Mithra-Phanes: il dio splendente. Alcune osservazioni sui rapporti fra mithraismo romano e orfismo greco

Le iscrizioni mitriache in lingua greca

Rilievo con Phanes, II sec. ca. Modena, Museo Civico Archeologico, inv. 2676.
Rilievo con Phanes, II sec. ca. Modena, Museo Civico Archeologico, inv. 2676.

Nel 1931, alle falde dell’Aventino, in via della Marmorata, presso l’arco di S. Lazzaro, fu scoperto un gruppo d’iscrizioni in lingua greca, forse appartenenti a un mitreo da porsi in relazione col vicino Emporio che, in età imperiale romana, era frequentato da mercanti stranieri e da schiavi di lingua greca (1). Fra queste iscrizioni, ve n’è una che richiama la mia attenzione per i significati di religiosità misterica che ne emergono sulla connessione fra mithraismo romano di età imperiale e orfismo.

Dìi Elìo Mitra

Phàneti

ierèus kài patèr

benoùstos sùn tois

uperètais teoù anèteke

Da questa epigrafe si evince che il dio Mithra, in questo centro di culto in Roma, nella prima metà del II secolo d.C., è assimilato a Zeus e ad Helios, ma anche a Phanes, divinità greca legata alla religiosità orfica (2).

Tale testimonianza di un sincretismo orfico-mitriaco non è isolata; essa si colloca in un complesso di evidenze archeologiche, di rilievo storico-religioso, che vanno esaminate per l’universo di significati simbolici e mitici cui rimandano.

Il rilievo di Modena

Nel rilievo mitriaco conservato nel museo di Modena il giovane Mithra nasce da un uovo in fiamme (3). Il suo corpo è avvolto da un serpente – figura costantemente presente nella tauromachìa – mentre sul suo petto si notano, da sinistra a destra: una testa di leone, l’ariete e il capro, figure dense di significati simbolici ed anche astrologici. L’ariete è stato letto dal Merkelbach come una variante del lupo mentre il capro come una variante del cane, simboli che questo studioso collega rispettivamente al passato e del futuro.

Siamo quindi alla presenza di un’assimilazione di Mithra a Chronos, quale si evince dal rilievo di Emerita (4) e dalle figure leontocefale che compaiono in altri sculture mitriache (5).

La divinità del rilievo di Modena è alata, dal suo capo si dipartono raggi solari, dietro la sua gola si osserva la falce lunare; in una mano regge la folgore e nell’altra uno scettro, simboli universali di sovranità e regalità, ampiamente documentati nella letteratura storico-religiosa.

La divinità alata è racchiusa nello zodiaco, mentre ai quattro angoli si osservano i busti delle divinità eoliche. Lo scettro ha nel rilievo una funzione portante dello zodiaco rappresentato in forma ovale, a indicare che Mithra ha creato e sorregge il mondo, lo scettro avendo una funzione di Axis mundi, di asse portante, a rilevare la funzione cosmica e assiale del dio.

Le zampe di Mithra sono di montone per cui è chiara l’assimilazione di Mithra a Pan. Occorre qui ricordare che in greco antico, oltre al nome del dio Pan, esiste l’aggettivo pan, dalla pronuncia uguale, che significa “tutto”. I due vocaboli non hanno la stessa radice etimologica, ma la medesima sonorità indica che il nome del dio è connesso al senso dell’aggettivo. I piedi di montone stanno a indicare il carattere universale della divinità, la sua valenza di totalità cosmica.

