto nel movimento di Codreanu sono riemerse forze più vicine ad una spiritualità tradizionale nel senso più proprio del termine, con una concezione mistico-sacrale, quasi estatica, fondata non a caso, almeno essotericamente, sul cristianesimo ortodosso, che, come già osservato in altri articoli su Filippani Ronconi, rappresenta la forma cristiana che più si è mantenuta vicina alla Tradizione primordiale. Evola rimase infatti entusiasta di Codreanu e del suo movimento (…)

  21. paolo
    | Rispondi

    Il nazionalsocialismo, che per Musashi fu una manifestazione delle Forze legate alla Sephirot Geburah, è stato un fenomeno molto particolare di riemersione di forze già operanti nell’inconscio collettivo dei popoli germanici e ad esempio nel romanticismo tedesco: una forma di panteismo immanentistico e vitalistico di matrice nietszchiana, fondata su un socialismo gerarchico ed organico di matrice voelkisch. In esso certamente Evola sottolineava negativamente le pulsioni immanentistiche e biologistiche e certi legami più o meno consapevoli con una concezione quasi darwinistica e tellurica, ma accanto a tutto ciò coesistevano anche concezioni spirituali più profonde e operarono forze arcaiche e ancestrali che non a caso attirarono anche un certo Filippani Ronconi, che non credo si possa definire un materialista al servizio delle forze della sovversione. Tanti interpreti (Rimbotti, Rossi) rifiutano anche una ricostruzione in senso solo materialistico del razzismo nazionalsocialista. Ma servirebbero centinaia di pagine per affrontare la questione.
    Insomma, il discorso in generale mi sembra molto più complesso di come lo si vorrebbe porre.

  22. giovanni ranella
    | Rispondi

    Grazie del chiarimento Paolo, evidentemente si, il discorso sarebbe effettivamente assai più complesso, sostanzialmente si può amare la Tradizione senza avere il mito del fascismo.
    Si può essere fascisti e non comprendere nulla dello Spirito tradizionale.
    Si può essere fascisti e amare e comprendere la Tradizione.
    Ciò che personalmente avverso è una gretta ostentazione, il "giovanilismo" esasperato ed esasperante, avverso la propaganda Futurista che è antesignana della pop-art, Mussolini non mi ha mai convinto e non capisco come si fa a prenderlo sul serio solo a vedere la sua mimica nei filmati dell'epoca.
    Tutto ciò che di più nobile tu giustamente ricordi è figlio di quella cultura umanista di fine '800 che infuse maggior ampio respiro alle persone che hai detto oltre ad altre che non hai nominato, una tra queste il grande Boccioni.
    Ad ogni modo adesso, riaffondi nell'animo tutto ciò che fin'ora ne è emerso.
    Ad maiora

  23. Leone
    | Rispondi

    Salve,
    sono comunista, di quelli che vengono solitamente definiti "trotzkisti" e nel suo articolo, lontanissimo evidentemente dalle mie posizioni politiche, una cosa vera la leggo: l'idea rivoluzionaria marxista-leninista dovrebbe essere contrapposta a qualsiasi sentimento nazionalista o esaltazione dell'amor patrio. Almeno su questo punto, consoglierei a molti militanti e burocrati della cosiddetta sinistra odierna di dare una letta al suo scritto, per il resto per quanto mi riguarda iservibile (ma questo, ripeto, è scontato!)
    Sul Kali Yuga…boh, io non sono induista e per me il concetto non ha molto senso (se non in un'ottica di interesse intellettuale)…dico soo che spero che per vedere il Sol dell'Avvenire non dovremmo attendere ancora più di 400.000 anni! (si fa per scherzare, non si arrabbi…)

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