Nel segno del Wolfsangel

L’opera di Hermann Löns fa parte di quel movimento di reazione radicale contro la devastazione della vita spirituale determinato dall’industrializzazione, dall’urbanesimo e dal materialismo culturale ed economico. Questa reazione in Germania tra il 1890 ed il 1920 s’incarna nel movimento völkisch che vedeva nel ritorno alla terra e nelle origini contadine e tradizionali l’unica via di salvezza. Hermann Löns, scrittore, poeta, giornalista ed antesignano del movimento ambientalista può essere considerato per la sua sensibilità assai vicino alle tematiche völkisch.

Il profondo amore ed il radicamento sulla “Heimat”, la terra degli antenati, l’interesse per i miti e per la preistoria germanica coinvolsero in quegli anni un vasto numero d’intellettuali, scienziati, scrittori, artisti e poeti. Oggi più di allora le campagne sono abbandonate e le città sono diventate tentacolari ed alienanti. Sarebbe buona cosa riprendere la lettura di questo autore lungimirante ed oggi praticamente sconosciuto. In Italia è stato tradotto il suo romanzo più famoso Der Werhwolf e il drammatico racconto dedicato dallo scrittore alla violenta cristianizzazione dei Sassoni Die rote Beeke (Il fiume rosso).

Hermann Löns nasce il 29 agosto 1866 a Kulm (oggi Chelmno) nella Prussia occidentale sulle sponde della Vistola. Il padre era insegnante, ma il nonno, Diederich Löns, aveva sposato la figlia di un contadino e questo fatto potrebbe forse spiegare il precoce interesse di Hermann per la natura, gli animali e la cultura contadina. Dal lato materno uno dei bisnonni era il poeta romantico Moritz Bachofen che aveva scritto libri come Gunloda e Arminia e pubblicava il periodico Das Nordlicht. Appena un anno dopo la sua nascita, i genitori di Hermann si trasferirono a Deutsch-Krone, dove il padre era stato mandato per insegnare nel locale liceo, e lì il giovane crebbe fino all’età d’otto anni. Nella sua futura piccola autobiografia intitolata Von Ost nach West scriverà che già da piccolo gli piaceva osservare il volo delle mosche e le attività degli altri piccoli animali. Stava nascendo la sua immensa passione per le scienze naturali che si sarebbe approfondita nel tempo.

Nel 1873 entra nella scuola pubblica e diventa uno degli studenti migliori. Il tempo libero lo trascorre esplorando i boschi, le brughiere e gli acquitrini. In una di queste escursioni solitarie rinviene appeso ad una quercia il corpo di un ubriaco che aveva posto fine alla sua esistenza impiccandosi. E’ attratto dagli animali e specialmente dagli uccelli: a sedici anni scrive un rapporto sulla fauna locale in cui vengono elencati 130 specie di volatili. Prova a sviluppare le sue capacità pittoriche ma la mancanza di talento lo dissuade: il mondo dell’arte lo attrarrà sempre e molti dei suoi amici più stretti saranno artisti.

Nel 1884 Friedrich Wilhelm Löns fu chiamato ad insegnare a Münster nella nativa Westfalia. Questo spostamento sarà decisivo per la formazione del giovane: prende coscienza delle radici della famiglia e scrive: “Divento consapevole di ciò che sono sempre stato: un uomo della Bassa Sassonia”. Nella scuola superiore viene soprannominato dai compagni der Käfer (il coleottero) per la sua passione per gli insetti e la fauna della foresta. Nel 1885 il Dottor Hermann Landois annuncia che lo studente Hermann Löns ha scoperto una nuova specie di lumaca, l’Aceka Menkeana. Dopo il diploma della scuola superiore, nel 1887, Hermann Löns s’iscrive all’Università di Greifswald sulla costa baltica e subito scopre le sue nuove passioni: i duelli, le danze e le belle ragazze. Iscritto alla Burschenschaft Cimbria si procura diverse cicatrici sul volto in vari duelli per difendere il suo onore. Contemporaneamente approfondisce i suoi interessi naturalistici e pubblica diversi articoli su riviste scientifiche.

