Il simbolismo dei poli nelle tradizioni e nelle leggende

Esistono narrazioni leggendarie e miti che hanno un’enorme diffusione presso le più disparate tradizioni mondiali: per esempio, quelli relativi ai diluvi, ad Atlantide o alla mitica “Età dell’Oro”. Queste narrazioni, in genere, non si limitano a travalicare gli spazi e i tempi, divenendo patrimonio specifico di molteplici popolazioni, ma spesso hanno altresì costituito, nel corso dei secoli, una fonte di perenne alimento per ulteriori costruzioni leggendarie, bizzarrie fantastiche e teorie d’ogni sorta, persino le più strampalate e incredibili. Sono, in altre parole, archetipi, vale a dire modelli antichissimi su cui costantemente vanno a riforgiarsi nuove leggende e nuovi racconti.

Joscelyn Godwin, Il mito polare. L'archetipo dei Poli nella scienza, nel simbolismo e nell'occultismo Tra questi, uno di indubbio interesse, anche se forse oggi meno noto ai più, è quello relativo ai poli. Il polo artico, in particolare, è al centro di una trama fittissima di narrazioni sin da tempi estremamente remoti, che si situano all’incerto confine tra storia e preistoria, e che attraverso le epoche e i secoli giunge sino ai giorni nostri celandosi via via sempre più negli oscuri meandri del simbolismo occultista, dei rituali di società segrete e nelle teorie di misteriosi personaggi carismatici.

Oggi questa materia tanto ricca e affascinante quanto complessa e articolata ha trovato un’interpretazione organica in un saggio dello studioso americano Joscelyn Godwin, del quale le Edizioni Mediterranee hanno recentemente dato alle stampe Il mito polare. L’archetipo dei Poli nella scienza, nel simbolismo e nell’occultismo. Nell’edizione originale del 1993, il saggio recava il titolo Arktos, parola che designa in greco antico l’orsa, e che, attraverso il riferimento alla costellazione, è passato a significare, anche nella nostra lingua, le regioni nordiche – dette, appunto, artiche.

David Hatcher Childress, Le città perdute di Atlantide, Europa antica e Mediterraneo Il mito nordico ha tra i popoli Indoeuropei una valenza particolare, poiché indica l’antica sede originaria, la “patria perduta”. Così, troviamo presso gli Iranici, nell’Avesta (il più importante e antico testo religioso persiano) il riferimento alla nordica terra nativa, nella quale l’anno si componeva di dieci mesi di sole e due di oscurità; allo stesso modo gli antichissimi Veda, testi sacri dell’India, conservano un medesimo ricordo. I miti greci relativi a Thule, la nordica “terra di luce”, hanno precise corrispondenze presso i Celti; sono assai diffuse le allusioni al nord come sede di pure divinità, tra le quali Apollo, il cui emblematico bianco cigno figura in numerose rappresentazioni, sia di tipo iconografico (per esempio in incisioni su pietre, elmi, gioielli) sia in racconti mitologici. Tra questi, varrà la pena di ricordarne due strettamente legati alla nostra terra: quello relativo al mitico re dei Liguri Cigno e l’altro, a esso collegato, di Fetonte, che per essersi arrogato il diritto di utilizzare il carro del sole finisce irrimediabilmente folgorato, e precipita nel fiume Po.

Godwin affronta con serietà e competenza il tema della dimora artica nelle interpretazioni a cavallo dei secoli XIX e XX: come è noto, infatti, fu in quell’epoca che tramite diverse correnti esoteriche (e soprattutto la Thule-Gesellschaft) il nascente nazionalsocialismo assunse, tra i suoi emblemi, simboli arcaici strettamente legati proprio al mito nordico. Viene dimostrato in particolare che la stessa svastica (la cui etimologia, spiegabile sulla base del sanscrito, è “ciò che è buono”) ha una precisa correlazione con il mito nordico e le antiche origini: l’autore sostiene che “in origine era stata un elegante simbolo decorativo, soggetto a infinite variazioni e ricco di significati profondi”. Oltre che sulla Società Thule Godwin focalizza poi il suo interesse su Julius Evola e sull’Ordine nero, cui dedica due capitoli del suo lungo saggio. In particolare in Evola, pensatore sulle cui pagine si sono scritte le interpretazioni più diverse e anche stravaganti, il “mistero iperboreo” ebbe un ruolo centrale. Il filosofo tradizionalista riunì infatti in un’elaborata teoria concezioni di tipo diverso: da quelle del bramino Tilak alla metafisica di Guénon, dall’esoterismo ottocentesco di Antoine Fabre d’Olivet all’eccentrico libro sull’origine dell’umanità di Herman Wirth, sino alle tesi “accademiche” di Altheim, Bachofen, Clauss, Günther e persino Dumézil.

Jean Mabire, Thule. Il sole ritrovato degli Iperborei Il libro di Godwin prende poi in considerazione argomenti che potrebbero a prima vista apparire diversi rispetto al tema nordico-polare, ma che in realtà hanno invece una precisa correlazione. Si tratta cioè dei miti di Agartha e Shambhala, due altre misteriose sedi leggendarie che – raccontano i miti – furono dimore di remote popolazioni “beate” e che ancor oggi conserverebbero, celata, l’antica eredità sapienziale del passato.

La parte quarta del saggio è intitolata L’Arcadia ritrovata, e riguarda le diverse interpretazioni sistematiche dei miti antichi, la convergenza della “tradizione solare” e di quella polare (che secondo Guénon corrispondono a diverse fasi di un medesimo ciclo cosmico), l’origine dello zodiaco e delle costellazioni e così via attraverso temi ricchi e affascinanti, sino a toccare i misteri di Mithra, le simboliche “ascensioni alle stelle” e le “difese agli inferi”, la tradizione polare nell’opera di Dante e le due vie realizzative, note in India con le designazioni della “Mano sinistra” e della “Mano destra”.

Infine Godwin affronta le svariate teorie legate all’inclinazione dell’asse terrestre, che, come è noto, determina nei lunghi periodi il movimento della precessione degli equinozi. Ciò comporta, tra l’altro, la dominazione nei millenni di diverse costellazioni, e con ciò diverse “influenze” astrali che determinerebbero altrettante conseguenze sul piano umano e storico. Così, vengono passate in rassegna le teorie dei catastrofisti, quelle degli “uniformisti” e quelle più stravaganti, incluse persino quelle della “madre” della teosofia, H.P. Blavatsky. Il saggio si chiude emblematicamente con un paragrafo intitolato Ritorno alle origini: lo studioso americano affronta un tema estremamente complesso e misterioso, sul quale ci illuminano probabilmente più i miti arcaici che le strampalate teorie di alcuni discutibili, moderni “santoni”.

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Joscelyn Godwin, Arktos: The Polar Myth in Science, Symbolism and Nazi Survival (AMAZON.COM)

Joscelyn Godwin, Il mito polare. L’archetipo dei Poli nella scienza, nel simbolismo e nell’occultismo, Mediterranee, Roma 2001, pp. 290, euro 14,46 (IBS) (BOL)

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Alberto Lombardo è stato tra i fondatori del Centro Studi La Runa e ha curato negli anni passati la pubblicazione di Algiza e dei libri pubblicati dall'associazione. Attualmente aggiorna il blog Huginn e Muninn, sul quale è pubblicata una sua più ampia scheda di presentazione.
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