L’aspetto simbolico più interessante, ai fini del rapporto con l’orfismo, è l’uovo in fiamme da cui il dio emerge e che ha originato e messo in moto la volta celeste rappresentata dallo zodiaco. Questo simbolo di Mithra originato dall’uovo si ritrova anche nel rilievo di Vercovicium (6), presso il Vallo di Adriano in Gran Bretagna, dove il dio emerge dall’uovo, dalla sua metà inferiore, mentre la parte superiore dell’uovo cosmico è al di sopra e intorno al dio. Anche in questo caso, dall’uovo cosmico ha origine la volta celeste, come testimonia lo zodiaco raffigurato nella parte superiore dell’uovo. I due solstizi sono raffigurati in alto e in basso, mentre i due equinozi sono ai lati, rappresentando i punti mediani in cui l’equatore celeste incrocia l’eclittica solare, secondo la visione geocentrica di quel tempo e sono i punti astronomici ed astrologici legati e consacrati a Mithra – secondo la testimonianza di Porfirio –  quale dio mediano (teòs mesìtes), secondo quanto ci riferisce Plutarco  (7).

Questo simbolismo ci conduce a quel dio greco che si è originato dall’uovo: Phanes-Eros, la divinità primordiale orfica, della quale ora vogliamo considerare le caratteristiche.

Il simbolo dell’Uovo Cosmico.

Tutta una serie di fonti greche (da Damascio a Proclo, da Ermia ad Achille commentatore di Arato fino all’Inno VI) e le raffigurazioni vascolari, menzionano l’uovo quale simbolo fondamentale dell’orfismo, un simbolo che concerne le origini della nascita del cosmo e che quindi allude ad un mito cosmogonico (8), un simbolo peraltro presente in numerose altre culture tradizionali occidentali e orientali, ma anche delle civiltà pre-colombiane, sì da poter dire che si è alla presenza di un simbolo universale. Tali fonti sono integrabili con le risultanze archeologiche relative all’antica Grecia, con particolare riferimento ai corredi funerari.

In alcune tombe della Beozia è raffigurato Dioniso che reca in mano un uovo a significare non solo l’immortalità, ma anche il valore di resurrezione che assume questo simbolo (9). In alcuni corredi funerari sono stati ritrovati oggetti che riproducono uova col probabile intento di richiamare il significato sacrale di questo simbolo. Pur non avendosi la certezza che tali corredi funerari appartengano a iniziati orfici, tuttavia questo simbolo ha un fondamento rituale connesso al post-mortem, nel senso della rinascita a una nuova vita (10).

Le fonti greche (Plutarco, Damascio, Proclo, Ieronimo, Ellanico, Atenagora, etc.) ci riferiscono che dallo scomporsi dell’uovo si originano il cielo e la terra, che sono le due diverse manifestazioni che simboleggiano, su un piano mitico, i due princìpi ontologici approfonditi dai filosofi neoplatonici nelle loro speculazioni sulle dottrine orfiche; tali princìpi sono le “forme formanti”, gli archetipi creativi del mondo e quindi, in una dimensione primordiale, l’uovo rappresenta il “germe” costitutivo dell’intera manifestazione universale ed è quindi il simbolo della totalità.

Achille, tardo commentatore di Arato (Isagoge ad Arato, Phen.4; fr.70 Kern) riferisce: “la forma che noi diamo allo sfero gli orfici dicono che è simile a quella dell’uovo. Lo stesso modo di essere che ha il guscio nell’uovo, il cielo lo ha nell’universo, e come l’ètere sta attaccato al cielo tutto intorno, così la membrana sta attaccata all’uovo”. L’uovo è visto, pertanto, come una rappresentazione in miniatura del cosmo, che nasce dal “sacrificio” dell’uovo cosmico la cui apertura in due parti, origina il cosmo inteso come ordine universale, con i movimenti dei pianeti, del sole della luna, e delle stelle nel quadro della visione geocentrica.

