“Nostro fratello Alessandro”. Un ricordo di Pio Filippani-Ronconi nel XCII anniversario della nascita

L’ultima volta che incontrai Pio Filippani-Ronconi fu il 3 gennaio del 2010. Era stanco, ma in piedi. La sua lingua, che in un passato ancora recente era capace di esprimersi in una straordinaria varietà di parlate, si preparava al silenzio. E tuttavia a me sembrava che ancora riuscisse a pronunciare frasi di determinante saggezza. Non penso che questa fosse solo l’impressione soggettiva di un discepolo, condizionato da lunghi anni di ammirazione rivolta alle qualità del maestro.

Negli ultimi incontri nell’appartamento dell’Eur, lo incontravo sempre insieme al figlio Rodrigo. Al di là del rapporto di sangue i due sembravano formare una sorta di accoppiata militare: il vecchio ufficiale e il suo aiutante in campo. Ancora alla fine del 2009 compivano piccole escursioni, lambivano boschi della campagna romana.

Fu invece la figlia Sveva ad accompagnarlo nella Chiesa di San Giovanni in Laterano, la Cattedra di Pietro sul colle Celio. Percorse la navata centrale della splendida basilica, che Innocenzo X riedificò affidandola all’ingegno del Borromini. Arrivò al punto in cui sul pavimento fiorisce il grande stemma dei Pamphili per compiere un gesto che nella vecchiaia diventa più difficile e per questo più eloquente: si chinò fino a terra, per poi segnarsi in petto alla maniera degli Ortodossi.

I funerali furono appunto ortodossi, nella chiesa russa che fronteggia il Vaticano. Scalinate bianche che si inerpicano su una collinetta, una piccola cupola che si innalza nell’aria di Roma e si confronta con la grande cupola del Michelangelo. Nella contingenza storica dei nostri anni, la chiesa russa nel cuore della Roma pontificia si mostrava come un segno della possibile “coesistenza pacifica” tra Oriente ortodosso e Occidente latino, più che come un gesto di sfida.

All’interno della Chiesa: gli ori, i colori, le icone tipiche dell’architettura sacra ortodossa, il tutto in una dimensione familiare, abbastanza lontana dalla magnificenza delle grandi basiliche orientali, ma anche nettamente distinta dallo squallore delle ultime chiese-garage che gli architetti atei costruiscono in Occidente.

“Poiché non c’è uomo vivente che non pecchi, abbi pietà del nostro fratello Alessandro” ripeteva il pope. La benedizione funebre alternava imperscrutabili litanie russe al Padre Nostro pronunciato in lingua italiana. Era un rito ecumenico, che univa lingue diverse, confessioni diverse, diciamo anche istanze religiose diverse: attorno all’altare degli ortodossi erano presenti i rappresentanti di antiche famiglie cattoliche, poi gli studiosi dell’Oriente, gli evoliani, gli ultimi testimoni della religione civile della Patria, i cultori della Romanitas precristiana, gli antroposofi. Filippani aveva trovato il modo per riunire attorno a sé i cultori di scuole che spesso e volentieri cozzavano tra loro: la formula era il frutto di una ascesi del pensiero quanto mai pura. Direi anche di un forte spirito di ironia.

A Roma nelle ore che intercorsero tra la morte e i funerali aveva nevicato. Una neve bella, senza danni. La mattina delle esequie splendeva il Sole in un’atmosfera tersa.

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8 Responses

  1. paolo
    | Rispondi

    Sono molto interessato all’aspetto dell’avvicinamento del professor Filippani Ronconi al Cristianesimo ortodosso nella parte finale della sua vita. Vorrei avere qualche notizia più precisa in merito, se possibile, anche magari sull’episodio citato nell’articolo, relativo alla visita nella Chiesa di San Giovanni in Laterano ed al segno della croce fatto alla maniera degli Ortodossi.
    Grazie

  2. Musashi
    | Rispondi

    Semplicemente credo, da studioso di esoterismo, che avesse capito una cosa che sanno tutti quelli che hanno una qualche dimestichezza con la tradizione esoterica occidentale: che l'unica forma di cristianesimo che in parte conserva il significato originale gnostico esoterico degli antichi misteri cristiani (quelli fatti sparire dal II e III secolo in poi). Alla faccia della tradizionalità del cattolicesimo in realtà solo nella Chiesa ortodossa si trova sia pur in forma marginale l'antica Gnosi con la Teotoke (la Madre divina) che è virtualmente assimilata alla Sophia gnostica (non a caso le varie cattedrali di "santa Sophia" , che non era una santa umana di nome "sofia" ma un concetto teologica, la Sapienza o divina Gnosi).
    Del resto anche la teologia trinitaria ortodossa è più vicina alla gnosi greca che non quella cattolica: lo schema trinitario ortodosso è palesemente plotiniano.
    Senza contare che nella patristica orientale si ravvisa l'unica forma di Gnosi crisitana non perseguitata dagli eresiologi: almeno non inizialmente….. perche dopo un paio di secoli anche Origene e i suoi seguaci incapparono nelle scomuniche della Chiesa.
    Anche la liturgia è in parte ancora mistica dato che i fedeli, essendo a tutti gli efetti dei profani (con chiara ammissione che il battesimo NON può essere un rito iniziatico) sono esclusi dalla vista di alcune parti del rito, che avvengono nascostamente nella iconostasi.
    Io stesso ho avuto modo di constatare la differente efficacia rituale di esorcismi fatti da cattolici o ortodossi.