I suoi legami con il mondo contadino ed i suoi abitanti sono costanti e profondi e formeranno i principi guida per il suo prossimo lavoro letterario. Questi svariati interessi lo portano a trascurare lo studio ed il padre, dopo una dura lite, lo costringe a tornare a Münster per studiare le scienze naturali. Negli anni da studente sviluppa la sua passione per la poesia influenzato dall’opera di Detlev von Liliencron, Annette Droste-Hülshoff e da quella del filosofo Friedrich Nietzsche. Con gran disappunto della famiglia non termina gli studi e decide di diventare giornalista e a questo scopo si trasferisce a Hannover nel 1892. La città è in una posizione strategica per il giovane autore: ci sono vicino diverse varietà di paesaggi che egli amerà e a cui dedicherà il suo impegno ecologico: sono la catena dei monti dello Harz, la Suntel e, soprattutto, la brughiera di Lüneburg.

Dopo un anno di lavoro per il giornale di Hannover Hannoversche Anzeiger si sposa con Elizabeth Erbeck che aveva conosciuto a Münster. Il lavoro giornalistico procede bene e si fa una discreta fama sulla stampa locale firmando pezzi di denuncia anche con vari pseudonimi tra cui “Ulenspiegel” (nome di Thyl Ulenspiegel protagonista del libro di Charles De Coster  La leggenda di Thyl Ulenspiegel, Ed. Studio Tesi, 1991) e “Fritz von der Leine”. Nel 1902 prende la direzione editoriale del periodico Niedersachsen dedicato alla storia ed al folklore locale. La sua posizione politica di quel periodo è molto pragmatica: detesta i partiti politici, di cui lamenta la mancanza di lungimiranza ed unità, e la politica mediocre dei piccoli intrighi parlamentari. L’arte è sempre al centro dei suoi interessi. Il suo sguardo sul mondo è quello dell’artista. E’ affascinato dai pittori simbolisti, specialmente dallo svizzero Arnold Böcklin. Le persone della classe borghese, attratte dalle lusinghe della modernità, gli appaiono false ed artificiose: cerca la sua strada tra la gente semplice ed incorrotta della campagna. Tra loro troverà l’ispirazione artistica per i personaggi delle sue novelle.

Nel 1901 Löns divorzia dalla prima moglie, mettendo fine ad un rapporto sempre più infelice e senza figli. Lo scrittore si ritira nella natura e promette a se stesso di non sposarsi mai più, ma, dopo pochi mesi, s’innamora di Lisa Hausmann che sposa nella primavera del 1902. L’anno precedente aveva pubblicato il libro di poesie Mein goldenes Buch che conteneva vivide descrizioni della caccia e del mondo contadino. Löns era diventato cacciatore all’inizio del 1890 prendendo note minuziose di tutte le atmosfere e delle strategie venatorie che sembravano interessarlo più dell’uccisione della preda stessa. Negli anni successivi lavorò al libro di racconti Mein braune Buch che fu pubblicato nel 1907. Löns trascorre molto del suo tempo lontano dalla città “che uccide i muscoli e divora i nervi” immerso nella natura e nel mondo contadino che sembra ricaricarlo di potenti energie creative. Il sottotitolo del libro è “Impressioni dalla brughiera” perché diverse storie sono ambientate nella Lüneburger Heide, un’area che solo allora veniva “scoperta” in Germania. Era un paesaggio unico e magico che stava diventando famoso per il terreno rosso bruno, gli alti alberi di ginepro, le brughiere e le dune sabbiose. Una delle storie del libro verrà in seguito pubblicata diverse volte con illustrazioni: si tratta della celebre novella Die rote Beecke. Il titolo, Il fiume rosso, allude al massacro dei 4500 capi sassoni che rifiutarono il cristianesimo ed il battesimo e che perciò furono fatti decapitare da Carlo Magno. La storia racconta della crociata intrapresa per evangelizzare le popolazioni germaniche rimaste fedeli alla loro religione atavica e della resistenza della popolazione locale contro lo straniero, tema che sarà ripreso nel romanzo Der Wehrwolf. Come nelle restanti storie del Mein braune Buch, anche Die rote Beecke si caratterizza per i periodi brevi, le descrizioni incisive, lo stile colorito che, da ora, sarà una delle caratteristiche della prosa di Hermann Löns. Queste caratteristiche stilistiche lo porteranno all’attenzione della critica letteraria ufficiale e lo renderanno famoso col soprannome Heidedichter, il poeta della brughiera.