Il tema del sacrificio primordiale – cioè di un atto di rottura che è, al tempo stesso,  un atto trasformativo, vivificante e salvifico – quale evento cosmogonico,  presenta un carattere universale, comparendo in molteplici  tradizioni religiose orientali e occidentali. Dal “sacrificio” di un caos pre-cosmico, nasce l’ordine cosmico, i suoi movimenti regolari, le orbite dei pianeti, il passaggio del sole attraverso le costellazioni dello zodiaco, che sono, in realtà, rappresentazioni figurate che l’uomo si è formato dei vari gruppi stellari, secondo analogie e somiglianze che l’uomo proietta su di essi. La tauromachìa mitriaca rientra nello stesso ordine d’idee, dal sacrificio del toro primordiale scaturendo la vita cosmica e il suo ordine, come si può osservare dal mantello di Mithra sul quale è raffigurato il cielo stellato e i pianeti, a significare che il dio solare, nell’atto del sacrificio, dà vita e ordine all’universo.

Proclo (in Tim. 30 C-D) nel coniugare aspetti mitologici e aspetti dottrinali, tende quasi a personificare il germe da cui trae vita l’intero cosmo e ci dice che “ come l’essere vivente contiene già distinte tutte quelle caratteristiche che nell’uovo erano in germe” “…..proviene dall’uovo primigenio nel quale è in germe l’essere vivente”. L’uovo è la potenzialità germinale che contiene in nuce tutte le caratteristiche  che si svilupperanno ben distinte nell’essere in crescita, sul piano della manifestazione cosmica.

Damascio a sua volta ci dice: “Poiché Orfeo affermò poi mégas Chronos, il Gran Tempo per mezzo dell’Etere divino formò l’uovo splendente di luce ”(fr.70 Kern).

Siamo quindi in presenza di una formulazione mitica che pone all’origine della vita universale una potenza autocreatrice, un Essere Primordiale dalla cui forza generante si origina il mondo. Il Grande Tempo, Mégas Chronos, forma l’uovo splendente di luce, dalla cui separazione nascono il cielo e la terra.

Aristofane adopera l’espressione “uovo del vento”, espressione conosciuta anche da Aristotele (Hist. Anim.6,2, 559b, 20) e da Luciano (De sacrif. 6) per indicare un principio di vita costituito dalla stessa sostanza aerea che compone il vento quale “soffio di vita”. Tale locuzione serve a indicare la completezza e l’autonomia di un uovo- cioé di un’entità primordiale – che non richiede  apporti esterni per diventare feconda, ma ha già in sé tutta la potenzialità vitale. Nell’uovo, nel germe primordiale sono racchiuse tutte le possibilità di sviluppo che andranno poi a fluire nella manifestazione universale.

Nella scena della tauromachia mitriaca, il mantello di Mithra si gonfia e su di esso compaiono le stelle e i pianeti; quest’aspetto iconografico si spiega ipotizzando che il mito narrava di un “vento cosmico” che si solleva all’atto del sacrificio primordiale. Il sacrificio contiene in sé tutte le potenzialità della manifestazione universale, dalle stelle del mantello divino alla spiga di grano che sorge dalla coda taurina, anche in questo caso il cielo e la terra sono le “forme formanti” della vita universale.

Questa autonoma vitalità dell’Entità primordiale è una potenza generatrice, senza bisogno di alcun apporto esterno, che ha il suo principio vitale nello stesso “soffio” cosmico che lo permea, quel vento di cui parla Aristotele come un carattere essenziale dell’uovo orfico. Siamo quindi in presenza di un evento primordiale e pre-cosmico, nel senso di anteriore all’ordine del kosmos, aspetto questo particolarmente interessante e significativo, su cui avrò modo di ritornare fra poco, a proposito del significato dei miti.

Nella prima filosofia greca, Anassimandro ha presente, nel suo sistema speculativo, un simbolo pressoché identico. Lo ps.Plutarco (A 10 DK, r.11) ci dice che, in conseguenza di un movimento interno che ne determina il dinamismo e la stessa vitalità, dall’inespresso àpeiron (il “senza limite”, il “principio” secondo la lettura di Aristotele) per separazione si origina il gnòmon, il “seme” o “germe”,  generatore del caldo e del freddo, dell’umido e del secco, princìpi costitutivi del reale.