    Non che una certa parte del clero cattolico non conosca bene la magia e l'esoterismo. Tutt'altro: malgrado quello che dicono, i cattolici sono stati sempre ottimi conoscitori dei meccanismi occulti della magia altrimenti non avrebbero fatto quello che han fatto (eliminazione degli avversari attraverso il FUOCO ecc..) solamente che il tutto si riduce a tecniche di manipolazione psichica e per giunta sostenuta da una malafede assoluta (vedasi l'ostinazione nel negare queste conoscenze!).
    Sicchè se si cerca una traccia di tipo iniziatico, all'interno delle attuali strutture exoteriche, l'unica sopravvivenza si può trovare ancora nel mondo ortodosso: meglio ancora in quello copto, che non avendo aderito al concilio di Calcedonia hanno una dottrina cristologica assai prossima a quella degli antichi gnostici cristiani.

    Se vogliamo tracciare un parallelo con un altro, discusso, ricercatore esoterico italiano, Plamidessi rilevo che anche lui in cerca del collegamento con l'iniziazione crisitana si avvicinò alla chiesa greca orientale e a certe correnti della mistica russa (Soloviev), al cosiddetto "sofianismo".

  3. Musashi
    | Rispondi

    Se posso aggiungere del mio devo dire molto toccante il passaggio su l'ecumenicità di quella celebrazione, alla presenza di tante e difformi se non contrastani filiazioni. testimonianza del riconoscimento unanime della "universalità" del suo carisma spirituale.
    Passaggio molto toccante.

    • Paolo Maria
      | Rispondi

      Per una volta tanto concordo con Musashi: le esequie di Filippani Ronconi sono l'immagine plastica di come un punto d'incontro tra tradizionalisti sia possibile. E da uomo di Destra mi permetto di dire anche: "Camerata Filippani Ronconi: PRESENTE!"

      • Musashi
        | Rispondi

        Sull'unità della Tradizione Una mai vi sono o vi saranno dubbi. ma va detto che il numero di coloro che si dicono tradizionalisti eccede quello di coloro, che sempre di meno, sono comunque custodi -seppur imperfetti- della Tradizione effettiva.
        Poiche uno di costoro fu Filippani Ronconi, ora sono ancora di meno i Giusti che calcano questa terra.

        Credo ci si associ tutti all'esclamazione finale "PRESENTE!"

        • paolo
          | Rispondi

          Grazie per le risposte.
          Sì, è vero, le esequie celebrate in quel modo hanno rappresentato un ideale punto di congiunzione tra tutte le anime più pure della Tradizione e sono sicuramente, in tal senso, qualcosa di profondamente toccante. Lo stesso Filippani Ronconi, con la scelta di abbracciare il Cristianesimo ortodosso nella parte finale della sua vita terrena, ha gettato l’ultimo ponte affinché questa congiunzione avvenisse e fosse visibile e comprensibile agli occhi di chi era in grado di scorgerla.
          Anzi, ripensandoci bene, il gesto di segnarsi alla maniera degli Ortodossi all’interno di una delle più grandiose basiliche della Cristianità cattolica, a Roma, ha sicuramente un significato simbolico molto particolare, anche perché è stato compiuto non da una persona qualunque, ma da un vero e proprio iniziato quale fu, oltre al resto, Filippani Ronconi, come più volte ci ha spiegato Musashi. (…) segue

        • paolo
          | Rispondi

          (…) All’interno di una basilica quale San Giovanni in Laterano (e probabilmente non è stata casuale neppure la scelta di questa basilica), simbolo di bellezza e magnificenza in seno alla cattolicità, ma che oggi è purtroppo quasi “violata” da un rituale ormai sconsacrato e “laicizzato” quale è la messa odierna, quel segno della croce è come l’inserimento simbolico di un elemento che fa parte di un rituale che ancora si riallaccia, sia pure in modo imperfetto, all’esoterismo cristiano delle origini e che comunque, anche per chi non è gnostico, possiede una carica di spiritualità tradizionale ancora fortissima. E’ come un segno, un voler restituire sostanza ad una forma sconsacrata, quale è purtroppo quella che fa capo alla cattolicità modernista odierna: riagganciare, con un gesto simbolico, la sostanza di una sapienza ormai smarrita, sia dal punto di vista rituale-liturgico (nonché iconografico) che spirituale, alla forma suprema che è sempre manifestazione divina. (…) segue

        • paolo
          | Rispondi

          (…) In effetti, assistere oggi a delle messe cattoliche in latino o con il rituale bizantino, anche se non sono sempre, probabilmente, del tutto impeccabili da un punto di vista formale, è comunque un’esperienza che, nel suo piccolo, trasmette una serie di sensazioni molto particolari per chi è predisposto ancora a recepirle. Si tratta comunque, per l'uomo moderno de-spiritualizzato, di messe "faticose" da sostenere, sia fisicamente che mentalmente: è come cercare di correre una maratona senza essersi allenati. La realtà è che la disabitudine tutta moderna ad un certo tipo di spiritualità si fa sentire.

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