La preistoria dei Sassoni e la storia germanica in generale continueranno ad influenzare l’opera letteraria di Hermann Löns. In questo periodo l’artista adotterà gli antichi nomi germanici dei mesi, molto più simbolici e legati ai cicli naturali di quelli latini. Nel 1901 scrive all’amico Traugott Pilf che stava leggendo molto di Tacito, Cesare e Procopio per accrescere le sue conoscenze sulla storia germanica. In una dedica del 1912, sempre a Pilf, su una copia del suo libro Der letze Hansbur scrive: “Dobbiamo sempre ricordare che un tempo, la croce cristiana era in realtà uno Swastika”. Dall’inizio del 1902 adotta come emblema il Wolfsangel, simbolo molto usato dai contadini della Bassa Sassonia: una N rovesciata con una sbarra verticale nel mezzo. Il Wolfsangel, tagliola o gancio per i lupi, era uno strumento per catturare questi animali, costituito da un doppio uncino su cui era posta un’esca. Egli scrive che i contadini avevano visto il simbolo osservando i fuochi e le diverse forme che le scintille assumevano nell’aria “vedevano disegnarsi strane rune rosse nell’oscurità. Si formavano croci che terminavano con uncini”. Il Wolfangel e lo Swastica ricorrono frequentemente nei due libri più famosi di Hermann Löns, Der letze Hansbur e Der Wehrwolf. Le copertine di molte edizioni dei libri sono marcate con questi simboli. Nel Wehrwolf (pag. 115 edizione italiana) Wolfsangel è usato per segnalare le attività di guerriglia dei contadini “…Per questo penso dovremmo battezzarci i Wehwölfe e lasciare sul terreno dove abbiamo combattuto l’infamia un segno con tre colpi di scure: uno a destra, uno a sinistra e uno di traverso.”

La naturale unione di Hermann Löns con la sua terra e le sue bellezze naturali ebbero altre conseguenze: l’artista divenne un antesignano della protezione dell’ambiente e sostenne attivamente il movimento per la creazione di parchi naturali nelle zone ancora selvagge ed inviolate della Germania. Scrisse numerosi articoli per periodici descrivendo il suo concetto di “Heimatschutz” (protezione dell’Heimat) che significava anche difesa delle tradizioni e della comunità popolare. Nell’opera di Löns la difesa della bellezza naturale è un tema ricorrente. Tra le altre cose ciò lo porterà al coinvolgimento nel progetto per la creazione del parco dello Harz e a scrivere il testo per la descrizione dell’area protetta. Si impegnerà anche per la creazione dell’area protetta dei monti Wilseder. I cambiamenti ambientali nella Lüneburger Heide lo portano a scrivere i primi poemi ecologisti Die Letzen e Bohrturm, entrambi inseriti nella raccolta del 1909 Mein blaues Buch che contiene diversi poemi con riferimenti alla storia antecedente precristiana e pagana. Die rote Beecke, Die Varusschlacht e Das Osterfeuer ne sono esempi evidenti. La raccolta di poesie Die kleine Rosengarten sarebbe diventato il suo libro poetico più popolare: il tono dell’opera è più luminoso ed accessibile di quello del Mein blaues Buch. Molte delle poesie della raccolta diverranno famose canzoni. Nel 1932 sarà girato il film Grün ist die Heide, che rappresenta la vita degli abitanti della brughiera e prende il titolo da una poesia di Löns, musicata da Karl Blume ed utilizzata come colonna sonora della pellicola.

Incisione del 1936 di Georg Sluyterman von Langeweyde che rappresenta Harm Wulf, il protagonista del Der Wehrwolf, con la sua famosa mazza ferrata. Sotto il Volksmund, proverbio contadino, “Aiutati che Iddio ti aiuta!” ed il simbolo del Wolfsangel.