E’ stato giustamente evidenziato che “la somiglianza straordinaria del gnòmon con l’uovo germinato dal Chronos o dalla Nyx della cosmogonia orfica è evidente persino nella strutturazione espressiva che intende esprimere un’autogenerazione e conclude verso una dualità iniziale e creativa” (11).

Secondo la teo-cosmogonia orfica l’uovo è scaturito da un inespresso Chronos principiale, la cui potenza creativa gli Hieròi lògoi ordinano intorno ad Adrastea “colei che fissa le leggi divine”, i tesmòi, i “regolamenti” anteriori all’ordine cosmico, ossia l’elemento pre-formale da cui per oggettivazione scaturiscono i nòmoi, le leggi fissate dalla celeste Adrastea per ordinare il corso della manifestazione universale. Altri frammenti orfici ci dicono che in principio non c’era Chronos ma la Nyx Hieré, la Notte Sacra, la potenza universale inespressa che è chiamata la “Nutrice degli dèi”, “Colei che dà vita agli oracoli” poiché contiene in sé tutto l’essere del mondo. E’ la madre primordiale che Aristofane considera come la generatrice dell’ “Uovo pieno di vento” (fr.1 Kern), quel vento primordiale e pre-cosmico di cui ho parlato poc’anzi. Questa cosmogonia orfica è ampiamente utilizzata da Esiodo e risale probabilmente alle “narrazioni degli antichi mitografi” pre-omerici cui accennano Platone e Aristotele.

Chronos : il Tempo primordiale.

Il Chronos orfico è una figura mitico-divina “che non invecchia, la cui sapienza non perisce” (Proclo, fr.72 Kern). Questa concezione, che trova puntuale riscontro nelle altre fonti greche, esprime il senso di un “Tempo senza tempo”, un “tempo primordiale”, un “tempo a-cronico” simile allo Zervan akarana della tradizione zervanita dell’Iran, raffigurato come un dio androgino che l’ermeneutica filosofica successiva spiegherà come il principio generativo di ogni cosa (12).

L’avere in sé tutte le potenzialità germinative rende questa figura di Chronos un essere androginico che un Atenagora configura come un “Dragone”, sposo di Adrastea-Ananke, al tempo stesso sua “figlia” e sua “moglie”, generatrice dei prototipi da cui scaturiranno i germi costitutivi del cosmo. Non a caso nelle sculture mitriache è presente anche la figura di questo Chronos, raffigurato come un dio dalla testa di leone, un Tempo infinito, origine pre-formale dell’Uovo da cui scaturisce  Phanes, lo Splendente, che dà vita al mondo e ne regge l’ordine.

Phanes, il dio Splendente.

Come abbiamo visto, da questo Chronos che non invecchia, quindi fuori del tempo, vivente in una perenne condizione a-cronica, scaturisce l’Uovo cosmico da cui sorge Phanes, un essere di luce, l’Ekfainò, “colui che porta la luce”, che è sostanziato di luce, un sostantivo che deriva dal verbo fainò, manifestare, far brillare. Pertanto Phanes (o Eros come è chiamato in altre fonti, a indicarne la natura androginica) è non solo colui che splende, lo splendore senza misura (phaos askopon), la “luce improvvisa, tanto splendente dal corpo di Phanes immortale” (fr. 86 Kern) ma anche il “Primo che appare” (fr. 75 Kern), quindi il “Primo vivente” colui che è celebrato come “femmina e padre” (frr. 81 e 98 Kern), essere androginico che da se stesso trae i primigeni elementi creativi del cosmo (13).

La sua natura androginica rivela una capacità autogenerante per cui è posto al centro di un processo cosmogonico in cui si passa dal tempo “fuori del tempo” (Chronos o Nyx) ad una luce splendente da cui scaturisce la vita del cosmo e si originano le numerose articolazioni e differenziazioni della manifestazione universale. Per questo egli è detto anche Protogonos, il “Primo generato”, il Primigenio, il Principio vivente che trae da se stesso l’ordine universale (kosmos) su cui il mondo fonda la propria esistenza (14).

Egli è anzitutto l’archetipo di ogni cosa esistente, che sviluppa da sé tutto il mondo che la sua natura androginica contiene sul piano della potenzialità.

Il Protogonos è sorgente di vitalità e fecondità – e torniamo al simbolo dell’Uovo da cui egli nasce, simbolo che ha anche una valenza di fecondità e di generazione – ed è pure l’artefice, il demiurgo dell’ordine cosmico che ha generato, colui che ha creato la distinzione fra cielo e terra (le due metà dell’Uovo nelle sculture mitriache). Egli è anche il datore di vita, colui che ha creato lo sképtron, il sacro bastone simbolo di autorità spirituale, ma anche asse della manifestazione cosmica, come i rilievi mitriaci chiaramente illustrano (15).

La tensione trasfigurante evocata da questa raffigurazione può essere compresa adeguatamente solo se la si colloca nella prospettiva della misteriosofia orfica volta alla reintegrazione dell’adepto verso l’unità primordiale che, essendo una unità androginica, postula, evidentemente, anche una interiorizzazione dei Misteri di Afrodite, come il Simposio platonico chiaramente dimostra (16), risentendo anche dell’influenza della misteriosofia eleusina.

Mithra-Phanes

Si tratta ora di comprendere su quali basi, per il tramite di quali assonanze il dio Mithra viene assimilato a Phanes e quali implicazioni abbia tale assimilazione sotto il profilo delle mitologia e della cosmogonia mitriaca.

Sappiamo che nell’Avesta Mithra é qualificato come “la prima luce che indora le cime dei monti” (17) e che nel tempio ellenistico di Nemrut-Dagh, in Commagene (Turchia orientale) egli venga assimilato ad Apollo (18). Pur non essendo il sole, egli è una divinità solare nel senso che rappresenta la luce quale manifestazione del sole.

Nel mitraismo romano e nella scena della tauromachìa egli, pur distinto dal sole, ne è un alleato, che compie il sacrificio primordiale per ordine del dio Sole. Nei dipinti e nei rilievi mitriaci che rappresentano il rituale del pasto sacro, Mithra banchetta col sole dopo il compimento del sacrificio e ciò conferma la distinzione e la complementarietà delle due figure divine (19).

La sua natura di divinità solare, luminosa e l’essere protagonista di un sacrificio primordiale dalle valenze cosmogoniche e salvifiche, sono gli elementi che consentono di accomunarlo a Phanes, il dio splendente  che, sorgendo dall’uovo cosmico in fiamme (quindi un uovo in combustione, “sacrificato”) e separando le due metà dell’uovo, crea il cielo e la terra e regge il “mondo” in senso cosmico, così come Mithra, uccidendo il toro primordiale, dà vita e ordine all’universo.

In entrambi i fenomeni religiosi, abbiamo l’affermazione trionfale di una divinità luminosa vivificante, cosmogonica e salvifica, com’è dimostrato sia dall’iscrizione del mitreo di S. Prisca (“et tu servasti eternali sanguine fuso” e tu salvasti anche noi con l’effusione del  sangue eterno” con riferimento alla tauromachìa) sia dall’iconografia di Phanes il cui scettro è l’Axis mundi (20).

In entrambe le spiritualità misteriche abbiamo l’idea – per la verità comune a molte altre tradizioni – di un sacrificio, di un processo di dolorosa trasformazione, di “morte” da cui scaturiscono la vita cosmica e l’ordine cosmico.