Nel 1907 dopo molti anni movimentati trascorsi ad Hannover l’artista sceglie di vivere nel piccolo villaggio di Bückeburg. Lì trascorrerà quattro anni che saranno tra i più infelici ma produttivi della sua esistenza. Aveva prodotto una grande quantità d’opere letterarie dedicate al mondo naturale ed ora sentiva il bisogno di ritornare al mondo degli umani. Il risultato di questa scelta furono i romanzi Der letze Hansbur e Der Wehrwolf e la novella psicologica Das zweite Gesicht. Der Wehrwolf racconta la storia della stessa stirpe che si era battuta contro Carlo Magno al tempo di Witukind, ma il tempo dell’azione è traslato di 800 anni, durante la guerra dei trent’anni 1618-1648. In quel periodo i contadini sassoni dovettero armarsi ed unirsi per difendersi dalle truppe straniere e dai malfattori che infestavano il paese commettendo violenze e soprusi approfittando del caos della guerra. Nell’avvincente racconto i contadini, obbligati ad uscire dalla loro tranquilla esistenza, sono costretti alla violenza per impedire ulteriori e più gravi spargimenti di sangue. Questo conflitto interiore è riassunto dallo stesso titolo del romanzo, nome coniato da Löns. Un Wehrwolf è un essere umano che si trasforma in combattente per difendersi usando la forza della belva furiosa. Il termine Wehr viene dal verbo tedesco “wehren” che significa difendere. Ma Wehrwolf si riferisce alla ferocia che i contadini impiegano sul campo di battaglia contro i saccheggiatori e la soldataglia. Ferocia giustificata dal fatto che la guerra potrebbe minare le basi della loro stessa esistenza. Der Wehrwolf riscuote un immediato, clamoroso successo superando rapidamente le 700.000 copie (in italiano è stato tradotto da Alessandra Borgonovo e pubblicato nel 1999 dalle Edizioni Herrenhaus di Seregno: Il Wehrwolf. Cronaca contadina, Edizioni Herrenhaus, indirizzo di posta elettronica:  herrenh@tin.it).

Il grande scrittore Ernst Jünger nel suo diario (Ed. Longanesi, 1979, pag. 192) scrive il 23 dicembre 1942 dal fronte russo a proposito del libro: “Lettura: Wehrwolf di Löns, che non ho letto più dalla mia infanzia. L’ho trovato qui nella biblioteca di un bunker. Malgrado quella sua maniera xilografica, che rende tutto più grossolano, la descrizione risente delle antiche saghe, dell’antico nomos. Senza dire che sono prevenuto, perché l’azione si svolge nelle immediate vicinanze di Kirchhorst, meglio ha Kirchhorst come centro”. Marino Freschi, nel suo interessante saggio La letteratura nel Terzo Reich (Ed. Riuniti, 1997, pag. 143) riconosce Hermann Löns come “uno dei più prestigiosi esponenti della letteratura nazionalpopolare del Novecento”. Der Wehrwolf ispirò diversi gruppi della Jugendbewegung, il movimento giovanile tedesco (vedi il fondamentale testo di Nicola Cospito I Wandervögel. La gioventù tedesca da Guglielmo II al nazionalsocialismo, II ed. ampliata Ed. della Biga Alata, Roma 1999, nicola.cospito@libero.it ), che adottarono il Wolfsangel come insegna.

Durante la fine della seconda guerra mondiale anche il movimento di resistenza tedesco all’occupazione alleata prenderà il nome di Werwolf (senza h il più delle volte) e adotterà il simbolo del Wolfsangel richiamandosi all’opera di Löns. Mentre lavorava a Der Wehrwolf Löns soffrì di un esaurimento nervoso causato dallo stress e dalle numerose preoccupazioni ma, nonostante ciò, il 20 novembre 1909 poté apporre il Wolfsangel al termine del romanzo. Gli ultimi anni della vita di Löns furono segnati dalla dolorosa separazione dalla moglie e dal figlio malato, da costanti disillusioni e da viaggi senza quiete in Austria e Svizzera. Nonostante il periodo nero egli fu in grado di produrre altri rimarchevoli lavori: la raccolta di lavori sulla natura del Mein buntes Buch e il romanzo Die Häuser von Ohlendorf.