Peraltro nei rilievi mitriaci, come già si è visto, compare la figura di Chronos leontocefalo, raffigurazione che rimanda alla cosmogonia orfica, in cui dal Chronos che non invecchia e la cui sapienza non si spegne, da questo “Tempo eterno” scaturisce il germe, l’uovo, che contiene in sé tutte le potenzialità della manifestazione universale e nel quale avviene la combustione (l’uovo in  fiamme) da cui sorge il dio splendente.

Comune al mithraismo e all’orfismo è, in definitiva, l’impronta apollinea, non solo sotto l’aspetto mitologico ed iconografico della luminosità che sostanzia la divinità ma anche sotto l’aspetto sostanziale di una spiritualità nel segno della misura, dell’equilibrio e della compostezza.

Sotto il primo aspetto Mithra è assimilato esplicitamente ad Apollo il cui culto è celebrato da Orfeo sul monte Pangaios secondo un frammento della Bassaridi di Eschilo (21).

Quanto al secondo profilo, Mithra è mesìtes, dio mediano sia nel senso di dio intermediario fra divino e umano (con una funzione analoga, per certi aspetti, a quella di Hermes nella religione greca ufficiale quindi anche psicopompo, guida delle anime nel post-mortem) sia in quello di archetipo della Via Mediana, la via del “giusto mezzo” che riconduce al contatto col proprio centro interiore (non a caso gli sono sacri gli Equinozi in cui il giorno e la notte sono uguali come durata, evocando l’idea di ciò che è equilibrato, misurato), una tipologia spirituale che lo accosta, in parte, alle caratteristiche dell’orfismo, tutto centrato sulla catarsi, sulle discipline di purificazione e non sull’estasi dionisiaca.

Permangono, tuttavia, anche alcune caratteristiche nettamente distinte fra i due fenomeni spirituali; il mitriaco sacrificio del toro non si concilia col rifiuto dei sacrifici cruenti tipico dell’orfismo, così come il consumo della carne nel pasto rituale fra l’Heliodromos e il Pater (rispettivamente 6° e 7° grado mitriaco) quale si evince dai rilievi mitriaci, non si concilia con il vegetarianesimo orfico.

Qui si coglie tutta la peculiarità del mithraismo romano; siamo alla presenza di una formazione religiosa nuova – rispetto al Mithra indoiranico – in cui la teologia e la cosmogonia persiana sono reinterpretate alla luce della religiosità misterica greca e, in particolare, di quella orfica, ben distinta dalla religione olimpica ufficiale. Su questo complesso sincretistico s’innesta il processo di romanizzazione, quale si desume da molteplici elementi (il vino quale bevanda rituale, l’uva, la mela e il pane quali cibi del pasto sacro, il titolo di Pater del massimo grado d’iniziazione); questa religiosità misterica, a differenza dell’orfismo, si struttura in una ben definita organizzazione a sé stante, che si può individuare in molteplici aspetti (i gradi iniziatici, i templi ipogei, i collegia cultorum, le cariche sacerdotali).

Essa ha, sul piano storico-religioso, una sua fisionomia differenziata, nella quale confluiscono elementi vari di altre correnti misteriche (quella orfica, ma anche quella pitagorico-platonica con la dottrina della metempsicosi che sembra fosse insegnata nei sodalizi mitriaci e sulla quale avrò modo di soffermarmi in un successivo intervento), elementi inseriti in una nuova trama di rapporti, in cui ciascuna componente del materiale religioso preesistente si colloca in una nuova trama di rapporti ove assume nuovi significati e nuove funzioni.

L’archetipo orfico del “dio splendente” contribuiva a fecondare – insieme con altri elementi – una nuova e originale creazione di religiosità misterica.

* * *

NOTE
1) L. Moretti, IGUR, 108; CIMRM, I, 479. Cfr. , inoltre, i numerosi contributi sul tema in Mysteria Mithrae (Atti del Seminario Internazionale di Studi Mitriaci,Roma-Ostia 28-31 marzo 1978, Ed. J.Brill, Leiden, 1979, a cura di U.Bianchi).
2) Per le fonti sull’orfismo v. O.Kern, Orphicorum fragmenta, Berolini, 1922; P.Scarpi (a cura di), Le religioni dei Misteri, I, Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori, Milano, 2002, pp.349-437 e commento ivi, pp. 627 ss. Sull’orfismo esiste una vasta letteratura. Cfr., in particolare, M. Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, II, Sansoni, Firenze, 1979, pp.189-210 e bibl. critica ivi, pp.465-466; D. Sabbatucci, Saggi sul misticismo greco, Edizioni dell’Ateeno, Roma, 2^ ed., 1991, pp.85-126, caratterizzato da una prospettiva storicistica volta a cogliere la specificità religiosa dell’orfismo greco. Di particolare interesse – e con una prospettiva ermeneutica molto diversa da quella del Sabbatucci nel senso di una valorizzazione del contenuto “tradizionale” dell’orfismo e quindi della sua comunanza mitologica e cosmogonica con altre tradizioni spirituali orientali e occidentali – è l’ultimo studio di Nuccio D’Anna, Da Orfeo a Pitagora. Dalle estasi arcaiche alle armonie cosmiche, Simmetrìa, Roma, 2011, pp.17-76, ove coglie il rapporto di alterità/complementarietà dell’orfismo con la religione olimpica ufficiale (comparabile col fenomeno dei numerosi yoghi itineranti che circolavano nell’India al tempo della religione vedica ufficiale) nonché i nessi dell’orfismo col pitagorismo. D’Anna definisce l’orfismo come la confluenza e il coronamento delle molteplici correnti della religiosità dell’Ellade dell’età arcaica, richiamandosi all’analisi di Martin Personn Nilsson su cui v., in particolare, pp.17-19, ove l’orfismo si configura come un fenomeno religioso ben definito nei suoi elementi mitologici e rituali, pur non essendo un organismo strutturato su basi rigidamente gerarchiche ma presentandosi come una sorta di organismo fluido. Sui rapporti fra orfismo e pitagorismo e le comuni ascendenze apollinee, cfr. ID., op.cit., pp.148-166.
3) Sul rilievo mitriaco di Modena v. R. Merkelbach, Mitra, Ecig, Genova, 1988, pp.267-368; 391-392.
4) I rilievi mitriaci di Chronos leontocefalo sono numerosi. Cfr. R. Merkelbach, op.cit., pp.264-267; S. Arcella, I Misteri del Sole. Il culto di Mithra nell’Italia antica, Controcorrente, Napoli, 2002, pp.155-158.
5) Sul rilievo di Emerita cfr. R. Merkelbach, op.cit., Fig.77, p. 395, con relativa e analitica didascalia.
6) Sul rilievo di Vercovicium, cfr. ID., op.cit., p.406.
7) Plut., De Iside et Osiride, 46,47; Porph., De antro nymph., 18.
8) Sul significato e le valenze di questo simbolo cfr.N. D’Anna, op.cit., p.57 ss. La letteratura su questo simbolo è limitata. Cfr. fra gli altri, R.Turcan, L’oeuf orphique et les quatre éléments, in Revue de l’Histoire des Religions, 1961, pp.11-23; M.L. West, The Orphic Poems, p.103, ss. che, oltre all’uovo, analizza il significato cosmogonico dei simboli dell’acqua e del tempo di cui si parla nel papiro di Derveni; P.G.Guzzo, Il corvo e l’uovo. Un’ipotesi sciamanica, in Bollettino d’Arte, 67, 1997, pp.123-128.
9) Su queste risultanze archeologiche cfr. A. Bottini, Archeologia della salvezza. L’escatologia greca nelle testimonianze archeologiche, Milano, Longanesi, 1992, pp.64-85.
10) Cfr. N. D’Anna, op.cit., p.58.
11) ID., op. cit., p.60; sulla Nyx ed il suo rapporto “dialettico” con Gea, cfr. D.Sababtucci, op. cit., pp. 95-101.
12) ID., op.cit., p.62 ove analizza l’aspetto dell’androgino. Per le fonti greche sul Chronos orfico, v. Platone, Timeo, 37-d (ove Chronos è considerato come una riproduzione di Aion, il tempo Eterno); Damascio (fr. 54 e fr. 60 Kern); Proclo (fr.72 Kern); Atenagora, Legat. pro Christ. 294 C.
13) Cfr. W.K.C. Guthrie, Orphéé et la religion grecque, Paris, Payot, 1956, 113-120; R. Turcan, Phanes. Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zurich, 1981-98, VII, 1, 1994, pp.363-364.
14) Cfr. N.D’Anna, op.cit., p.64.
15) Sul rilievo di Phanes conservato nel museo di Modena cfr. R. Merkelbach, op. cit., p. 392. Su Phanes Protogonos cfr. U. Bianchi, Aspetti dell’idea di Dio nelle religioni esoteriche dell’antichità, in SMSR, 28, 1957, pp. 115-133; G.Scalera-McClintock, La teogonia di Protogonos nel papiro di Derveni. Un’interpretazione dell’orfismo, in Teologia e Filosofia, II, 1988, pp.139-149.
16) Platone, Simposio, 189d- 192d (Adelphi, Milano, 1992).
17) Avesta, Mithra-Yasht, X, 3-16. Su Mithra quale dio della luce nascente (“natus prima luce”) cfr. S. Arcella, op.cit., 140-143.
18) Sui rilievi e il complesso iconografico di Nemrut-Dagh, cfr. R. Merkelbach, op.cit., pp.69-90.
19) Sul pasto sacro cfr. i rilievi mitriaci e le relative analisi in R. Merkelbach, op.cit., pp. 157-159; S. Arcella, op.cit., pp. 100-103.
20) Sui rinvenimenti epigrafici nel mitreo di S. Prisca in Roma, cfr. A. Epigr., 1941, nn.73-77; 1946, nn. 83-84, 1960, n. 211.
21) Sugli stretti rapporti fra orfismo e apollinismo cfr. N. D’Anna, op.cit. pp.31-56; 148-166 e bibl.ivi.