Nel 1914, sebbene la sua fama di scrittore avrebbe potuto benissimo portarlo ad un incarico tranquillo come corrispondente di guerra, chiese di essere arruolato, quasi cinquantenne, nelle truppe combattenti. Il 24 agosto 1914 fu assegnato al 73° reggimento di fanteria. Sebbene egli avesse ritenuto la guerra necessaria e catartica, il suo diario ne riporta la delusione: “Trovo che il fragore della battaglia ricordi il rumore delle fabbriche. Non mi eccita, ma mi riempie solo di disgusto”. E due giorni prima di morire: “Dalla mia trincea guardo stelle che esplodono. Penso alla loro deflagrazione. Nel cielo notturno c’è sempre lo stesso pericolo ed agonia. La vita è morte: veniamo al mondo solo per andare verso la rovina”. Il 24 settembre 1914 Hermann Löns cade sul fronte occidentale, un mese dopo il suo arruolamento, durante un assalto contro una postazione nemica. Il 5 gennaio 1933 l’agricoltore francese Jules Sohièr arando il suo campo nei pressi di Reims vide nel terreno un paio di stivali militari tedeschi e delle ossa. Dal numero di matricola della piastrina (I. R. 73, 4 Kp., Nr. 309 cioè 73° Reggimento di fanteria, 4° compagnia, numero 309) si scoprì che i resti appartenevano allo scrittore. Il 30 ottobre 1934 un semplice funerale militare salutò il ritorno dei suoi resti in patria. Fu sepolto il 2 agosto 1935 tra Fallingbostel e Walsrode presso Wacholderhain bei Tietlingen, nell’amata Lüneburger Heide. La sua tomba è sotto un masso di pietra su cui è inciso “Hier ruht Hermann Löns” (qui giace) ed il segno del Wolfsangel.

* * *

Ulteriori informazioni sullo scrittore e la sua opera presso:
Hermann-Löns-Kreise in Deutschland und Österreich e. V.
Hermann-Löns-Straße 8,
D 29664 Walsrode – Deutschland Tel.0049 5161 977197

Tutte le poesie musicate dello scrittore al sito http://ingeb.org/hermannl.html

Höret di Hermann LönsEs gibt nichts Totes auf der Welt,
Hat alles sein Verstand,
Es lebt das öde Felsenriff,
Es lebt der dürre Sand.Laß deine Augen offen sein,
Geschlossen deinen Mund
Und wandle still, so werden dir
Geheime Dinge kund.

Da  weißt du, was der Rabe ruft
Und was die Eule singt,
Aus jedes Wesens Stimme dir
Ein lieber Gruß erklingt.

AscoltaNon c’è nulla di morto al mondo
ogni cosa ha la sua ragione
vive lo scoglio solitario
vive la secca sabbia.
Lascia i tuoi occhi aperti
chiusa la tua bocca
e cammina silenzioso, così ti saranno
svelate le cose segrete.
Lo sai, ciò che urla il corvo
e ciò che canta civetta
la voce di ogni essere vivente
risuona come un gradito saluto

Gli ultimi
di Hermann Löns [Hannover]

Sulla nuda brughiera
Sulla grigia pietra erratica
Sta un nero, alto ginepro
Così fiero e solitario.

La pietra erratica viene distrutta
Il ramo cade sotto i colpi dell’ascia.
La brughiera viene consumata.
Non sono più fatti per il mondo.

prima edizione 1899

Das Osterfeuer – Fuoco di Oster (1)

Camminavo sulla brughiera, la brughiera così lontana e vasta,
La solitudine sussurrava al mio orecchio parole cupe.
Mormorava di tempi defunti, quando qui ancora erravano gli uri (2).
Sulla palude l’aquila volava alta nel cielo;
Là il feroce lupo lasciava rune di morte,
Là il possente alce ancora cadeva per mano del cacciatore.

Là la dottrina straniera (3) non aveva ancora trasformato il bene nel male,
E i nobili Wodan e Frigga erano ancora solennemente venerati;
Là contava ancora il coraggio dell’uomo e non solo il suo denaro,
Là l’eroe difendeva il suo diritto con la spada lucente;
Né con vile parola, e né con giuramenti a buon mercato;
Questo segretamente mi insegnava la mortale solitudine.

I nostri Dei erano ancora chiamati amore e potenza,
Potenza generava la vita, amore portava il piacere.
La nostra legge era breve, la nostra legge era questa:
Amore all’amore, ma anche odio per l’odio.
Mano leale ad ogni uomo che si dimostrava amico,
Mano sanguinosa per il furfante che si avvicinava come nemico.

Altri tempi sono passati sulla brughiera,
Prima che la forma malvagia abbattesse la sacra foresta di Wodan;
Frigga, l’amata donna, trasformata in una strega,
Ogni luogo sacro profanato come posto di orrori.
I nobili corvi di Wodan chiamati gli uccelli della forca.
Le buffe civette di Frigga oltraggiate come pollame dei cadaveri.
Ed il tredici, il più sacro dei numeri segreti,
Tramutato in numero di sfortuna e di paura.