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  1. Musashi
    | Rispondi

    S. Arcella si è sempre distinto come un buon commentatore ed elucidatore del mithraismo; ho molto apprezzato il suo approfondimento dei temi in "la via della realizzazione di sè secondo i mistrri di Mithra", di Evola.
    Ottima competenza esoterica, che del resto si intravede anche negli articoli su fenix, dei due fratelli Forgione.

    Mi sembra abbastanza centrata la contestualizzazione del parallelismo con l'orfismo, del quale Mithra (divinità peraltro non solo iranica ma anche indovedica, al pari di Vishnu, Indra e Varuna), ha mutuato soprattutto alcuni temi simbolico-iconografici, pur mantenendosi del tutto autonomo.

    Del resto, comunque, la nascita "sincretica" di un mithraismo romano o mediterraneo secondo queste modalità segue un processo del tutto tradizionale nell'ambito delle religioni misteriche del tardo impero.
    La psicosi dell'attuale religione imperante, smaniosa di crearsi una sempre maggiore "originalità" (che, in termini "tradizionali", è una vera e propria eresia anche perchè negatrice dell'unità dello Spirito), era a quell'epoca -come in ogni altra densa di vera spiritualità- del tutto assente.

    Stante l'annuncio dell'autore di dare futuri ragguagli sul tema della reincarnazione in seno alle dottrine e iniziazioni mithriache, credo che siamo tutti in attesa di un suo prossimo intervento. Anche perchè, sinora,
    il materiale documentario relativo alla metempsicosi nel culto di Mithra, almeno per quel che ne so, è abbastanza scarso.
    Si tratterà quindi di una pubblicazione sicuramente interessante, che spero di leggere presto.

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