Tra le querce sorgeva una sola casa col tetto di paglia,
Dal frontone di muschio cavalli mostravano i loro colli;
Un’apertura a forma di cuore aperto era tagliata per i gufi,
Per tenere con se un vecchio ed amichevole ospite.
Sulla porta grigia c’era il cerchio sacro,
Inciso e colorato come al tempo della vecchia saggezza.

Ed una runa solare, di fortuna, appena accanto,
Proprio come avrebbero fatto gli antenati nella loro seria e perseverante tradizione.
Su entrambi i lati del muro nero della terra,
Il cavallo di battaglia di Wodan coraggiosamente impennato,
Come se egli volesse nitrire su di me tutta la sua forza:
Ancora adesso porto Wodan amico, e tu ancora credi a Frigga.

Camminai oltre, verso la terra al crepuscolo,
Dietro tramontava il sole rotondo e rosso.
Nell’altro lato, oltre la palude imbrunita
Una luminosa fiamma rossa saliva verso il cielo senza stelle.

Il fumo bianco si alzava prima della distesa della nera foresta,
Fino a che scompariva nelle nuvole della sera.
Io stavo fermo e rimanevo a fissare la luminosità del fuoco,
ed ascoltando il rallegrarsi delle ragazze e le grida acute dei giovani.
Ridevo e pensavo: nonostante tutto la gioiosa via degli antenati
È stata tenuta sempre fedelmente viva dal mio popolo.

Ancora essi onorano il loro dio nella buona tradizione degli avi
Con braci luminose e col bianco e vorticoso fumo.
Tutto è sempre rimasto com’era nei tempi antichi.
Il blu negli occhi e nelle menti, luminosi i cuori ed i capelli.
Sempre essi hanno mantenuto i loro corpi ed i loro spiriti forti,
Sempre sani sono le loro gambe, il loro sangue ed il midollo.

Camminavo sulla brughiera, la brughiera così lontana e vasta,
La solitudine sussurrava al mio orecchio parole gioiose.

(1)Oster significa Pasqua, ma riprende il nome germanico di Ostara da Öistre, antica dea nordica dell’alba, della primavera (è festa dell’equinozio di primavera) e dell’amore equivalente alla dea scandinava Freya. Assumendo ed incorporando nella liturgia cristiana il simbolismo legato alla rigenerazione della Natura, la Chiesa ha successivamente assimilato questa ricorrenza festiva pagana alla risurrezione di Cristo. Vedi R. von Sebottendorff, Prima che Hitler venisse, Ed. Arktos, 1987, pag. 227
(2)animale del centro Europa simile al bisonte, ora scomparso
(3) Welsch sta per romano, latino e straniero in genere.

Der BohrturmEs steht ein schwarzes Gespenst im Moor;
das ragt über Büsche und Bäume empor.
Es steht da groß und steif und stumm;
sieht lauernd sich in Kreise um.

In Rosenrot prangt das Heideland;
”Ich zieh dir an ein schwarzes Gewand”.
Es liegt das Dorf so still und klein;
„dich nach ich groß und laut und gemein.“

Es blitzt der Bach im Sonnenschein;
”bald wirst du schwarz und schmutzig sein.“
Es braust der Wald so stark und stolz;
”dich fälle ich zu Grubenholz.“

Die Flamme loht, die Kette klirrt,
es zischt der Dampf, der Ruß, der schwirrt,
der Meißel frißt sich in den Sand;
der schwarze Tod geht durch das Land.

La torre di trivellazioneC’è un nero spettro nella palude;
Si erge in alto sopra gli arbusti e gli alberi.
Sta lì grande, rigido e muto;
si guarda attorno spiando.

Nel rosso roseo rispende la terra della brughiera;
“Io ti metto una veste nera”.
Giace il villaggio così silente e piccolo;
“Poi ti faccio grande, rumoroso e popolato.”

Luccica il ruscello nei raggi del sole;
“Presto sarai nero e sporco.”
Rumoreggia la foresta così forte e fiera;
“Ti abbatterò per far legname da miniera.”

La fiamma arde, la catena cigola;
fischia il vapore, svolazza la fuliggine,
la punta si consuma nella sabbia;
la morte nera scorre attraverso la terra.

La poesia Der Bohrturm è la descrizione dell’inizio della distruzione della brughiera a seguito della scoperta del petrolio a Ölheim presso Peine dove, nel 1881 fu trovato in grande quantità.

Traduzioni di Harm Wulf.

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